Difensore di Dio e protettore del suo popolo
Omelia nella solennità di San Michele Arcangelo
Giungo con devozione grande in questo antico Santuario dove l’arcangelo Michele è, fin dai primi secoli della storia cristiana, particolarmente venerato . Nella tradizione biblica Michele è indicato come colui custodisce il popolo di Dio (cf. Dan 10,13; 12,1) e, in quella cristiana, è, come diceva San Gregorio Magno, l’Arcangelo che «con la sua preghiera ci accompagna verso il Regno dei Cieli» (Liber responsalis, 825: PL 78, 805). La missione affidata da Dio agli Angeli è davvero questa: essere come degli intermediari, che portano a Dio le preghiere e le umane invocazioni rendendole efficaci con la loro intercessione e quindi portano a noi l’aiuto del Signore (cf. San Bernardo, In Cantica 31, 5: PL 183, 943). Eccomi, allora, qui per celebrare con tutti voi l’Eucaristia in un luogo dove tante volte e in tanti modi è stata sperimentata e si ottiene la misericordia di Dio. È un santuario, questo, che la tradizione micaelica intende come un particolare dono Dio: non è stato scelto dagli uomini, ma lo ha scelto Dio stesso per rimettere i peccati degli uomini.
Voi sapete, carissimi, che il nome dell’arcangelo Michele è spiegato con la frase: «Chi è come Dio?». Per questo, secondo una normale interpretazione, egli è presentato come il difensore dei diritti di Dio. Potremmo, però, domandarci: come dobbiamo intenderlo, questo appellativo? Dio ha davvero bisogno di essere difeso? Per rispondere desidero anzitutto precisare che questa espressione dobbiamo intenderla soprattutto come una rassicurazione per noi. Talvolta, infatti, ci sentiamo oppressi dalle difficoltà e anche dalla tentazione al punto da sentirci incapaci di sopportarle e di superarle. Il «chi è come Dio» ci dice, però, che se confidiamo nel Signore abbiamo una custodia efficace. «Santo forte» ci fa cantare la Chiesa come eco al coro degli Angeli e Dio è davvero quello che ci viene in aiuto. «O Dio, vieni a salvarci»: è l’invocazione con cui abitualmente la Chiesa inizia la sua preghiera. San Giovanni Enrico Newman, che papa Leone proclamerà Dottore della Chiesa, pone sulle labbra di un morente le parole colme di fiducia: «Credo e ripongo tutte le mie speranze nell’umanità crocifissa del Figlio di Dio … Solo e interamente alla Sua grazia appartengono luce, vita e forza e io amo, sopra ogni altra cosa e solo Lui il santo, Lui il forte…» (The Dream of Gerontius, §1)
Ma poi, Dio ha veramente bisogno di essere difeso da noi? Per rispondere a questa domanda vorrei richiamare due testi – drammatici l’uno e l’altro – in cui due umani hanno levato la loro voce quasi per “difendere” Dio. Il primo è di Dietrich Bonhoeffer, cristiano e pastore luterano ucciso nel campo di concentramento di Flossenburg il 18 aprile 1945. In una poesia scritta attorno al luglio 1944 e intitolata Cristiani e pagani egli comincia con l’annotare che tutti – «cristiani e pagani» – corrono a Dio nel loro bisogno; se, però, consideriamo il mistero della Croce di Gesù, ci accorgiamo che c’è un «bisogno», una sofferenza di Dio alla quale i cristiani debbono sovvenire, perché (ed è questa la caratteristica della fede cristiana) «I cristiani stanno accanto a Dio nella sua sofferenza». Il secondo testo – ancora più esplicito – lo traggo dal Diario di Etty Hillesum, una giovane ebrea morta ad Auschwitz nel novembre 1943. In una pagina del 12 luglio 1942 si legge questa preghiera della domenica mattina: «Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi … Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini” (Diario, Milano 2006, p. 169).
Cosa impariamo da queste testimonianze? Anzitutto che a salvare non sono la forza, la potenza e la prepotenza. Non è a questo che anche oggi, nelle tante situazioni dolorose cui assistiamo? Come appena ieri ha ricordato il Papa: «Alle porte dell’opulenza sta oggi la miseria di interi popoli, piagati dalla guerra e dallo sfruttamento (Omelia del 28 sett. 2025). In queste drammatiche esperienze difendere Dio vuole dire difendere l’uomo e ciò per la semplice e fondamentale ragione indicata già da sant’Ireneo con la notissima espressione: Gloria Dei vivens homo, la vita dell’uomo è la gloria di Dio (Adv. Haer. IV, 20, 7: PG 7, 1037). Ogni volta che l’uomo muore, che è ucciso e umiliato… allora si toglie gloria a Dio, si tenta di eliminare Dio ed è allora che l’arcangelo Michele grida: Quis ut Deus? E mentre difende il diritto di Dio si mostra pure come protettore del suo popolo. San Michele è davvero l’Arcangelo di cui i nostri tempi hanno bisogno; di cui ha bisogno il nostro mondo confuso; un mondo dove lo stesso male è presentato come bene e il bene è disprezzato e schernito come inutile! Oggi c’è bisogno di uomini e donne che di fronte all’ingiustizia, all’inganno, al profitto, alla violenza gridino soprattutto con la loro vita. Chi è come Dio?. Oggi c’è bisogno non soltanto di pellegrini che giungono sin qui a venerare l’arcangelo Michele, ma pure di pellegrini che tornando da qui abbiamo il cuore puro, coraggioso e libero per dire come lui: Chi è come Dio? Domandiamoci, allora: siamo disposti a essere, come San Michele, sentinelle coraggiose della verità? Difensori forti della giustizia e umili custodi del povero?
Ho prima citato il nuovo Dottore della Chiesa, San G. E. Newman; concludo, allora, parafrasando una sua preghiera rivolta al nostro celeste protettore: «O San Michele, tu sei il nobile e glorioso campione della Chiesa e, sempre fedele al suo servizio, le cammini davanti per guidarla e le stai accanto come suo protettore. Tu sei la sua più sicura difesa nelle battaglie spirituali e nell’oscurità sei la sua guida sempre pronta a indicarle la via. Tu, cui fu dato di scagliare gli angeli ribelli nella prigione dove vagano senza riposo e senza speranza, stammi vicino quando la mia vista e il mio respiro verranno meno sicché possa vederti e salutarti con grande gioia. Quando, poi, anche la storia avrà la sua fine, facci sentire quel suono terribile e penetrante capace di risvegliare i morti e di aprire i cieli dove vive il Signore, sicché tutti possiamo incontrarlo e andargli incontro» (cf. Verses on Various Occasions, n. 176). Amen.
Basilica Santuario di San Michele Arcangelo, Monte Sant’Angelo (FG), 29 settembre 2025
Marcello Card. Semeraro