Omelia nella dichiarazione della venerabilità del SdD Salvo D’Acquisto

 

La carità maggiore possibile

Omelia nella dichiarazione della venerabilità del SdD Salvo D’Acquisto

 

La dichiarazione della venerabilità del Servo di Dio Salvo D’acquisto giunge nel vivo di un anno giubilare dedicato alla virtù della Speranza. È una coincidenza casuale, per alcuni aspetti, perché legata alle scadenze cronologiche di un processo per la beatificazione e canonizzazione; è anche, però, una coincidenza provvidenziale al fine di porre in maggiore risalto il merito di questo giovane «eroe» dei valori umani, civili e cristiani. Egli è «medaglia d’oro al valor militare» e questo è, per lo Stato italiano, il massimo riconoscimento al valore militare; per la Chiesa cattolica, poi, il fatto che sia dichiarato «venerabile» rimanda anch’esso alla eroicità nell’esercizio delle virtù cristiane che hanno il loro vertice e la loro sintesi nella Carità entro cui dobbiamo leggere il gesto con il quale Salvo D’Acquisto ha anteposto quella altrui alla propria salvezza.

È un gesto che non possiamo isolare. Come lo inseriamo nel contesto della esemplare sua vita cristiana, così dobbiamo pure collocarlo in quello dell’Arma cui egli appartenne. In una lettera ai genitori del 6 settembre 1939 Salvo confessava loro: «la vita militare da me volontariamente intrapresa … mi incomincia a piacere perché è una vita attiva che sviluppa forza e energia». Compare già quella virtù della fortezza, che in tante circostanze egli ebbe modo di mostrare (ad esempio durante il servizio militare in Libia) e che si manifestò in pienezza quando offrì la propria vita per salvare quella degli altri ostaggi.

È una fortezza che aveva la sua fonte nella sua vita di fede e di carità. In proposito mi piace ricordare ciò che disse di lui san Giovanni Paolo II il 26 febbraio 2001 parlando ai Carabinieri del Comando Provinciale di Roma. Disse: «La storia dell’Arma dei Carabinieri dimostra che si può raggiungere la vetta della santità nell’adempimento fedele e generoso dei doveri del proprio stato. Penso, qui, al vostro collega, il vice-brigadiere Salvo D'Acquisto, medaglia d’oro al valore militare, del quale è in corso la causa di beatificazione». Un’altra volta, concludendo il 6 maggio 1999 il primo Sinodo dell’Ordinariato Militare in Italia, disse che Salvo D’Acquisto ha saputo, in circostanze molto difficili, «testimoniare con il dono della vita la fedeltà a Cristo e ai fratelli».

Ecco, carissimi, pronunciata quella espressione: dono della vita, che è il peculiare titolo per il quale oggi si onora Salvo D’Acquisto. Esso fu voluto e istituito da papa Francesco con la Lettera Apostolica Maiorem hac dilectionem dell’11 luglio 2017. Il titolo di questo documento ci rimanda al testo conservato nel Vangelo secondo Giovanni: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (15,13). Commentando questa parola di Gesù sant’Agostino dice che questo è l’apice dell’amore (In Jo. ev. tract. 84, 1: PL 35, 1846). Con la sua dichiarazione la Chiesa mostra di avere la morale certezza che il gesto conclusivo della vita terrena di Salvo D’Acquisto non è da leggersi solamente in termini di solidarietà civile, ma proprio come conseguente uno stile di vita consapevolmente e coerentemente cristiano. È un gesto di carità eroica, che è culmine di una vita autenticamente cristiana: appunto, per ripetere Agostino, con il quale egli ha realizzato quella carità, che il Signore stesso ha definito come la maggiore possibile (In Jo. ev. tract. 84, 1: PL 35, 1846).

Permettete, carissimi, un’ultima considerazione sull’esempio che ci viene da Salvo D’Acquisto ed è un esempio che pure l’antica, umana sapienza ci indica come capace di dare fecondità alla nostra vita: una vita che per essere piena, per essere bella, per essere ricca deve essere fatta di scelte. Questo è sempre vero, ma lo è soprattutto quando la tendenza a lasciarsi vivere dagli avvenimenti, dalle mode, dagli influencer di vario genere che popolano le scene sembra preponderante. Salvo D’Acquisto è stato uomo di scelte buone, motivate e consapevoli e lo è stato sino alla fine.

La fede cristiana parla di un tempus acceptabile, di un tempo opportuno. Lo stesso vangelo secondo Marco comincia con l’annuncio: «Il tempo è compiuto … convertitevi …» (1,14). È l’occasione che io non posso lasciarmi sfuggire e la Chiesa ce lo ripete soprattutto in questo tempo della Quaresima. Per indicarla, il greco della Bibbia ricorre alla parola chairos, con cui distingue questo tempo dal chronos, che è il tempo che passa e tutto porta verso l’oblio e la fine. Già Platone, l’antico filosofo greco, diceva: «Chi fallisce nel riconoscere il momento opportuno, distrugge se stesso» (cf. Repubblica II, 370b).

Nella tragedia di Palidoro, in quegli ultimi giorni del settembre 1943 Salvo D’Acquisto ha bene individuato il suo chairos, il suo tempo opportuno. Lo capiamo dalle sue ultime parole: «una volta si nasce e una volta si muore … Il mio dovere l’ho fatto. Per quanto io ho detto spero che voi sarete salvi. Io devo morire». Un testimone ha dichiarato di avere veduto Salvo D’Acquisto ormai morto, nella fossa e ha concluso: «Il suo viso era sereno, anzi era atteggiato a un sorriso». È il modo di fare un dono. Anche quello della vita.

 

Roma – Basilica Papale di San Paolo fuori le mura, 12 marzo 2025

 

Marcello Card. Semeraro