Omelia per la venerabilità del Servo di Dio Salvo D'Acquisto

 

Le tre giovinezze di Salvo D’Acquisto

Omelia per la venerabilità del Servo di Dio

 

«Guidaci, Signore, nelle vicende della vita …». Con questa preghiera siamo entrati nella celebrazione della Santa Messa che oggi celebriamo nella città dove Salvo D’Acquisto è nato e ha trascorso la prima giovinezza. La prima dico, ossia quella vissuta nella famiglia dove ha imparato come si affrontano gli impegni della vita. C’è poi la sua seconda giovinezza, quella dai diciannove anni al termine della sua breve esistenza, vissuta nel servizio della Patria e dell’umana comunità. In queste due fasi della vita Salvo D’Acquisto si è davvero lasciato guidare dal Signore.

Attraverso la vita della famiglia, anzitutto, nella quale è nato e ha trascorso i suoi primi diciotto anni. Con commozione, il 12 marzo scorso ho incontrato a Roma il fratello Alessandro e udito, al termine della Messa, pregare un suo nipote, anch’egli Carabiniere, con la bella preghiera scritta dall’Ordinario Militare, il carissimo arcivescovo Santo Marcianò; una preghiera che v’incoraggio a recitare anche per domandare l’intercessione del Venerabile Servo di Dio al fine di ottenere dal Signore la grazia del miracolo, per il quale la Chiesa si sentirà autorizzata a procedere alla sua beatificazione. Sono certo che qui a Napoli e nell’Arma non si mancherà d’invocarlo.

Salvo d’Acquisto nacque in una famiglia cristiana. Dal papà apprese l’onestà e la dedizione al lavoro; dalla mamma soprattutto l’amore per il prossimo; da entrambi la fiducia nella Provvidenza. Accanto ai genitori un ruolo importante lo ebbe la nonna materna. La domenica si partecipava tutti alla Santa Messa e ogni sera si recitava insieme il Santo Rosario. Un teste riferisce che prima di entrare nell’Arma Salvo si recò a Pompei per pregare nel Santuario della Madonna, di cui era molto devoto.

Solo questo? I testimoni dicono pure che allo zio Giuseppe (Pinfildi) diceva: «Zio Peppino, non basta pregare, ma bisogna fare anche opere di bene». Ed egli sin da piccolo faceva così. Un testimone, che viveva nello stesso nucleo abitativo, ha narrato che un giorno, poiché tornando da scuola vedeva un ragazzino che scalzo e infreddolito domandava l’elemosina, Salvo preso da compassione si tolse le scarpe e gliele donò. In questi primi doni è maturato il suo dono più grande, che è quello della propria vita.

Tutto è proseguito gli anni vissuti nell’Arma dei Carabinieri. Un amico che lo conosceva dall’infanzia, incontrandolo al rientro dall’Africa ha detto: «La vita militare e la guerra non lo avevano cambiato, anzi era maturato in serietà e dignità». I suoi compagni nell’Arma testimoniano: «svolgeva le sue mansioni con intelligenza, tatto, prudenza e con molta umanità. Dimostrava di avere più anni di quanti non ne avesse in realtà». Un commilitone aggiunge: «Più che con le parole, che non risparmiava quando poteva, era a noi di esempio per la sua vita di fede e la sua frequenza alle pratiche di pietà». E questo Salvo D’Acquisto lo ha fatto nella gioia dell’apertura alla vita, nell’amicizia con i suoi coetanei: le passeggiate al Vomero e le gite alla spiaggia di Bagnoli prima, e poi le passeggiate culturali a Roma e pure, la domenica mattina, le visite di conforto negli ospedali di Napoli.

Un principio-guida per conoscere Salvo D’Acquisto è stato per me questa frase, letta negli Atti per il processo nella causa di beatificazione e canonizzazione: «Ha amato la sua famiglia, quella in cui è nato, ha amato la famiglia che gli davano le amicizie giovanili, ha amato la famiglia dell’Arma, ha amato e servito la famiglia che gli era stata consegnata come responsabile dell’ordine pubblico a Torrimpietra. Sempre in ogni ambito e occasione l’ha amata e l’ha servita». Ecco, allora, che nella vicenda umana e cristiana di Salvo D’Acquisto troviamo lo stimolo e l’incoraggiamento a riconsiderare il valore della famiglia.

Pur negli odierni stili di vita, rimane il fatto che tutto quanto di bello e di buono è inscritto nel nostro intimo e nella nostra coscienza ha bisogno, per emergere, dell’amore paterno e materno. Certo, ha pure bisogno di altre agenzie educative ce ne sono molte, come la Chiesa, la scuola, le associazioni sportive ... La stessa Arma dei Carabinieri lo è. In un’occasione san Giovanni Paolo II ne mise in rilievo la fedeltà allo Stato, la dedizione al dovere, lo spirito di servizio e aggiunse: «Più volte, e anche in anni recenti, i Carabinieri hanno pagato di persona, e con la stessa vita, l’attaccamento al loro ideale, manifestando così un altruismo, una generosità, uno spirito di sacrificio, che ai nostri giorni sembrerebbero cosa rara. Mi piace citare, a questo proposito, l’eroico comportamento del vice brigadiere Salvo D’Acquisto» (Omelia del 9 aprile 1993 alla Scuola Allievi Carabinieri). Con tutto ciò, la prima agenzia educativa rimane la famiglia. Lo sottolineo qui, dove egli è sepolto e nella terra dove è nato. Per conoscere, infatti, la sua personalità è indispensabile conoscere a fondo pure la fisionomia della famiglia meridionale e napoletana del periodo in cui visse.

Ho parlato, in principio di due giovinezze di Salvo D’Acquisto. Debbo, però, nominarne una terza ed è la sua morte eroica con il dono della vita. Nella liturgia di questi giorni quaresimali ci viene proposto un antico inno latino, che dice così: Dies venit, dies tua, per quam reflorent omnia, «arriva il giorno, Signore, in cui tutto rifiorisce ed è il tuo giorno» (Inno Jam, Christe, sol iustitiae). La stessa cosa si dirà per Salvo D’Acquisto: la sua morte non fu la fine, ma la primavera della sua vita.

Quando era sulla croce, una sola persona ebbe la forza di parlare a Gesù, mentre altri lo insultavano. Non importa che sia stato un malfattore. Perfino la Vergine Madre non ci riuscì. Un condannato, però, gli parlò e Gesù gli rispose: «Oggi, con me nel paradiso» (Lc 23,42). La stessa Parola, più forte delle tre raffiche di mitra che lo uccisero, sicuramente Salvo D’Acquisto la udì. La Chiesa ne è certa e per questo dichiara che egli è morto come Gesù, donando la propria vita, e che per questo è in paradiso.

 

Napoli, Basilica di Santa Chiara, 22 marzo 2025

 

Marcello Card. Semeraro