Intervento su «Donne nella Chiesa: artefici dell'umano»

 

Intervento su «Donne nella Chiesa: artefici dell'umano» in preparazione al Convegno Internazionale

Pontificia Università Urbaniana, 8 marzo 2023

 

L’attenzione che Papa Francesco sta riservando al ruolo della donna nella società e ancor di più allo spazio delle donne nella vita della Chiesa è sotto gli occhi di tutti.

Ce lo confermano anche alcuni dati circa le Cause di beatificazione e canonizzazione. Complessivamente, all’interno del nostro Dicastero, sono 493 le Cause “al femminile”, senza contare le donne che rientrano nei gruppi di martiri insieme ad altri uomini, giovani e bambini. Delle 493 Cause, 26 sono giunte alla canonizzazione durante il Pontificato di Francesco, 130 nello stesso periodo sono state betificate, 186 hanno ricevuto il titolo di «Venerabile» e per 151 Cause riguardanti donne si è chiesto, da parte delle rispettive diocesi, di poter iniziare la Causa.

La presenza di un numero così elevato di donne canonizzate, beatificate o sulla cui Causa si sta lavorando, attira l’attenzione. Il loro numero è prova infatti di quello che Papa Francesco ha scritto nella Gaudete et exsultate, l’esortazione apostolica sulla chiamata ad essere santi: «Tra le diverse forme, voglio sottolineare che anche il “genio femminile” si manifesta in stili femminili di santità, indispensabili per riflettere la santità di Dio in questo mondo. E proprio anche in epoche nelle quali le donne furono maggiormente escluse, lo Spirito Santo ha suscitato sante il cui fascino ha provocato nuovi dinamismi spirituali». (n. 12). Il Papa riprende l’espressione di San Giovanni Paolo II, che per primo ha dedicato alla questione femminile una lettera apostolica. E come lui la pose al centro della riflessione, così Papa Francesco ne ha fatto una declinazione della «santità “della porta accanto”», la santità di quelli – dice – «che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio» (n. 7). È questa una prima caratteristica della santità femminile: l’elemento della quotidianità. La donna, per la sua sensibilità e il suo fare, sembra più capace di testimoniare il primato della fedeltà e della determinazione, attraverso i piccoli gesti di ogni giorno. Le donne sante si offrono da esempio di capacità e – soprattutto – di perseveranza, di tenuta nel tempo nel sacrificio di sé per il bene degli altri. Sanno dunque realizzare la santità, lì dove vivono. Sono profezia di un Dio che riempie il presente, annuncio vivente del suo farsi prossimo a noi che nella vita quotidiana sperimentiamo il nostro limite, il nostro bisogno. L’esempio di tante sante donne avvalora la coscienza della donna come di una presenza essenziale per la Chiesa. Una presenza mite, che è capace di dare speranza anche quando si pensa di non aver più nulla da sperare. Un contributo fondamentale, che riporti nel vissuto ecclesiale il coraggio, l’ospitalità, la generosità. In una parola, la tenerezza, di cui Papa Francesco ci ha parlato fin dagli esordi del suo ministero di Successore di San Pietro. Una Chiesa che sa integrare il carisma femminile è una Chiesa che sa essere, in modo ancor più efficace, un messaggio di pace e di fratellanza per tutta l’umanità.

È significativo che, parlando dei santi “della porta accanto”, il Papa citi Santa Teresa Benedetta della Croce, meglio nota col nome secolare di Edith Stein. A lei si deve un contributo fondamentale per la comprensione del ruolo e della sensibilità femminile: avendo studiato a fondo il rapporto fra maschile e femminile, ha messo in evidenza che nella comune umanità essi vivono una fondamentale uguaglianza, ma anche una peculiare specificità. La Stein attribuisce al femminile il concetto di «completezza», termine che va bene inteso. Completezza è la perfezione del movimento, la chiusura dopo l’azione. Nella donna c’è l’apertura verso l’accoglienza, ma anche la chiusa finale in una sorta di abbraccio, un movimento avvolgente di protezione ed essenzialmente materno. Mi sembra molto suggestiva questa immagine della femminilità e maternità. Naturalmente questo senso sapienziale della vita, dovuto ad un dono da parte del Creatore, richiede di essere coltivato, mediante una vera e propria opera di affinamento spirituale. Le donne scelte da Papa Francesco “per l’onore degli altari” hanno custodito e sviluppato il nucleo fondamentale della loro esistenza, quella loro anima femminile, aderendo in tutto alla parola di Gesù Cristo espressa nelle Beatitudini e con un ardente desiderio di imitarlo. Perfezionare sé stesse e prodigarsi per gli altri: è questa la “chiave di volta” della santità al femminile, riaffermazione del primato della carità, che già San Paolo insegnava alla Chiesa.

Ripercorrendo la lunga storia della questione femminile, riconosciamo che grandi passi sono stati compiuti. Un tempo era convinzione comune che la donna, se non fosse stata capace di diventare vir, non fosse in grado di assumere un atteggiamento tipicamente virile, non potesse avere alcuna maturazione spirituale. Le vir-tù non si addicevano alla femminilità, associata, in modo del tutto stereotipato, all’idea della debolezza, della fragilità. Per raggiungere la perfezione spirituale, le donne avrebbero dovuto abdicare alla loro femminilità. I nostri ultimi Pontefici hanno invece insegnato, col Magistero e ancor più con la prassi, che l’esercizio eroico delle virtù può essere sia maschile sia femminile, avendo il femminile una sua speciale genialità, che si manifesta non solo in personalità eccezionali, che richiamano l’attenzione di molti, ma anche in persone da noi considerate umili, sconosciute o dimenticate, che hanno dato una forte testimonianza cristiana nel loro ambiente di vita e di azione. In un contesto culturale in cui sorgono e si diffondono voci che vogliono negare l’articolazione dell’essere umano in maschile e femminile, e vorrebbero dimostrare che tale articolazione è frutto solo di una scelta assolutamente arbitraria del singolo, mi pare che questo abbia un significato molto forte. Uguaglianza nella comune umanità e specificità dell’uomo e della donna, come dice Santa Teresa Benedetta della Croce.

Uno sguardo sul numero della Cause di beatificazione e canonizzazione ci permette di individuare alcune categorie particolari di sante donne.

Certamente attira l’attenzione il tema delle sante laiche, le cui virtù eroiche sono spesso state esercitate in ambito familiare, ma non solo: anche nei luoghi di lavoro, in ambienti educativi per bambini o in atenei universitari. Ciò che le contraddistingue è spesso un comportamento caritatevole, capace di mettere in secondo piano la propria persona per favorire il bene degli altri. Dall’esempio delle sante laiche ne vengono edificati il marito e i figli, così come i collaboratori ed i colleghi. Tante volte la loro vita è segnata da una grande forza d’animo, di cui si ha una straordinaria espressione nel tempo della malattia, che le donne sanno vivere spesso con coraggio e fortezza inaudite, prodigandosi fino alla fine per il bene degli altri. Si tratta di esempi di straordinaria carità all’interno delle comunità in cui sono inserite, da quella familiare a quella lavorativa o delle persone incontrate attraverso forme di apostolato o di aggregazione laicale.

Si rileva anche come spesso la santità al femminile sia arricchita da particolari doni mistici, che si esprimono in esperienze e fenomeni straordinari. Si tratta di rivelazioni private, corrispondenti al fatto che Dio parla a ciascuno in modo particolare. Non sono le esperienze straordinarie a determinare l’eroicità delle virtù. Esse piuttosto tratteggiano le linee fondamentali di una radicalità, di un cambiamento profondo della vita.

Fra le donne canonizzate o candidate alla santità riconosciuta ci sono molte religiose e tante fondatrici. In esse troviamo l’azione concreta e costante della Provvidenza, che ha permesso a queste donne di compiere veramente opere straordinarie, non solo nel loro paese di origine ma a livello internazionale, impegnate in un profondo ed importante lavoro di apostolato e di cura, svolto spesso nelle periferie geografiche ed esistenziali, nei paesi più lontani e nelle situazioni più povere. Da non sottovalutare è anche il contributo di sante donne il cui cammino di santità si è legato a quello della missione della Chiesa. Esse hanno dato vita e portato avanti opere di evangelizzazione, secondo il mandato di Gesù, alla stregua degli Apostoli. Che sia una donna a realizzarle dimostra come la sua azione materna non si chiuda ai confini della propria famiglia, ma si possa allargare a dimensioni ben più ampie fino a valicare i confini del mondo. Il pregiudizio sulla fragilità e incapacità intraprendente delle donne, a lungo imperante anche nelle comunità cristiane, lo si può sconfiggere proprio con il riconoscimento delle azioni compiute da alcune donne che non si fanno una ragione davanti ai limiti e ai confini.

Delle martiri, ciò che maggiormente emerge è per ciascuna di loro la disponibilità al martirio, animato da un profondo desiderio di assimilazione alla passione di Gesù, di un’esperienza concreta dei benefici della Redenzione di Cristo compiuta sulla croce. L’offerta di sé nella disponibilità al martirio per molte di loro è una costante, sia in tempi non sospetti, sia in situazioni particolarmente difficili, che vengono sempre affrontate con straordinario coraggio, tanto che qualche testimone a volta parla di imprudenza, perché la donna non pensa a proteggere la sua vita se è necessario aiutare e proteggere gli altri. Chiaramente l’accettazione del martirio non è sufficiente per proclamarne la natura né per condurre avanti l’iter canonico verso la santità riconosciuta. Esso è piuttosto, di per sé, il coronamento di una vita, in cui le virtù sono presenti e spesso già in grado eroiche.

Auguro a quanti stanno organizzando il Convengo Internazionale e quanti vi prenderanno parte di poter respirare la novità che, come Chiesa, stiamo vivendo in questo tempo. Accettare la sfida della contemporaneità significa anche non rimanere insensibili all’appello che viene fatto alla Chiesa di dare risposta alla questione femminile oggi. Tante sante donne ci hanno dimostrato che c’è qualcosa di unico, di particolare, nel loro apporto alla vita della Chiesa. E non solo ce lo hanno fatto comprendere: lo hanno vissuto. Possa la loro testimonianza dare avvio a processi di rinnovamento religioso, sociale, culturale, secondo quel dinamismo spirituale di cui le donne sono protagoniste.

 

+ Fabio Fabene

 

Qui un articolo sul convegno apparso su aibi.it la pietra scartata