Il sacrificio di Cristo sull'altare ci salva, guarisce e risana
Omelia nella Solennità del Corpo e Sangue del Signore
Cari fratelli e sorelle,
In questa solennità del Corpus Domini, il Vangelo che è stato proclamato ci conduce nel Cenacolo di Gerusalemme, nella grande sala al piano superiore, arredata e già pronta, dove Gesù ha celebrato l’Ultima Cena con gli Apostoli. In quella specialissima Cena Pasquale, Gesù, con intensità e commozione, “prese il pane”, nelle sue “mani sante e venerabili” (Canone Romano). Un gesto comune e immediato che compiamo quasi istintivamente nella nostra esperienza quotidiana. Il pane, infatti, è l’elemento essenziale del nostro nutrimento, è il frutto della fatica dell’uomo e della donna che si guadagnano il pane ogni giorno per la famiglia. Il sedersi a tavola è certamente una delle esperienze umane più profonde: proprio intorno alla mensa ogni famiglia fa l’esperienza quotidiana della sua unità. Intorno allo stesso tavolo, avvertiamo la gioia di essere famiglia, una gioia intima che pervade ed educa il nostro essere uomini. Ma anche quanta sofferenza quando il pane non basta perché non c’è lavoro, quando vi sono crepe nei rapporti familiari, quando è difficile dialogare. Così la mancanza del pane è anche il segno della povertà, della lotta per la sopravvivenza e dell’impegno per portare a casa un pezzo di pane, e per la stessa dignità del lavoratore, come anche della fatica di mantenere unita una famiglia.
Gesù ci ha insegnato a chiedere nella preghiera del Padre nostro: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Una preghiera che ci responsabilizza verso questo bene prezioso e ci ricorda che nel mondo di oggi ci sono milioni e milioni di persone povere che non hanno il pane. Così di fronte a Gesù che prende nelle sue mani il pane, dobbiamo riscoprire la solidarietà sostenendo coloro che hanno di meno e che faticano per portare a casa il pane. Questa solidarietà richiede anche che il pane sia guadagnato con onestà e con un lavoro degno dell’uomo e di preservare anche la terra, perché produca secondo i suoi tempi ed i suoi ritmi, senza abusare di essa e salvaguardando il suo carattere naturale. È la sfida dell’ecologia che riguarda noi e le successive generazioni, che abiteranno sul nostro pianeta. Il sostegno all’uomo e la salvaguardia del creato, sono contenute in quell’invito di Gesù agli Apostoli: “Date voi stessi da mangiare” (Mc 6,37) di fronte alla folla che lo seguiva e gli chiedeva il pane.
Prendendo il pane nelle sue mani, Gesù, ci dice l’evangelista, recitò la benedizione. In ogni Messa, cari fratelli e sorelle, l’Assemblea riunita intorno all’altare prolunga il rendimento di grazie di Gesù, riconoscendo che il pane ed il vino sono doni della bontà di Dio Padre. Con il pane ed il vino rendiamo grazie per il dono della nostra vita, per la bellezza e la fecondità della natura, per la Provvidenza divina. Questa benedizione è un canto di lode, una confessione di gratitudine per tutto quello che Dio Padre fa per noi: tutto offriamo a Dio, insieme alla nostra esistenza che diventa sacrificio spirituale, unito a quello di Cristo. Ogni giorno, dobbiamo sempre imparare a dire grazie a Dio. Questo grazie filiale è certamente la preghiera più bella che nasce dal nostro cuore. Il pane ed il vino che noi offriamo, ci vengono restituiti da Dio, donandoci Gesù, il quale, nell’Ultima Cena fece del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue: Questo è il mio Corpo, Questo è il mio sangue. È come dire: “Questo sono io”. In tal modo concentra in un sol punto, con una lente focale, come se fossero dei raggi di luce, tutta la propria vita: le parole e le azioni. Sotto le specie del pane e del vino, infatti Cristo è presente in modo incomparabile, in modo vero, reale e sostanziale, “tutto intero: Dio e uomo”.
In questa celebrazione oggi rendiamo grazie a Dio per aver donato alla Chiesa Madre Speranza, beatificata dieci anni fa, in questo Santuario dove riposano le sue spoglie mortali. Anzi, la sua tomba sembra essere un tutt’uno con il Santuario dell’Amore Misericordioso. Al centro delle letture appena proclamate c’è il tema dell’alleanza e di Gesù, Sommo Sacerdote che, una volta per sempre, ci ha riconciliati con il Padre. È il mediatore di quella nuova alleanza, che viene quotidianamente rinnovata nella Chiesa con la celebrazione della Messa, simbolicamente rappresentata anche dietro al grande Crocifisso che si trova qui. Il sacrificio di Cristo sull’altare ci salva, guarisce e risana, dona pace e gioia, rivelandoci l’amore misericordioso di Dio Padre. Il crocifisso voluto da Madre Speranza e qui custodito ci parla proprio di Gesù, Amore misericordioso, che vuole portare il fuoco dell’amore divino nell’umanità. Il volto sereno del Salvatore crocifisso, ancora vivente, con gli occhi rivolti verso il Padre, ci ricorda che egli quotidianamente nella Messa intercede per noi, invocando il perdono dei nostri peccati ed offrendo in sé stesso l’amicizia di Dio con noi. Veramente in questo Crocifisso di Collevalenza scopriamo Gesù, volto della misericordia del Padre, offerta a tutti gli uomini. Con lo sguardo misericordioso di Gesù, Madre Speranza ci ha insegnato a guardare le miserie e le povertà di ognuno, donando all’uomo, peccatore perduto e senza coraggio, la speranza di riprendere il cammino come fece il figlio minore nella parabola del Padre misericordioso, per ritrovare la pienezza della vita. È l’esperienza che fanno qui, in questo il Santuario dell’Amore Misericordioso, tanti pellegrini che qui ritrovano l’abbraccio misericordioso di Dio, La Beata Madre Speranza, col suo messaggio e la ricchezza dei carismi donatagli dallo spirito, ha precorso l’insegnamento fondamentale del Concilio Vaticano II, il quale – come disse San Paolo VI nel discorso conclusivo dei lavori conciliari – ha avuto nella spiritualità del buon samaritano il suo paradigma di riferimento. Questa spiritualità è stata richiamata da San Giovanni Paolo II nell’enciclica Dives in misericordia e riproposta qui a Collevalenza nella sua visita del 1981. Papa Francesco ha fatto dell’annuncio della misericordia il messaggio centrale del suo magistero e continuamente ribadisce che “la Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre”, dove tutti possono incontrarsi e “tutti possono far parte della comunità” (EG, 47). Per questo “l’Eucaristia…non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli...” (EG, 46).
Intorno all’altare ravviviamo la nostra vocazione umana e cristiana: quella di fare della nostra vita un dono per vivere la nostra esistenza non da soli, ma con gli altri e per gli altri, perché l’altro è un fratello da accogliere e da amare. L’Eucaristia che ci fa “consanguinei “di Cristo, ci fa scoprire che siamo “membra gli uni degli altri”. In queste espressioni paoline sentiamo l’eco dell’Eucaristia e vi risuonano le parole di un grande Padre della Chiesa, S. Giovanni Crisostomo, il quale diceva: “il sacramento dell’altare, deve espandersi per strada”, al “sacramento del fratello”, ovunque esso vive e in qualunque situazione si trova, abbiamo il dovere di offrire la mano della carità, condividendo il pane spezzato sull’altare. Il sangue versato da Cristo, presente nel calice, ci dà la forza per imparare ogni giorno a donare la nostra vita, e a rendere le nostre città autentiche comunità, che al di là delle diversità, si ritrovano unite nella solidarietà. È l’invito a vivere il comandamento dell’amore, scritto nel libro sul lato sinistro alla base del Crocifisso.
Cari fratelli e sorelle, come abbiamo pregato prima del Vangelo, nella Sequenza, “in questo giorno la lode sia piena, sia risonante; il giubilo della mente sia lieto e sia appropriato”, per esprimere la soavità di questo Sacramento (S. Tommaso d’Aquino), “per mezzo del quale si fa memoria di quella altissima carità che Cristo ha dimostrato nella sua passione… L’Eucaristia è il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini”.
Gesù stesso, mentre lo onoriamo, ci insegni la sua carità, il suo amore per gli altri e ad essere misericordiosi come è misericordioso il Padre.
Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza (PG), 2 giugno 2024
+ Fabio Fabene
Arcivescovo titolare di Montefiascone
Segretario del Dicastero