Normae Servandae (Italiano)

NORMAE SERVANDAE IN INQUISITIONIBUS AB EPISCOPIS FACIENDIS IN CAUSIS SANCTORUM (1983)

 

Sacra Congregazione per le Cause dei Santi
Norme da osservarsi nelle Inchieste Diocesane nelle Cause dei Santi

La Costituzione Apostolica Divinus Perfectionis Magister del 25 gennaio 1983 ha stabilito la procedura per le inchieste che d'ora in poi devono essere svolte dai Vescovi nelle cause dei santi; così pure ha affidato a questa Sacra Congregazione il compito di emanare speciali norme a tale scopo. La medesima Sacra Congregazione ha quindi redatto le seguenti norme. Il Sommo Pontefice ha voluto che fossero esaminate dall'assemblea plenaria dei Padri preposti a detta Congregazione, tenuta nei giorni 22 e 23 giungo 1981; e poi, dopo aver sentito anche il parere di tutti i Padri preposti ai Dicasteri della Curia Romana, le ha ratificate e ne ha ordinato la pubblicazione.   

1. a) L'attore promuove la causa di canonizzazione; può adempiere tale ufficio chiunque faccia parte del popolo di Dio o qualunque associazione di fedeli ammessa dall'autorità ecclesiastica.

    b) L'attore tratta la causa tramite un postulatore legittimamente costituito.  

2. a) Il postulatore viene costituito dall'attore tramite un mandato di procura redatto a norma del diritto, con l'approvazione del Vescovo.

    b) Mentre la causa viene trattata presso la Sacra Congregazione, il postulatore, purché approvato dalla stessa Congregazione, deve avere dimora stabile a Roma.  

3. a) Possono svolgere l'ufficio di postulatore i sacerdoti, i membri di Istituti di vita consacrata e i laici; tutti devono essere esperti in teologia, diritto canonico e storia, come pure nella prassi della Sacra Congregazione.

    b) Anzitutto è compito del postulatore svolgere le indagini sulla vita del Servo di Dio di cui si tratta, per conoscere la sua fama di santità e l'importanza ecclesiale della causa, e riferire al Vescovo.

    c) Al postulatore viene affidato anche il compito di amministrare, secondo le norme date dalla Sacra Congregazione, i beni offerti per la causa.  

4. Il postulatore ha il diritto di farsi sostituire, con legittimo mandato e con il consenso degli attori, da altri che vengono chiamati vice-postulatori.  

5. a) Nell'istruire le cause di canonizzazione, il Vescovo competente è quello nel cui territorio il Servo di Dio è morto, a meno che particolari circostanze, riconosciute dalla Sacra Congregazione, non consiglino diversamente.

    b) Se si tratta di un asserito miracolo, è competente il Vescovo nel cui territorio il fatto è avvenuto.

6. a) Il Vescovo può istruire la causa direttamente o tramite un suo delegato, che sia sacerdote, veramente perito nella materia teologica, canonica e anche storica, se si tratta di cause antiche.

    b) Anche il sacerdote, che viene scelto come promotore di giustizia, deve possedere le stesse doti.

    c) Tutti gli officiali, che prendono parte alla causa, devono giurare di adempiere fedelmente il loro incarico, e sono tenuti al segreto.  

7. La causa può essere recente o antica; è detta recente, se il martirio o le virtù del Servo di Dio possono essere provati mediante le deposizioni orali di testimoni oculari; è detta antica quando le prove relative al martirio o alle virtù possono desumersi solo da fonti scritte.  

8. Chiunque intenda iniziare una causa di canonizzazione, presenti al Vescovo competente, tramite un postulatore, il libello di domanda, con il quale si chiede l'istruzione della causa.  

9. a) Nelle cause recenti, il libello di domanda deve presentarsi non prima di cinque anni dalla morte del Servo di Dio.

    b) Se viene presentato dopo 30 anni, il Vescovo non può procedere oltre se non si sia accertato, con un'accurata indagine, che nel caso non c'è stata da parte degli attori alcuna frode o inganno nel procrastinare l'avvio della causa.  

10. Il postulatore, insieme con il libello di domanda, deve presentare:   

    1° nelle cause sia recenti che antiche, una biografia di un certo valore storico sul Servo di Dio, se esiste, o, in mancanza di questa, un'accurata relazione cronologica sulla vita e sulle attività del Servo di Dio, sulle sue virtù o martirio, sulla fama di santità e di miracoli, senza omettere ciò che pare contrario o meno favorevole alla causa stessa [1];

    2° tutti gli scritti pubblicati del Servo di Dio in copia autentica;   

    3° solo nelle cause recenti, un elenco delle persone che possono contribuire a esplorare la verità sulle virtù o il martirio del Servo di Dio, come pure sulla fama di santità o di miracoli, oppure impugnarla.

11. a) Accettato il libello, il Vescovo consulti la Conferenza episcopale, almeno regionale, sull'opportunità di iniziare la causa.

    b) Inoltre renda pubblica la petizione del postulatore nella propria diocesi e, se lo riterrà opportuno, anche nelle altre diocesi, con il consenso dei rispettivi Vescovi, invitando tutti i fedeli a fornirgli notizie utili riguardanti la causa, se ne hanno da dare.  

12. a) Se dalle informazioni ricevute fosse emerso qualche ostacolo di una certa rilevanza contro la causa, il Vescovo ne informi il postulatore, affinché lo possa eliminare.

    b) Se l'ostacolo non è stato rimosso e il Vescovo perciò riterrà che la causa non debba ammettersi, avverta il postulatore, esponendo i motivi della decisione.  

13. Se il Vescovo intende iniziare la causa, chieda circa gli scritti editi del Servo di Dio il voto di due censori teologi; questi riferiscano se in tali scritti c'è qualcosa di contrario alla fede e ai buoni costumi [2].

14. a) Se i voti dei censori teologi sono favorevoli, il Vescovo ordina che vengano raccolti tutti gli scritti del Servo di Dio non ancora pubblicati, come pure tutti e singoli i documenti storici sia manoscritti sia stampati riguardanti in qualunque modo la causa [3].

    b) Nel fare tale ricerca, soprattutto quando si tratta di cause antiche, siano incaricati esperti in storia e archivistica.

    c) Adempiuto l'incarico, gli esperti presentino al Vescovo, assieme con gli scritti raccolti, una diligente e distinta relazione, nella quale riferiscano e garantiscano d'aver adempiuto fedelmente il loro compito, uniscano un elenco degli scritti e dei documenti, esprimano un giudizio circa l'autenticità e il valore di essi, come pure circa la personalità del Servo di Dio, quale si desume dagli stessi scritti e documenti.  

15. a) Ricevuta la relazione, il Vescovo consegni al promotore di giustizia o ad un altro esperto tutto ciò che è stato acquisito fino a quel momento, affinché possa preparare gli interrogatori utili ad indagare e mettere in luce la verità circa la vita, le virtù o il martirio, la fama di santità o di martirio del Servo di Dio.

    b) Nelle cause antiche gli interrogatori riguardino soltanto la fama di santità o di martirio ancora presente e, se è il caso, il culto reso al Servo di Dio in tempi più recenti.

    c) Nel frattempo il Vescovo invii alla Congregazione per le Cause dei Santi una breve relazione sulla vita del Servo di Dio e sull'importanza della causa, per vedere se da parte della Santa Sede ci sia qualcosa in contrario alla Causa.  

16. a) Quindi il Vescovo o il suo delegato esamini i testimoni presentati dal postulatore e gli altri che devono essere interrogati d'ufficio, assistito da un notaio che trascrive le dichiarazioni di chi depone, il quale alla fine deve confermarle.

    Ma se urge l'esame dei testimoni perché non vadano perdute le prove, essi devono essere interrogati anche prima che si completi la ricerca dei documenti [4].

    b) All'esame dei testimoni partecipi il promotore di giustizia; qualora questi non fosse stato presente, gli atti vengano poi sottoposti al suo esame, affinché egli possa osservare e proporre quanto riterrà necessario e opportuno.

    c) I testimoni siano esaminati anzitutto sugli interrogatori; poi il Vescovo o il suo delegato non tralasci di porre ai testimoni altre domande necessarie o utili, affinché quanto essi hanno detto sia meglio chiarito o le eventuali difficoltà emerse siano chiaramente sciolte e spiegate.  

17. I testimoni devono essere oculari; a questi, se occorre, possono aggiungersene altri che hanno sentito da coloro che hanno visto; ma tutti siano degni di fede.  

18. Come testimoni siano presentati anzitutto i consanguinei e i parenti del Servo di Dio e altri che abbiano avuto con lui familiarità e rapporto. 

19. Per provare il martirio o l'esercizio delle virtù e la fama dei miracoli di un Servo di Dio che sia appartenuto a qualche istituto di vita consacrata, i testimoni presentati devono essere, in parte notevole, estranei; a meno che ciò sia impossibile, a motivo della particolare vita del Servo di Dio.  

20. Non siano ammessi a testimoniare:

    1° il sacerdote, per quanto riguarda tutto ciò di cui è venuto a conoscenza attraverso la confessione sacramentale;

    2° i confessori abituali o i direttori spirituali del Servo di Dio, per quanto riguarda anche tutto ciò che dal Servo di Dio hanno appreso nel foro di coscienza, fuori della confessione sacramentale.

    3° il postulatore della causa, durante tale incarico.  

21. a) Il Vescovo o il delegato chiami d'ufficio alcuni testimoni, che siano in grado di contribuire, se occorre, al completamento dell'inchiesta, soprattutto se sono contrari alla causa stessa.

    b) Devono essere chiamati come testimoni d'ufficio gli esperti che hanno svolto le indagini sui documenti e redatto la relazione sui medesimi; essi devono dichiarare sotto giuramento:

    1° di avere svolto tutte le indagini e di aver raccolto tutto quanto che riguardi la causa;

    2° di non aver alterato o mutilato alcun documento o testo.  

22. a) I medici curanti, quando si tratta di guarigioni prodigiose, vanno indotti come testimoni.

    b) Qualora essi si rifiutino di presentarsi al Vescovo o al delegato, questi provveda che preparino sotto giuramento, se possibile, una relazione scritta sulla malattia e il suo decorso da inserire negli atti, o almeno si cerchi di ottenere tramite interposta persona, il loro parere, da sottoporre poi ad esame.  

23. I testimoni nella loro testimonianza, da confermarsi con giuramento, devono indicare la fonte della loro conoscenza di quanto asseriscono; diversamente la loro testimonianza è da ritenersi nulla.  

24. Se un testimone preferisce consegnare al Vescovo o al suo delegato, sia contestualmente alla deposizione sia al di fuori di essa, qualche scritto da lui redatto in precedenza, tale scritto sia accettato, purché il teste stesso provi con giuramento che ne è l'autore e che in esso sono esposte cose vere; e tale scritto sia accluso agli atti della causa.  

25. a) In qualunque modo i testimoni hanno rilasciato le informazioni, il Vescovo o il delegato curi diligentemente di autenticarle sempre con la sua firma e con il proprio timbro.

    b) I documenti e le testimonianze scritte, sia raccolte dagli esperti sia rilasciate da altri, siano dichiarate autentiche con l'apposizione del nome e del timbro di un notaio o di un pubblico ufficiale che ne faccia fede.  

26. a) Se le indagini sui documenti o sui testimoni devono essere svolte in altra diocesi, il Vescovo o il delegato mandi una lettera al Vescovo competente, il quale procederà secondo le norme qui stabilite.

    b) Gli atti di tale inchiesta siano conservati nell'archivio della Curia, ma una copia redatta a norma dei nn. 29-30 sia mandata al Vescovo richiedente.  

27. a) Il Vescovo o il delegato curi con somma diligenza e impegno che nella raccolta delle prove nulla venga omesso di quanto in qualunque modo abbia attinenza con la causa, tenendo per certo che il felice esito della causa dipende in gran parte dalla sua buona istruzione.

    b) Raccolte quindi tutte le prove, il promotore di giustizia esamini tutti gli atti e documenti per potere, se gli sembra necessario, richiedere ulteriori indagini.

    c) Al postulatore deve darsi anche la facoltà di esaminare gli atti per potere, se è il caso, completare le prove con nuovi testimoni o documenti.  

28. a) Prima che l'inchiesta sia conclusa il Vescovo o il delegato ispezioni diligentemente la tomba del Servo di Dio, la camera nella quale abitò o morì e altri eventuali luoghi dove si possano mostrare segni di culto in suo onore, e faccia una dichiarazione circa l'osservanza dei decreti di Urbano VIII sul non culto [5].

    b) Di tutto ciò che è stato fatto si rediga una relazione da allegare agli atti.  

29. a) Completati gli atti istruttori, il Vescovo o il delegato ordini che sia fatta una copia conforme, a meno che, per provati motivi, abbia già permesso di prepararla durante la fase istruttoria.

    b) La copia conforme sia trascritta dagli atti originali e sia fatta in duplice esemplare.  

30. a) Fatta la copia conforme, sia confrontata con l'originale, e il notaio firmi ciascuna pagina almeno con le sigle e vi apponga il suo timbro.

    b) L'originale, chiuso e munito di sigilli, sia custodito nell'archivio della Curia.  

31. a) La copia conforme dell'inchiesta e i documenti allegati siano trasmessi per via sicura alla Sacra Congregazione in duplice esemplare debitamente chiusi e muniti di sigilli, assieme ad una copia dei libri del Servo di Dio esaminati dai censori teologi, con il  giudizio di questi [6].

    b) Se è necessaria la traduzione degli atti e dei documenti in una lingua ammessa presso la Sacra Congregazione, si producano due copie della versione dichiarata autentica, e siano inviate a Roma insieme con la copia conforme.

    c) Il Vescovo o il delegato mandi inoltre al Cardinale Prefetto una dichiarazione sulla credibilità dei testimoni e la legittimità degli atti.  

32. L'inchiesta sui miracoli dev'essere istruita separatamente dall'inchiesta sulle virtù o il martirio e si svolga secondo le norme che seguono[7].  

33. a) Il Vescovo competente a norma del n. 5 b, dopo aver ricevuto il libello del postulatore insieme con una breve ma accurata relazione del presunto miracolo e con i documenti ad esso relativi, chieda il giudizio di uno o due esperti.

    b) Poi, se avrà deciso di istruire l'inchiesta giuridica, esaminerà, di persona o tramite un suo delegato, tutti i testimoni, secondo le norme stabilite sopra nei nn. 15a, 16-18 e 21-24.  

34. a) Se si tratta di guarigione da una malattia, il Vescovo o il delegato chieda l'aiuto di un medico, il quale proponga le domande ai testimoni per chiarire meglio le cose secondo la necessità e le circostanze.

    b) Se il guarito è vive ancora, sia visitato da alcuni esperti, perché possa risultare la durata della guarigione.  

35. La copia conforme dell'inchiesta assieme con i documenti allegati sia inviata alla Sacra Congregazione, secondo quanto stabilito nei nn. 29-31.  

36. Sono proibite nelle chiese le celebrazioni di qualunque genere o i panegirici sui Servi di Dio, la cui santità di vita è tuttora soggetta a legittimo esame.

    Ma anche fuori della chiesa bisogna astenersi da quegli atti che potrebbero indurre i fedeli a ritenere a torto che l'inchiesta, fatta dal Vescovo sulla vita e sulle virtù o sul martirio del Servo di Dio, comporti la certezza della futura canonizzazione del Servo di Dio stesso.

    Giovanni Paolo II, per divina Provvidenza papa, nell'udienza concessa il 7 febbraio 1983 al sottoscritto Cardinale Prefetto della Congregazione, Si è degnato di approvare e ratificare le presenti norme, ordinandone la pubblicazione e l'entrata in vigore da oggi; esse dovranno essere debitamente e scrupolosamente osservate da tutti i Vescovi che istruiscono le cause di canonizzazione e dagli altri cui spetta, nonostante qualsiasi disposizione in contrario anche degna di speciale menzione.

Roma, dalla Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, 7 febbraio 1983.

Pietro Card. Palazzini
Prefetto

Traiano Crisan
Arciv. tit. di Drivasto
Segretario

 

AAS 75(1983), pp. 396-403.

 

(1) Cfr. Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister, n. 2.1.
(2) Cfr. ibid., 2.2.
(3) Cfr. ibid., n. 2.3.
(4) Cfr. ibid., n. 2.4.
(5) Cfr. ibid., n. 2.6.
(6) Ibid.
(7) Ibid., n. 2, 5.