Col surf, tra le pagine del Vangelo. Biografia di Guido Vidal França Schäffer

Col surf, tra le pagine del Vangelo. Biografia di Guido Vidal França Schäffer

Prefazione di Mons. Alberto Royo Mejía al libro di Andrea Maniglia, Col surf, tra le pagine del Vangelo. Biografia di Guido Vidal França Schäffer

Graphe.it edizioni, Perugia 2024

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Quando pensiamo alla santità, tendiamo facilmente a immaginare persone anziane che hanno vissuto una lunga vita e, nel tempo, hanno acquisito saggezza spirituale. Il Signore li ha guidati in mezzo alle tentazioni e alle difficoltà e loro hanno appreso a cercare il regno di Dio sopra ogni altra cosa sapendo che il resto sarebbe stato loro dato in aggiunta. Hanno avuto l’occasione di esercitare le virtù cristiane in molte circostanze diverse, alcune buone e altre cattive, come spesso ci presenta la vita; è questo il motivo per cui abbiamo l’immagine di santi di età avanzata; infatti, il termine che viene applicato specificamente nelle Cause dei Santi a coloro che hanno esercitato le virtù cristiane in modo eroico, è normalmente associato, nel linguaggio comune, a una persona anziana.

In realtà, la storia della santità ci presenta figure di ogni genere, e non potrebbe essere altrimenti, poiché la santità è per tutti, decisamente tutti, non solo per alcuni prescelti o per un tipo specifico di persona. Pertanto, troviamo una grande varietà di individui che hanno raggiunto la gloria degli altari. Questo se parliamo di santità canonizzata; se vogliamo parlare di quella santità che è la vocazione universale di ogni cristiano e che fiorisce in ogni angolo del mondo – quella che papa Francesco chiama in modo assai plastico «la santità della porta accanto» –, allora siamo dinanzi a moltitudini, come quelle descritte nel libro dell’Apocalisse, provenienti da ogni razza, lingua, popolo e nazione (cfr Ap 7, 9). Fin dagli inizi la Chiesa ha venerato giovani santi, la maggior parte dei quali erano martiri – era il caso di sant’Agnese e san Sebastiano, per poi passare a santa Giovanna d’Arco, santa Kateri Tekakwitha, santa Maria Goretti e il beato Isidore Bakanja, solo per citarne alcuni – poiché si prestava meno attenzione ai giovani deceduti in modo naturale e dalla vita straordinaria, sebbene ci siano sempre state eccezioni, pur se non abbondanti.

È stato solo in tempi più recenti che la devozione popolare si è concentrata su modelli di giovani e adolescenti che hanno raggiunto la gloria degli altari o stanno percorrendo la via dell’eroicità delle virtù. All’inizio del xx secolo, due di essi, molto diversi tra loro, vissuti nella seconda metà del xix secolo – san Domenico Savio e santa Teresa del Bambino Gesù – hanno impressionato il mondo intero con la loro testimonianza di sovrabbondante amore, dando inizio a una lista che si è gradualmente allungata fino ai nostri giorni, alla quale non possiamo non includere santi e beati molto conosciuti come Pier Giorgio Frassati, Chiara Luce Badano o i giovanissimi Ceferino Namuncurá e Carlo Acutis, senza voler dimenticare altri, più recenti.

In tale elenco possiamo includere il trentenne Guido Vidal França Schäffer, che dopo aver esercitato per alcuni anni la professione di medico, è tornato alla vita di studente con lo scopo di diventare sacerdote. Egli morì all’improvviso in un incidente sportivo il 1º maggio 2009, poco prima di compiere trentacinque anni. Si tratta di una figura ben conosciuta in Brasile soprattutto nel contesto della pastorale giovanile, alla quale egli dedicò la maggior parte della sua vita.

Nato nella località di Volta Redonda, nello stato di Rio de Janeiro (Brasile), il 22 maggio 1974, Guido entrò nel 1978 nel Collegio Sacro Cuore di Maria, dove continuò i suoi studi fino al 1991. Successivamente si iscrisse alla Facoltà di Medicina che frequentò dal 1992 al 1998. In tutti questi anni universitari la sua partecipazione alla vita parrocchiale e religiosa andò rafforzandosi e nonostante la giovane età, fondò un gruppo di preghiera chiamato “Fuoco di Spirito” nella parrocchia di Nostra Signora della Pace, nel quartiere Ipanema di Rio de Janeiro.

Dal marzo 1999 al febbraio 2001, realizzò una sorta di volontariato medico presso l’Ospedale Generale della Santa Casa della Misericordia di Rio de Janeiro. Questo fu un periodo molto fecondo nella sua vita: gli si propose l’esperienza diretta di esercitare la professione medica in maniera totalmente gratuita rivolta ai poveri. Fu anche il tempo del fidanzamento con una giovane che aveva conosciuto in uno dei gruppi ecclesiali a cui apparteneva. E fu anche il tempo in cui sentì sempre più chiara la vocazione alla vita sacerdotale, decisione che prese nel 2000 dopo essere tornato dalla Giornata Mondiale della Gioventù convocata dal santo papa Giovanni Paolo ii a Roma. Cominciò, quindi, per lui un periodo di discernimento in cui alternò il lavoro allo studio della filosofia e la teologia, fino a quando nel 2008 entrò nel seminario diocesano di Rio. Senonché, a circa un anno dal suo ingresso in seminario, era il 1° maggio del 2009, Guido morì tragicamente mentre surfava con dei suoi amici.

La prima questione che sorge quando una persona giovane muore all’improvviso e si comincia a evidenziarne la santità è se l’impatto ricevuto da coloro che lo conoscevano, o che comunque sono venuti a conoscenza del fatto, non ne abbiano enfatizzato la figura fino a considerarlo un santo. Certamente, questo è un rischio che molto saggiamene la Chiesa cerca di combattere con la richiesta dei cinque anni che devono trascorrere prima dell’inizio di una causa di canonizzazione. Trascorsi, così, quei cinque anni, la causa di Guido ha preso avvio e recentemente, il 20 maggio 2023, si è giunti alla dichiarazione di “venerabile” da parte di papa Francesco.

La Chiesa applica a Guido questo termine che da un lato indica eroico esercizio delle virtù cristiane – per capirci: una pienezza di vita al di sopra del vissuto dei cristiani più esemplari – e dall’altro, popolarmente, suggerisce persone sagge di una certa età. Egli però non è arrivato a quell’età, ma riconosciamo che ha acquisito la saggezza spirituale come se ci fosse giunto: non a caso la Scrittura dice: «Sono più saggio di tutti i miei maestri, perché medito i tuoi insegnamenti» (Sal 119 [118], 99). Infatti, la dichiarazione di papa Francesco intende proprio questo, nonostante la giovane età, Guido ha percorso un cammino per il quale altri impiegano molti più anni. L’iconografia antica lo rappresenterebbe volentieri con la barba bianca, simbolo della saggezza, ma le fotografie e i video che di lui abbiamo ci ricordano che ha vissuto tutto questo senza raggiungere un’età avanzata.

Sebbene tutto ciò sia bello da raccontare, quando si tratta di valutare la sua santità in una causa di canonizzazione, la questione diventa più complicata, perché secondo la prassi abituale, dette procedure, tramandate da papa Prospero Lambertini, Benedetto xiv, e continuate fino a oggi, si deve provare che il candidato ha vissuto l’eroicità delle virtù negli ultimi dieci anni della sua vita o almeno, in modo più intenso, soltanto negli ultimi, che per Guido corrispondono al suo discernimento vocazionale e in modo speciale all’ultimo anno trascorso in seminario. La lunga esperienza della Chiesa sa scegliere gli strumenti adatti per verificare in ogni caso se ciò è avvenuto.

Nel caso di Guido le dichiarazioni di coloro che lo conobbero da vicino – familiari e amici, colleghi e pazienti, giovani della sua comunità carismatica e della sua parrocchia, compagni di seminario – e i documenti raccolti in vista del suo processo, sono tutti concordi nell’evidenziare in lui un cuore grande e generoso, una fede profonda che lo portava a darsi senza risparmio agli altri, dallo sguardo pulito e dalla vita trasparente, anche come fidanzato, che sperimenta durante gli anni della giovinezza una maturazione umana, e soprattutto spirituale, che lo porta a una unione con il Signore che si manifesterà a un certo momento nel desiderio del sacerdozio come risposta alla chiamata divina.

In realtà non possiamo parlare genericamente di Guido Schäffer come di un aspirante al sacerdozio che si è santificato nella vita del seminario, sebbene i suoi superiori e compagni di seminario abbiano parlato molto bene di lui. Si tratta di un giovane laico che il Signore ha condotto in seminario sul finire della vita, dopo essersi abbondantemente allenato per anni nella palestra delle virtù cristiane come studente e come medico. Sicuramente possono sembrare sfumature, ma sono dettagli importanti per la giusta conoscenza di questo esemplare medico che a un certo momento della sua crescita spirituale diventa seminarista.

Qual è la santità che molti attribuiscono a Guido e che in certo modo la Chiesa ha riconosciuto quando è stato dichiarato venerabile? Bisogna innanzitutto ricordare che si tratta della vocazione che tutti abbiamo ricevuto come cristiani, la pienezza della vita che ci è stata infusa nel battesimo come germe e che è chiamata a crescere fino a raggiungere la vita eterna. Non è qualcosa di estraneo o irraggiungibile, ma piuttosto si adatta a ogni persona e alle circostanze in cui opera. Questa pienezza si manifesta nei modi più vari, secondo il percorso concreto di ogni fedele, manifestando una straordinaria novità e creatività in ogni tempo e luogo.

Nella Bibbia, l’Antico Testamento ci presentava l’ideale di santità ebraica con le parole del Salmo 15 (14):

 

Signore, chi abiterà nella tua tenda?

Chi dimorerà sulla tua santa montagna?

Colui che cammina senza colpa,

pratica la giustizia

e dice la verità che ha nel cuore,

non sparge calunnie con la sua lingua,

non fa danno al suo prossimo

e non lancia insulti al suo vicino.

Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,

ma onora chi teme il Signore.

Anche se ha giurato a proprio danno,

mantiene la parola;

non presta il suo denaro a usura

e non accetta doni contro l'innocente.

Colui che agisce in questo modo

resterà saldo per sempre.

 

 Si trattava di un ideale segnato dalla tradizione culturale di quel popolo, ma manifestava una pienezza di vita alla quale tutti erano chiamati e molti raggiungevano, come appare nella storia biblica.

Da parte sua, nel Nuovo Testamento, Gesù ci presenta nel Discorso della montagna un orizzonte che, includendo il contenuto del salmo, va molto oltre e ci invita a essere poveri di spirito, miti, misericordiosi, operatori di giustizia, a perdonare gli affronti e persino ad amare i nostri nemici (cfr Mt 5). Questo è l’ideale cristiano e questi sono i frutti della santità che, in un modo o nell’altro, troviamo nella vita di tutti i santi, anche in quella di Guido Schäffer. Egli fu un giovane di grandissima generosità, di cuore integro e sguardo limpido, amico di molti, fedele ai suoi impegni e che – come il lettore di questa biografia potrà constatare – pensava più agli altri che a se stesso; aveva un cuore misericordioso che si manifestava soprattutto nella cura degli ammalati, specialmente i più bisognosi, ma anche nel suo entusiasmo apostolico con cui riusciva a comunicare la gioia del Vangelo; era aperto alla volontà di Dio e pronto ad accettarne le sorprese, come effettivamente accadde quando cominciò a sentire sempre più chiaramente la vocazione sacerdotale che veniva a stravolgere la sua vita che sembrava già perfettamente indirizzata.

Oltre a rivolgerci alla sua intercessione e gioire per il raggiungimento della meta definitiva, lo scopo che la Chiesa si prefigge quando presenta un fedele cristiano alla venerazione del popolo di Dio – sia a livello locale come nel caso della beatificazione, sia a livello universale con la canonizzazione – è quello di porre la luce della sua testimonianza in un luogo ben visibile affinché tutti possano contemplare le sue buone opere e glorificare il Signore, il cui amore e misericordia essi ci trasmettono (cfr Mt 5, 16). Ma anche la loro vita è un invito, uno stimolo per coloro che ne vengono a conoscenza: se loro hanno vissuto in questo modo, anche noi possiamo farlo. Forse vale la pena provarci.

Nel caso di Guido si tratta di un giovane la cui normalissima vita e le circostanze del suo percorso terreno assomigliano a quelle di molti di coloro che leggeranno questo libro, quindi riuscirà facile per loro vedere in lui un esempio valido; e siccome egli aveva capito che il vero tesoro nella vita era seguire Cristo, forse attraverso la sua testimonianza molti potranno capirlo. Sarebbe questo un buon servizio reso dal buon Guido dopo la sua morte. Spero che ci siano, tra coloro a cui giungerà il libro, alcuni che oltre a capirlo vogliano provare anche a viverlo.

 

Mons. Alberto Royo Mejía

Promotore della Fede

Dicastero delle Cause dei Santi