Agnese di Boemia

Agnese di Boemia

(1211-1282)

Beatificazione:

- 28 novembre 1874

- Papa  Pio IX

Canonizzazione:

- 12 novembre 1989

- Papa  Giovanni Paolo II

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 2 marzo

Religiosa ceca, monaca, dell'Ordine di Santa Chiara, fondatrice del monastero e dell'ospedale di San Francesco ed istitutrice dell'ordine dei Crocigeri della Stella Rossa

 

  • Biografia
  • Omelia
  • l'ammirazione
Fin dalla più tenera età ella orientò la propria esistenza alla ricerca dei beni celesti

 

Agnese, figlia di Premysl Otakar I re di Boemia e della regina Costanza sorella di Andrea II re d'Ungheria, nacque a Praga nel 1211. Sin dall'infanzia fu coinvolta in progetti di fidanzamento, trattati indipendentemente dalla sua volontà, per speculazioni politiche e convenienze dinastiche.

All'età di tre anni, fu affidata alle cure della duchessa di Slesia S. Edvige che l'accolse nel monastero delle monache cistercensi di Trzebnica e le insegnò i primi elementi della fede cristiana.

All'età di sei anni fu ricondotta a Praga, e poi affidata alle monache premonstratensi di Doksany per la sua conveniente istruzione.

Nel 1220, promessa sposa di Enrico VII figlio dell'imperatore Federico II, fu condotta a Vienna presso la corte del duca d'Austria, dove visse fino al 1225 mantenendosi sempre fedele ai principi e ai doveri della vita cristiana.

Rescisso il patto di fidanzamento ritornò a Praga dove si dedicò ad una più intensa vita di preghiere e di opere caritative; e dopo matura riflessione decise di consacrare a Dio la sua verginità.

Pervennero alla corte di Praga altre proposte nuziali per Agnese, quella del re d'Inghilterra Enrico III che svanì, e quella di Federico II presentata prima al re Otakar nel 1228 e la seconda volta al re Venceslao nel 1231. Il Pontefice Gregorio IX, al quale Agnese aveva chiesto protezione, intervenne riconoscendone il proposito di verginità ed Agnese allora acquistò per sempre la libertà e la felicità di consacrarsi a Dio.

Dai Frati Minori che giungevano, predicatori itineranti, a Praga, venne a conoscere la vita spirituale che conduceva in Assisi la vergine Chiara secondo lo spirito di S. Francesco. Ne rimase affascinata e decise di seguirne l'esempio.

Con i propri beni dinastici fondò a Praga nel 1232-33 l'ospedale di S. Francesco e l'Ordine dei Crocigeri della Stella Rossa che lo doveva dirigere. Nello stesso tempo fondò il monastero di S. Francesco per le " Sorelle Povere o Damianite ", dove lei stessa fece il suo ingresso il giorno di Pentecoste l'11 giugno 1234.

Professò i voti solenni di castità, povertà e obbedienza pienamente consapevole dei valori eterni di questi consigli evangelici e si dedicò a praticarli con fervorosa fedeltà, per tutta la vita. la verginità per il regno dei cieli continuò ad essere sempre l'elemento fondamentale della sua spiritualità coinvolgendo tutta la profondità affettiva della sua persona nella consacrazione all'amore indiviso e sponsale a Cristo. Lo spirito di povertà, che già l'aveva indotta a distribuire i suoi beni ai poveri, la condusse a rinunciare totalmente alla proprietà dei beni della terra per seguire Cristo povero, nell'Ordine delle " Sorelle Povere ". Ottenne inoltre che nel suo monastero si praticasse anche l'esproprio collettivo. Lo spirito di obbedienza la condusse a conformare sempre la sua volontà alla volontà di Dio che scopriva nel Vangelo del Signore e nella Regola di vita a lei data dalla Chiesa. Si adoperò insieme a S. Chiara per ottenere l'approvazione di una Regola nuova e propria che, dopo fiduciosa attesa, ricevette e professò con assoluta fedeltà.

Costituita, poco dopo la professione, abbadessa del monastero, dovette conservare l'ufficio per tutta la vita e lo esercitò, considerandosi sempre come " sorella maggiore ", con umiltà e carità, con saggezza e zelo.

Negli ultimi anni di vita Agnese sopportò con pazienza inalterabile i dolori che afflissero lei con la famiglia reale, il monastero e la patria, a causa di un infausto conflitto e della conseguente anarchia, nonché per le calamità naturali che si abbatterono sulla regione e la successiva carestia.

Morì santamente nel suo monastero il 2 marzo 1282. Per sua intercessione avvennero numerosi miracoli. Il culto tributato fin dalla morte e lungo i secoli alla Venerabile Agnese di Boemia ebbe il riconoscimento apostolico con il Decreto approvato dal Venerabile Pontefice Pio IX il 28 novembre 1874.

Il 12 novembre 1989 la Beata Agnese di Boemia viene proclamata Santa dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II.

CANONIZZAZIONE DI AGNESE DI BOEMIA E DI ALBERTO ADAMO CHMIELOWSKI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana - Domenica, 12 novembre 1989

 

1. “Imparate da me” (Mt 11, 29).

Oggi, domenica 12 novembre 1989, noi qui riuniti abbiamo ascoltato queste parole di Gesù nostro maestro e Signore, contenute nel Vangelo di Matteo:

“Imparate da me, che sono mite e umile di cuore”.

“Imparate da me . . . il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.

“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me” (Mt 11, 29).

Meditando su queste parole, la Chiesa guarda oggi verso due persone che, con tutta la loro vita, hanno accolto questo invito del Maestro divino: la beata Agnese di Boemia e il beato fratel Albert Chmielowski di Cracovia. Molti secoli li separano l’una dall’altra: dal XIII al XX secolo. Li unisce però una particolare affinità spirituale: l’eredità di san Francesco d’Assisi e di santa Chiara: come pure la vicinanza delle nazioni da cui provengono: la Boemia e la Polonia.

2. Oggi li unisce la comune canonizzazione, con la quale la Chiesa iscrive nell’albo dei suoi santi questa figlia del popolo boemo e questo figlio del popolo polacco.

E ciò accade nel mese di novembre, quando nei nostri cuori risuonano ancora con viva eco le parole dell’Apocalisse di san Giovanni: “Vidi . . . una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono . . . e gridavano a gran voce . . . Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazia, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli” (Ap 7, 9-12).

Ecco, “essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7, 14).

La verità della loro vita è stata questa: essi “hanno imparato” da Cristo, il quale è “mite e umile di cuore”; essi “hanno preso il suo giogo sopra di sé”. Ed ecco, hanno trovato un ristoro per le loro anime: la santità, e cioè la perfezione eterna in Dio.

3. La beata Agnese di Boemia, pur essendo vissuta in un periodo tanto lontano dal nostro, rimane anche oggi un fulgido esempio di fede cristiana e di carità eroica, che invita alla riflessione ed alla imitazione.

Ben si addicono alla sua vita ed alla sua spiritualità le parole della prima lettera di Pietro: “Siate moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera”. Così scriveva il capo degli apostoli ai cristiani del suo tempo; e soggiungeva: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità . . . Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare” (1 Pt 4, 7-9). Proprio questo è stato il programma di vita di sant’Agnese: fin dalla più tenera età ella orientò la propria esistenza alla ricerca dei beni celesti. Rifiutate alcune proposte di matrimonio, decise di dedicarsi totalmente a Dio, perché nella sua vita egli venisse glorificato per mezzo di Gesù Cristo (cf. 1 Pt 4, 11).

Essendo venuta a conoscere dai Frati Minori, allora giunti a Praga, l’esperienza spirituale di Chiara di Assisi, volle seguirne l’esempio di francescana povertà: con i propri beni dinastici fondò a Praga l’ospedale di san Francesco e un monastero per le “Sorelle Povere” o “Damianite”, dove lei stessa fece il suo ingresso il giorno di Pentecoste del 1234, professando i voti solenni di castità, povertà e obbedienza.

Sono rimaste famose le lettere che santa Chiara d’Assisi le indirizzò per esortarla a proseguire nel cammino intrapreso. Sorse così un’amicizia spirituale, che durò per quasi vent’anni, senza che le due sante donne si incontrassero mai.

4. “Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare” (1 Pt 4, 9). Fu la norma a cui santa Angnese ispirò costantemente la propria azione, accettando sempre con piena fiducia gli avvenimenti che la Provvidenza permetteva, nella certezza che tutto passa, ma la Verità rimane in eterno!

È, questo, l’insegnamento che la nuova santa dona anche a voi, cari suoi connazionali, e dona a tutti. La storia umana è in continuo movimento; i tempi cambiano con le varie generazioni e con le scoperte scientifiche; nuove tecniche ma anche nuovi affanni si affacciano all’orizzonte dell’umanità, sempre in cammino: ma la verità di Cristo, che illumina e salva, perdura nel mutare degli eventi. Tutto ciò che avviene sulla terra è voluto o permesso dall’Altissimo perché gli uomini sentano la sete o la nostalgia della Verità, tendano ad essa, la ricerchino e la raggiungano!

“Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri”, così scriveva ancora san Pietro, e concludeva: “Chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 4, 10-11). Nella sua lunga vita, travagliata anche da malattie e sofferenze, sant’Agnese ha davvero compiuto con energia il suo servizio di carità, per amore di Dio, contemplando come in uno specchio Gesù Cristo, come le aveva suggerito santa Chiara: “In questo specchio rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità” (Lettera IV: “Fonti Francescane”, ed. 1986, n. 2903).

E così Agnese di Boemia, che oggi abbiamo la gioia di invocare “Santa”, pur vissuta in secoli tanto lontani da noi, ha avuto un notevole ruolo nello sviluppo civile e culturale della sua Nazione e resta nostra contemporanea per la sua fede cristiana e per la sua carità: è esempio di coraggio ed è aiuto spirituale per le giovani che generosamente si consacrano alla vita religiosa; e ideale di santità per tutti coloro che seguono Cristo; è stimolo alla carità, esercitata con totale dedizione verso tutti, superando ogni barriera di razza, di popolo e di mentalità; e celeste protettrice del nostro faticoso cammino quotidiano. A lei possiamo dunque rivolgerci con grande fiducia e speranza.

5. Ed ecco fratel Alberto: è un personaggio che ha lasciato un’orma profonda nella storia di Cracovia e del popolo polacco, come nella storia della salvezza. Bisogna “dare l’anima”): sembra questo il filo conduttore della vita di Adam Chmielowski, fin dai suoi giovani anni. Come studente diciassettenne della scuola di agricoltura partecipò alla lotta insurrezionale per la libertà della sua Patria dal giogo straniero – e in essa riportò la mutilazione di una gamba. Cercò il significato della sua vocazione attraverso l’attività artistica, lasciando opere che ancora oggi impressionano per una loro particolare capacità espressiva.

Mentre si dedicava sempre più intensamente alla pittura, Cristo gli fece sentire la chiamata per un’altra vocazione e lo invitò a cercare sempre più oltre: “Impara da me . . . che sono mite e umile di cuore . . . Impara”.

Adam Chmielowski fu discepolo pronto a ogni chiamata del suo maestro e Signore.

6. Di questa chiamata decisiva, che tracciò la sua strada verso la santità in Cristo, parla il testo della prima lettura della liturgia della odierna canonizzazione, tratto dal profeta Isaia: “. . . sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo” (Is 58, 6). È questa la teologia della liberazione messianica, che contiene quella che oggi siamo abituati a definire “opzione per i poveri”: “dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente” (Is 58, 7).

Proprio così fece fratel Alberto. In questo instancabile, eroico servizio a favore dei diseredati egli trovò finalmente il suo cammino. Trovò Cristo. Prese su di sé il suo giogo e il suo carico; e non fu soltanto “uno che fa la carità”, ma divenne fratello di coloro che egli serviva. Il loro fratello. Il “fratello grigio”, come era chiamato.

Altri lo seguirono: i “Fratelli grigi” e le “Sorelle grigie”, per i quali oggi è una grande festa comune. Ecco, infatti: si sono compiute le ulteriori parole della profezia di Isaia: “Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà: implorerai aiuto ed egli dirà: Eccomi!” (Is 58, 8-9).

7. “Eccomi”.

Nel Vangelo che abbiamo ora ascoltato Cristo dice: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio” (Mt 11, 27).

“Eccomi”: soltanto il Figlio! e “colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27).

E a chi il Figlio rivela? A chi si rivela il Padre nel Figlio?

“Ti benedico, o Padre . . . perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelati ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te” (Mt 11, 25-26).

Ti benedico, o Padre, perché / hai rivelato il mistero del tuo amore / a suor Agnese di Boemia e a fratel Alberto di Cracovia / “Perché così è piaciuto a te”. / Per questo ti rendiamo grazie.

Ti benediciamo, o Padre, insieme con il Figlio e con lo Spirito Santo. Benediciamo te, che sei l’amore.

L'ammirazione, suscitata da Agnese quando si diffuse in Europa la notizia del suo ingresso in monastero, crebbe con gli anni presso chiunque diventava testimone delle sue virtù, come attestano concordemente le memorie biografiche.

Era specialmente ammirato l'ardore della sua carità verso Dio e verso il prossimo. "la fiamma viva dell'amore divino che ardeva continuamente nell'altare del cuore di Agnese, la spingeva tanto in alto, per mezzo dell'inesauribile fede, da farle ininterrottamente cercare il suo Diletto"; e si esprimeva specialmente nel fervore con cui adorava il Mistero Eucaristico e quello della Croce del Signore, nonché nella devozione filiale alla B. V. Maria contemplata nel mistero dell'Annunciazione.
L'amore del prossimo, anche dopo la fondazione dell'ospedale, continuò a tenere aperto il suo cuore generoso ad ogni forma di aiuto cristiano. " Mantenne l'animo caritatevole verso tutti coloro che ricorrevano a lei chiedendo aiuto a Dio e agli uomini". Amò la Chiesa implorando per i suoi figli dalla bontà di Dio i doni della perseveranza nella fede e della solidarietà cristiana. Si rese collaboratrice dei Romani Pontefici che per il bene della Chiesa sollecitavano le sue preghiere e le sue mediazioni presso i re di Boemia suoi familiari. Amò la patria di cui si rese benemerita con le opere caritative individuali e sociali, e con la saggezza dei suoi consigli rivolti sempre ad evitare conflitti, e a promuovere la fedeltà alla religione cristiana dei padri.