Agostino Roscelli

Agostino Roscelli

(1818-1902)

Beatificazione:

- 07 maggio 1995

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 10 giugno 2001

- Papa  Giovanni Paolo II

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 7 maggio

Sacerdote, che istituì a Genova la Congregazione delle Suore dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria per la formazione delle fanciulle; fu uomo di Dio, umile prete, sale della terra e Segno profetico 

  • Biografia
  • Omelia
  • don roscelli fu...
  • omelia di beatificazione
"Il compimento di tutte le nostre opere è l'amore"

 

Nato a Bargone di Casarza Ligure (GE) il 27 luglio 1818 da Domenico e Maria Gianelli, fu battezzato lo stesso giorno perché si temeva per la sua vita. La sua famiglia, povera di mezzi materiali, gli fu sempre esempio di fede e di virtù cristiane. Intelligente, sensibile, piuttosto riservato, Agostino si rese presto utile alla famiglia nella custodia del gregge paterno.

I genitori lo affidarono al Parroco, Don Andrea Garibaldi che gli impartì i primi elementi del sapere.

Nel maggio 1835 in occasione di una missione animata dall'Arciprete di Chiavari Antonio Maria Gianelli, Agostino si sentì decisamente chiamato al sacerdozio e si trasferì a Genova per intraprendere gli studi.

Gli anni di preparazione all'Ordinazione sacerdotale furono duri e difficili dovendo egli affrontare gravi disagi economici. Lo sostennero la volontà tenace, la preghiera intensa e l'aiuto di persone buone quali il Canonico Gianelli che, divenuto Vescovo di Bobbio nel 1838, gli trovò una sistemazione in qualità di Chierico-sacrestano e custode della chiesa presso il Conservatorio delle Figlie di San Giuseppe in salita San Rocchino, di cui il Gianelli era Direttore. I Gesuiti, poi, lo videro "zelante prefetto", come afferma lo stesso Rettore in data 1845.

Il 19 settembre 1846 fu ordinato sacerdote dal Cardinale Placido Maria Tadini.

Vice Parroco - Confessore santo - Educatore presso gli Artigianelli Don Agostino fu subito destinato alla popolosa borgata di San Martino d'Albaro dove, nello spirito di Cristo Pastore e nell'adempimento di tutti i sacramenti, iniziò il suo umile servizio nell'opera di santificazione dedicandosi con lo zelo, con la carità e con l'esempio all'incremento spirituale del Corpo di Cristo.

Nel confessionale acquisì una concreta conoscenza della realtà triste e dei pericoli in cui venivano a trovarsi tante giovani che, per motivi di lavoro, si trasferivano in città divenendo facile preda dei disonesti. Lì il suo cuore di padre trepidava e fremeva al pensiero che tante anime semplici potessero perdersi, perché lasciate sole ed indifese.

Nel 1858, pur continuando a dedicarsi assiduamente al ministero della confessione, accettò di collaborare con Don Francesco Montebruno all'Opera degli Artigianelli.

Nel 1872 allargò il suo campo di apostolato. Come Ministro di Cristo "preso tra gli uomini e costituito in favore degli uomini" si consacrò interamente all'opera a cui il Signore lo aveva chiamato, senza estraniarsi dalle miserie e dalle povertà morali della città, interessandosi non solo della gioventù maschile e femminile ma anche dei detenuti nelle carceri di Sant'Andrea per portare il conforto e la misericordia del Signore.

Nel 1874, Cappellano del nuovo Brefotrofio Provinciale in salita delle Fieschine, si dedicò ai neonati conferendo loro il Battesimo per un arco di 22 anni (dai registri risulta che i battezzati furono ben 8.484) e, facendo sue le parole di Sant'Agostino "il compimento di tutte le nostre opere è l'amore", lavorò intensamente anche a favore delle ragazze-madri: semplici fanciulle del popolo che per la mancanza di un lavoro dignitoso e retribuito, cadevano vittime di malintenzionati.

Don Roscelli accolse la proposta di alcune sue penitenti spiritualmente mature che, condividendo il suo desiderio di salvare le anime, gli offrirono la loro collaborazione per aiutare tante ragazze bisognose di assistenza morale, di una guida sicura, e di essere messe in grado di guadagnare onestamente da vivere.

In queste sedi le ragazze ricevevano una istruzione morale e religiosa, unita ad una solida formazione umana e cristiana tale da metterle in grado di prevenire o di difendersi dai pericoli della città, e nello stesso tempo di essere preparate professionalmente.

La timida idea di dar vita ad una Congregazione religiosa fu incoraggiata da Mons. Salvatore Magnasco e dalle collaboratrici di Roscelli, le maestre delle Case-Laboratorio, ben convinte che la consacrazione a Cristo e l'impegno di santificazione nella vita comunitaria sono la forza dell'apostolato.

Don Agostino, interpellò anche Pio IX e dopo aver ricevuto la risposta "Deus benedicat te et opera tua bona" si rimise totalmente alla volontà di Dio; il 15 ottobre 1876 realizzò il suo sogno e il 22 dello stesso mese consegnò l'abito religioso alle prime Figlie che chiamò Suore dell'Immacolata, indicando loro il cammino di santità segnato particolarmente dalle virtù proprie di Colei che è modello della vita consacrata. La sua opera, dopo le prime incertezze, si consolidò e si dilatò oltre i confini di Genova e dell'Italia.

L'esistenza del "povero prete" si concluse il 7 maggio 1902.

CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 5 BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Santissima Trinità, 10 giugno 2001

 

1. "Sia benedetto Dio Padre, e l'unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo: perché grande è il suo amore per noi" (Ant. d'inizio).

Sempre, ma specialmente nell'odierna festa della Santissima Trinità, l'intera Liturgia è orientata al mistero trinitario, sorgente di vita per ogni credente.

"Gloria al Padre, gloria al Figlio, gloria allo Spirito Santo": ogni volta che proclamiamo queste parole, sintesi della nostra fede, adoriamo l'unico e vero Dio in tre Persone. Contempliamo attoniti questo mistero che ci avvolge totalmente. Mistero di amore; mistero di ineffabile santità.

"Santo, Santo, Santo il Signore, Dio dell'universo" canteremo tra poco, entrando nel cuore della Preghiera eucaristica. Il Padre ha tutto creato con saggezza e amorevole provvidenza; il Figlio con la sua morte e risurrezione ci ha redenti; lo Spirito Santo ci santifica con la pienezza dei suoi doni di grazia e di misericordia.

Possiamo a giusto titolo definire l'odierna solennità una "festa della santità". In questo giorno, pertanto, trova la sua più opportuna cornice la cerimonia di canonizzazione di cinque Beati: Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès.

2. "Giustificati... per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo" (Rm 5,1).

Per l'apostolo Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda Lettura, la santità è dono che il Padre ci comunica mediante Gesù Cristo. La fede in Lui è, infatti, principio di santificazione. Per la fede l'uomo entra nell'ordine della grazia; per la fede egli spera di prendere parte alla gloria di Dio. Questa speranza non è vana illusione, ma frutto sicuro di un cammino ascetico tra tante tribolazioni, affrontate con pazienza e virtù provata.

Fu questa l'esperienza di san Luigi Scrosoppi, durante una vita interamente spesa per amore di Cristo e dei fratelli, specialmente dei più deboli e indifesi.

"Carità! Carità!": quest'esclamazione sgorgò dal suo cuore nel momento di lasciare il mondo per il Cielo. La carità egli esercitò in modo esemplare, soprattutto nei confronti delle ragazze orfane e abbandonate, coinvolgendo un gruppo di maestre, con le quali diede inizio all'Istituto delle "Suore della Divina Provvidenza".

La carità fu il segreto del suo lungo e instancabile apostolato, nutrito di costante contatto con Cristo, contemplato e imitato nell'umiltà e nella povertà della sua nascita a Betlemme, nella semplicità della vita laboriosa a Nazaret, nella completa immolazione sul Calvario, nell'eloquente silenzio dell'Eucaristia. Per questo la Chiesa lo addita ai sacerdoti e ai fedeli quale modello di profonda ed efficace sintesi tra la comunione con Dio e il servizio dei fratelli. Modello, in altre parole, di un'esistenza vissuta in comunione intensa con la Santissima Trinità.

3. "Grande è il suo amore per noi". L'amore di Dio per gli uomini si è manifestato con particolare evidenza nella vita di sant'Agostino Roscelli, che oggi contempliamo nel fulgore della santità. La sua esistenza, tutta permeata di fede profonda, può essere considerata un dono offerto per la gloria di Dio e per il bene delle anime. Fu la fede a renderlo sempre obbediente alla Chiesa e ai suoi insegnamenti, in docile adesione al Papa e al proprio Vescovo. Dalla fede seppe attingere conforto nelle ore tristi, nelle aspre difficoltà e negli avvenimenti dolorosi. Fu la fede la roccia solida alla quale seppe aggrapparsi per non cedere mai allo scoraggiamento.

Questa stessa fede sentì il dovere di comunicare agli altri, soprattutto a coloro che accostava nel ministero della confessione. Divenne maestro di vita spirituale specialmente per le Suore che egli fondò, le quali lo videro sereno pur in mezzo alle situazioni più critiche. Sant'Agostino Roscelli esorta anche noi a confidare sempre in Dio, immergendoci nel mistero del suo amore.

4. "Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo". Alla luce del mistero della Trinità acquista singolare eloquenza la testimonianza evangelica di san Bernardo da Corleone, anch'egli elevato oggi agli onori degli altari. Di lui tutti si meravigliavano e si domandavano come un frate laico potesse discorrere così altamente del mistero della Santissima Trinità. In effetti, la sua vita fu tutta protesa verso Dio, attraverso uno sforzo costante di ascesi, intessuta di preghiera e di penitenza. Coloro che lo hanno conosciuto attestano concordi che "egli sempre stava intento nell'orazione", "mai cessava di orare", "orava di continuo " (Summ., 35). Da questo colloquio ininterrotto con Dio, che trovava nell'Eucaristia il suo centro propulsore, traeva linfa vitale per il suo coraggioso apostolato, rispondendo alle sfide sociali del tempo, non scevro di tensioni e di inquietudini.

Anche oggi il mondo ha bisogno di santi come Fra' Bernardo immersi in Dio e proprio per questo capaci di trasmetterne la verità e l'amore. L'umile esempio di questo Cappuccino costituisce un incoraggiamento a non stancarci di pregare, essendo proprio la preghiera e l'ascolto di Dio l'anima dell'autentica santità.

5. "Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera" (Anti. di Comunione). Teresa Eustochio Verzeri, che quest'oggi contempliamo nella gloria di Dio, nella sua breve ma intensa vita si lasciò condurre docilmente dallo Spirito Santo. A lei Dio si rivelò come misteriosa presenza davanti a cui ci si deve inchinare con profonda umiltà. Sua gioia era considerarsi sotto la costante protezione divina, sentendosi nelle mani del Padre celeste, nel quale imparò a confidare sempre.

Abbandonandosi all'azione dello Spirito, Teresa visse la particolare esperienza mistica "dell'assenza di Dio". Solo una fede incrollabile le impedì di non smarrire la confidenza in questo Padre provvidente e misericordioso, che la metteva alla prova: "E' giusto - ella scriveva - che la sposa, dopo aver seguito lo sposo in tutte le sue pene che ne accompagnarono la vita, abbia parte ancora con lui alla più terribile" (Libro dei doveri, III, 130).

E' questo l'insegnamento che santa Teresa lascia all'Istituto delle "Figlie del Sacro Cuore di Gesù", da lei fondato. Questo è l'insegnamento che lascia a tutti noi. Anche in mezzo alle contrarietà e alle sofferenze intime ed esteriori occorre mantenere viva la fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

6. Canonizzando la beata Rafqa Choboq Ar-Rayes, la Chiesa illumina in modo particolare il mistero dell'amore donato e accolto per la gloria di Dio e la salvezza del mondo. Questa monaca dell'Ordine libanese maronita desiderava amare e dare la propria vita per i suoi fratelli. Nelle sofferenze che non hanno cessato di tormentarla negli ultimi ventinove anni della sua esistenza, santa Rafqa ha sempre manifestato un amore generoso e appassionato per la salvezza dei fratelli, traendo dalla sua unione con Cristo, morto sulla croce, la forza di accettare volontariamente e di amare la sofferenza, autentica via di santità.

Possa santa Rafqa vegliare su quanti conoscono la sofferenza, in particolare sui popoli del Medio Oriente che devono affrontare la spirale distruttrice e sterile della violenza! Per sua intercessione, chiediamo al Signore di aprire i cuori alla ricerca paziente di nuove vie per la pace, affrettando i giorni della riconciliazione e della concordia!

7. "O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!" (Sal 8,2.10). Contemplando questi fulgidi esempi di santità, ritorna spontanea nel cuore l'invocazione del Salmista. Il Signore non cessa di donare alla Chiesa e al mondo mirabili esempi di uomini e donne, nei quali si riflette la sua gloria trinitaria. La loro testimonianza ci spinga a guardare verso il Cielo e a cercare senza posa il Regno di Dio e la sua giustizia.

Maria, Regina di tutti i Santi, che per prima hai accolto la chiamata dell'Altissimo, sostienici nel servire Dio e i fratelli. E voi camminate con noi, santi Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès, perché la nostra esistenza, come la vostra, sia lode al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Amen!

In Agostino Roscelli la Chiesa ci addita un esempio di sacerdote e di fondatore santo.

Come sacerdote incarnò la figura del "pastore", dell'educatore alla fede, del ministro della Parola, della guida spirituale. Sempre pronto a donarsi nell'obbedienza, nell'umiltà, nel silenzio e nel sacrificio, cercò solo la volontà di Colui che lo aveva chiamato e inviato.

Nello svolgimento del suo ministero sacerdotale seguì l'esempio di Cristo, armonizzando la vita interiore con l'intensa azione pastorale e la sua opera fu feconda perché alimentata da una continua preghiera e da un forte amore all'Eucaristia.

Seppe leggere le situazioni del suo tempo e intervenire concretamente in favore dei più indifesi e in particolare si adoperò per salvare la gioventù dalle insidie e dai pericoli morali.

Si lasciò condurre dallo Spirito fino a fondare, senza quasi saperlo, una Famiglia religiosa.

Don Roscelli fu: 

Uomo di Dio: ha intuito i disegni di Dio su di sé e si è abbandonato a lui in totale docilità.

Umile prete: in lui l'azione divina e quella umana, la contemplazione e l'azione si sono integrate in una mirabile unità di vita; il suo apostolato è scaturito dall'esperienza di Dio che si apre alla preghiera, alla testimonianza di fedeltà al ministero sacerdotale, all'annuncio del Vangelo.

Sale della terra: contemplativo, povero, austero, ha scelto sempre l'ultimo posto, la rinuncia. Dimentico di sé, delle proprie esigenze, del proprio tempo, sempre a disposizione nel confessionale, come lievito evangelico, intensificò la carità "in cui confluivano l'amore verso Dio e l'amore verso gli uomini".

Segno profetico: separato dal mondo ma in stretto rapporto con la realtà concreta del suo tempo, il Roscelli ha reso visibile il primato dell'amore di Dio accostandosi, con spirito misericordioso e con cuore amoroso di Padre, agli abbandonati, ai carcerati, alle ragazze-madri, alla gioventù in genere e a chiunque fosse caduto vittima dell'ingiustizia: tutti aiutò con profonda sensibilità per i diritti umani e per la giusta causa della promozione dell'uomo.

PROCLAMAZIONE DI 5 NUOVI BEATI NELLA DOMENICA DEL BUON PASTORE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 7 maggio 1995

 

1. “Io do loro la vita eterna” (Gv 10, 28).

Le parole di Cristo, Buon Pastore, che abbiamo ascoltato nell’odierno brano evangelico, costituiscono una meravigliosa introduzione alla solenne liturgia che la Chiesa celebra oggi a Roma, in Piazza San Pietro: la beatificazione di cinque Servi di Dio, figli di diversi Paesi e Continenti. Essi sono: Agostino Roscelli (Italia), María de San José Alvarado Cardozo (Venezuela), Maria Helena Stollenwerk (Germania), Maria Domenica Brun Barbantini e Giuseppina Gabriella Bonino (Italia).

Saluto con gioia tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, qui presenti.

Un saluto del tutto speciale va al Presidente della Repubblica e ai rappresentanti dell’Episcopato e della Chiesa del Venezuela. La Beata Maria di San Giuseppe, al secolo Laura Alvarado Cardozo, che oggi viene elevata agli onori degli altari, è infatti la prima Beata della Chiesa di quel grande Paese, che vanta una lunga tradizione cattolica. Questo evento di enorme importanza rappresenta quasi un nuovo inizio nella vita di quella Chiesa particolare. I santi e i beati confermano in un certo senso la maturità della Comunità cristiana. In essi la Chiesa si esprime in modo definitivo, come Popolo di Dio unito dall’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Proprio questo amore trinitario si dimostra portatore di frutti nella santità dell’uomo.

Come Vescovo di Roma, che prende parte alle sofferenze ed alle gioie delle varie Comunità ecclesiali del mondo intero, saluto i Fratelli nell’Episcopato, che ad esse presiedono. Specialmente saluto i Pastori delle diocesi dalle quali provengono i servi di Dio che oggi abbiamo la gioia di vedere elevati alla gloria degli altari.

2. “Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che il Signore è Dio; egli ci ha fatti” (Sal 100, 2-3).

L’invito alla lode del Salmo responsoriale esprime bene l’atmosfera del tempo pasquale. La Chiesa gioisce per la creazione. Gioisce perché Dio è il Creatore di tutta la terra, è il Creatore della natura inanimata e di quella animata. Gioisce perché Dio è il Creatore dell’uomo, che ha formato a sua immagine e somiglianza, dandogli un’anima immortale e predisponendolo a partecipare della propria vita divina.

“Egli ci ha fatti e noi siamo suoi” (Sal 100, 3). La Chiesa confessa questa verità nel periodo pasquale, quando tutta la creazione sembra partecipare al mistero della morte e risurrezione di Cristo. Il Dio che ci ha creati, in Cristo ci ha anche resi creature nuove. Se siamo sua proprietà a motivo della prima creazione, – Colui che ci ha creato ha infatti potere su di noi, un potere che i teologi chiamano “dominium altum” – tale proprietà diviene ancor più profonda e manifesta nel mistero della Redenzione.

Proprio questo mistero della Redenzione viene illustrato dalla liturgia dell’odierna quarta domenica di Pasqua, mediante l’immagine del Buon Pastore: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 27-30). Sullo sfondo di tale splendido condensato della verità rivelata, ci soffermiamo ora a riflettere sulla spiritualità dei servi di Dio, che oggi vengono proclamati Beati.

3. Tratto spirituale caratteristico del beato Agostino Roscelli, fondatore delle Suore dell’Immacolata, fu lavorare al servizio dei fratelli senza mai venir meno all’unione interiore con il Signore. Il vero contemplativo è colui che è in grado di operare con maggiore forza ed incisività per la salvezza delle anime e per il bene della Chiesa.

L’azione apostolica del novello Beato fu veramente feconda, perché scaturiva da un’autentica vita mistica e contemplativa. L’ardente amore per Dio, arricchito dal dono della sapienza, gli permetteva di darsi al limite del possibile al servizio del prossimo, senza mai distaccarsi dal Signore. Nelle opere di carità verso i bisognosi e gli abbandonati, come nelle lunghe ore trascorse al confessionale e nella direzione spirituale, Egli ha potuto realizzare l’immagine del Buon Pastore, che si prende cura del gregge a lui affidato, che va in cerca della pecorella smarrita, che consuma la propria vita per la salvezza di tutti.

 4. La Beata María de San José Alvarado Cardozo descubrió desde muy niña el amor a la Eucaristía, en la que encontró el carisma distintivo de su espiritualidad. Pasaba largas horas del día y de la noche delante del sagrario. Durante toda su vida elaboró con sus propias manos miles de formas para distribuirlas gratuitamente a los sacerdotes. Este ejemplo es seguido aún por sus Hijas, que ofrecen hoy las formas para esta Santa Misa.

Su amor ilimitado a Cristo Eucaristía la llevó a entregarse al servicio de los más necesitados, en quienes veía a Jesús sufriente. Para ello fundó en Maracay la Congregación de Agustinas Recoletas del Corazón de Jesús, dedicada a la asistencia de los ancianos y de los niños huérfanos y abandonados. La caridad, virtud en la que más se distinguió la madre María de San José, la movía a repetir continuamente a sus Hijas: “Los desechados de todos son los nuestros; los que nadie quiere recibir, ésos son los nuestros”. Su sólida piedad, anclada en la Eucaristía y en la oración, estaba enriquecida por una tierna devoción a la Virgen María, cuyo nombre toma y a quien emulaba diciendo: “Desearía vivir y morir cantando el «Magnificat»”.

El testimonio de esta mujer sencilla de nuestro tiempo invita a todos, y en particular a los amados hijos e hijas de Venezuela, a vivir fielmente el Evangelio.

Ecco le parole del papa in una nostra traduzione in lingua italiana.

4. La Beata María de San José Alvarado Cardozo scoprì fin da bambina l’amore per l’Eucaristia, in cui trovò il carisma distintivo della sua spiritualità. Passava lunghe ore del giorno e della notte dinanzi al sacrario. Durante tutta la sua vita preparò con le sue proprie mani migliaia di ostie per distribuirle gratuitamente ai sacerdoti. Questo esempio è tuttora seguito dalle sue Figlie, che offrono oggi le ostie per questa Santa Messa.

Il suo amore illimitato per Cristo Eucaristia la portò a dedicarsi al servizio dei più bisognosi, nei quali vedeva Gesù sofferente. Per questo fondò a Maracay la Congregazione delle Agostiniane Recollette del Cuore di Gesù, dedita all’assistenza degli anziani e dei bambini orfani e abbandonati. La carità, virtù nella quale più si distinse Madre María de San José, la portò a ripetere continuamente alle sue Figlie: “Gli esclusi da tutti sono nostri; quelli che nessuno vuole ricevere sono nostri”. La sua profonda pietà, radicata nell’Eucaristia e nella preghiera, era arricchita da una tenera devozione alla Vergine Maria, dalla quale prese il nome e che imitava dicendo: “Vorrei vivere e morire cantando il Magnificat”.

La testimonianza di questa donna semplice del nostro tempo invita tutti, e in particolare gli amati figli e le amate figlie del Venezuela, a vivere fedelmente il Vangelo.

5. Wenn wir uns nun Mutter Maria Stollenwerk zuwenden, so ersteht vor uns eine groe Frauenpersönlichkeit und eine Pionierin der Mission, obwohl sich ihr sehnlichster Wunsch, selbst in die Mission gesandt zu werden, nicht verwirklichen lie. Ihr ganzes Leben, so können wir zusammenfassend sagen, ist ein greifbares Zeichen ihrer Ergriffenheit von Gott. Von Kindheit an war das Gebetsleben der neuen Seligen vom Päpstlichen Missionswerk der Kinder inspiriert; vor allem das Los der Kinder, denen jedes Lebensrecht abgesprochen wurde, ging ihr zu Herzen.

Durch die Begegnung mit dem seligen Arnold Janssen kam sie ihrem Wunsch näher, Missionsschwester zu werden. Mit ihm gelang es schlielich, die Missionskongregation der Dienerinnen des Heiligen Geistes ins Leben zu rufen. Schon der Name ihrer Kongregation macht deutlich, wie sehr Mutter Maria Stollenwerk die Verehrung des Heiligen Geistes am Herzen lag. Er war ihr Antrieb, das Evangelium zu verkünden und, wie Paulus sagt, allen alles zu werden.  Vor allem sah die neue Selige im Heiligen Geist die treibende Kraft der Missionstätigkeit. Aus dieser ganz auf die Kraft des Geistes Gottes vertrauenden Grundhaltung und durch die aus der eucharistischen Anbetung gewonnene Zuversicht auf die beständige Nähe des Herrn, von dem sie sich gesandt wute, konnte Mutter Maria Stollenwerk sagen: ”Gott allein kann unser Herz ausfüllen; er ist zu gro und zu weit, um sich von den Geschöpfen einnehmen zu lassen“. Möge die neue Selige auch in unseren Tagen jungen, missionarisch orientierten Frauen diese Weite des Herzens und eine solche Stärke des Glaubens schenken, damit das ewige Leben, das der Herr allein zu geben vermag,  in den Herzen der Menschen wachsen und zur Reife kommen kann.

Ecco le parole del papa in una nostra traduzione in lingua italiana.

5. Se pensiamo a Madre Maria Stollenwerk, ci troviamo di fronte a una grande personalità femminile e ad una pioniera della missione, sebbene non abbia potuto realizzare il suo più grande desiderio, quello di essere inviata essa stessa in una missione. Riassumendo possiamo affermare che tutta la sua vita è stata un segno del suo essere stata toccata da Dio. Fin dalla sua infanzia la vita di preghiera della nuova beata fu ispirata dalla Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria. Soprattutto si commosse di fronte alla perdita dei bambini che venivano privati del diritto alla vita.

Grazie all’incontro con il beato Arnold Janssen credette di poter realizzare il suo desiderio di divenire suora missionaria. Con lui riuscì infine a fondare la Congregazione delle Missionaria Serve dello Spirito Santo. Già il nome della Congregazione evidenzia come a Madre Maria Stollenwerk stesse a cuore l’adorazione dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo era l’incentivo ad annunciare il Vangelo e, come afferma San Paolo, a farsi tutto a tutti (cf. 1 Cor 9, 16. 22).

La nuova beata individuò nello Spirito Santo la forza trainante dell’attività missionaria. Grazie a questo fondamentale atteggiamento di fiducia nella potenza dello Spirito di Dio e grazie alla fede, scaturita dall’adorazione eucaristica, nella costante vicinanza del Signore, dal quale essa si sentiva inviata, Madre Maria Stollenwerk poté affermare: “Solo Dio può riempire il nostro cuore. È troppo grande e troppo vasto per poter essere compreso dalle creature”. Che la nuova beata possa anche oggi donare alle giovani donne, orientate verso l’attività missionaria, un cuore così grande e una fede così salda, affinché la vita eterna, che solo il Signore può dare (cf. Gv 10, 28), possa e crescere e maturare nel cuore degli uomini.

6. Ritroviamo l’immagine vigile e premurosa del Buon Pastore nella nuova Beata Madre Maria Domenica Brun Barbantini che, cosciente di essere divenuta “creatura nuova” nel sacrificio di Cristo, non ha esitato a rispondere alla Grazia divina con l’amore, tradotto in quotidiano servizio ai fratelli e alle sorelle bisognose.

Essa ha lasciato alle sue figlie spirituali un’eredità ed una missione quanto mai attuale e preziosa. Un amore evangelico concreto per gli ultimi, gli emarginati, i piagati; un amore fatto di gesti di attenzione e di cristiana consolazione, di generosa dedizione e di instancabile vicinanza nei confronti degli ammalati e dei sofferenti.

In tale compito apostolico e missionario brillano la forza e la verità della parola di Gesù che chiede di essere amato e servito nei fratelli affamati, assetati, nudi, forestieri, malati e in carcere.

7. L’amore di Cristo Buon Pastore ha trovato una singolare espressione anche nella vita di Giuseppina Gabriella Bonino, Fondatrice delle Suore della Sacra Famiglia di Savigliano. Il suo carisma è stato la carità familiare, appresa e praticata anzitutto vivendo con i genitori fino all’età adulta, e poi seguendo la chiamata del Signore nella vita consacrata. Dalla famiglia come chiesa domestica alla comunità religiosa come famiglia spirituale: così si può sintetizzare il suo itinerario umile, nascosto ma portatore di un valore inestimabile: quello della famiglia, ambiente dell’amore straordinario nelle cose ordinarie.

Giuseppina Gabriella, figlia esemplare – assistette il padre e la madre fino alla loro morte – divenne madre per numerose bambine e ragazze senza famiglia. La sua proposta di vita, prolungata nell’Istituto, costituisce un messaggio attualissimo per la società di oggi: ogni uomo che viene al mondo ha fame di amore più che del pane e ha diritto ad una famiglia e la Comunità cristiana è chiamata a venire incontro alle situazioni di bisogno che inevitabilmente si presentano.

8. “Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode... poiché buono è il Signore, eterna la sua misericordia” (Sal 100, 4-5).

Questa esortazione è rivolta a noi tutti. In modo particolare essa sembra riferita a coloro che la Chiesa da oggi chiama Beati: Agostino Roscelli, María de San José Alvarado Cardozo, Maria Helena Stollenwerk, Maria Domenica Brun Barbantini e Giuseppina Gabriella Bonino.

A loro si possono applicare le parole del Libro dell’Apocalisse, proclamate nella seconda lettura, che descrive una moltitudine immensa, proveniente da ogni nazione, da tutte le generazioni, da ogni popolo e lingua. “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione ed hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario” (Ap 7, 14-15).

Nella visione apocalittica di San Giovanni, Cristo, il Buon Pastore, appare anche come Agnello. Egli è dunque il Pastore che pasce il gregge di Dio e l’Agnello destinato al sacrificio. Sì, Cristo è il Pastore proprio perché si è fatto Agnello di Dio, Vittima di espiazione per cancellare i peccati del mondo. “Victimae paschali laudes immolant Christiani. Agnus redemit oves: Christus innocens Patri reconciliavit peccatores”.

L’Agnello che sta in mezzo al trono – scrive l’apostolo Giovanni – sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi” (Ap 7, 17).

L’eredità dei beati è la felicità eterna, poiché essi sono definitivamente uniti a Cristo nella gloria. L’Agnello “sta in mezzo al trono”, nella gloria del Padre, e coloro che egli guida alle “fonti delle acque della vita” partecipano all’ineffabile gloria di Dio, che è vita e amore.

Amen!