Alberto Hurtado Cruchaga

Alberto Hurtado Cruchaga

(1901-1952)

Beatificazione:

- 16 ottobre 1994

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 23 ottobre 2005

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 13 agosto

Sacerdote professo della Compagnia di Gesù, fondò un’opera per dare un vera casa ai senza tetto e ai vagabondi, soprattutto bambini

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
Alla fine dei suoi giorni, tra i forti dolori, ebbe ancora forze per ripetere: "Contento, Signore, contento"

 

Alberto Hurtado Cruchaga nacque a Viña del Mar, Cile, il 22 gennaio 1901 e rimase orfano di padre all’età di 4 anni. La madre fu costretta a vendere, a condizioni sfavorevoli, la loro modesta proprietà per pagare i debiti della famiglia. Di conseguenza, Alberto e suo fratello dovettero andare a vivere presso dei parenti e, spesso, trasferirsi dall’uno all’altro di essi: fin da piccolo egli sperimentò dunque la condizione di chi è povero, senza casa e alla mercé degli altri. Una borsa di studio gli diede modo di frequentare il Collegio dei Gesuiti a Santiago. Qui divenne membro della Congregazione Mariana e, come tale, prese un vivo interesse per i poveri, recandosi presso di loro nei quartieri più miseri ogni domenica pomeriggio.

Finiti gli studi secondari nel 1917, avrebbe voluto farsi gesuita; ma gli fu consigliato di rimandare l’attuazione di tale progetto al fine di occuparsi della madre e del fratello più giovane. Lavorando al pomeriggio e alla sera, riuscì a sostenere i suoi e al tempo stesso a frequentare la facoltà di legge dell’Università Cattolica. Anche in tale periodo le sue premure erano rivolte ai poveri che continuava a visitare ogni domenica. L’obbligo del servizio militare gli fece interrompere gli studi, ma una volta congedato, riuscì a laurearsi all’inizio dell’agosto 1923.

Il 14 di quello stesso mese entrò nel Noviziato della Compagnia di Gesù a Chillán. Nel 1925 si trasferì a Córdoba, in Argentina ove compì gli studi umanistici.

Nel 1927 fu inviato in Spagna per gli studi di filosofia e teologia, senonché, a motivo della soppressione dei Gesuiti, avvenuta in quel Paese nel 1931, dovette partire per il Belgio e continuare la teologia a Lovanio. Ivi fu ordinato sacerdote il 24 agosto 1933 e conseguì poi nel 1935 il dottorato in Pedagogia e Psicologia. Dopo aver compiuto il Terzo Anno di Probazione a Drongen, sempre in Belgio, fece ritorno in Cile nel gennaio 1936.

Rientrato nella sua patria, il suo zelo andò gradualmente estendendosi a tutti i campi: iniziò a svolgere la sua attività come professore di religione al Collegio Sant’Ignazio, di pedagogia all’Università Cattolica di Santiago e nel Seminario Pontificio. Scrisse vari saggi sull’educazione come pure sull’ordine sociale cristiano; costruì una casa di Esercizi spirituali in un villaggio che oggi porta il suo nome; fu Direttore della Congregazione Mariana degli studenti, coinvolgendo questi nella catechesi ai poveri; animò innumerevoli corsi di Esercizi spirituali ed offrì la direzione spirituale a molti giovani, accompagnandone parecchi nella loro risposta alla vocazione sacerdotale e contribuendo in modo notevole alla formazione di molti laici cristiani.

Nel 1941 il Padre Hurtado pubblicò il suo libro più famoso: «¿Es Chile un país católico? ». Nello stesso anno gli venne affidato l’incarico di Assistente della sezione giovanile dell’Azione Cattolica per l’Arcidiocesi di Santiago, poi, l’anno seguente, per tutta la nazione: impegno da lui svolto con notevole spirito d’iniziativa, dedizione e sacrificio.

Nell’ottobre dell’anno 1944, mentre dava un corso di Esercizi, sentì impellente il bisogno di fare appello agli uditori sollecitandoli a pensare ai molti poveri della città e in specie agli innumerevoli bambini che vagabondavano per le strade di Santiago. Questo suscitò una pronta risposta di generosità e costituì l’avvio di quella iniziativa che ha reso specialmente noto il Padre Hurtado: si tratta di quella forma di attività caritativa che provvede alla gente senza tetto non solo un luogo in cui vivere, ma un vero focolare domestico: «El Hogar de Cristo ».

Per mezzo dei contributi di benefattori e con l’attiva collaborazione di laici impegnati, il Padre Hurtado aprì una prima casa di accoglienza per i fanciulli poi una per le donne, poi un’altra ancora per gli uomini: i poveri iniziarono così finalmente ad avere nel «Hogar de Cristo » un ambiente di famiglia in cui vivere. Queste case andarono sempre più moltiplicandosi, prendendo anche nuove forme e caratteristiche: in alcuni casi divennero centri di riabilitazione, in altri di educazione artigianale e così via. Il tutto sempre ispirato ai valori cristiani e permeato da essi.

Nel 1945, il Padre Hurtado visitò gli Stati Uniti per studiare il movimento «Boys Town» e come adattarlo al suo paese. Gli ultimi sei anni della sua vita furono dedicati allo sviluppo delle varie forme in cui « El Hogar de Cristo » era venuto gradualmente ad esistere ed operare.

Nel 1947 il Padre Hurtado fondò l’Associazione Sindacale Cilena (ASICH), indirizzata a promuovere un sindacalismo ispirato alla Dottrina Sociale della Chiesa.

Fra il 1947 ed il 1950 scrisse tre importanti libri: sui Sindacati, sull’umanesimo sociale e sull’ordine sociale cristiano. Nel 1951 diede avvio alla rivista «Mensaje », la ben nota rivista dei gesuiti cileni dedicata a far conoscere ed a spiegare la dottrina della Chiesa.

Un cancro al pancreas lo portò in pochi mesi alla fine della vita: in mezzo agli atroci dolori fu spesso udito ripetere: « Contento, Signore, contento ».

Dopo aver speso l’esistenza manifestando l’amore di Cristo ai poveri, fu da lui chiamato a sé il 18 agosto 1952.

Dal ritorno in Cile alla sua morte il Padre Hurtado visse soli quindici anni: furono anni di intenso apostolato, espressione di profondo amore personale per Cristo e, proprio per questo, caratterizzato da una grande dedizione ai bambini poveri ed abbandonati, da uno zelo ardente per la formazione dei laici, e da un vivo senso di giustizia sociale cristiana.

Il Padre Hurtado è stato beatificato da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1994.

CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE 
DELL’XI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI,
DELL'ANNO DELL'EUCARISTIA
 E PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI:

JÓZEF BILCZEWSKI; 
GAETANO CATANOSO; 
ZYGMUNT GORAZDOWSKI; 
ALBERTO HURTADO CRUCHAGA; 
FELICE DA NICOSIA

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro
Giornata Missionaria Mondiale
Domenica, 23 ottobre 2005

 

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio!
Cari fratelli e sorelle!

In questa XXX Domenica del tempo ordinario, la nostra Celebrazione eucaristica si arricchisce di diversi motivi di ringraziamento e di supplica a Dio. Si concludono contemporaneamente l’Anno dell’Eucaristia e l’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dedicata proprio al mistero eucaristico nella vita e nella missione della Chiesa, mentre sono stati da poco proclamati santi cinque Beati: il Vescovo Józef Bilczewski, i presbiteri Gaetano Catanoso, Zygmunt Gorazdowski e Alberto Hurtado Cruchaga, e il religioso Cappuccino Felice da Nicosia. Inoltre, ricorre quest’oggi la Giornata Missionaria Mondiale, appuntamento annuale che risveglia nella Comunità ecclesiale lo slancio per la missione. Con gioia rivolgo il mio saluto a tutti i presenti, ai Padri Sinodali in primo luogo, e poi ai pellegrini venuti da varie nazioni, insieme con i loro Pastori, per festeggiare i nuovi Santi. L’odierna liturgia ci invita a contemplare l’Eucaristia come fonte di santità e nutrimento spirituale per la nostra missione nel mondo: questo sommo "dono e mistero" ci manifesta e comunica la pienezza dell’amore di Dio.

La Parola del Signore, risuonata poc’anzi nel Vangelo, ci ha ricordato che nell’amore si riassume tutta la legge divina. Il duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo racchiude i due aspetti di un unico dinamismo del cuore e della vita. Gesù porta così a compimento la rivelazione antica, non aggiungendo un comandamento inedito, ma realizzando in se stesso e nella propria azione salvifica la sintesi vivente delle due grandi parole dell’antica Alleanza: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore…" e "Amerai il prossimo tuo come te stesso" (cfr Dt 6,5; Lv 19,18). Nell’Eucaristia noi contempliamo il Sacramento di questa sintesi vivente della legge: Cristo ci consegna in se stesso la piena realizzazione dell’amore per Dio e dell’amore per i fratelli. E questo suo amore Egli ci comunica quando ci nutriamo del suo Corpo e del suo Sangue. Può allora realizzarsi in noi quanto san Paolo scrive ai Tessalonicesi nell’odierna seconda Lettura: "Vi siete convertiti, allontanandovi dagli idoli, per servire al Dio vivo e vero" (1 Ts 1,9). Questa conversione è il principio del cammino di santità che il cristiano è chiamato a realizzare nella propria esistenza. Il santo è colui che è talmente affascinato dalla bellezza di Dio e dalla sua perfetta verità da esserne progressivamente trasformato. Per questa bellezza e verità è pronto a rinunciare a tutto, anche a se stesso. Gli basta l’amore di Dio, che sperimenta nel servizio umile e disinteressato del prossimo, specialmente di quanti non sono in grado di ricambiare. Quanto provvidenziale, in questa prospettiva, è il fatto che oggi la Chiesa additi a tutti i suoi membri cinque nuovi Santi che, nutriti di Cristo Pane vivo, si sono convertiti all’amore e ad esso hanno improntato l’intera loro esistenza! In diverse situazioni e con diversi carismi, essi hanno amato il Signore con tutto il cuore e il prossimo come se stessi "così da diventare modello a tutti i credenti" (1 Ts 1,6-7).

Święty Józef Bilczewski był człowiekiem modlitwy. Msza św., Liturgia Godzin, medytacja, różaniec i inne praktyki religijne wyznaczały rytm jego dni. Szczególnie wiele czasu poświęcał adoracji eucharystycznej.

Również święty Zygmunt Gorazdowski zasłynął swoją pobożnością opartą o sprawowanie i adorację Eucharystii. Przeżywanie Ofiary Chrystusa prowadziło go ku chorym, biednym i potrzebującym.

[Il santo Józef Bilczewski fu un uomo di preghiera. La Santa Messa, la Liturgia delle Ore, la meditazione, il rosario e le altre pratiche di pietà scandivano le sue giornate. Un tempo particolarmente lungo era dedicato all’adorazione eucaristica.

Anche il santo Zygmunt Gorazdowski è diventato famoso per la devozione fondata sulla celebrazione e sull’adorazione dell’Eucaristia. Il vivere l’offerta di Cristo l’ha spinto verso i malati, i poveri e i bisognosi.]

Глибоке знання Богослов’я, віри та євхаристійної набожності Йосифа Більчевського вчинили так, що він став прикладом для священиків і свідком віри для всіх християн.

Зигмунд Гораздовський, засновуючи Асоціяцію священиків, Конгрегацію Сестер Св. Йосифа та ряд інших харитативних організацій, керувався завжди духом сопричастя, який міститься в Пресвятій Євхаристії.

[La profonda conoscenza della teologia, la fede e la devozione eucaristica di Józef Bilczeski hanno fatto di lui un esempio per i sacerdoti e un testimone per tutti i fedeli.

Zygmunt Gorazdowski, fondando l’Associazione dei sacerdoti, la Congregazione delle Suore di San Giuseppe e tante altre istituzioni caritative, si è sempre lasciato guidare dallo spirito di comunione, che pienamente si rivela nell’Eucaristia.]

"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore... Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22, 37 e 39). Questo sarebbe stato il programma di vita di san Alberto Hurtado, che volle identificarsi con il Signore e amare con il suo stesso amore i poveri. La formazione ricevuta nella Compagnia di Gesù, consolidata dalla preghiera e dall'adorazione dell'Eucaristia, lo portò a farsi conquistare da Cristo, poiché era un vero contemplativo nell'azione. Nell'amore e nel dono totale di sé alla volontà di Dio trovò la forza per l'apostolato. Fondò El Hogar de Cristo per i più bisognosi e i senzatetto, offrendo loro un ambiente familiare pieno di calore umano. Nel suo ministero sacerdotale si distinse per la sua semplicità e la sua disponibilità verso gli altri, essendo un'immagine viva del Maestro, "mite e umile di cuore". Alla fine dei suoi giorni, tra i forti dolori causati dalla malattia, ebbe ancora forze per ripetere:  "Contento, Signore, contento", esprimendo così la gioia con la quale visse sempre.

San Gaetano Catanoso fu cultore ed apostolo del Volto Santo di Cristo. "Il Volto Santo - affermava - è la mia vita. È lui la mia forza". Con una felice intuizione egli coniugò questa devozione alla pietà eucaristica. Così si esprimeva:  "Se vogliamo adorare il Volto reale di Gesù... noi lo troviamo nella divina Eucaristia, ove col Corpo e Sangue di Gesù Cristo si nasconde sotto il bianco velo dell'Ostia il Volto di Nostro Signore". La Messa quotidiana e la frequente adorazione del Sacramento dell'altare furono l'anima del suo sacerdozio:  con ardente ed instancabile carità pastorale egli si dedicò alla predicazione, alla catechesi, al ministero delle Confessioni, ai poveri, ai malati, alla cura delle vocazioni sacerdotali. Alle Suore Veroniche del Volto Santo, che egli fondò, trasmise lo spirito di carità, di umiltà e di sacrificio, che ha animato l'intera sua esistenza.

San Felice da Nicosia amava ripetere in tutte le circostanze, gioiose o tristi: "Sia per l’amor di Dio". Possiamo così ben comprendere quanto fosse intensa e concreta in lui l’esperienza dell’amore di Dio rivelato agli uomini in Cristo. Questo umile Frate Cappuccino, illustre figlio della terra di Sicilia, austero e penitente, fedele alle più genuine espressioni della tradizione francescana, fu gradualmente plasmato e trasformato dall’amore di Dio, vissuto e attualizzato nell’amore del prossimo. Fra Felice ci aiuta a scoprire il valore delle piccole cose che impreziosiscono la vita, e ci insegna a cogliere il senso della famiglia e del servizio ai fratelli, mostrandoci che la gioia vera e duratura, alla quale anela il cuore di ogni essere umano, è frutto dell’amore.

Cari e venerati Padri Sinodali, per tre settimane abbiamo vissuto insieme un clima di rinnovato fervore eucaristico. Vorrei ora, con voi ed a nome dell'intero Episcopato, inviare un fraterno saluto ai Vescovi della Chiesa in Cina. Con viva pena abbiamo sentito la mancanza dei loro rappresentanti. Voglio tuttavia assicurare a tutti i Presuli cinesi che siamo vicini con la preghiera a loro e ai loro sacerdoti e fedeli. Il sofferto cammino delle comunità, affidate alla loro cura pastorale, è presente nel nostro cuore: esso non rimarrà senza frutto, perché è una partecipazione al Mistero pasquale, a gloria del Padre. I lavori sinodali ci hanno permesso di approfondire gli aspetti salienti di questo mistero dato alla Chiesa fin dall’inizio. La contemplazione dell’Eucaristia deve spingere tutti i membri della Chiesa, in primo luogo i sacerdoti, ministri dell’Eucaristia, a ravvivare il loro impegno di fedeltà. Sul mistero eucaristico, celebrato e adorato, si fonda il celibato che i presbiteri hanno ricevuto quale dono prezioso e segno dell’amore indiviso verso Dio e il prossimo. Anche per i laici la spiritualità eucaristica deve essere l’interiore motore di ogni attività e nessuna dicotomia è ammissibile tra la fede e la vita nella loro missione di animazione cristiana del mondo. Mentre si conclude l’Anno dell’Eucaristia, come non rendere grazie a Dio per i tanti doni concessi alla Chiesa in questo tempo? E come non riprendere l’invito dell’amato Papa Giovanni Paolo II a "ripartire da Cristo"? Come i discepoli di Emmaus che, riscaldati nel cuore dalla parola del Risorto e illuminati dalla sua viva presenza riconosciuta nello spezzare il pane, senza indugio fecero ritorno a Gerusalemme e diventarono annunciatori della risurrezione di Cristo, anche noi riprendiamo il nostro cammino animati dal vivo desiderio di testimoniare il mistero di questo amore che dà speranza al mondo.

In questa prospettiva eucaristica ben si colloca l’odierna Giornata Missionaria Mondiale, alla quale il venerato Servo di Dio Giovanni Paolo II aveva dato come tema di riflessione: "Missione: Pane spezzato per la vita del mondo". La Comunità ecclesiale quando celebra l’Eucaristia, specialmente nel giorno del Signore, prende sempre più coscienza che il sacrificio di Cristo è "per tutti" (Mt26,28) e l’Eucaristia spinge il cristiano ad essere "pane spezzato" per gli altri, a impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno. Ancor oggi, di fronte alle folle, Cristo continua ad esortare i suoi discepoli: "Date loro voi stessi da mangiare" (Mt 14,16) e, in suo nome, i missionari annunciano e testimoniano il Vangelo, talvolta anche con il sacrifico della vita. Cari amici, dobbiamo tutti ripartire dall’Eucaristia. Ci aiuti Maria, Donna eucaristica, ad esserne innamorati; ci aiuti a "rimanere" nell’amore di Cristo, per essere da Lui intimamente rinnovati. Docile all’azione dello Spirito e attenta alle necessità degli uomini, la Chiesa sarà allora sempre più faro di luce, di vera gioia e di speranza, realizzando appieno la sua missione di "segno e strumento di unità dell’intero genere umano" (Lumen gentium, 1).

BEATIFICAZIONE DI CINQUE RELIGIOSI: NICOLAS ROLAND,
ALBERTO HURTADO CRUCHAGA, MARÍA RAFOLS,
PETRA DE SAN JOSÉ PÉREZ FLORIDO E GIUSEPPINA VANNINI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza San Pietro - Domenica, 16 ottobre 1994

 

1. Il Figlio dell’uomo è venuto per servire (cf. Mc 10, 45).

Con queste parole, che abbiamo ascoltato nel brano evangelico di oggi, Gesù risponde alla richiesta dei figli di Zebedeo: gli apostoli Giacomo e Giovanni. Nel racconto dell’evangelista Marco sono loro stessi a domandare di poter sedere, nella gloria, uno alla destra e uno alla sinistra del loro Maestro, mentre secondo il racconto di san Matteo la domanda viene avanzata dalla loro madre (cf. Mt 20, 20).

“Voi non sapete ciò che domandate” (Mc 10, 38), è la risposta di Cristo. Chiedono infatti di poter partecipare immediatamente alla gloria del Regno di Dio, mentre la strada che ad essa conduce passa necessariamente attraverso il calice della passione; quel calice che Gesù dovrà bere fino in fondo. Il Signore chiede agli apostoli: “Potete bere il calice che io bevo?” ed essi rispondono: “Lo possiamo” (Mc 10, 38). Forse in quel momento non sanno neppure con precisione a che cosa stanno dando il loro assenso. Il Maestro invece sa bene che, quando arriverà la loro ora, avranno parte al calice della sua passione (cf. Mc 10, 39), corrispondendo fedelmente alla grazia del martirio.

Fin qui la prima parte della risposta di Gesù. La seconda è ancor più importante. Egli spiega ai due fratelli che nel suo Regno la misura della grandezza è costituita dall’atteggiamento di servizio: “Chi vuole essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 44-45).

2. Abbiamo davanti agli occhi la scena descritta dall’evangelista e risuonano nell’intimo del nostro cuore le parole del Maestro divino mentre, nel corso dell’odierna liturgia domenicale, innalziamo alla gloria degli altari cinque nuovi Beati, che hanno speso la loro esistenza nella generosa consacrazione di sé a Dio e nel generoso servizio ai fratelli. Essi sono: Nicolas Roland, Sacerdote e Fondatore della Congregazione delle Suore del Santo Bambino Gesù; Alberto Hurtado Cruchaga, Sacerdote della Compagnia di Gesù; Maria Rafols, Fondatrice delle Suore di Carità di Sant’Anna; Petra de San José Pérez Florido, Fondatrice dell’Istituto delle Suore “Madri degli Abbandonati” e di “San Giuseppe della Montagna”; Giuseppina Vannini, Fondatrice della Congregazione delle Figlie di San Camillo.

Sono figli e figlie della Chiesa, pieni di santo ardimento, che hanno scelto la via del servizio seguendo le orme del Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire, ed ha servito dando la vita stessa in riscatto per molti (cf. Mc 10, 45).

La santità nella Chiesa ha sempre la sua sorgente nel mistero della Redenzione.

3. Il mistero della Redenzione, cari fratelli e sorelle, ci viene oggi ricordato con forza. Sì, abbiamo “un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli” (Eb 4, 14). E Gesù Cristo, il Signore crocifisso, risorto e vivo nella gloria. Fu lui l’anima dell’attività di Nicolas Roland.

Nel corso della sua vita, breve ma di grande densità spirituale, non smise mai di lasciare che il Signore compisse per mezzo suo la sua missione di gran sacerdote. Conformato alla persona di Cristo, ne condivideva l’amore per coloro che guidava al sacerdozio per “ricevere misericordia” (Eb 4, 16): “L’amore immenso di Gesù per voi, soleva dire, è più grande ancora della vostra infedeltà”.

Questa fede e questa speranza invincibili nell’amore misericordioso del Verbo incarnato lo avrebbero condotto a fondare la Congregazione delle Suore del Santo Bambino Gesù, dedite all’apostolato dell’educazione e dell’evangelizzazione dei bambini poveri. Asseriva infatti, in modo stupendo: “Gli orfani rappresentano Gesù Cristo negli anni della sua infanzia”.

Sia benedetto Dio, il quale, proprio mentre si sta svolgendo il Sinodo dei Vescovi sulla vita consacrata, ci fa riconoscere in Nicolas Roland, che ha favorito l’educazione dei più poveri, un esempio vivo per molti religiosi e religiose dei nostri giorni!

4. “Il figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire” (Mc 10, 45). Il Beato Alberto Hurtado si fece servitore per avvicinare gli uomini a Dio. La sua profonda vita interiore lasciava a chi lo incontrava l’immagine indimenticabile di uomo di Dio sempre disposto all’aiuto generoso. La sua figura di religioso esemplare nel compimento eroico dei suoi voti acquista uno speciale significato proprio in questi giorni in cui si sta celebrando il Sinodo dei Vescovi dedicato alla vita consacrata.

Nel suo ministero sacerdotale, caratterizzato da un vivo amore per la Chiesa, si distinse come maestro nella direzione spirituale e come predicatore instancabile, trasmettendo a tutti il fuoco di Cristo che portava dentro, in particolare nella fecondità di vocazioni sacerdotali e nella formazione di laici impegnati nell’azione sociale.

La vita del nuovo Beato ci ricorda che l’amore a Cristo non si limita alla sola persona del Verbo Incarnato. Amare Cristo è servire tutto il suo Corpo, specialmente i più poveri: fu questa una grazia particolare che il Beato Alberto Hurtado ricevette e che noi tutti dobbiamo chiedere incessantemente a Dio. Assisto dalla situazione dei poveri e mosso dalla sua fedeltà alla dottrina sociale della Chiesa, lavorò per rimediare ai mali del suo tempo, insegnando ai giovani che “essere cattolici equivale a essere sociali”. Figlio glorioso del continente americano, il Beato Alberto Hurtado appare oggi come segno illustre della nuova evangelizzazione, “una visita di Dio alla patria cilena”.

5. Nella Beata Maria Rafols contempliamo l’azione di Dio che fa “Eroina della carità” la umile giovane che lasciò la sua casa di Villafranca del Penedés (Barcellona) e, in compagnia di un sacerdote e di altre undici ragazze, intraprende un cammino di servizio agli infermi, seguendo Cristo e dando come Lui, “la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). Contemplativa nell’azione: questo è lo stile e il messaggio che ci lascia Maria Rafols. Le ore di silenzio e di preghiera nell’oratorio della cappella dell’Ospedale di Grazia di Zaragoza, conosciuto come “Domus infirmorum urbis et orbis” si prolungano poi nel servizio generoso a tutti gli infermi che li si trovavano: invalidi, dementi, donne abbandonate alla propria sorte e bambini. In tal modo manifesta che la carità, la vera carità, ha la propria origine in Dio, che è amore (1 Gv 4, 8).

Dopo aver trascorso la maggior parte della sua vita nel mortificato e celato servizio del “Brefotrofio”, offrendo amore, abnegazione e affetto, abbracciata alla croce compie la sua dedizione definitiva al Signore, lasciando alla Chiesa e in modo particolare alle sue Figlie, il gran insegnamento secondo cui la carità non muore, non passa mai, la grande lezione di una carità senza frontiere, vissuta nella dedizione di ogni giorno. Tutti i consacrati potranno vedere in essa una espressione della perfezione della carità alla quale sono chiamati, e alla cui profonda esperienza di vita vuole contribuire la celebrazione della presente Assemblea sinodale.

6. “Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (Mc 10, 44). La Beata Petra de San José è un esempio di donna consacrata che, tra innumerevoli difficoltà, accoglie con fede il carisma che lo Spirito le accorda al servizio di tutti.

Orfana fin da quando era molto piccola assunse per madre la Vergine. Questa esperienza segnò tutta la sua vita, scoprendo che il suo compito era quello di essere la madre di bambini, giovani o anziani che mancavano dell’affetto e dell’amore familiare. Madre Petra è infatti un esempio di come la verginità dei religiosi e delle religiose si trasformi in una feconda maternità spirituale, intrapresa e portata a compimento attraverso l’amore sponsale a Gesù Cristo, manifestata nella disponibilità totale e aperta ai bisognosi. Sentendosi amata da Dio e rispondendo a questo amore, anche in mezzo a mille prove, ci offre un modello luminoso di preghiera, di sacrificio per i fratelli e di servizio ai poveri, manifestazioni della vita religiosa sulla quale riflettono ora i Padri Sinodali.

La sua profonda devozione e la sua fiducia illimitata in San Giuseppe caratterizzarono tutta la sua vita e la sua opera, essendo chiamata, “apostolo di San Giuseppe del secolo XIX”. Negli ultimi periodi della sua esistenza terrena affiorano nelle sue labbra i nomi di Gesù, Maria e Giuseppe: la Sacra Famiglia di Nazareth, nella cui scuola di amore, preghiera e misericordia crebbe la sua spiritualità, conducendo le sue Figlie verso questo cammino di santità.

7. Servire i sofferenti: ecco lo speciale carisma di Giuseppina Vannini fondatrice della Congregazione delle Figlie di san Camillo. Essere tutta di Dio, amato ed onorato in chi è nel bisogno, fu la sua costante preoccupazione, tradotta in una carità quotidiana senza confini accanto agli infermi, sulle orme del grande apostolo degli ammalati, san Camillo de Lellis.

“Vedete sempre negli infermi l’immagine di Gesù sofferente”, ripeteva la Madre Vannini, invitando le consorelle a meditare sul Salvatore crocifisso, che il profeta Isaia presenta come “disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire” (Is 53, 3). Ed è qui, nella contemplazione del Cristo sulla croce, la chiave di lettura dell’esistenza e dell’attività della nuova Beata, oggi additata al popolo cristiano come esempio luminoso da imitare.

Quanto attuali sono la sua testimonianza ed il suo messaggio! Madre Vannini rivolge un forte richiamo anche ai giovani ed alle giovani di oggi, talora titubanti nell’assumere impegni totali e definitivi. Ella invita a generosa corrispondenza sia quanti sono chiamati alla vita consacrata, sia coloro che realizzano la loro vocazione nella vita familiare: su tutti Dio ha un disegno di santità.

8. Una settimana fa, in Piazza S. Pietro si sono radunate famiglie provenienti da tutto il mondo, per celebrare uno speciale incontro nel contesto dell’Anno della Famiglia. Abbiamo meditato, in quella circostanza, come la “communio personarum”, che si attua nella famiglia, apra la prospettiva verso quella “communio sanctorum”, a cui fa riferimento il Simbolo Apostolico. È una professione di fede che costituisce al tempo stesso un impegno e un programma da realizzare nella vita. La vocazione alla santità, infatti, è la vocazione essenziale di tutti i membri del popolo cristiano.

Oggi rendiamo grazie al Signore per tutti coloro che, come le persone poc’anzi iscritte nell’albo dei Beati, prendono parte alla sua infinita e perfetta santità. Al tempo stesso, vogliamo pregare per tutte le famiglie del mondo, perché, costruite sul fondamento del “grande Sacramento” del matrimonio (cf. Ef 5, 32), diventino già sulla terra l’inizio di quella “comunione dei santi” che si realizzerà in pienezza nel cielo.

Benedictus Dominus in sanctis suis . . . / et Sanctus in omnibus operibus suis. Amen!