Angelo Paoli
(1642-1720)
- 20 gennaio
Sacerdote professo dell’Ordine dei Carmelitani; in occasione dell’Anno Santo la diocesi di Roma ha istituito un “itinerario di misericordia”, sulle orme del beato: quattro ore tra le povertà vecchie e nuove di Roma, a meditare le sette opere di misericordia corporale che l’umile frate ha incarnato
Francesco Paoli nacque il 1° settembre 1642 ad Argigliano, frazione di Casola, diocesi di Luni-Sarzana (oggi Massa Carrara-Pontremoli).
Nella sua modesta famiglia ricevette una solida educazione cristiana e in età giovanile chiese di poter essere ammesso nel clero, ma più forte in lui era il richiamo verso la vita regolare, così che, insieme con il fratello Tommaso, orientò la sua scelta verso l’Ordine dei Carmelitani, presso il quale assunse il nome di Angelo.
Compì gli studi in varie città della Toscana, fino a conseguire il grado di lettore, ma svolse la sua vita prevalentemente in servizi umili e nascosti, distinguendosi per obbedienza, osservanza religiosa e forte senso di carità verso i poveri.
Chiamato successivamente a Roma, P. Angelo vi rimase per quasi trentatré anni, assolvendo a diverse mansioni interni alla comunità e proseguendo fino alla piena maturazione la propria vocazione di “Padre dei poveri”, soprattutto con l’organizzazione e il coinvolgimento di vari collaboratori nel servizio ai più indigenti.
Fu anche fervente direttore spirituale di molte persone di ogni ceto sociale. La fonte della sua spiritualità e della sua azione caritativa era l’ardente zelo eucaristico unito alla genuina devozione mariana. Morì in fama di santità il 20 gennaio 1720.
In vista della sua beatificazione, la Postulazione della Causa ha sottoposto al giudizio di questa Congregazione delle Cause dei Santi la presunta guarigione miracolosa della Signora Eglina Canozzi, la quale nell’agosto del 1927 fu affetta da un grave prolasso uterino, con perdite di sangue, che le impediva di camminare; la situazione era complicata dall’obesità della paziente.
L’inferma rifiutò ripetutamente di farsi visitare da uno specialista; ma poi, vincendo la naturale vergogna, mentre si recava dal medico invocò l’aiuto del Venerabile Servo di Dio; non avendo trovato il dottore, impegnato in una visita, la Signora Canozzi si fermò e sentì improvvisamente di essere guarita.
Appare evidente la concomitanza cronologica e il nesso tra l’invocazione al Servo di Dio e la guarigione di Eglina Canozzi, che all’epoca aveva 67 anni e visse più di dieci anni godendo di buona salute e gestendo una normale vita relazionale.
Sulla guarigione, ritenuta miracolosa, presso la Curia vescovile di Massa Carrara dal Massa Carrara dal 18 novembre 1931 al 5 luglio 1932 fu istruita il Processo diocesana, che tuttavia non ebbe seguito per varie ragioni. Il caso fu ripreso e presentato finalmente nel 2007 alla Congregazione, che ne avviò lo studio. La Consulta Medica del 29 maggio 2008 riconobbe l’inspiegabilità scientifica del caso in oggetto.
Il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi si espresse anch’esso unanimemente sul caso, il 20 dicembre 2008, dichiarando che si era trattato di un miracolo e tale esito positivo è stato confermato il 26 maggio 2009 dai Padri Cardinali e Vescovi in Sessione Ordinaria, essendo Ponente della Causa l’Ecc.mo Mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano.
Celebrazione eucaristica per la Beatificazione del Venerabile Servo di Dio ANGELO PAOLI,
presieduta da Sua Ecc. Rev.ma Mons. Angelo Amato
Arcivescovo titolare di Sila Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi,
rappresentante del Sommo Pontefice Benedetto XVI.
Domenica 25 aprile 2010, IV di Pasqua alle ore 10, Arcibasilica del SS. Salvatore in Laterano
"Padre dei poveri" fece scrivere Clemente XI ai carmelitani nella basilica di San Martino ai Monti a Roma sulla tomba di padre Angelo Paoli il giorno della morte, il 20 gennaio 1720. Dopo 289 anni, il 3 luglio 2009 Benedetto XVI decide che il nome di padre Angelo Paoli sia scritto nell'elenco dei beati. Tra i due episodi sono trascorsi quasi trecento anni, ricchi di intense vicende storiche, in cui la Chiesa e il mondo hanno subito tanti cambiamenti e in cui la società è profondamente mutata nei suoi valori e nelle sue caratteristiche. Eppure la realtà in cui visse padre Angelo non è tanto diversa da quella di oggi: povertà, miserie e un gran bisogno che il Vangelo sia annunciato a tutti, che i sacerdoti celebrino la riconciliazione e l'Eucaristia, annuncino il Risorto, consolino i cuori affranti, siano vicini ai poveri. Nel corso di questi tre secoli, dalla morte del Paoli a oggi, ci sarebbero state tante occasioni per proclamare beato il frate carmelitano, che ha dedicato la vita alla preghiera e ai poveri. Ma Dio spesso scrive la storia in maniera diversa da come la pensano gli uomini e solo in questo anno sacerdotale la vita di padre Angelo poteva brillare sotto la luce del magistero di Benedetto XVI.
La beatificazione di padre Angelo Paoli nella basilica del Laterano a Roma, va letta nel percorso della Chiesa, mentre volge al termine l'anno sacerdotale e il Papa propone ai sacerdoti per il loro ministero un clima di preghiera, di gioia, speranza ed entusiasmo, ma anche di penitenza.
Se si pensa al discorso rivolto ai partecipanti al ritiro sacerdotale ad Ars, il 28 settembre scorso, o ai discorsi che ci ha rivolto in questi ultimi giorni, la parola del Pontefice offre innumerevoli spunti per comprendere la missione di padre Angelo e colloca la sua figura tra i modelli attualissimi di vita religiosa e sacerdotale.
Il "padre dei poveri" nasce nel 1642 ad Argigliano, frazione di Casola in Lunigiana, in provincia di Massa Carrara. Entra nel vicino convento dei carmelitani appena diciottenne. Si distingue per una fede solida, per una spiritualità eucaristica, per un amore verso i poveri. Dopo gli studi e l'ordinazione sacerdotale la sua unica preoccupazione diventa servire Gesù nei malati, nei sofferenti. La sua vita trascorre tra la preghiera, il ministero sacerdotale e il servizio: vive autenticamente il carisma carmelitano, dedito alla contemplazione, ma sempre vicino ai fratelli.
Giunto a Roma per volontà dei superiori nel 1687, trascorreva nell'ospedale San Giovanni il tempo in cui era libero dai suoi incarichi. Si dedicava ai servizi umili, si fermava a lungo con i malati che erano soli e più gravi, si travestiva da buffone e si truccava per farli sorridere. È convinto che si guarisca più in fretta, se si applica quella clownterapia, o comicoterapia, che solo oggi è diffusa negli ospedali italiani. Quando si rese conto che molti malati venivano dimessi prima della completa guarigione e per questo morivano, attrezzò per loro un "convalescenziario", sullo stradone di San Giovanni. Qui venivano ospitati e curati tutti coloro che a Roma non avevano casa o parenti e avrebbero sofferto per strada, a causa della miseria, rischiando la morte. Oggi luoghi come questo si chiamano cliniche di lunga degenza o di riabilitazione. La Provvidenza non gli fece mai mancare l'aiuto di tanti benefattori. Al "convalescenziario" il cibo avanzava e padre Angelo lo distribuiva ai poveri che si radunavano alla porta del convento di San Martino ai Monti, dove egli viveva, e presso cui accorrevano in molti.
Benedetto XVI, alcuni giorni prima della promulgazione del decreto di beatificazione di padre Paoli, nell'udienza di mercoledì 1 luglio 2009, citando san Giovanni Crisostomo, diceva che il sacramento dell'altare e il "sacramento del fratello" o, come dice, "sacramento del povero" costituiscono due aspetti dello stesso mistero. L'amore per il prossimo, l'attenzione alla giustizia e ai poveri non sono soltanto temi di una morale sociale, quanto piuttosto espressione di una concezione sacramentale della moralità cristiana. Due giorni dopo il Papa proporrà padre Angelo come il testimone vivente di armonizzazione tra il sacramento dell'Eucaristia e il sacramento del povero.
I collaboratori più stretti narrano di aver trovato spesso padre Angelo al mattino presto sull'inginocchiatoio della sua cella, dopo una notte trascorsa in preghiera. Egli affrettava sempre il passo se si trovava per strada quando era prossima la celebrazione della Liturgia delle Ore in comunità, dicendo: "Io non voglio mancare quando tutti i frati arrivano nel coro per pregare".
Se qualcuno dei collaboratori gli ricordava il servizio ai poveri, mentre era in preghiera davanti all'Eucarestia, egli rispondeva con semplicità: "Sarebbe un grand'errore che, stando esposto Nostro Signore nella nostra Chiesa, non vi fosse qualche sacerdote ancora ad adorarlo".
Dopo aver celebrato la messa, padre Angelo si chiudeva in un particolare silenzio e non voleva essere disturbato, dicendo ai collaboratori: "Fatemi la carità di non farmi avvicinare nessuno, perché mi sono comunicato. Coloro che vogliono fare delle chiacchiere, e non fanno o non vogliono sapere cosa si diventi quando uno si è comunicato, dovrebbero considerare che in noi c'è Colui che ha creato tutto". L'Eucaristia, infatti, non è semplicemente un evento con due protagonisti, un dialogo tra Dio e me. La comunione eucaristica tende a una trasformazione totale della propria vita. Con forza spalanca l'intero io dell'uomo e crea un nuovo noi (cfr. Joseph Ratzinger, La Comunione nella Chiesa, pagina 80).
Padre Angelo dedicava tanto tempo alla confessione dei penitenti, all'ascolto e al consiglio spirituale. Molti nobili e molti ricchi mercanti si rivolgevano a lui per un consiglio e lo stesso Pontefice lo inviò più volte a sanare conflitti e risolvere delicate questioni. Diventava però molto intransigente al momento di dedicarsi alla preghiera: "Quando sono al servizio di Dio, non voglio essere disturbato da nessuno". Sembra strano che un uomo così sensibile, così attivo, sempre pronto a dare aiuto, diventi tanto determinato quando sta pregando. Scrive Benedetto XVI nell'enciclica Deus Caritas est: "Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell'emergenza e sembra spingere unicamente all'azione... Il tempo dedicato a Dio nella preghiera non solo non nuoce all'efficacia e all'operosità dell'amore verso il prossimo, ma ne è in realtà l'inesauribile sorgente" (numero 36). La frase più celebre di padre Angelo: "Chi cerca Iddio, deve andare a cercarlo tra i poveri", diviene così la possibile sintesi di ciò che il Papa ha più volte espresso nel suo magistero. Infatti, sempre nell'enciclica Deus Caritas est, Benedetto XVI scriveva: "Se il contatto con Dio manca del tutto nella mia vita, posso vedere nell'altro sempre soltanto l'altro e non riesco a riconoscere in lui l'immagine divina. Se però nella mia vita tralascio completamente l'attenzione per l'altro, volendo essere solamente "pio" e compiere i miei "doveri religiosi", allora s'inaridisce anche il rapporto con Dio. Solo la mia disponibilità ad andare incontro al prossimo, a mostrargli amore, mi rende sensibile anche di fronte a Dio. Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama. Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento" (numero 18). Padre Paoli dice: "In questi poveri io riconosco il maggior personaggio che vi sia, cioè Nostro Signore Gesù Cristo; pertanto quando sono impegnato in servizio di questo gran Signore non devo dar udienza ad altre persone". Egli si dedica totalmente al Signore sia quando prega, sia quando serve i poveri.
Si potrebbe narrare ancora molto della vita del beato: la sua esperienza di consigliere spirituale di Innocenzo XII o di Clemente XI, che volevano crearlo cardinale (rifiutò, perché temeva di dover abbandonare i poveri). La sua devozione verso i martiri: a Clemente XI chiese con insistenza il permesso di murare personalmente le arcate del Colosseo, per impedire che i cavalli calpestassero le pietre su cui i primi testimoni della fede avevano sparso il loro sangue. La sua visita alle carceri: voleva incontrare spesso i detenuti, per predicare il perdono divino, esortarli alla conversione e portare un po' di pane.
Come spesso accade leggendo la biografia di grandi figure, viene spontaneo chiedersi: padre Angelo può essere un modello per i battezzati, per i sacerdoti, per i religiosi di oggi, di questo nostro tempo? Se la domanda è più che lecita, ripercorrendo la sua biografia, la risposta diviene ovvia esaminando la situazione attuale della nostra società e guardando i frutti della sua opera.
(fonte: angelopaoli.org)