Bartolomeo dei Martiri (al secolo: Bartolomeo Fernandes)
(1514 - 1590)
- 16 luglio
Vescovo di Braga, che, insigne per integrità di vita, si adoperò con somma carità pastorale per le necessità del suo gregge e ornò di sana dottrina i suoi numerosi scritti
Nacque a Lisbona nel mese di maggio 1514. L’appellativo dei Martiri ricorda la chiesa di Santa Maria dei Martiri dove fu battezzato e sostituì quello di Vale adottato in memoria del nonno.
Riceve l’abito domenicano l’11 novembre 1528 e compie il noviziato nel convento di Lisbona, concludendo gli studi filosofici e teologici nel 1538.
Passa alla docenza nei conventi di Lisbona, “da Batalha” e Évora (1538-1557); diviene quindi priore del convento di Benfica a Lisbona (1557-1558).
Dalla regina del Portogallo, Caterina, è presentato a succedere all’arcivescovo di Braga, il carmelitano Baltesar Limpo; e viene confermato dal papa Paolo IV con la bolla Gratiae divinae praemium, datata 27 gennaio 1559. L’ordinazione episcopale gli è conferita il 3 settembre in San Domenico di Lisbona.
Accettò questa dignità per ubbidienza al suo priore provinciale, il celebre scrittore Ven. Luigi di Granata, il quale, designato in un primo tempo dalla regina, l’aveva invece consigliata di presentare il suo confratello.
Il 4 ottobre 1559 inaugura nella vastissima arcidiocesi la sua missione apostolica, che si fa molteplice. Ne segnaliamo i tratti più suggestivi.
Attuazione delle visite pastorali, impegno per l’evangelizzazione del popolo, redigendo per tale effetto un Catechismo o dottrina cristiana e pratiche spirituali (15ª edizione nel 1962); sollecitudine per la cultura e la santificazione del clero, giungendo a istituire scuole di Teologia Morale in molti luoghi della diocesi; e a comporre alcune opere dottrinali.
La sua produzione letteraria conta 32 opere, tra le quali merita alto rilievo lo Stimulus Pastorum (22 edizioni), offerto ai Padri del Concilio Vaticano I e II.
L’impegno concreto per la riforma è provato anche dagli spazi strutturali ai quali diede vita.
Nel 1560 affidò ai Gesuiti gli studi pubblici che si trasformarono nel Collegio di S. Paolo. Dal 1561 al 1563 prese parte al Concilio di Trento, presentando 268 petizioni, sintesi di interpellanze per la riforma nella Chiesa. Per attuare le disposizioni del Concilio organizzò nel 1564 un Sinodo Diocesano, seguito nel 1566 da un Sinodo Provinciale. Nel 1571 o 1572 inizia la costruzione del Seminario Conciliare in Campo Vinha.
Il 23 febbraio 1582 rinuncia all’ufficio di Arcivescovo e si ritira nel convento domenicano della Santa Croce in Viana do Castelo, sorto per sua iniziativa (1561) per favorire gli studi ecclesiastici e la predicazione.
In questo convento muore il 16 luglio 1590, riconosciuto e acclamato dal popolo con l’appellativo di Arcivescovo Santo, padre dei poveri e degli infermi. Il suo sepolcro è venerato nell’antica chiesa domenicana di Viana do Castelo.
Dichiarato Venerabile da Gregorio XVI il 23 marzo 1845. Giovanni Paolo II il 7 luglio 2001 riconobbe il miracolo proposto per la beatificazione: celebrata il 4 novembre, memoria liturgica di San Carlo Borromeo, con il quale Bartolomeu dos Martires si dedicò assiduamente ad eseguire le decisioni del Concilio di Trento.
CANONIZZAZIONE DEL VESCOVO BARTOLOMEO FERNANDES DEI MARTIRI
OMELIA DEL CARD. ANGELO BECCIU
(Braga, domenica 10 novembre 2019)
«Come un pastore passa in rassegna il suo gregge... così io passerò in rassegna le mie pecore» (Ez 34,12).
Cari Fratelli e sorelle,
Le parole del profeta Ezechiele, che abbiamo poc’anzi ascoltato, testimoniano la costante sollecitudine di Dio per i suoi fedeli, dando attuazione al suo misericordioso disegno salvifico. Ecco ciò che il Signore ha operato anche nel popolo di questa Arcidiocesi di Braga, mediante il ministero pastorale del Vescovo Bartolomeo Fernandes dei Martiri, proclamato Beato da Giovanni Paolo II il 4 novembre 2001. Le ulteriori testimonianze con cui Dio ha voluto illustrare questo suo servo, l’espansione del suo culto oltre i confini dell’Arcidiocesi di Braga, la rilevanza ecclesiale della sua santità e dell’incidenza del suo insegnamento sulla pratica cristiana e sull’evangelizzazione, hanno indotto il Santo Padre Francesco ad annoverarlo definitivamente nell’albo dei Santi.
In vista di un annuncio evangelico e missionario più autentico e coraggioso appaiono provvidenziali i motivi di convenienza pastorale per questa Canonizzazione. Bartolomeo Fernandes dei Martiri appare anzitutto una figura di primissima importanza per la profondità della sua cultura teologica e del suo insegnamento, come dotto ed esemplare maestro dell’Ordine dei Predicatori. Non si può poi dimenticare il forte impegno per la riforma della Chiesa e il rinnovamento della vita cristiana di questo zelante pastore di anime, che fu tra i più fervidi e autorevoli padri del Concilio di Trento, il più importante avvenimento ecclesiale del Cinquecento. Infine, avvertiamo la grande attualità del suo messaggio, specialmente in ambito dottrinale e pastorale, come uomo di preghiera, grande evangelizzatore e Vescovo totalmente dedito alle persone a lui affidate.
Il Santo che oggi celebriamo, nel solco e dietro l’esempio dei dottori della Chiesa e dei grandi teologi, risponde in modo eminente alla figura del sacerdote e del pastore, che unisce l’amore per la scienza a quello per la pietà e la sollecitudine per i bisogni spirituali della gente, e ricorda quindi il modello offerto dal profeta Ezechiele, quando dice: «Condurrò [le mie pecore] in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti ... andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata» (vv. 14.16). E così fu Bartolomeo che già da vivo presso i contemporanei godeva fama di eccelsa santità. Al riguardo, mi piace ricordare le parole di un suo ammiratore gesuita, scritte subito dopo il suo decesso, avvenuto il 16 luglio 1590: «Tale [fu] Bartolomeo: un uomo molto saggio, santo e austero, che né le asprezze della regione del Trás-os-Montes, né il caldo afoso o il freddo acuto o le intemperie, hanno arrestato nel suo passo di pastore vigilante della sua chiesa» (Positio, 1).
Sì, San Bartolomeo fu un vero modello di pastore, egli ha seguito il divino Pastore e si è messo alla sua scuola. Eletto nell’autunno del 1557 priore del convento di Benfica, fra Bartolomeo portò con sé i contenuti della sua spiritualità, divenendo un ricercato maestro di vita interiore. E’ bello ricordare come era suo costume radunare i confratelli novizi al termine dell’ufficio di Compieta per istruirli nell’orazione, insistendo sul fatto che l’unico modo per sostenere e rafforzare l’uomo esteriore era quello della pratica di una assidua preghiera interiore grazie alla quale si giunge ad assaporare come soave sia lo Spirito di Dio, autore e perfezionatore di quell’uomo nuovo che è chiamato a soppiantare l’uomo vecchio. Diventato Vescovo continuò a coltivare diligentemente lo spirito di preghiera assidua e la contemplazione: qui sta il segreto della sua fervida attività apostolica! La sua straordinaria missione pastorale è l’irradiamento esteriore della propria vita interiore, capace di suscitare affabilità e dolcezza nelle relazioni umane, misericordia e generosità con il popolo, zelo e fervore nel ministero della predicazione, pazienza e costanza nelle avversità e nelle persecuzioni.
Infaticabile nel rinnovamento della diocesi, con uno stile improntato alla più assoluta povertà personale, egli visitò l’intero territorio metropolitano, sostando più giorni nelle quasi 1300 parrocchie. La visita pastorale, che effettuava ogni tre anni, era un’espansione della presenza spirituale del Vescovo tra i fedeli, diventando concretamente un efficace strumento per capire, ammonire e correggere. La sua passione per la Chiesa lo indusse a prestare grande attenzione al tema della riforma, chiedendo a sacerdoti e fedeli laici maggiore coerenza e fedeltà al Vangelo. Di fronte ad una realtà ecclesiale segnata dallo spirito mondano per scarsa preparazione e inerzia, egli promosse eventi formativi per sacerdoti e laici, rilanciando l’importanza della catechesi. Operò incessantemente e con successo per elevare moralmente e materialmente le condizioni dei sacerdoti, costruendo altresì il seminario diocesano. Dimostrò una paterna vicinanza ai mali della società, con una sempre vigile attenzione ai poveri. Al tempo della peste del 1570, si rifiutò di obbedire al re e al Cardinale che gli avevano ingiunto di lasciare Braga. Preferì mettere a rischio la propria vita piuttosto che abbandonare gli appestati e privare i sani rimasti isolati e sprovvisti di ogni soccorso a causa dell’epidemia.
San Bartolomeo mostra a tutti noi, e specialmente ai pastori di anime, quanto è importante una sana sensibilità culturale, fondata su un autentico amore alla verità, che si traduce nell’impegno generoso di comunicarla ai fratelli. Un impegno che dà al ministero speciale dignità e particolare efficacia. Bartolomeo dei Martiri fu, infatti, umile e povero figlio di San Domenico; profondo conoscitore della Sacra Scrittura e della teologia; allo stesso tempo contemplativo e missionario, perfetto testimone di quella tradizionale e nota definizione del frate predicatore risalente a San Tommaso d’Aquino secondo il quale il carisma del domenicano è quello di contemplari et contemplata aliis tradere.
E il potente richiamo della spiritualità di San Domenico si fece sentire in lui nel momento supremo della fatica e del dolore. Affaticato, malato e senza forze, nel 1581 presentò a Papa Gregorio XIII la richiesta delle dimissioni, che furono accolte. Ritornò immediatamente a Viana nel convento che aveva fondato e dove trascorrerà gli otto ultimi anni della sua vita. Nel convento del buen ritiro, narra il biografo Luís de Sousa, visse con stile umile e osservante, come “il migliore dei religiosi” e, per meritarsi la povera pensione che gli arrivava da Roma, prestava volentieri il suo servizio nella predicazione e nella catechesi, soccorrendo i poveri e gli umili del popolo, distribuendo agli indigenti tutto ciò che possedeva, perfino il letto sul quale dormiva.
«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5, 16). Come ha risposto il nostro Santo a questo mandato apostolico? Con l’esercizio di molteplici attività, che testimoniano della sua umiltà, della sua grandezza d’animo, come anche della sua coscienziosa e metodica preparazione specifica. Tutto ciò lo mise al servizio della riforma della Chiesa, nelle sue strutture e soprattutto nello stile di vita delle persone, alla quale egli si applicò in modo speciale. A somiglianza del divino Pastore, Bartolomeo Fernandes dei Martiri seppe così radunare il gregge a volte disperso (cfr Ez 34, 12), e seppe condurlo a riposare presso «pascoli erbosi ed acque tranquille» (cfr Sal 22 [23], 2). Seppe condurlo in «ottime pasture» (Ez 34,14): quelle, soprattutto, della Parola di Dio illustrata nella predicazione e “fatta carne” mediante un eccezionale atteggiamento di carità pastorale.
Nella sua vita si è compiuto ciò che San Paolo aveva scritto ai Romani e che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: «Vi esorto dunque fratelli … a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (12,1). San Bartolomeo ha fatto della sua vita e del suo ministero un’offerta incessante alle persone affidate alle sue cure pastorali, non governando il gregge da lontano, ma andando incontro agli altri con immenso ardore apostolico. Così è diventato immagine di quella che il Santo Padre Francesco ama definire una Chiesa “in uscita”, sempre in cammino, per condividere l’esistenza delle persone, specialmente di quanti sono ai margini della società, per accendere luci e riscaldare cuori che aiutino la gente, a trovare il senso della vita e della storia.
La Chiesa gioisce di poter indicare oggi questo modello di Chiesa e di santità che San Bartolomeo ha incarnato, presentandosi ai suoi coetanei e a tutti noi come «sale della terra e luce del mondo» (Mt 5,13). E con fiducia si rivolge alla sua intercessione:
San Bartolomeo dei martiri, prega per noi!
CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DI 8 SERVI DI DIO
OMELIA DEL SANTO PADRE
Domenica, 4 novembre 2001
1. "Tutte le cose ... son tue, Signore, amante della vita" (Sap 11, 26). Le parole del Libro della Sapienza invitano a riflettere sul grande messaggio di santità che ci viene proposto da questa solenne Celebrazione Eucaristica, nella quale sono stati proclamati otto nuovi Beati: Pavol Peter Gojdič, Metod Dominik Trčka, Giovanni Antonio Farina, Bartolomeu Fernandes dos Mártires, Luigi Tezza, Paolo Manna, Gaetana Sterni, María Pilar Izquierdo Albero.
Con la loro esistenza totalmente spesa per la gloria di Dio e per il bene dei fratelli, essi continuano ad essere nella Chiesa e per il mondo segno eloquente dell'amore di Dio, sorgente prima e fine ultimo di tutti i viventi.
2. "Syn človeka prišiel hada a zachráni, čo sa stratilo" (Lk 19, 10): spasiteské poslanie, zvestované Kristom v dnešnom čítaní z evanjelia poda Lukáša, hlboko poznačilo dnes blahorečených, biskupa Pavla Petra Gojdiča a redemptoristu Metoda Dominika Trčku. Obaja, v obetavej a hrdinskej slube gréckokatolíckej cirkvi na Slovensku, prešli tými istými trápeniami v dôsledku svojej vernosti evanjeliu a Petrovmu námestníkovi, a teraz im spoluprináleí koruna slávy.
Posilnený asketickým spôsobom ivota v Ráde svätého Bazila Vekého, Pavol Peter Gojdič, spočiatku ako biskup prešovskej eparchie, a neskôr, ako apoštolský administrátor Mukačeva, usiloval sa neúnavne o realizáciu pastoračného programu, ktorý si vytýčil: "s pomocou Boou chcem by otcom sirôt, oporou chudobných a utešiteom trpiacich". uďmi všeobecne povaovaný za človeka "zlatého srdca", predstaviteom vtedajšej vlády sa stal skutočným "tom v oku". Po tom, čo komunistický reim postavil gréckokatolícku cirkev mimo zákona, bol zatknutý a uväznený. Tak začalo preho obdobie kalvárie, utrpenia, zlého zaobchádzania a poniovania, a po smr vo viere Kristovi a v láske k cirkvi a pápeovi.
Aj Metod Dominik Trčka vloil celý svoj ivot do sluby evanjeliu a spáse blínych, a po obetu vlastného ivota. Ako predstavený Komunity redemptoristov v Stropkove, na Východnom Slovensku, vyvíjal horlivú misionársku činnos v eparchiách prešovskej, uhorodskej a krievci. S nástupom komunizmu, spolu s ostatnými spolubratmi redemptoristami, bol odvezený do koncentračného tábora. Tam, posilnený modlitbou, s odhodlanosou a silou znášal tresty a poniovania pre evanjelium. Jeho trápenie skončilo vo väznici v Leopoldove kde, po tom čo odpustil svojim väzenským stránikom, podahol vyčerpaniu a chorobám.
["Il Figlio dell'uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto" (Lc 19, 10): la missione salvifica, proclamata da Cristo nell'odierno brano evangelico di Luca, è stata profondamente condivisa dal Vescovo Pavol Peter Gojdič e dal redentorista Metod Dominik Trčka, oggi proclamati Beati. Uniti nel generoso e coraggioso servizio alla Chiesa greco-cattolica in Slovacchia, sono passati attraverso le stesse sofferenze a causa della fedeltà al Vangelo ed al Successore di Pietro e condividono ora la medesima corona di gloria. Corroborato dall'esperienza ascetica nell'Ordine di San Basilio Magno, Pavol Peter Gojdič, dapprima come Vescovo nell'Eparchia di Prešov e, in seguito, come Amministratore apostolico di Mukačev, cercò costantemente di realizzare il programma pastorale che si era proposto: "Con l'aiuto di Dio voglio diventare un padre degli orfani, aiuto dei poveri e consolatore degli afflitti". Noto alla gente come "uomo dal cuore d'oro", per i rappresentanti del governo del tempo egli era diventato una vera e propria "spina nel fianco". Dopo che il regime comunista ebbe messo fuori legge la Chiesa greco-cattolica, egli fu arrestato e internato. Cominciò così per lui un lungo calvario di sofferenze, maltrattamenti e umiliazioni, che lo portò alla morte per la sua fedeltà a Cristo e per il suo amore verso la Chiesa e verso il Papa.
Anche Metod Dominik Trčka pose tutta la sua esistenza a servizio della causa del Vangelo e della salvezza dei fratelli, giungendo fino al supremo sacrificio della vita. Come Superiore della Comunità redentorista di Stropkov, nella Slovacchia orientale, svolse una fervente attività missionaria nelle tre Eparchie di Prešov, Uhorod e Krievci. Con l'avvento del regime comunista, egli, come gli altri confratelli redentoristi, fu portato in campo di concentramento. Qui, sempre sostenuto dalla preghiera, affrontò con forza e determinazione le pene e le umiliazioni impostegli a causa del Vangelo. Il suo calvario terminò nella prigione di Leopoldov, dove, a motivo degli stenti e delle malattie, si spense dopo aver perdonato i propri aguzzini.]
3. La luminosa immagine di Pastore del Popolo di Dio, modellata sull'esempio di Cristo, ci viene oggi proposta anche dal Vescovo Giovanni Antonio Farina, il cui lungo ministero pastorale, prima nella Comunità cristiana di Treviso e poi in quella di Vicenza, fu caratterizzato da una vasta attività apostolica, costantemente orientata alla formazione dottrinale e spirituale del clero e dei fedeli. Guardando alla sua opera, dedicata alla ricerca della gloria di Dio, alla formazione della gioventù, alla testimonianza di carità verso i più poveri ed abbandonati, ritornano alla mente le parole dell'apostolo Paolo, ascoltate nella seconda Lettura: tutto deve essere compiuto affinché sia "glorificato il nome del Signore nostro Gesù" (2Ts 1, 12). La testimonianza del nuovo Beato continua ancora oggi a produrre abbondanti frutti, in particolare attraverso la Famiglia religiosa da lui fondata, le Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori, tra le quali brilla la santità di Maria Bertilla Boscardin, canonizzata dal mio venerato Predecessore Papa Giovanni XXIII.
Anche nel Padre Paolo Manna, noi scorgiamo uno speciale riflesso della gloria di Dio. Egli spese l'intera esistenza per la causa missionaria. In tutte le pagine dei suoi scritti emerge viva la persona di Gesù, centro della vita e ragion d'essere della missione. In una delle sue Lettere ai missionari egli afferma: "Il missionario di fatto non è niente se non impersona Gesù Cristo... Solo il missionario che copia fedelmente Gesù Cristo in se stesso... può riprodurne l'immagine nelle anime degli altri" (Lettera 6). In realtà, non c'è missione senza santità, come ho ribadito nell'Enciclica Redemptoris missio: "La spiritualità missionaria della Chiesa è un cammino verso la santità. Occorre suscitare un nuovo ardore di santità fra i missionari e in tutta la comunità cristiana" (n. 90).
4. "Il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene e l'opera della vostra fede" (2Ts 1,11).
Questa riflessione dell'apostolo Paolo sulla fede, che chiede di tradursi in propositi ed opere di bene, ci aiuta a meglio comprendere il ritratto spirituale del beato Luigi Tezza, fulgido esempio di un'esistenza interamente votata all'esercizio della carità e della misericordia verso quanti soffrono nel corpo e nello spirito. Per essi fondò l'Istituto delle Figlie di San Camillo, alle quali insegnò a praticare un'assoluta fiducia nel Signore. "La volontà di Dio! Ecco l'unica mia guida, egli esclamava, l'unico scopo dei miei sospiri, a cui tutto voglio sacrificare". In questo abbandono fiducioso alla volontà di Dio, ebbe a modello la Vergine Maria, teneramente amata e contemplata particolarmente nel momento del "fiat" e nella presenza silenziosa ai piedi della Croce.
Anche la beata Gaetana Sterni, avendo capito che la volontà di Dio è sempre amore, si dedicò con infaticabile carità agli esclusi e ai sofferenti. Trattò questi suoi fratelli sempre con la dolcezza e l'amore di chi, nei poveri, serve il Signore stesso. Al medesimo ideale esortava le sue Figlie spirituali, le Suore della Divina Volontà, invitandole, come scriveva nelle Regole, ad "essere disposte e contente di sostenere privazioni, fatiche e qualunque sacrificio pur di giovare al prossimo bisognoso in tutto ciò che il Signore potesse volere da loro". La testimonianza di carità evangelica offerta dalla Beata Sterni richiama ciascun credente alla ricerca della volontà di Dio, nell'abbandono fiducioso in Lui e nel generoso servizio ai fratelli.
5. Il beato Bartolomeu dos Mártires, Arcivescovo di Braga, si dedicò, con somma vigilanza e zelo apostolico, alla salvaguardia e al rinnovamento della Chiesa nelle sue pietre vive, senza disprezzare le strutture provvisorie che sono le pietre morte. Di quelle pietre vive privilegiò quelle che avevano poco o nulla per vivere. Tolse a sé per dare ai poveri. Criticato per la povera figura che faceva con quel poco che gli restava, rispose: "Non mi vedrete mai tanto dissennato da spendere, con gli oziosi, quello con cui posso far vivere molti poveri". Essendo l'ignoranza religiosa la più grande delle povertà, l'Arcivescovo fece tutto il possibile per porle rimedio, a cominciare con la riforma morale e l'elevazione culturale del clero, "perché è evidente - scriveva - che, se il vostro zelo corrispondesse all'ufficio, il gregge di Cristo non andrebbe tanto fuori dal cammino del Cielo". Con il suo sapere, il suo esempio e la sua audacia apostolica, commosse e fece ardere gli animi dei Padri Conciliari di Trento di modo che si procedesse alla necessaria riforma della Chiesa, che poi si impegnò a realizzare con coraggio perseverante e invitto.
6. "O Dio, mio re, voglio esaltarti" (Sal 144, 1). Questa esclamazione del Salmo responsoriale riflette tutta l'esistenza di Madre María Pilar Izquierdo, fondatrice dell'Opera Missionaria di Gesù e Maria: Lodare Dio e compiere in tutto la sua volontà. La sua breve vita, di soli 39 anni, si può riassumere affermando che volle lodare Dio, offrendogli il suo amore e il suo sacrificio. La sua vita fu segnata da una continua sofferenza, e non solo fisicamente, e fece tutto per amore di Colui che ci amò per primo e soffrì per la salvezza di tutti. L'amore verso Dio, la croce di Gesù e il prossimo bisognoso di aiuto materiale, fu la grande preoccupazione della nuova Beata. Fu consapevole della necessità di catechizzare con il Vangelo nei suburbi e di dare da mangiare agli affamati, per configurarsi a Cristo mediante le opere di misericordia. La sua ispirazione principale continua ad essere viva ancora oggi laddove è presente l'Opera Missionaria di Gesù e Maria, che svolge il proprio lavoro conformemente al suo spirito. Che il suo esempio di vita abnegata e generosa aiuti a impegnarsi sempre più nel servizio ai bisognosi affinché il mondo attuale sia testimone della forza rinnovatrice del Vangelo di Cristo!
7. All'inizio di questa Eucaristia abbiamo riascoltato dal Libro della Sapienza il grande messaggio dell'eterno e incondizionato amore di Dio verso ogni creatura: "Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato" (Sap 11, 24). Di questo fondamentale amore di Dio sono segno eloquente i nuovi Beati. Con il loro esempio e la loro potente intercessione proclamano, infatti, l'annuncio della salvezza offerta da Dio a tutti gli uomini in Cristo. Raccogliamone la testimonianza, servendo a nostra volta Dio "in modo lodevole e degno", così da camminare senza ostacoli verso i beni promessi (cfr Colletta). Amen!