Bonifacia Rodriguez De Castro

Bonifacia Rodriguez De Castro

(1837-1905)

Beatificazione:

- 09 novembre 2003

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 23 ottobre 2011

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 8 agosto

Vergine, impegnata nella promozione in campo cristiano e sociale delle donne attraverso la preghiera e il lavoro, istituì sul modello della Sacratissima Famiglia di Nazareth la Congregazione delle Serve di San Giuseppe

  • Biografia
  • Omelia
  • una vita nel vangelo
  • omelia di beatificazione
Un nuovo progetto di vita religiosa femminile inserita nel mondo del lavoro alla luce della contemplazione della Santa Famiglia

 

Bonifacia Rodríguez Castro nasce a Salamanca (Spagna) il 6 giugno del 1837 nel seno di una famiglia di artigiani. I genitori, Juan e Maria Natalia, erano profondamente cristiani. La loro maggior preoccupazione era l'educazione nella fede dei sei figli, dei quali Bonifacia era la maggiore. La sua prima scuola fu la casa dei genitori, dove Juan, sarto, aveva il laboratorio di cucito. La prima cosa che vedono gli occhi di Bonifacia è proprio un laboratorio artigianale.

Terminati gli studi elementari impara il mestiere di cordonaia, con cui inizia a guadagnarsi da vivere come dipendente a quindici anni, alla morte del padre, in modo da aiutare la madre a sostenere la famiglia. Il bisogno di lavorare per vivere imprime fin dall'inizio un carattere forte alla sua personalità. Sperimenta, infatti, sulla propria pelle le dure condizioni di lavoro delle donne operaie di quell'epoca: orari estenuanti e salari minimi.

Una volta superate le prime ristrettezze economiche apre il suo laboratorio artigianale di “cordoni, passamaneria e altri manufatti”, nel quale lavora con il più grande raccoglimento possibile e imita la vita nascosta della Famiglia di Nazareth. Era molto devota a Maria Immacolata e a San Giuseppe, devozioni di grande attualità dopo la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione nel 1854 e la dichiarazione di San Giuseppe a patrono della Chiesa universale nel 1870.

Dal 1865, anno del matrimonio di Agustina, l'unica dei fratelli che raggiunge l'età adulta, Bonifacia e sua madre, che erano rimaste sole, si dedicano a una vita di profonda pietà, recandosi tutti i giorni alla vicina chiesa della Clerecía, gestita dalla Compagnia di Gesù.

Un gruppo di ragazze di Salamanca, loro amiche, attratte da questa testimonianza di vita, iniziano a visitare la sua casa-laboratorio nei pomeriggi delle domeniche e dei giorni festivi, sfuggendo ai nuovi e facilmente pericolosi passatempi dell'epoca. In Bonifacia cercavano un'amica che le aiutasse. Insieme decidono, quindi, di fondare la Associazione dell'Immacolata e di San Giuseppe, in seguito chiamata Associazione Giuseppina. In questo modo il laboratorio di Bonifacia acquista una chiara proiezione apostolica e sociale, di prevenzione della condizione della donna lavoratrice.

Bonifacia si sente chiamata alla vita religiosa. La sua grande devozione nei confronti di Maria fa sì che il suo cuore inizi ad accarezzare il progetto di diventare domenicana del convento di Santa Maria de Dueñas di Salamanca.

Tuttavia, un evento di importanza fondamentale cambia la sua vita: l'incontro con il gesuita catalano Francisco Javier Butinyà i Hospital, nato a Bañolas, nella provincia di Girona (1834-1899). Questi giunge a Salamanca nell'ottobre del 1870 con una grande preoccupazione apostolica verso il mondo dei lavoratori operai. A loro era diretta la sua opera “La luce dell'operaio, ovvero, collezione di vite di fedeli illuminati che si santificarono in mestieri umili”. Attratta dal suo messaggio di evangelizzazione incentrato sulla santificazione del lavoro, Bonifacia sceglie di sottoporsi alla sua direzione spirituale. Per mezzo di lei, il gesuita Butinyà entra in contatto con le ragazze che frequentavano il suo laboratorio, la maggior parte delle quali, come lei, lavoratrici manuali. Lo Spirito Santo le guida verso la fondazione di una nuova congregazione femminile, orientata verso la prevenzione nella condizione della donna operaia, attraverso l'esempio di quelle donne lavoratrici. 

Bonifacia confida a Butinyà la sua decisione di diventare domenicana, ma lui le propone di fondare con lui la Congregazione delle Serve di San Giuseppe, progetto che Bonifacia accetta di buon grado. Insieme ad altre sei ragazze della Associazione Giuseppina, fra le quali anche sua madre, dà inizio a Salamanca, nella sua casa-laboratorio, alla vita della nuova comunità, il 10 gennaio del 1874, in un periodo molto critico per la vita politica spagnola.

Tre giorni prima, il 7 gennaio, il Vescovo di Salamanca, Joaquin Lluch i Garriga, aveva firmato il Decreto di Erezione del nuovo Istituto. Catalano come Butinyà, di Manresa, nella provincia di Barcellona (1816-1882), aveva accolto con il più grande entusiasmo fin dal primo momento la nuova fondazione.

Si trattava di un progetto nuovo di vita religiosa femminile, inserito nel mondo del lavoro alla luce della contemplazione della Sacra Famiglia, che mirava a creare nelle case della Congregazione il Laboratorio di Nazareth. In questo laboratorio le Serve di San Giuseppe offrivano lavoro alle donne povere che non ne avevano, evitando così che esse incorressero nei pericoli che avrebbero potuto incontrare a quell'epoca se fossero state costrette a uscire per lavorare fuori casa.

Era una forma di vita religiosa troppo coraggiosa per non incontrare opposizione. Viene subito combattuta dal clero diocesano di Salamanca, che non riesce a cogliere la profondità evangelica di questa forma di vita così vicina al mondo del lavoro.

Dopo tre mesi dalla fondazione, Francisco Butinyà viene mandato in esilio fuori dalla Spagna insieme ai suoi compagni gesuiti, e nel gennaio del 1875 il Vescovo Lluch i Garriga viene trasferito come Vescovo a Barcellona. Dopo solo un anno dalla sua nascita, Bonifacia si ritrova sola a capo dell'Istituto.

I nuovi direttori della comunità, nominati dal Vescovo fra i sacerdoti secolari, commettono l'imprudenza di seminare fra le sorelle la discordia, ed alcune di loro, da essi supportate, iniziano ad opporsi al laboratorio artigianale inteso come forma di vita, e all'accoglienza al suo interno delle donne lavoranti. Bonifacia Rodríguez, la fondatrice, che personificava senza macchia il progetto che aveva dato origine alle Serve di San Giuseppe, non accede ad apportare cambiamenti nel carisma definito dal Padre Butinyà nelle Costituzioni. 

Il direttore della Congregazione, tuttavia, approfittando di un viaggio che Bonifacia compie a Girona nel 1882, allo scopo di stabilire un'unione con altre case delle Serve di San Giuseppe fondate da Francisco Butinyà in Catalogna al suo ritorno dall'esilio, promuove la sua destituzione come superiora e guida dell'Istituto.

Umiliazioni, rifiuto, disprezzo e calunnie la investono e la fanno andar via da Salamanca. L'unica risposta di Bonifacia è il silenzio, l'umiltà e il perdono. Senza proferire una parola di rivendicazione o di protesta, lascia che su di lei prevalgano i tratti di Gesù, che rimase in silenzio di fronte a quelli che lo accusavano (Mt 26, 59-63).

Come soluzione al conflitto Bonifacia propone al Vescovo di Salamanca, Narciso Martínez Izquierdo, la fondazione di una nuova comunità a Zamora. Una volta accettata, nella sua forma giuridica, dal Vescovo di Salamanca e da quello di Zamora, Tomás Belestá y Cambeses, Bonifacia parte il 25 luglio del 1883, accompagnata da sua madre, e si dirige verso questa città portando nel suo cuore il Laboratorio di Nazareth, il suo tesoro. A Zamora infonde vita al progetto in piena fedeltà, mentre a Salamanca iniziano le modifiche ad un progetto non compreso.

Bonifacia, cordonaia, nel suo laboratorio di Zamora, gomito a gomito con altre donne lavoratrici, bambine, ragazze, adulte, 

— tesse la dignità della donna povera senza lavoro, “allontanandola dal pericolo di perdersi” (Decreto di Erezione dell'Istituto. 7 gennaio del 1874),

— tesse la santificazione del lavoro unendolo alla preghiera, secondo lo stile di Nazareth: “così la preghiera non sarà di intralcio al lavoro né il lavoro vi distoglierà dal raccoglimento della preghiera” (Francisco Butinyà, lettera da Poyanne, 4 giugno del 1874),

— tesse rapporti umani di uguaglianza, fraternità e di rispetto nel lavoro: “dobbiamo essere ognuna per tutte, seguendo Gesù” (Bonifacia Rodríguez, primo discorso, Salamanca, 1876).

La casa madre di Salamanca dimentica completamente Bonifacia e la fondazione di Zamora, lasciandola sola ed emarginata, e, con la guida dei superiori ecclesiastici, porta avanti delle modifiche alle Costituzioni di Butinyà, per cambiare gli scopi dell'Istituto.

Il 1 luglio del 1901 Leone XIII concede l'approvazione pontificia alle Serve di San Giuseppe, con l'esclusione della casa di Zamora. Questo è il momento di maggiore umiliazione e di privazione per Bonifacia ed anche il tempo di maggior grandezza di cuore. Non avendo ricevuto risposta dal Vescovo di Salamanca, Tomás Cámara y Castro, trasportata dalla sua forza di comunione, si mette in cammino verso Salamanca per parlare personalmente con quelle sorelle. All'arrivo alla Casa di Santa Teresa, tuttavia, le viene detto: “Ci è stato ordinato di non riceverla”, e ritorna quindi a Zamora con il cuore spezzato dal dolore. Si sfoga solo dolcemente con queste parole: “Non tornerò alla terra che mi ha visto nascere, né a questa cara Casa di Santa Teresa”. E di nuovo, il silenzio sigilla le sue labbra, cosicché la comunità di Zamora viene a sapere di quanto è successo solo dopo la sua morte. 

Nemmeno questo nuovo rifiuto la separa dalle sue figlie di Salamanca e, piena di fiducia in Dio, inizia a dire alle sorelle di Zamora: “quando morirò”, sicura che l'unione si sarebbe realizzata quando lei sarebbe mancata. Con questa speranza, circondata dall'affetto della sua comunità e della gente di Zamora che la venerava come una santa, muore in questa città l'8 agosto del 1905.

Il 23 gennaio del 1907 la casa di Zamora si riunisce con il resto della Congregazione.

CAPPELLA PAPALE 
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI:

GUIDO MARIA CONFORTI (1865-1931)
LUIGI GUANELLA (1842-1915)
BONIFACIA RODRÍGUEZ DE CASTRO (1837-1905)

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI 

Piazza San Pietro
Domenica, 23 ottobre 2011

  

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

La nostra Liturgia domenicale si arricchisce oggi di diversi motivi di ringraziamento e di supplica a Dio. Mentre, infatti, celebriamo con tutta la Chiesa la Giornata Missionaria Mondiale - appuntamento annuale che intende risvegliare lo slancio e l’impegno per la missione –, rendiamo lode al Signore per tre nuovi Santi: il Vescovo Guido Maria Conforti, il sacerdote Luigi Guanella e la religiosaBonifacia Rodríguez de Castro. Con gioia rivolgo il mio saluto a tutti i presenti, in particolare alle Delegazioni ufficiali e ai numerosi pellegrini venuti per festeggiare questi tre esemplari discepoli di Cristo.

La Parola del Signore, risuonata poc’anzi nel Vangelo, ci ha ricordato che tutta la Legge divina si riassume nell’amore. L’Evangelista Matteo racconta che i farisei, dopo che Gesù ebbe risposto ai sadducei chiudendo loro la bocca, si riunirono per metterlo alla prova (cfr 22,34-35). Uno di questi interlocutori, un dottore della legge, gli chiese: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?” (v. 36). Alla domanda, volutamente insidiosa, Gesù risponde con assoluta semplicità: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento» (vv. 37-38). In effetti, l’esigenza principale per ognuno di noi è che Dio sia presente nella nostra vita. Egli deve, come dice la Scrittura, penetrare tutti gli strati del nostro essere e riempirli completamente: il cuore deve sapere di Lui e lasciarsi toccare da Lui; e così anche l’anima, le energie del nostro volere e decidere, come pure l’intelligenza e il pensiero. E’ un poter dire come san Paolo: “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

Subito dopo, Gesù aggiunge qualcosa che, in verità, non era stato richiesto dal dottore della legge: «Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (v. 39). Dichiarando che il secondo comandamento è simile al primo, Gesù lascia intendere che la carità verso il prossimo è importante quanto l’amore a Dio. Infatti, il segno visibile che il cristiano può mostrare per testimoniare al mondo l’amore di Dio è l’amore dei fratelli. Quanto provvidenziale risulta allora il fatto che proprio oggi la Chiesa indichi a tutti i suoi membri tre nuovi Santi che si sono lasciati trasformare dalla carità divina e ad essa hanno improntato l’intera loro esistenza. In diverse situazioni e con diversi carismi, essi hanno amato il Signore con tutto il cuore e il prossimo come se stessi «così da diventare modello per tutti i credenti» (1Ts 1,7).

Il Salmo 17, poc’anzi proclamato, invita ad abbandonarsi con fiducia nelle mani del Signore, che è “fedele al suo consacrato” (v. 51). Questo atteggiamento interiore ha guidato la vita e il ministero di san Guido Maria Conforti. Fin da quando, ancora fanciullo, dovette superare l’opposizione del padre per entrare in Seminario, diede prova di un carattere fermo nel seguire la volontà di Dio, nel corrispondere in tutto a quella caritas Christi che, nella contemplazione del Crocifisso, lo attraeva a sé. Egli sentì forte l’urgenza di annunciare questo amore a quanti non ne avevano ancora ricevuto l’annuncio, e il motto “Caritas Christi urget nos” (cfr 2Cor 5,14) sintetizza il programma dell’Istituto missionario a cui egli, appena trentenne, diede vita: una famiglia religiosa posta interamente a servizio dell’evangelizzazione, sotto il patrocinio del grande apostolo dell’Oriente san Francesco Saverio. Questo slancio apostolico san Guido Maria fu chiamato a viverlo nel ministero episcopale prima a Ravenna e poi a Parma: con tutte le sue forze si dedicò al bene delle anime a lui affidate, soprattutto di quelle che si erano allontanate dalla via del Signore. La sua vita fu segnata da numerose prove, anche gravi. Egli seppe accettare ogni situazione con docilità, accogliendola come indicazione del cammino tracciato per lui dalla Provvidenza divina; in ogni circostanza, anche nelle sconfitte più mortificanti, seppe riconoscere il disegno di Dio, che lo guidava ad edificare il suo Regno soprattutto nella rinuncia a sé stesso e nell’accettazione quotidiana della sua volontà, con un abbandono confidente sempre più pieno. Egli per primo sperimentò e testimoniò quello che insegnava ai suoi missionari, che cioè la perfezione consiste nel fare la volontà di Dio, sul modello di Gesù Crocifisso. San Guido Maria Conforti tenne fisso il suo sguardo interiore sulla Croce, che dolcemente lo attirava a sé; nel contemplarla egli vedeva spalancarsi l’orizzonte del mondo intero, scorgeva l’“urgente” desiderio, nascosto nel cuore di ogni uomo, di ricevere e di accogliere l’annuncio dell’unico amore che salva.

La testimonianza umana e spirituale di san Luigi Guanella è per tutta la Chiesa un particolare dono di grazia. Durante la sua esistenza terrena egli ha vissuto con coraggio e determinazione il Vangelo della Carità, il “grande comandamento” che anche oggi la Parola di Dio ci ha richiamato. Grazie alla profonda e continua unione con Cristo, nella contemplazione del suo amore, Don Guanella, guidato dalla Provvidenza divina, è diventato compagno e maestro, conforto e sollievo dei più poveri e dei più deboli. L’amore di Dio animava in lui il desiderio del bene per le persone che gli erano affidate, nella concretezza del vivere quotidiano. Premurosa attenzione poneva al cammino di ognuno, rispettandone i tempi di crescita e coltivando nel cuore la speranza che ogni essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, gustando la gioia di essere amato da Lui - Padre di tutti -, può trarre e donare agli altri il meglio di sé. Vogliamo oggi lodare e ringraziare il Signore perché in san Luigi Guanella ci ha dato un profeta e un apostolo della carità. Nella sua testimonianza, così carica di umanità e di attenzione agli ultimi, riconosciamo un segno luminoso della presenza e dell’azione benefica di Dio: il Dio - come è risuonato nella prima Lettura - che difende il forestiero, la vedova, l’orfano, il povero che deve dare a pegno il proprio mantello, la sola coperta che ha per coprirsi di notte (cfr Es 22,20-26). Questo nuovo Santo della carità sia per tutti, in particolare per i membri delle Congregazioni da lui fondate, modello di profonda e feconda sintesi tra contemplazione e azione, così come egli stesso l’ha vissuta e messa in atto. Tutta la sua vicenda umana e spirituale la possiamo sintetizzare nelle ultime parole che pronunciò sul letto di morte: “in caritate Christi”. E’ l’amore di Cristo che illumina la vita di ogni uomo, rivelando come nel dono di sé all’altro non si perde nulla, ma si realizza pienamente la nostra vera felicità. San Luigi Guanella ci ottenga di crescere nell’amicizia con il Signore per essere nel nostro tempo portatori della pienezza dell’amore di Dio, per promuovere la vita in ogni sua manifestazione e condizione, e far sì che la società umana diventi sempre più la famiglia dei figli di Dio.

En la segunda Lectura hemos escuchado un pasaje de la Primera Carta a los Tesalonicenses, un texto que usa la metáfora del trabajo manual para describir la labor evangelizadora y que, en cierto modo, puede aplicarse también a las virtudes de Santa Bonifacia Rodríguez de Castro. Cuando san Pablo escribe la carta, trabaja para ganarse el pan; parece evidente por el tono y los ejemplos empleados, que es en el taller donde él predica y encuentra sus primeros discípulos. Esta misma intuición movió a Santa Bonifacia, que desde el inicio supo aunar su seguimiento de Jesucristo con el esmerado trabajo cotidiano. Faenar, como había hecho desde pequeña, no era sólo un modo para no ser gravosa a nadie, sino que suponía también tener la libertad para realizar su propia vocación, y le daba al mismo tiempo la posibilidad de atraer y formar a otras mujeres, que en el obrador pueden encontrar a Dios y escuchar su llamada amorosa, discerniendo su propio proyecto de vida y capacitándose para llevarlo a cabo. Así nacen las Siervas de San José, en medio de la humildad y sencillez evangélica, que en el hogar de Nazaret se presenta como una escuela de vida cristiana. El Apóstol continúa diciendo en su carta que el amor que tiene a la comunidad es un esfuerzo, una fatiga, pues supone siempre imitar la entrega de Cristo por los hombres, no esperando nada ni buscando otra cosa que agradar a Dios. Madre Bonifacia, que se consagra con ilusión al apostolado y comienza a obtener los primeros frutos de sus afanes, vive también esta experiencia de abandono, de rechazo precisamente de sus discípulas, y en ello aprende una nueva dimensión del seguimiento de Cristo: la Cruz. Ella la asume con el aguante que da la esperanza, ofreciendo su vida por la unidad de la obra nacida de sus manos. La nueva Santa se nos presenta como un modelo acabado en el que resuena el trabajo de Dios, un eco que llama a sus hijas, las Siervas de San José, y también a todos nosotros, a acoger su testimonio con la alegría del Espíritu Santo, sin temer la contrariedad, difundiendo en todas partes la Buena Noticia del Reino de los cielos. Nos encomendamos a su intercesión, y pedimos a Dios por todos los trabajadores, sobre todo por los que desempeñan los oficios más modestos y en ocasiones no suficientemente valorados, para que, en medio de su quehacer diario, descubran la mano amiga de Dios y den testimonio de su amor, transformando su cansancio en un canto de alabanza al Creador.

“Ti amo, Signore, mia forza”. Così, cari fratelli e sorelle, abbiamo acclamato con il Salmo responsoriale. Di tale amore appassionato per Dio sono segno eloquente questi tre nuovi Santi. Lasciamoci attrarre dai loro esempi, lasciamoci guidare dai loro insegnamenti, affinché tutta la nostra esistenza diventi testimonianza di autentico amore verso Dio e verso il prossimo.

Ci ottenga questa grazia la Vergine Maria, la Regina dei Santi, e anche l’intercessione di san Guido Maria Conforti, di san Luigi Guanella e di santa Bonifacia Rodríguez de Castro. Amen.

Bonifacia Rodríguez Castro è una semplice lavorante che, nel mezzo della vita quotidiana, si apre al dono di Dio, facendolo crescere nel suo cuore con spirito autenticamente evangelico. Fedele alla chiamata di Dio, si abbandona nelle sue braccia di Padre, lasciandosi forgiare secondo i tratti di Gesù, l'artigiano di Nazareth, che vive nascosto in compagnia dei genitori per la maggior parte della sua vita.

Allo spegnersi della sua vita, nascosta e feconda come un chicco di grano gettato nel solco, Bonifacia Rodríguez lascia in eredità a tutta la Chiesa:

— la testimonianza della sua fedeltà a Gesù nel mistero della sua vita nascosta a Nazareth,

— una vita da cui traspare tutto il vangelo,

— un cammino di spiritualità basato sulla santificazione del lavoro unito alla preghiera, nella semplicità della vita quotidiana.

CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DI CINQUE SERVI DI DIO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense
Domenica, 9 novembre 2003

 

1. "Santo è il tempio di Dio, che siete voi" (1 Cor 3,17). Riascoltiamo queste parole dell’apostolo Paolo nell'odierna solenne liturgia della Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense, Cattedrale di Roma, Madre di tutte le chiese.

Ogni luogo riservato al culto divino è segno di quel tempio spirituale, che è la Chiesa, composto da pietre vive, cioè dai fedeli, uniti dall'unica fede, dalla partecipazione ai sacramenti e dal vincolo della carità. Pietre preziose di tale tempio spirituale sono particolarmente i Santi.

La santità, frutto dell’opera incessante dello Spirito di Dio, rifulge nei nuovi Beati: Juan Nepomuceno Zegrí y Moreno, presbitero; Valentin Paquay, presbitero; Luigi Maria Monti, religioso; Bonifacia Rodríguez Castro, vergine; Rosalie Rendu, vergine.

2. La visión del Santuario, que el profeta Ezequiel nos presenta en la liturgia del hoy, describe un torrente que mana desde el templo llevando vida, vigor y esperanza: "allí donde penetra este agua lo sanea todo" (Ez 47,9). Esta imagen expresa la infinita bondad de Dios y su designio de salvación, desbordando los muros del recinto sagrado para ser bendición de toda la tierra.

Juan Nepomuceno Zegrí y Moreno, sacerdote íntegro, de profunda piedad eucarística, entendió muy bien como el anuncio del Evangelio ha de convertirse en una realidad dinámica, capaz de transformar la vida del apóstol. Siendo párroco, se propuso "ser la providencia visible de todos aquellos que gimiendo en la orfandad beben el cáliz de la amargura y se alimentan con el pan de la tribulación" (19 de junio de 1859).

Con ese propósito desarrolló su espiritualidad redentora, nacida de la intimidad con Cristo y orientada a la caridad con los más necesitados. En la advocación de la Virgen de las Mercedes, Madre del Redentor, se inspiró para la fundación de las Hermanas Mercedarias de la Caridad, con el fin de hacer siempre presente el amor de Dios donde hubiera "un sólo dolor que curar, una sola desgracia que consolar, una sola esperanza que derramar en los corazones". Hoy, siguiendo las huellas de su Fundador, este Instituto vive consagrado al testimonio y promoción de la caridad redentora.

Traduzione italiana della parte di omelia pronunciata in spagnolo:

[2. La visione del Santuario, che il profeta Ezechiele ci presenta nella liturgia odierna, descrive un torrente che sgorga dal tempio portando vita, vigore e speranza:  "quelle acque, dove giungono, risanano" (Ez 47, 9). Questa immagine esprime l'infinita bontà di Dio e il suo disegno di salvezza, che valicano i muri del recinto sacro per essere la benedizione di tutta la terra.
Juan Nepomuceno Zegrí y Moreno, sacerdote integro, dalla profonda pietà eucaristica, ha compreso molto bene come l'annuncio del Vangelo debba diventare una realtà dinamica capace di trasformare la vita dell'apostolo. Essendo parroco, si è proposto di "essere la provvidenza visibile di tutti coloro che, gemendo nell'essere orfani, bevono il calice dell'amarezza e si nutrono con il pane della tribolazione" (19 giugno 1859).
Con questo proposito, egli ha sviluppato la sua spiritualità redentrice, nata dall'intimità con Cristo e orientata alla carità verso i più bisognosi. All'invocazione alla Vergine della Mercede, Madre del Redentore, si è ispirato per la fondazione delle Suore Mercedarie della Carità, al fine di rendere sempre presente l'amore di Dio laddove vi fosse "un solo dolore da curare, una sola disgrazia da consolare, una sola speranza da infondere nei cuori". Oggi, seguendo le orme del suo Fondatore, questo Istituto continua a dedicarsi alla testimonianza e alla promozione della carità redentrice.]

3. Le Père Valentin Paquay est bien un disciple du Christ et un prêtre selon le cœur de Dieu. Apôtre de la miséricorde, il passait de longues heures au confessionnal avec un don particulier pour remettre les pécheurs sur le droit chemin, rappelant aux hommes la grandeur du pardon divin. En mettant au centre de sa vie de prêtre la célébration du Mystère eucharistique, il invitait les fidèles à s’approcher souvent de la communion au Pain de Vie.

Comme tant de saints, le Père Valentin s’était mis tout jeune sous la protection de Notre-Dame, invoquée dans l’église de son enfance, à Tongres, comme Cause de notre joie. À son exemple, puissiez-vous servir vos frères, pour leur donner la joie de rencontrer le Christ en vérité!

Traduzione italiana della parte di omelia pronunciata in francese:

[3. Padre Valentin Paquay è davvero un discepolo di Cristo e un sacerdote secondo il cuore di Dio. Apostolo della misericordia, trascorreva lunghe ore nel confessionale, con un dono particolare per rimettere i peccatori sulla retta via, ricordando agli uomini la grandezza del perdono divino. Ponendo al centro della sua vita di sacerdote la celebrazione del Mistero eucaristico, invitava i fedeli ad accostarsi spesso alla comunione del Pane di Vita.
Come tanti santi, Padre Valentin si era affidato sin da giovane alla protezione di Nostra Signora, invocata nella chiesa della sua infanzia, a Tongres, come Causa della nostra gioia. Seguendo il suo esempio, possiate voi servire i vostri fratelli per dare loro la gioia di incontrare Cristo nella verità!]

4. "Vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua... Quelle acque, dove giungono, risanano" (Ez 47,1.9). L'immagine dell’acqua, che tutto fa rivivere, ben illumina l’esistenza del beato Luigi Maria Monti, interamente dedito a risanare le piaghe del corpo e dell'anima dei malati e degli orfani. Amava chiamarli i "poverelli di Cristo", e li serviva animato da una fede viva, sostenuta da un'intensa e costante preghiera. Nella sua dedizione evangelica, si ispirò costantemente all'esempio della Vergine Santa e pose la Congregazione da lui fondata sotto il segno di Maria Immacolata.

Quanto attuale è il messaggio di questo nuovo Beato! Per i suoi figli spirituali e per tutti i credenti egli è un esempio di fedeltà alla chiamata di Dio e di annuncio del Vangelo della carità; un modello di solidarietà verso i bisognosi e di tenero affidamento alla Vergine Immacolata.

5. Las palabras de Jesús en el Evangelio proclamado hoy: "No hagáis de la Casa de mi Padre una casa de mercado(Jn 2, 16), interpelan a la sociedad actual, tentada a veces a convertir todo en mercancía y ganancia dejando del lado los valores y la dignidad que no tienen precio. Siendo la persona imagen y morada de Dios, hace falta una purificación que la defienda, sea cual fuere su condición social o su actividad laboral.

A esto se consagró enteramente la beata Bonifacia Rodríguez de Castro, que siendo ella misma trabajadora, percibió los riesgos de esta condición social en su época. En la vida sencilla y oculta de la Sagrada Familia de Nazaret encontró un modelo de espiritualidad del trabajo, que dignifica la persona y hace de toda actividad, por humilde que parezca, un ofrecimiento a Dios y un medio de santificación.

Este es el espíritu que quiso infundir en las mujeres trabajadoras, primero con la Asociación Josefina y después con la fundación de las Siervas de San José, que continúan su obra en el mundo con sencillez, alegría y abnegación.

Traduzione italiana della parte di omelia pronunciata in spagnolo:

[5. Le parole di Gesù nel Vangelo proclamato oggi:  "non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato" (Gv 2, 16), interpellano la società attuale, tentata, talvolta, a convertire ogni cosa in mercanzia e guadagno, lasciando da parte i valori e la dignità, che non hanno prezzo. Essendo la persona immagine e dimora di Dio, occorre una purificazione che la difenda, a prescindere dalla sua condizione sociale o dalla sua attività lavorativa.
A questo si è dedicata interamente la beata Bonifacia Rodríguez de Castro, che, essendo ella stessa lavoratrice, ha compreso i rischi di questa condizione sociale nella sua epoca. Nella vita semplice e riparata della Sacra Famiglia di Nazareth ha trovato un modello di spiritualità del lavoro che nobilita la persona e rende ogni attività, per quanto umile possa sembrare, un'offerta a Dio e un mezzo di santificazione.
Questo è lo spirito che ella ha voluto infondere nelle donne lavoratrici, prima con l'Associazione Giuseppina, e poi con la fondazione delle Serve di San Giuseppe, che continuano la loro opera nel mondo con semplicità, gioia e abnegazione.]

6. À une époque troublée par des conflits sociaux, Rosalie Rendu s’est joyeusement faite la servante des plus pauvres, pour redonner à chacun sa dignité, par des aides matérielles, par l’éducation et l’enseignement du mystère chrétien, poussant Frédéric Ozanam à se mettre au service des pauvres.

Sa charité était inventive. Où puisait-elle la force pour réaliser autant de choses ? C’est dans son intense vie d’oraison et dans sa prière incessante du chapelet, qui ne la quittait pas. Son secret était simple: en vraie fille de Vincent de Paul, comme une autre Sœur de son temps, sainte Catherine Labouré, voir en tout homme le visage du Christ. Rendons grâce pour le témoignage de charité que la famille vincentienne ne cesse de donner au monde !

Traduzione italiana della parte di omelia pronunciata in francese:

[6. In un'epoca sconvolta dai conflitti sociali, Rosalie Rendu si è gioiosamente fatta serva dei più poveri, per restituire a ciascuno la sua dignità, attraverso gli aiuti materiali, l'educazione e l'insegnamento del mistero cristiano, spingendo Frédéric Ozanam a porsi al servizio dei poveri.
La sua carità era inventiva. Da dove attingeva la forza per realizzare tante cose? Dalla sua intensa vita di orazione e dalla preghiera incessante del Rosario, che non l'abbandonava mai. Il suo segreto era semplice:  vedere, da vera figlia di Vincenzo de' Paoli, come un'altra suora del suo tempo, santa Catherine Labouré, in ogni uomo il volto di Cristo. Rendiamo grazie per la testimonianza di carità che la famiglia vincenziana non cessa di donare al mondo!]

7. "Egli parlava del tempio del suo Corpo" (Gv 2,21). Queste parole evocano il mistero della morte e risurrezione di Cristo. A Gesù crocifisso e risorto devono conformarsi tutti i membri della Chiesa.

In questo impegnativo compito ci è di sostegno e guida Maria, Madre di Cristo e Madre nostra. Intercedono per noi i nuovi Beati, che oggi contempliamo nella gloria del cielo. Sia concesso anche a noi di ritrovarci tutti un giorno in Paradiso, per gustare insieme la gioia nella vita senza fine. Amen!