Kateri Tekakwitha

Kateri Tekakwitha

(1656 - 1680)

Beatificazione:

- 22 giugno 1980

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 21 ottobre 2012

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 17 aprile

Laica, vergine, indiana d’America, fu battezzata nel giorno di Pasqua e, benché perseguitata da molte minacce e da vessazioni, offrì a Dio quella purezza che quando non era ancora divenuta cristiana si era già impegnata a conservare

  • Biografia
  • Omelia
  • Litterae Apostolicae
  • omelia di beatificazione
Il suo più grande desiderio era conoscere Dio e fare ciò che a Lui piace

 

 

VITA E VIRTU'

 

 

    Santa Kateri Tekakwitha, vergine indiana della tribù degli Agniers o Mohawks, degli Indiani Irochesi, passò la prima parte della sua vita nel territorio che si trova adesso nello stato di New York, Stati Uniti d’America, ed il resto nel Canada dove morì dopo una vita di eroica virtù.

    Nacque nel 1656 da un indiano irochese pagano e da una algon­quina piissima cristiana, ambedue della tribù degli Indiani Agniers, dimoranti a Ossernenon (Auriesville) nello stato di New York.

    Gli indiani della tribù della Santa erano i medesimi che nell’anno 1642 avevano torturato e nel 1646 messo a morte S. Isacco Jogues.

    La madre aveva ricevuto una buona educazione cristiana fra i coloni francesi dei Tre Fiumi nel Canada, dove, durante una guerra tra gli Algonquini e gli Agniers, fu catturata da questi ultimi e presa in moglie da uno di essi. Ella preservò la sua fede fino alla morte e desiderava il battesimo per i suoi figli; ma, prima di poter procurar loro la grazia santificante, non essendovi missionari tra gli Agniers, morì in un’epidemia di vaiolo col marito e col figlio, lasciando la bambina orfana in età di quattro anni.

    Anche questa soffrì del medesimo morbo dei suoi genitori, ma guarì e fu curata dalle sue zie e dallo zio, uno dei capi della tribù degli Agniers o Mohawks, la quale cambiò insediamento tre volte durante l’infanzia e l’adolescenza di lei e finalmente si accampò nella località ove attualmente è il paese di Fonda.

    Dall’infanzia la Kateri ebbe un carattere dolce. Era gentile e docile, industriosa e portata alla virtù e al buon umore. Accudiva alle faccende di casa e mostrava molta abilità nei lavori manuali delle giovanette indiane.

    In principio, dato lo sfiguramento del viso e la sofferenza agli occhi causati dal vaiolo, cercò la reclusione nella propria capanna che poco a poco imparò ad amare perché le offriva il mezzo di evitare le riunioni oziose e i chiacchiericci delle coetanee, come pure le feste della tribù che sotto più di un aspetto avrebbero potuto offendere il suo innato pudore.

    Quando i suoi parenti cercarono con sotterfugi e con minacce di forzarla al matrimonio, ella rifiutò e resistette. Soffrì con pazienza il cattivo trattamento a cui fu sottoposta dai suoi familiari a causa della sua opposizione e finalmente li vinse con la sua docilità e dolcezza.

La Santa, che all’età di dieci anni aveva avuto qualche fugge­vole contatto con i missionari cattolici, desiderava il battesimo. Appena il missionario del suo villaggio, Padre Giacomo de Lamber­ville, l’ebbe vista, fu edificato dalla sua vita e dalla ottima testimo­nianza anche di coloro che detestavano la sua virtù. Perciò la preparò al battesimo, che le conferì solennemente nel giorno di Pasqua 1676, col nome di Kateri.

    Soprattutto dopo il battesimo la giovane pellerossa divenne un modello di pietà, carità, umiltà, dolcezza e delle altre virtù cristiane. Per la sua fede ebbe a soffrire il maltrattamento dei congiunti, i quali attribuivano alla pigrizia la sua osservanza del riposo domenicale; ma ella sopportò con dolcezza scherzi, invettive, minacce e false accuse di coloro, per i quali le sue virtù risultavano essere un rimprovero.

    Al fine di preservare la giovane neofita dalla corruzione degli indiani e di facilitarle il progresso nella virtù, P. Giacomo de Lamberville la inviò nella fervente colonia di indiani cristiani, conosciuta come Missione di S. Francesco Saverio, alla Prairie de la Madeleine, di fronte alla città di Montréal nel Canada.

    La giovane riuscì a sfuggire alla furia dello zio e poté compiere incolume il lungo e pericoloso viaggio alla Missione. I Missionari di San Francesco Saverio considerarono l’arrivo della Santa come di un’inviata da Dio per edificare tutti con la sua angelica vita.

    Nella nuova sede ebbe la fortuna di vivere sotto la protezione di una pia donna, la quale l’aiutò a coltivare la sua vita cristiana. Dal suo arrivo alla Missione fino alla sua morte ella cercò sempre il più perfetto ed il più gradito a Dio e si sforzò di fare tutto per Lui, senza egoismo e con la massima riconoscenza.

    Salvo un solo inverno, quando Kateri andò con gli altri del villaggio alla caccia per trovare nutrimento, ella passò tutto il suo tempo lavorando nella propria capanna, pregando e prendendo parte alle pie conversazioni in un oratorio della Croce presso il villaggio e nella chiesa. La sua pietà era così sicura che il suo direttore le permise di comunicarsi il primo Natale dopo il suo arrivo al Sault (1677), favore addirittura eccezionale poiché normalmente si usava provare a lungo i neofiti indiani prima di ammetterli al sacramento dell’eucarestia.

    Anche durante la stagione della caccia indiana la Kateri continuava i suoi esercizi di pietà.

    In questo periodo, falsamente accusata da un’altra donna di aver peccato col marito di lei, sopportò una tale accusa con tanta pazienza che anche i suoi accusatori e coloro che in principio la cre­devano colpevole si pentirono della loro colpa e riconobbero di averla calunniata. La sua virtù venne riconosciuta da tutti ed ella fu ricevuta, benché giovanissima, nella Associazione della Sacra Fami­glia alla quale erano ammessi solo i più ferventi e i più anziani tra gli Indiani.

    Per quanto riguarda la verginità, Kateri non volle cedere alle insistenze della sorella adottiva e di una certa Anastasia, che le aveva fatto da madre, le quali si sforzarono di farle abbracciare lo stato matrimoniale. Col consenso del direttore (Padre Cholenec S.J.), e, benché consigliata dal medesimo di considerare per tre giorni la questione del matrimonio, dichiarò dopo pochi minuti di aver rinunziato a questo al fine di avere Gesù Cristo per suo unico sposo.

    Nel prendere questa decisione sapeva di rischiare di vivere nella miseria, poiché una ragazza indiana dipendeva dal marito per la casa e per il suo sostentamento; ma ella era contenta di vivere povera per amore della verginità e di Nostro Signore.

    Il direttore spirituale, conoscendola a fondo, era tanto convinto della sua purezza, del suo amore per la verginità e della sua costanza che il 25 marzo 1679 le permise, dopo averle dato la santa Comunio­ne, di impegnarsi con voto di verginità perpetua, il primo atto di tal genere conosciuto tra gli Indiani del Nord America.

    Dopo essersi in questo modo donata al Signore, la Santa rifiutò l’occasione di andare con le compagne alla caccia durante l’inverno seguente, per restare vicina alla chiesa e ricevere i sacramenti, benché il direttore spirituale ritenesse necessario imporre un freno alla sua aspirazione a condurre una vita sempre più austera e mortificata.

    Nella sua ultima e dolorosissima malattia, diede una prova sublime della eroicità delle sue virtù ed in specie della sua fede, speranza, carità, umiltà, dolcezza, pazienza, rassegnazione e gioia nelle sofferenze.

    Era tenuta in tal concetto di santità che i Missionari credettero opportuno di portarle il santo Viatico nella sua capanna invece di trasportarla, come si usava, alla chiesa per la sua ultima comunione. Kateri con grande pietà ricevette gli ultimi sacramenti.

    Le parole che chiusero la sua vita furono «Gesù, ti amo». Ebbe conoscenza e lucidità mentale fino alla morte, mostrando di capire le pie aspirazioni che le erano suggerite. Si addormentò dolcemente nel Signore alle tre pomeridiane del 17 aprile 1680, mercoledì della Settimana Santa, all’età di appena 24 anni.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

    La fama di santità di Kateri Tekakwitha era già una realtà al momento della sua morte ed in seguito si diffuse rapidamente non solo fra i membri delle tribù indiane del Nord America, ma anche fra i cristiani sia del Canada che degli Stati Uniti, come pure di quelli dell’Europa dove venne propagata la conoscenza di questa giovane vergine indiana. Essa si mantenne viva attraverso i secoli e, con l’andare del tempo, si accrebbe ovunque.

 

a) In vista della beatificazione

 

    Negli anni 1931-1932 fu istruito il Processo Ordinario Infor­mativo sulla fama di santità, sulle virtù in genere e sui miracoli della Serva di Dio, come pure il Processo sul “non culto”.

    La Sessione dei Consultori storici ebbe luogo nel mese di giugno del 1938.

    Il 15 maggio del 1939 venne firmato il Decreto sulla Introduzione della Causa.

    Il 19 luglio 1939 venne emesso il Decreto di dispensa dal Pro­cesso Apostolico sulla fama di santità.

    La Posizione sulle virtù venne redatta nel 1940 ed il 26 novembre 1940 ebbe luogo la Congregazione Antepreparatoria, a cui fecero seguito la Congregazione Preparatoria il 10 novembre 1941 e la Congregazione Generale sulle virtù il 9 giugno 1942,

    Il Decreto sulle virtù fu emesso il 3 gennaio 1943.

    Negli anni 1942 e 1945 si svolsero due Processi su presunti miracoli, rispettivamente nelle Diocesi di Hamilton (Canada), e Marquette (USA). In seguito furono compiuti tutti i passi necessari fino al Decreto di validità ed ai Giudizi Medico-Legali: dopo di che non vi furono altri atti.

    Il 25 maggio 1973 il Postulatore consegnò al Prefetto della Congregazione, una Relazione nella quale avanzava la proposta di procedere alla beatificazione di Kateri Tekakwitha sul fonda­mento degli antichi miracoli.

    Il 23 agosto 1973, Papa Paolo VI diede disposizione che la questione venisse sottoposta al giudizio dei Cardinali e, ottenuto parere favorevole, il 19 dicembre 1977 manifestò l’intenzione di procedere alla beatificazione con la dispensa dai due miracoli, sul fondamento di una solida e provata esistenza della “fama miracu­lorum”, trattandosi di una figura rilevante delle origini della Chiesa dell’America del Nord.

    Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, il 15 marzo 1980, concesse quindi la dispensa della prova specifica dei miracoli e, dimostrata l’ampia e documentata “fama dei miracoli”, celebrò il rito di beatificazione in San Pietro il 22 giugno 1980.

 

b) In vista della canonizzazione

 

    Nella primavera del 2007 vennero trasmessi al Postulatore della Causa alcuni documenti riguardanti un caso straordinario di guarigione del bambino Jacob Finkbonner da “fascite necrotizzante facciale” verifìcatosi a Seattle (USA) ed attribuita alla intercessione della Beata Kateri Tekakwitha.

    Fu presa la decisione di chiedere all’Arcivescovo di Seattle di svolgere una Inchiesta Diocesana sul presunto miracolo.

    Nel frattempo l’Arcivescovo, di sua iniziativa, aveva lodevol­mente provveduto ad ottenere tutti i documenti medici riferentisi al caso, aveva preso contatto con 4 Medici specialisti, membri della “Craniofacial Surgical Team” del “Children’s Hospital” di Seattle ed aveva chiesto loro di fornirgli tutte le dovute informazioni sul caso. Dal settembre 2007 al maggio 2008 si istruì l’Inchiesta Diocesana sul presunto miracolo nella Curia di Seattle.

    Ad essa fece seguito una Inchiesta Suppletiva che si svolse dal 28 agosto 2008 al 26 giugno 2009.

    La Congregazione delle Cause dei Santi riconobbe la loro validità giuridica con decreto del 12 febbraio 2010.

    La Consulta Medica, riunitasi il 15 settembre 2011, si pro­nunciò all’unanimità sulla “scientificamente inspiegabile” guarigione del bambino Jacob Finkbonner.

    Il Congresso dei Teologi, riunitosi il giorno 8 novembre 2011, ha riconosciuto che l’inspiegabile guarigione è da attribuirsi ad un intervento divino tramite l’intercessione della Beata Kateri Tekakwitha come conseguenza dell’invocazione da parte dei fedeli.

    I Cardinali e Vescovi, nella Sessione Ordinaria del 13 dicembre 2011, hanno giudicato il caso in oggetto come un vero miracolo, attribuito all’intercessione della Beata.

    Il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha autorizzato la Congre­gazione delle Cause dei Santi a promulgare il relativo decretum super miraculo.

CAPPELLA PAPALE
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI:

GIACOMO BERTHIEU
PEDRO CALUNGSOD
GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA
MARIA DEL MONTE CARMELO SALLÉS Y BARANGUERAS
MARIANNA COPE
CATERINA TEKAKWITHA
ANNA SCHÄFFER

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro
Domenica, 21 ottobre 2012

 

 

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cfr Mc 10,45).

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

Oggi la Chiesa ascolta ancora una volta queste parole di Gesù, pronunciate durante il cammino verso Gerusalemme, dove si doveva compiere il suo mistero di passione, morte e risurrezione. Sono parole che contengono il senso della missione di Cristo sulla terra, segnata dalla sua immolazione, dalla sua donazione totale. In questa terza domenica di ottobre, nella quale si celebra la Giornata Missionaria Mondiale, la Chiesa le ascolta con particolare intensità e ravviva la consapevolezza di essere tutta intera in perenne stato di servizio all’uomo e al Vangelo, come Colui che ha offerto se stesso fino al sacrificio della vita.

Rivolgo il mio saluto cordiale a tutti voi, che riempite Piazza San Pietro, in particolare le Delegazioni ufficiali e i pellegrini venuti per festeggiare i sette nuovi Santi. Saluto con affetto i Cardinali e i Vescovi che in questi giorni stanno partecipando all’Assemblea sinodale sulla Nuova Evangelizzazione. E’ felice la coincidenza tra questa Assise e la Giornata Missionaria; e la Parola di Dio che abbiamo ascoltato risulta illuminante per entrambe. Essa mostra lo stile dell’evangelizzatore, chiamato a testimoniare ed annunciare il messaggio cristiano conformandosi a Gesù Cristo, seguendo la sua stessa vita. Questo vale sia per la missione ad gentes, sia per la nuova evangelizzazione nelle regioni di antica cristianità.

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cfr Mc 10, 45).

Queste parole hanno costituito il programma di vita dei sette Beati che oggi la Chiesa iscrive solennemente nella gloriosa schiera dei Santi. Con eroico coraggio essi hanno speso la loro esistenza nella totale consacrazione a Dio e nel generoso servizio ai fratelli. Sono figli e figlie della Chiesa, che hanno scelto la vita del servizio seguendo il Signore. La santità nella Chiesa ha sempre la sua sorgente nel mistero della Redenzione, che viene prefigurato dal profeta Isaia nella prima Lettura: il Servo del Signore è il Giusto che «giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità» (Is 53,11); questo Servo è Gesù Cristo, crocifisso, risorto e vivo nella gloria. L’odierna canonizzazione costituisce un’eloquente conferma di tale misteriosa realtà salvifica. La tenace professione di fede di questi sette generosi discepoli di Cristo, la loro conformazione al Figlio dell’Uomo risplende oggi in tutta la Chiesa.

Jacques Berthieu, né en 1838, en France, fut très tôt passionné de Jésus-Christ. Durant son ministère de paroisse, il eut le désir ardent de sauver les âmes. Devenu jésuite, il voulait parcourir le monde pour la gloire de Dieu. Pasteur infatigable dans l’île Sainte Marie puis à Madagascar, il lutta contre l’injustice, tout en soulageant les pauvres et les malades. Les Malgaches le considéraient comme un prêtre venu du ciel, disant : Vous êtes notre ‘père et mère’ ! Il se fit tout à tous, puisant dans la prière et dans l’amour du Cœur de Jésus la force humaine et sacerdotale d’aller jusqu’au martyre en 1896. Il mourut en disant : ‘Je préfère mourir plutôt que renoncer à ma foi’. Chers amis, que la vie de cet évangélisateur soit un encouragement et un modèle pour les prêtres, afin qu’ils soient des hommes de Dieu comme lui ! Que son exemple aide les nombreux chrétiens persécutés aujourd’hui à cause de leur foi ! Puisse en cette Année de la foi, son intercession porter des fruits pour Madagascar et le continent africain ! Que Dieu bénisse le peuple malgache !

[Jacques Berthieu, nato nel 1838, in Francia, fu ben presto conquistato da Gesù Cristo. Durante il suo ministero in parrocchia, ebbe il desiderio ardente di salvare le anime. Diventato gesuita, voleva percorrere il mondo per la gloria di Dio. Pastore infaticabile nell’Isola Santa Maria e poi nel Madagascar, lottò contro l’ingiustizia, mentre recava sollievo ai poveri e ai malati. I Malgasci lo consideravano come un sacerdote venuto dal cielo, dicendo: Lei è il nostro ‘padre e madre’! Si fece tutto a tutti, attingendo nella preghiera e nell’amore del Cuore di Gesù la forza umana e sacerdotale di giungere fino al martirio nel 1896. Morì dicendo: «Preferisco morire piuttosto che rinunciare alla mia fede». Cari amici, la vita di questo evangelizzatore sia un incoraggiamento e un modello per i sacerdoti, affinché siano uomini di Dio come lui! Il suo esempio aiuti i numerosi cristiani oggi perseguitati a causa della fede! Possa la sua intercessione, in questo Anno della fede, portare frutti per il Madagascar e il continente africano! Dio benedica il popolo malgascio!]

Pedro Calungsod was born around the year 1654, in the Visayas region of the Philippines. His love for Christ inspired him to train as a catechist with the Jesuit missionaries there. In 1668, along with other young catechists, he accompanied Father Diego Luis de San Vitores to the Marianas Islands in order to evangelize the Chamorro people. Life there was hard and the missionaries faced persecution arising from envy and slander. Pedro, however, displayed deep faith and charity and continued to catechize his many converts, giving witness to Christ by a life of purity and dedication to the Gospel. Uppermost was his desire to win souls for Christ, and this made him resolute in accepting martyrdom. He died on 2 April 1672. Witnesses record that Pedro could have fled for safety but chose to stay at Father Diego’s side. The priest was able to give Pedro absolution before he himself was killed. May the example and courageous witness of Pedro Calungsod inspire the dear people of the Philippines to announce the Kingdom bravely and to win souls for God!

[Pedro Calungsod nacque intorno al 1654, nella regione di Visayas nelle Filippine. Il suo amore per Cristo lo spinse a prepararsi per diventare catechista con i missionari Gesuiti di quel luogo. Nel 1668, assieme ad altri giovani catechisti, accompagnò il P. Diego Luis de San Vitores alle Isole Marianas per evangelizzare il popolo Chamorro. La vita là era dura e i missionari soffrirono persecuzioni a causa di invidie e calunnie. Pedro, però, dimostrò fede e carità profonde e continuò a catechizzare i molti convertiti, dando testimonianza a Cristo mediante una vita di purezza e di dedizione al Vangelo. Molto intenso era il suo desiderio di guadagnare anime a Cristo, e ciò lo rese risoluto nell’accettare il martirio. Morì il 2 aprile 1672. Testimoni raccontano che Pedro avrebbe potuto mettersi in salvo ma scelse di rimanere al fianco di P. Diego. Il sacerdote ebbe modo di dare l’assoluzione a Pedro prima di essere lui stesso ucciso. Possano l’esempio e la coraggiosa testimonianza di Pedro Calungsod ispirare le care popolazioni delle Filippine ad annunciare il Regno di Dio con forza e guadagnare anime a Dio!]

Giovanni Battista Piamarta, sacerdote della diocesi di Brescia, fu un grande apostolo della carità e della gioventù. Avvertiva l’esigenza di una presenza culturale e sociale del cattolicesimo nel mondo moderno, pertanto si dedicò all’elevazione cristiana, morale e professionale delle nuove generazioni con la sua illuminata carica di umanità e di bontà. Animato da fiducia incrollabile nella Divina Provvidenza e da profondo spirito di sacrificio, affrontò difficoltà e fatiche per dare vita a diverse opere apostoliche, tra le quali: l’Istituto degli Artigianelli, l’Editrice Queriniana, la Congregazione maschile della Santa Famiglia di Nazareth e la Congregazione delle Umili Serve del Signore. Il segreto della sua intensa ed operosa vita sta nelle lunghe ore che egli dedicava alla preghiera. Quando era oberato di lavoro, aumentava il tempo per l’incontro, cuore a cuore, con il Signore. Preferiva le soste davanti al santissimo Sacramento, meditando la passione, morte e risurrezione di Cristo, per attingere forza spirituale e ripartire alla conquista del cuore della gente, specie dei giovani, per ricondurli alle sorgenti della vita con sempre nuove iniziative pastorali.

«Que tu misericordia, Señor, venga sobre nosotros como lo esperamos de ti». Con estas palabras, la liturgia nos invita a hacer nuestro este himno al Dios creador y providente, aceptando su plan en nuestras vidas. Así lo hizo Santa María del Carmelo Sallés y Barangueras, religiosa nacida en Vic, España, en mil ochocientos cuarenta y ocho. Ella, viendo colmada su esperanza, después de muchos avatares, al contemplar el progreso de la Congregación de Religiosas Concepcionistas Misioneras de la Enseñanza, que había fundado en mil ochocientos noventa y dos, pudo cantar junto a la Madre de Dios: «Su misericordia llega a sus fieles de generación en generación». Su obra educativa, confiada a la Virgen Inmaculada, sigue dando abundantes frutos entre la juventud a través de la entrega generosa de sus hijas, que como ella se encomiendan al Dios que todo lo puede.

[«Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo». Con queste parole, la liturgia ci invita a fare nostro questo inno a Dio creatore e provvidente, accettando il suo progetto nella nostra vita. Così fece santa Maria del Carmelo Sallés y Barangueras, religiosa nata a Vic, in Spagna, nel 1848. Ella, vedendo realizzata la sua speranza, dopo molte vicissitudini, contemplando lo sviluppo della Congregazione delle Religiose Concezioniste Missionarie dell’Insegnamento, che aveva fondato nel 1892, poté cantare insieme con la Madre di Dio: «Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono». La sua opera educativa, affidata alla Vergine Immacolata, continua a portare frutti abbondanti in mezzo alla gioventù mediante l’impegno generoso delle sue figlie, che come lei si pongono nelle mani del Dio che tutto può.]

I now turn to Marianne Cope, born in 1838 in Heppenheim, Germany. Only one year old when taken to the United States, in 1862 she entered the Third Order Regular of Saint Francis at Syracuse, New York. Later, as Superior General of her congregation, Mother Marianne willingly embraced a call to care for the lepers of Hawaii after many others had refused. She personally went, with six of her fellow sisters, to manage a hospital on Oahu, later founding Malulani Hospital on Maui and opening a home for girls whose parents were lepers. Five years after that she accepted the invitation to open a home for women and girls on the island of Molokai itself, bravely going there herself and effectively ending her contact with the outside world. There she looked after Father Damien, already famous for his heroic work among the lepers, nursed him as he died and took over his work among male lepers. At a time when little could be done for those suffering from this terrible disease, Marianne Cope showed the highest love, courage and enthusiasm. She is a shining and energetic example of the best of the tradition of Catholic nursing sisters and of the spirit of her beloved Saint Francis.

[Rivolgo ora lo sguardo a Marianne Cope, nata nel 1838 ad Heppenheim, in Germania. Quando aveva un anno soltanto fu portata negli Stati Uniti, e nel 1862 entrò nel Terz’Ordine Regolare di san Francesco a Syracuse, New York. In seguito, come Superiora Generale della sua Congregazione, Madre Marianne accolse di sua volontà una chiamata a prendersi cura dei lebbrosi delle Hawaii, dopo che molti altri avevano rifiutato. Si recò là con sei consorelle, per gestire un ospedale a Oahu e successivamente fondare l’ospedale Malulani a Maui ed aprire una casa per ragazze i cui genitori erano lebbrosi. Dopo cinque anni, accettò l’invito ad aprire una casa per donne e ragazze nella stessa isola di Molokai, coraggiosamente andandovi lei stessa ed in pratica terminando il proprio contatto con il mondo esterno. Là si prese cura di padre Damiano, già famoso per la sua eroica attività fra i lebbrosi, curandolo sino alla morte e prendendone il posto fra i lebbrosi maschi. Quando ancora si poteva fare poco per quanti soffrivano di questa terribile malattia, Marianne Cope dimostrò l’amore, il coraggio e l’entusiasmo più alti. Ella è un luminoso e forte esempio della migliore tradizione cattolica nell’accudire alle sorelle e dello spirito del suo amato san Francesco.]

Kateri Tekakwitha was born in today’s New York state in 1656 to a Mohawk father and a Christian Algonquin mother who gave to her a sense of the living God. She was baptized at twenty years of age and, to escape persecution, she took refuge in Saint Francis Xavier Mission near Montreal. There she worked, faithful to the traditions of her people, although renouncing their religious convictions until her death at the age of twenty-four. Leading a simple life, Kateri remained faithful to her love for Jesus, to prayer and to daily Mass. Her greatest wish was to know and to do what pleased God.

[Kateri Tekakwitha nacque nell’odierno stato di New York nel 1656 da padre Mohawk e da madre cristiana algonchina, che le trasmise il senso del Dio vivente. Fu battezzata all’età di vent’anni e, per fuggire dalle persecuzioni, si rifugiò nella missione di san Francesco Saverio vicino a Montreal. Là lavorò, fedele alle tradizioni del suo popolo - anche se rinunciò alle convinzioni religiose della sua gente - sino alla morte all’età di 24 anni. Vivendo un’esistenza semplice, Kateri rimase fedele al suo amore per Gesù, alla preghiera e alla Messa quotidiana. Il suo più grande desiderio era conoscere Dio e fare ciò che a Lui piace.]

Kateri nous impressionne par l’action de la grâce dans sa vie en l’absence de soutiens extérieurs, et par son courage dans sa vocation si particulière dans sa culture. En elle, foi et culture s’enrichissent mutuellement ! Que son exemple nous aide à vivre là où nous sommes, sans renier qui nous sommes, en aimant Jésus ! Sainte Kateri, protectrice du Canada et première sainte amérindienne, nous te confions le renouveau de la foi dans les premières nations et dans toute l’Amérique du Nord ! Que Dieu bénisse les premières nations !

[Kateri ci impressiona per l’azione della grazia nella sua vita in assenza di sostegni esterni, e per il coraggio nella vocazione tanto particolare nella sua cultura. In lei, fede e cultura si arricchiscono a vicenda! Il suo esempio ci aiuti a vivere là dove siamo, senza rinnegare ciò che siamo, amando Gesù! Santa Kateri, patrona del Canada e prima santa amerinda, noi ti affidiamo il rinnovamento della fede nelle prime nazioni e in tutta l’America del Nord! Dio benedica le prime nazioni!]

Anna Schäffer aus Mindelstetten wollte als Jugendliche in einen Missionsorden eintreten. Da sie aus einfachen Verhältnissen stammte, versuchte sie die nötige Aussteuer für die Aufnahme ins Kloster als Dienstmagd zu verdienen. In dieser Stellung erlitt sie einen schweren Unfall mit unheilbaren Verbrennungen an den Beinen, der sie für ihr ganzes weiteres Leben ans Bett fesselte. So wurde ihr das Krankenlager zur Klosterzelle und das Leiden zum Missionsdienst. Sie haderte zunächst mit ihrem Schicksal, verstand ihre Situation dann aber als einen liebevollen Ruf des Gekreuzigten in seine Nachfolge. Gestärkt durch die tägliche Kommunion wurde sie zu einer unermüdlichen Fürsprecherin im Gebet und zu einem Spiegel der Liebe Gottes für viele Ratsuchende. Ihr Apostolat des Betens und des Leidens, des Opferns und des Sühnens sei den Gläubigen in ihrer Heimat ein leuchtendes Vorbild, ihre Fürbitte stärke die christliche Hospizbewegung in ihrem segensreichen Wirken.

[Anna Schäffer di Mindelstetten, da giovane, voleva entrare a far parte di un Ordine religioso missionario. Essendo di modesta provenienza, cercò di guadagnare come domestica la dote necessaria per essere accolta in convento. In questo lavoro ebbe un grave incidente con ustioni inguaribili alle gambe, che la costrinsero al letto per tutta la vita. Così, il letto di dolore diventò per lei cella conventuale e la sofferenza costituì il suo servizio missionario. Inizialmente si lamentava della propria sorte, ma poi giunse a interpretare la sua situazione come una chiamata amorevole del Crocifisso a seguirLo. Confortata dalla Comunione quotidiana, ella diventò un’instancabile strumento di intercessione nella preghiera e un riflesso dell’amore di Dio per molte persone che cercavano il suo consiglio. Possa il suo apostolato di preghiera e di sofferenza, di sacrificio e di espiazione costituire un esempio luminoso per i fedeli nella sua Patria, e la sua intercessione rafforzi il movimento cristiano di hospice [centri di cure palliative per malati terminali] nel loro benefico servizio.]

Cari fratelli e sorelle! Questi nuovi Santi, diversi per origine, lingua, nazione e condizione sociale, sono uniti con l’intero Popolo di Dio nel mistero di salvezza di Cristo, il Redentore. Insieme a loro, anche noi qui riuniti con i Padri sinodali venuti da ogni parte del mondo, con le parole del Salmo proclamiamo al Signore che «egli è nostro aiuto e nostro scudo», e lo invochiamo: «Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo» (Sal 32,20-22). Possa la testimonianza dei nuovi Santi, della loro vita generosamente offerta per amore di Cristo, parlare oggi a tutta la Chiesa, e la loro intercessione possa rafforzarla e sostenerla nella sua missione di annunciare il Vangelo al mondo intero.

 

 

LITTERAE  APOSTOLICAE

de peracta beatificatione

 

IOANNES  PAULUS  PP.  II

ad perpetuam rei memoriam

 

    Adoranda Christi verba: «Euntes in mundum universum, praedicate Evangelium omni creaturae» (Marc. 16, 15), id luculenter produnt praedicationem Evangelii non esse solum unum de muneribus Ecclesiae praecipuis, sed ad eius essentiam pertinere; ut ne concipi quidem possit Ecclesia, quae ab incepto propagandae religionis abstineat. Nimirum illatum populis verbum Dei, primum eo tendit, ut fidem adstruat in pectoribus, excitatam alat ad salutem. Verbum illud tamen tam dives est donorum, ut semper terrestrem etiam hominis condicionem honestiorem faciat. Amplissima enim humanae dignitatis opinio, qua creditur homo Dei Filius hominum­que omnium frater, et consectaria quae ex ea notione manant, ut est obsequium erga personam humanam, ius cuiusque ad libertatem, ad opus cotidianum, et similia, quae semper Ecclesia insaevit animis, praecepit, tuita est, ac quasi tributum insigne hominum Societati dono dedit, non possunt in bonum illorum non redundare. Ceterum vita, praedicatio, labores eorum quos Beatorum titulo hodie decora­vimus, hoc omnino confirmant: Ecclesiam, cum hominem adit per praedicationem Evangelii, totum hominem afficere, cuius integram salutem operari, praesentis videlicet ac futurae vitae. Horum autem Venerabilium Dei Servorum persequi casus, etsi breviter, gaudium erit ac certa possessio. Nam non solum meditata illorum vita ad prae­stantiorem virtutem movebit, sed etiam tali hominum nos devinciet amore, ut facile eorum necessitates subeamus, scilicet Dei creatura­rum, et fratrum in fide, et una nobiscum ad aeterna viatorum. Primus autem huius gloriosae cohortis athleta est Venerabilis Dei famulus Iosephus de Anchieta, die undevicesima mensis Martii, anno MDXXXIV natus in urbe S. Christophoro de Laguna, in Insulis Canariis. Qui admodum iuvenis, virginitatem suam voto Deo dedicavit, atque totum se tradidit Virgini Mariae tenerrimo affectu, quam serius etiam Latine condito poemate celebravit. Anno vero MDLI Societatem Iesu ingressus est; atque duos post annos Brasiliam petiit sacris missionibus addictus. Ibi autem et sacerdotio initiatus est, anno MDLXVI, et nonnullas religiosas domus sancte rexit, donec Moderator Provincialis universae missionis Brasilianae suae Societatis factus est. Meritorum plenus diem supremum Reritibae obiit, in Brasilia, anno MDXCVII; quam urbem hodie in eius honorem «Anchieta» cognominant. Opus autem eius in universum conside­rantibus, manifesto patet illum summo studio Christum praedicasse tum vivo verbo, tum exemplo virtutis. Sane praeterquam quod de aeterna hominum salute, de humana Indigenarum dignitate prove­henda maximam curam adhibuit, in quos potissimum operam contulisset. Horum vitae, linguae, institutorum studiosus acerrimus, id annisus est, ut Evangelium in indigetem oleastrum insereret. Grammaticam etiam illius linguae scripsit, item et catechismum in christianorum usum. Ceterum, tanta eius fama, ut «Apostolus Brasiliae» diceretur, eiusque memoria tot per saecula in benedictione fuerit. Secundus in hoc Venerabilium grege est Petrus a S. Iosepho Betancur, qui est in has luminis oras exortus die primo et vicesimo mensis Martii, anno MDCXXVI, in urbe Vilaflor de Tenerife, item in Insulis Canariis. Eum parentes, pastores quidem et agricultores, sed divites fidei, pie sancteque educarunt. Quo opulentus patrimonio, viginti tres annos natus, Guatimalam petiit Christum nuntiaturus: ubi et graviter aegrotavit, et quasi per prodigium convaluit. Interim autem miseriam pauperum penitus cognovit, eorumque condicioni mederi studuit. Divino vero motus instinctu, voluit paupertatem beati Francisci Asisinatis imitari, atque proximo servire. Idcirco Tertiarius (ut dicebant) Franciscalis factus est, coenobium S. Francisci ingres­sus, quod erat in Antiqua Guatimala situm; atque ibi quod optaverat expertus est vir ille beatus: nam et vixit rerum omnium egenus, et proximi necessitatibus omni ope consuluit: qui et collectos pueros docuit, et pauperes aegrotantesque invisit, et scholam, oratorium, va­letudinarium struxit, et domicilium sacerdotibus peregrinis excipien­dis, et hospitium iuvenibus adiuvandis qui Studiorum Universitatem frequentabant, aperuit. Hac in re eo processit, ut valetudinarium pro convalescentibus incoharet, rem, ut iis temporibus, omnino inaudi­tam. Id autem summopere curavit ut Christi doctrina animos imbueret, atque eo genere atque ratione, quae vias nostras anteveniret. Condidit praeterea duas Sodalitates Religiosorum, virorum unam, alteram mulierum, quas Bethlehemitarum cognomi­nant, sub protectione dulcissimi Pueri Iesu, eo nempe consilio, ut sua ipsius vestigia sequentes inceptum a se opus illi perpetuarent. Vita excessit annum unum et quadragesimum agens, die quinto et vicesimo mensis Aprilis, anno MDCLXVII; cui praeclarum cognomen inditum est «Mater Guatimalae». Tertia est nobis Venerabilis Dei famula Maria ab Incarnatione sermone commemoranda. Cuius sane prorsus singulare fuit, quod per omnem vitam contemplationem cum actione coniunxerit. Admirabilis haec mulier est in lucem suscepta Caesaroduni, in Gallia, die duo de tricesimo mensis Octobris, anno MDXCIX, a parentibus industriae deditis; atque ad Dei praecepta educata est. Iuxta morem, tam mature nupsit, ut duodevicesimum annum agens iam mater esset. Sed heu! vicesimo aetatis anno, est viri morte viduata. Atque ex eo id unum cordi habuit, ut domum bene regeret ac filiolum pie informaret. Sed urgebat Deus ancillam suam ut vitam religiosam caperet; qua re, filio, vix atque adolevit, amicis optimis tradito, ad Ursulinarum familiam Turonensem tamquam in portum se recepit, ut puella optaverat. Votis autem anno MDCXXXIII nuncupatis, anno MDCXXXIX Canadensem terram petiit, in mulieri­bus Gallis, quotquot ad evangelizandum patria cesserunt, omnium prima. In urbe vero Québec sede collocata, atque coenobio Ursulina­rum condito, ibi fere semper degit. Singularis sane domus: in qua et orabat assidue, et meditabatur attente divinas veritates, et virtutes colebat more Sanctorum; in qua praeterea Missionarii consilia salutis, Indigenae doctrinam vitae, honestam disciplinam, atque interdum necessaria alimenta hauriebant! Ceterum, ut erat culta, tum lexica scripsit, tum catechismos linguis illorum populorum; atque SS. Trinitatis afflatu multa composuit, quorum haec sunt praecipua: Epistulae, Relationes spiritales, Brevis expositio Cantici canticorum, Schola sancta. Quorum scriptorum tanta est altitudo doctrinae et ardor pietatis, ut altera Teresia Abulensis habita sit. Tandem die tricesima mensis Aprilis, anno MDCLXXII, morte lumina clausit in Domino, cognomen adepta «Matris Canadensis Ecclesiae catho­licae». Est in hoc Beatorum agmine etiam Venerabilis Franciscus de Montmorency-Laval, natus in ea Galliae urbe, quam ibi loci cognominant Montigny-sur-Avre, die tricesimo mensis Aprilis, anno MDCXXIII. Res Graecas et Romanas apud Sodales Societatis Iesu didicit in urbe La Flèche, sacram vero Theologiam Lutetiae Parisiorum. Sacerdotio auctus anno MDCXLVII; anno MDCLVIII creatus est primus Vicarius Apostolicus Canadensis, in eamque orbis plagam se contulit. Cum vero anno MDCLXXIV Sedes episcopalis Quebecensis condita esset, Franciscus factus est primus illius Episcopus, dioecesis nempe tunc temporis ad Sinum usque Mexicanum se protendentis. In eo autem munere seriem inmensam laborum summa ille patientia ac tolerantia subiit fortiterque sustinuit. Providus futuri, Seminarium Quebecense condidit, quod nunc Studiorum Universitatem a Laval appellant: opus sane egregium atque omnium sacerdotum fere domicilium; ex quo non modo Missionarii scribebantur, quasi Christi milites, sed illuc, ut in communem domum, coibant quotquot pietatem, scientiam, virtutem sitiebant. Cor autem illius pulsans fuisse Franciscum docet historia. Ad quem quod attinet, tenendum ita eum de Christo praedicasse, ut Indigenarum vitam, cultum, instituta propria summopere tueretur, maxime ab Europaeorum insidiis. Fuit itaque ille in Canadia qui S. Augustinus fuerat in Britannia, S. Bonifatius in Germania, Cyrillus ac Methodius in populis Slavicis. Tandem abdicata dioecesi tardae aetatis annos in Seminario degit quod ipse condiderat, omnibus exemplo atque consilio perutilis. Ibi autem mortale suum curriculum confecit anno MDCCVIII, ut annis, sic etiam meritis dives. Superest una Catharina Tekakwitha iis annumeranda quos hodie beatos ediximus. Haec autem Indis orta parentibus, ethnico altero, altera catholica imbuta fide, hanc vitam ingressa est anno MDCLVI, in Statu, ut dicunt, Neo-Eboracensi, ad urbem Auriesville. Patreque matreque vero una cum eius fratre mature amissis, Catharina, et ipsa pustula deformata maligna, patrui tecto accepta est, qui tribus, cui nomen Mohawks, princeps erat. Christiana ergo religione erudita, anno MDCLXXVI a Iacobo de Lamberville, Sodali Societatis Iesu, baptizata est, omniumque virtutum exemplar evasit, maxime casti­tatis. Sed ob hoc ipsum, quasi iniquum esset, in summum discri­men venit etiam a suis. Qua re, consilium Sodalium Societatis Iesu secuta, Indos petiit missionis a S. Francisco Xaverio, qui Pratum S. Magdalenae incolebant (hodie dicunt Montréal), ubi tranquille degit. Sed heu! brevi hinc ad sempiternam lucem excessit, die decimo septimo mensis Aprilis, anno MDCLXXX, viginti quattuor annos nata, primus Indorum flos; ab omnibusque est sancta vocata. Horum autem Dei Servorum fama, quae viventium late manaverat, mortuorum etiam perpetuo tenuit. Atque, tametsi serius, est publicum de illa iudicium Ecclesiae petitum. Qua re Processus ad uniuscuius­que illorum, diversis quidem temporibus et locis, Beatificationem insti­tu­ti sunt, atque felici exitu absoluti, sive ordinarii sive apostolici; post quos, virtutes eorum sunt sollemni iudicio probatae: Venerabilis Iosephi de Anchieta, anno MDCCXXXVI; Petri a S. Iosepho Betancur, anno MDCCLXXI; Mariae ab Incarnatione, anno MDCCCCXI; Cathari­nae Tekakwitha, anno MDCCCCXLIII; Francisci de Montmorency-Laval, anno MDCCCCLX. Post haec actum de miraculis, quae Ius Canonicum (c. 2117) requirit ad Beatificationem. Cum autem ob temporum, locorum, personarum distantiam iam difficile esset proposita miracula ad medicae artis severitatem probare, ut sacri canones poscunt, et tamen illorum prodigiorum fama solida esset, sanctitas insignis, momentum pastorale magnum propter bona quae, si beati dicerentur, manare possent per nationes, in quibus Venera­biles illi aut nati, aut operati essent, maxime propinquante anno Sancto MDCCCCLXXV, subiit cogitatio an, singulari quidem via et ratione, miracula in causa supersederi possent. Huc autem spectabant supplices Litterae tum Conferentiae episcopalis Canadensis, ad Catharinam Tekakwitha quod attinet (a. MDCCCCLXXIII), tum Conferentiae episcopalis Brasilianae, Guatima­lensis, Canadensis atque Civitatum Foederatarum Americae Septemtrionalis, quod ad ceteros pertinet (a. MDCCCCLXXVII). Est autem hoc negotium a Paulo VI et Ioanne Paulo I, Decessoribus Nostris, quibus et Nos accessimus, Plenario Coetui Sacrae Congrega­tionis pro Causis Sanctorum permissum; qui die vicesimo mensis Ianuarii, hoc anno, omnibus attente consideratis, in eam sententiam ivit, in quam petitores. Qua Nos nisi opinione, die decimo quinto Martii item hoc anno, concessimus ut, unice in populi christiani bonum, atque singulari prorsus ratione, lex miraculorum in casu intermitteretur. Ad sollemnem autem Beatificationem hanc diem statuimus, vicesimam secundam Iunii, anno MDCCCCLXXX. In qua sane, cum magna Patrum Cardinalium, Episcoporum, cleri atque populi multitudo, maxime ex iis nationibus, quas supra memora­vimus, in templum S. Petri, Romae, convenisset, Nos inter Sacrum stata Beatificationis verba protulimus, quae sunt: «Nos, vota Fratrum Nostrorum Avelari Brandão Vilela, Archiepiscopi S. Salvatoris in Brasilia, Marii Casariego, Archiepiscopi Guatimalensis, Mauritii Roy, Archiepi­scopi Quebecensis, Pauli Grégoire, Archiepiscopi Ma­rianopolitani, Howard J. Hubbard, Episcopi Albanensis in America, nec non plurium aliorum Fratrum in Episcopatu multorumque chri­stifidelium explentes, de Sacrae Congregationis pro Causis Sancto­rum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus, ut Venerabiles Servi Dei Iosephus de Anchieta, Petrus a S. Iosepho Betancur, Maria ab Incarnatione, Franciscus de Montmorency-Laval, Catharina Tekakwitha, Beatorum nomine in posterum appellentur, eorumque festum die ipsorum natali: Beati Iosephi de Anchieta die nona Iunii, Beati Petri a S. Iosepho Betancur die vigesima quinta Aprilis, Beatae Mariae ab Incarnatione die trigesima Aprilis, Beati Francisci de Montmorency-Laval die sexta Maii, Beatae Catharinae Tekakwitha die decima septima Aprilis, in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti». Sermone praeterea de uniuscuiusque illorum virtutibus habi­to, primi eos venerati sumus, atque illorum protectionem invocavimus.

    Quae vero per has Litteras iussimus perpetuo rata habeantur, contrariis nihil impedientibus.

    Datum Romae, apud S. Petrum, sub anulo Piscatoris, die XXII mensis Iunii, anno MDCCCCLXXX, Pontificatus Nostri secundo.

 

 

De mandato Summi Pontificis

+ Augustinus Card. Casaroli

a  publicis  Ecclesiae  negotiis

 

Loco + Sigilli

In Secret. Status tab., n. 45492.

SANTA MESSA PER LA PROCLAMAZIONE DI CINQUE NUOVI BEATI

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

San Pietro, 22 giugno 1980

 

“Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia!” (Sal 135 [136], 1).

1. Questo esaltante invito del salmista ad unirci tutti nella glorificazione di Dio, per la sua infinita bontà e misericordia, oggi la Chiesa tutta lo accoglie, colma di traboccante letizia perché può inchinarsi a venerare cinque suoi figli innalzati agli onori degli altari mediante la beatificazione e, nello stesso tempo, può presentarli alla imitazione dei fedeli ed alla ammirazione del mondo: essi sono un gesuita, “apostolo del Brasile“, Giuseppe De Anchieta; una mistica missionaria, Maria Dell’Incarnazione (Guyart); un terziario francescano fondatore della congregazione betlemita, Pietro De Betancur; un Vescovo, Francesco De Montmorency-Laval; e una giovane vergine pellerossa, Caterina Tekakwitha.

In essi Dio ha profuso la sua bontà e la sua misericordia, arricchendoli della sua grazia; li ha amati con un amore paterno, ma esigente, che prometteva solo prove e sofferenze; li ha invitati e chiamati alla santità eroica; li ha strappati dalle loro patrie di origine e li ha inviati in altre terre ad annunciare, in mezzo ad indicibili fatiche e difficoltà, il messaggio del Vangelo. Due sono figli della Spagna, due della Francia, una è nata nella zona che oggi corrisponde allo Stato di New York e ha trascorso poi il resto della sua vita nel Canada. Come Abramo essi, ad un certo punto della loro vita, hanno sentito - suadente, misteriosa, imperiosa - la voce di Dio: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò” (Gen 12, 1). Hanno obbedito, con una disponibilità umanamente inspiegabile e sono andati in zone sconosciute, non per cercare ricchezze e glorie mondane, non per fare della propria vita un’avventura interessante, ma semplicemente per annunciare ai loro contemporanei che Dio è amore, che Gesù di Nazaret è il Messia e il Signore, il Figlio di Dio incarnato, il supremo salvatore e redentore ed il definitivo liberatore dell’uomo, di ogni uomo, di tutto l’uomo.

Le loro vicende terrene si sono svolte complessivamente nell’arco di circa 150 anni, tra il 1534 e il 1680: un periodo caratterizzato da complessi fenomeni sociali, politici, culturali, economici, e, nel campo ecclesiale, tra l’altro, dal Concilio di Trento e dalla istituzione da parte di Gregorio XV, nel 1622, della congregazione “de Propaganda Fide”, che ha animato il grandioso risveglio e l’incontenibile slancio missionario della Chiesa nell’epoca moderna. 

2. E um incansável e genial missionário é José De Anchieta, que aos dezessete anos, diante da imagem da Santa Virgem Maria na Catedral de Coimbra, fez voto de virgindade perpétua e decide dedicar-se ao serviço de Deus. Tendo ingressado na Companhia de Jesus, parte para o Brasil no ano de 1553 onde, na missão de Piratininga, empreende múltiplas atividades pastorais com o escopo de aproximar e ganhar para Cristo os índios das florestas virgens. Ele ama com imenso afeto os seus irmãos “Brasís”, participa de sua vida, aprofunda-se nos seus costumes e compreende que sua conversão à fé cristã deve ser preparada, ajudada e consolidada por um apropriado trabalho de civilização, para a sua promoção inumana. Seu zelo ardente o move a realizar inúmeras viagens, cobrindo distâncias imensas, em melo a grandes perigos. Mas a oração continua, a mortificação constante, a caridade fervente, a bondade paternal, a união intima com Deus, a devoção filial à Virgem Santísima - que ele celebra em um longo poema de elegantes versos latinos - dão a este grande filho de Santo Inácio uma força sobre-humana, especialmente quando deve defender contra as injustiças dos dores os seus irmãos indígenas. Para eles compõe um catecismo, adaptado à sua mentalidade e que contribuiu grandemente para a sua cristianização. Por tudo isto ele bem mereceu o título de “Apóstolo do Brasil”.

Traduzione italiana

2. Un instancabile e geniale missionario è José De Anchieta il quale a 17 anni, davanti alla immagine della santa Vergine Maria nella cattedrale di Coimbra, fa voto di verginità perpetua e decide di dedicarsi al servizio di Dio. Entrato nella compagnia di Gesù parte per il Brasile nel 1553, da cui, nella missione di Piratininga, intraprende molte attività pastorali con lo scopo di guadagnare a Cristo gli indios delle foreste vergini. Ama con immenso affetto i suoi fratelli “brasis”, partecipa alla loro vita, si immerge nei loro costumi e si convince che la loro conversione alla fede deve essere preparata, aiutata e consolidata da un appropriato lavoro di civilizzazione per la promozione umana. Il suo ardente zelo lo muove a intraprendere innumerevoli viaggi, coprendo immense distanze, in mezzo a grandi pericoli. Ma la predicazione continua, la mortificazione costante, la fervente carità, la bontà paterna, la comunione intima con Dio, la devozione filiale alla Vergine santissima che egli celebra in un lungo poema di eleganti versi latini - dà a questo grande figlio di sant’Ignazio una forza sovrumana, specialmente quando deve difendere i suoi fratelli indigeni dalle ingiustizie dei colonizzatori. Per loro (gli indigeni) compone un catechismo, adattato alla loro mentalità che contribuisce grandemente alla loro cristianizzazione. Per tutto questo ben meritò il titolo di “apostolo del Brasile”.

3. Nacido de familia pobre, dedicada a la agricultura y a la ganadería, Pedro de Betancur tiene en su vida un solo objetivo: llevar el mensaje cristiano a les “Indias Occidentales”. A los 23 años deja SN patria y llega a Guatemala, enfermo, sin recursos, solo, desconocido, convirtiéndose en el apóstol de los esclavos negros, de los indios sometidos a trabajos inhumanos, de los emigrantes sin trabajo ni seguridad, de los niños abandonados. El Hermano Pedro, animado por la caridad de Cristo, se hizo todo para todos, en particular para los pequeños vagabundos de cualquier raza y color, en favor de los cuales funda una escuela. Para los enfermos pobres, despedidos de los hospitales pero todavía necesitados de ayuda y asistencia, Pedro funda el primer hospital del mundo para convalecientes. Muere a los 41 años de edad.

El Niño de Belén, en cuyo nombre fundó la Congregación Betlemita, fue el tema asiduo de la meditación espiritual del Beato, el cual en los pobres supo descubrir siempre el rostro de “Jesús Niño”: por esto los amó con una delicada ternura, cuyo recuerdo sigue siempre vivo en Guatemala.

Traduzione italiana

3. Nato da una povera famiglia di contadini e allevatori, Pedro De Betancur ha nella sua vita un solo obiettivo: portare il messaggio cristiano nelle “Indie occidentali”. A 23 anni lascia il suo paese e giunge in Guatemala, malato, povero, solo e sconosciuto, convertendosi nell’apostolo degli schiavi negri, degli indios sottoposti a lavori inumani, degli emigranti, senza lavoro e senza sicurezza, dei bambini abbandonati. Fratel Pedro, animato dalla carità di Cristo, si fece tutto a tutti, in particolare per i piccoli vagabondi di tutte le razze e colori, in favore dei quali fonda una scuola. Per i poveri ammalati, dimessi dagli ospedali ma ancora bisognosi di aiuto e assistenza, Pedro fonda il primo ospedale del mondo per i convalescenti. Muore a 41 anni.

Il Bambino di Betlemme, in nome del quale fonda la congregazione Betlemita fu il tema assiduo della meditazione del beato, il quale seppe scoprire nei poveri il volto di “Gesù bambino”: per questo li amò con una delicata tenerezza, il cui ricordo rimane vivo in Guatemala.

4. Marie de l’Incarnation (Marie Guyart) a été justement appelée “Mère de l’Eglise catholique au Canada”.

A dix-sept ans, elle épouse Claude Martin; à dix-huit ans elle est mère; à vingt ans, elle est déjà votive. Marie refuse un second mariage que lui proposent ses parente et, à trente-deux ans, elle entre au monastère des Ursulines de Tours. Dieu lui a donné de comprendre la laideur du péché et le besoin de rédemption. Ayant une profonde dévotion au Cœur de Jésus et méditant assidûment le mystère de l’Incarnation, elle mûrit sa vocation missionnaire: “Mon corps était dans notre monastère, écrira-t-elle dans son autobiographie, mais mon esprit ne pouvait être enfermé. L’Esprit de Jésus me portait dans les Indes, au Japon, dans l’Amérique, dans l’Orient, dans l’Occident, dans les parties du Canada et dans les Hurons, et dans toute la terre habitable où il y avait des âmes raisonnables que je voyais appartenir à Jésus-Christ”. En 1639, elle est au Canada. Elle est la première Sœur française missionnaire. Son apostolat catéchétique en faveur des indigènes est infatigable: elle compose un catéchisme dans la langue des Hurons, un autre dans la langue des Iroquois, un troisième dans la langue des Algonquins.

Ame profondément contemplative, engagée cependant dans l’action apostolique, elle émet le vœu de “chercher la plus grande gloire de Dieu en tout ce qui serait de plus grande sanctification”, et en mai 1653, elle s’offre intérieurement en holocauste à Dieu pour le bien du Canada.

Maîtresse de vie spirituelle, au point que Bossuet l’a définie la “Thérèse du Nouveau Monde”, et promotrice d’œuvres d’évangélisation, Marie de l’Incarnation unit en elle, de manière admirable, la contemplation et l’action. En elle la femme chrétienne s’est réalisée pleinement et avec un rare équilibre, dans ses divers états de vie: épouse, mère, veuve, directrice d’entreprise, religieuse, mystique, missionnaire, et cela toujours dans la fidélité au Christ, toujours en union étroite avec Dieu.

Traduzione italiana

4. Maria dell’Incarnazione (Marie Guyart) è stata giustamente chiamata “madre della Chiesa cattolica in Canada”.

A diciassette anni, sposa Claudio Marin; a diciotto anni è madre; a vent’anni è già vedova. Maria rifiuta un secondo matrimonio che le propongono i parenti e, a trentadue anni, entra nel monastero delle orsoline di Tours. Dio le ha dato di conoscere l’oscurità del peccato e il bisogno della redenzione. Avendo una profonda devozione al cuore di Gesù e meditando assiduamente il mistero dell’incarnazione, matura la sua vocazione missionaria: “Il mio corpo era nel vostro monastero - scrive nella sua autobiografia - ma il mio spirito non poteva essere rinchiuso. Lo Spirito di Gesù mi portava nelle Indie, in Giappone, in America, in Oriente, in Occidente, nelle zone del Canada e degli Hurons, e in tutta la terra abitata dove ci sono delle anime ragionevoli che vedeva appartenere a Gesù Cristo”. Nel 1639, è in Canada. È la prima suora francese missionaria. Il suo apostolato catechetico a favore degli indigeni è infaticabile: prepara un catechismo nella lingua degli uroni, un altro nella lingua degli irochesi, un terzo nella lingua degli algonchini.

Anima profondamente contemplativa, impegnata però nell’azione apostolica, ella fa il voto di “cercare la più grande gloria di Dio in tutto ciò che fosse di più grande santificazione”, e nel maggio 1653, ella si offre interiormente in olocausto a Dio per il bene del Canada.

Maestra di vita spirituale, al punto che Bossuet l’ha definita la “Teresa del nuovo mondo”, e promotrice di opere di evangelizzazione, Maria dell’Incarnazione unisce in sé, in modo ammirevole, la contemplazione e l’azione. In lei la donna cristiana si è realizzata pienamente e con un raro equilibrio, nei diversi stati della vita: sposa, madre, vedova, direttrice di impresa, religiosa, mistica, missionaria, e questo sempre nella fedeltà a Cristo, sempre in stretta unione con Dio.

5. François de Montmorency-Laval, noble fils de la France, animé lui aussi du charisme missionnaire, aurait pu aspirer aux carrières humaines les plus prometteuses, mais il préféra correspondre généreusement à l’invitation du Christ qui l’envoyait annoncer l’Evangile dans des contrées lointaines. Elu Vicaire Apostolique dans la “Nouvelle France”, revêtu du caractère épiscopal, il s’établit à Québec, et il se donne avec un zèle infatigable à l’expansion du Règne de Dieu en réalisant la figure idéale de l’Evêque: il consacre aux Indiens la première part de son ministère; il voyage sans arrêt à havers l’immense région, la moitié du continent nord-américain; il fonde le séminaire de Québec, qui deviendra ensuite l’“Université Laval”, l’une des premières Universités catholiques des temps modernes; il s’occupe, avec un soin particulier, des prêtres, des religieux et des religieuses; il obtient du Saint-Siège l’institution à Paris d’un séminaire pour les “Missions Etrangères”.

Marie de l’Incarnation qui l’avait précédé au Canada vingt ans auparavant et qui est aujourd’hui béatifiée avec lui, écrivait à son arrivée: “C’est un homme de grana mérite et de vertu insigne; ce ne sont pas les hommes qui l’ont choisi; je dirai en toute vérité qu’il vit comme un saint et comme un apôtre”.

Traduzione italiana

5. Francesco de Montmorency-Laval, nobile figlio della Francia, animato anche lui del carisma missionario, avrebbe potuto aspirare alle carriere umane più promettenti, ma preferì corrispondere generosamente all’invito di Cristo che l’invitava ad annunciare il Vangelo in paesi lontani. Eletto vicario apostolico nella “Nuova Francia”, rivestito dal carisma episcopale, si stabilisce a Quebec, e si dà con un infaticabile zelo all’espansione del regno di Dio realizzando la figura ideale del Vescovo: consacra agli indiani la prima parte del suo ministero; viaggia senza posa attraverso l’immensa regione, la metà del continente nord-americano; fonda il seminario di Quebec, che diventerà in seguito l’“Università Laval”, una delle prime università cattoliche dei tempi moderni, si occupa, con premura particolare, dei preti, dei religiosi e delle religiose; ottiene dalla santa Sede l’istituzione a Parigi di un seminario per le “Missioni estere”.

Maria dell’Incarnazione che l’aveva preceduto in Canada venti anni prima e che oggi è beatificata con lui, scriveva al suo arrivo: “È un uomo di grande merito e di virtù insigne; non sono gli uomini che l’hanno scelto; dirò in tutta verità che egli vive come un santo e come un apostolo”.

6. This wonderful crown of new Beati, God’s bountiful gift to his Church, is completed by the sweet, frail yet strong figure of a young woman who died when she was only twenty-four years old: Kateri Tekakwitha, the "Lily of the Mohawks", the Iroquois maiden, who in seventeenth-century North America was the first to renew the marvels of sanctity of Saint Scholastica, Saint Gertrude, Saint Catherine of Siena, Saint Angela Merici and Saint Rose of Lima, preceding, along the path of Love, her great spiritual sister: Therese of the Child Jesus.

She spent her short life partly in what is now the State of New York and partly in Canada. She is a kind, gentle and hardworking person, spending her time working, praying and meditating. At the age of twenty she receives Baptism. Even when following her tribe in the hunting seasons, she continues her devotions, before a rough cross carved by herself in the forest. When her family urges her to marry, she replies very serenely and calmly that she has Jesus as her only spouse. This decision, in view of the social conditions of women in the Indian tribes at that time, exposes Kateri to the risk of living as an outcast and in poverty. It is a bold, unusual and prophetic gesture: on 25 March 1679, at the age of twenty-three, with the consent of her spiritual director, Kateri takes a vow of perpetual virginity, as far as we know the first time that this was done among the North American Indians.

The last months of her life are an ever cleaner manifestation of her solid faith, straight-forward humility, calm resignation and radiant joy, even in the midst of terrible sufferings. Her fast words, simple and sublime, whispered at the moment of death, sum up, like a noble hymn, a life of purest charity: "Jesus, I love you..."

Traduzione italiana

6. Questa bella corona di nuovi beati, dono generoso di Dio alla sua Chiesa, è completata dalla dolce, fragile ma forte figura di giovane donna che morì a soli ventiquattro anni di età: Kateri Tekakwitha, il “giglio dei Mohawks”, la vergine irochese che nel diciassettesimo secolo nel nord America fu la prima a rinnovare le meraviglie di santità di santa Scolastica, santa Gertrude, santa Caterina da Siena, santa Angela Merici e santa Rosa da Lima, precedendo lungo il sentiero dell’amore, la sua grande sorella spirituale, Teresa del Bambino Gesù.

Passò la sua breve vita parte in quello che ora è lo Stato di New York e parte in Canada. Era una persona gentile, dolce e forte lavoratrice, che passava il suo tempo lavorando, pregando e meditando. Ricevette il battesimo all’età di vent’anni. Anche mentre seguiva la sua tribù nella stagione della caccia, continuava le sue devozioni, davanti a una rozza croce scolpita da lei stessa nella foresta. Quando la sua famiglia la invitò a sposarsi, lei replicò con grande serenità e calma di avere Gesù come suo unico sposo. Questa decisione, considerando le condizioni sociali della donna nelle tribù indiane, espose Kateri al rischio di vivere come una paria e in povertà. Fu un audace, insolito e profetico gesto: il 25 marzo 1679, all’età di ventitré anni, con il consenso del suo direttore spirituale, Kateri pronunciò il voto di perpetua verginità; per quanto noi sappiamo fu la prima volta che questo avvenne tra gli indiani del nord America.

L’ultimo mese della sua vita è una sempre più chiara manifestazione della sua solida fede, schietta umiltà, calma rassegnazione e gioia raggiante, anche in mezzo alle più terribili sofferenze. Le sue ultime parole, semplici e sublimi, mormorate al momento della morte, ricapitolano, come un nobile inno, una vita di purissima carità: “Gesù, io ti amo”.

7. Pieni di commossa letizia ringraziamo Dio che continua a dare generosamente alla Chiesa il dono della santità, e ci chiniamo riverenti a venerare i nuovi beati e le nuove beate di cui abbiamo brevemente tratteggiato la fisionomia spirituale; ascoltiamo docili il messaggio, che ci rivolgono con la forza della loro testimonianza. Veramente, mediante la fede i loro cuori si sono aperti con generosità alla parola di Dio e sono diventati abitazione di Cristo, ed essi, radicati e fondati nella carità, hanno raggiunto una particolare profondità di conoscenza e di comprensione del misterioso disegno divino di salvezza, e hanno conosciuto l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (cf. Ef 3, 17-19). In questo giorno di gloria ci ricordano che noi tutti siamo invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del nostro proprio stato (cf. Lumen Gentium, 42) e che la Chiesa, la quale vive nel tempo, per sua natura è missionaria e deve seguire la stessa strada seguita da Cristo, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte (cf. Ad Gentes, 1. 5).

O Beati e Beate,
che oggi la Chiesa peregrinante
glorifica ed esalta,
dateci la forza
di imitare la vostra fede limpida,
quando ci troviamo nei momenti di tenebre;
la vostra serena speranza,
quando ci troviamo abbattuti dalle difficoltà;
la vostra ardente carità verso Dio,
quando siamo tentati di idolatrare le creature;
il vostro amore delicato verso i fratelli,
quando vorremmo chiuderci
nel nostro egoistico individualismo!
O Beati e Beate, benedite le vostre patrie,
quelle di origine
e quelle che vi furono donate da Dio,
come la “terra promessa” ad Abramo,
e che voi avete amato, evangelizzato, santificato!

O Beati e Beate,
benedite la Chiesa tutta, pellegrina
che attende la patria definitiva!

O Beati e Beate,
benedite il mondo,
che ha fame e sete di santità!

Beato Giuseppe de Anchieta,
Beata Maria dell’Incarnazione,
Beato Pietro De Betancur
Beato Giuseppe De Montmorency-Laval,
Beata Caterina Tekakwitha, pregate per noi!