Elena Guerra
(1835 - 1914)
- 11 aprile
Fondatrice della Congregazione delle Oblate del Santo Spirito, dette Suore di Santa Zita; si dedicò alla meditazione della Parola di Dio e allo studio dei Padri della Chiesa. Dopo un pellegrinaggio compiuto a Roma con il padre, nacque in lei il desiderio di consacrarsi a Dio
VITA E OPERE
Nascita, infanzia e gioventù
Elena Guerra nacque a Lucca, Italia, il 23 giugno 1835 da genitori appartenenti alla nobiltà locale e fin da piccola ricevette, insieme ai due fratelli, una buona educazione.
Dopo la Cresima, impartitale a otto anni, senza che nessuno la guidasse, avvertì una specialissima devozione verso lo Spirito Santo: «Da allora», scriverà più avanti, «quando mi trovavo in chiesa per la novena di Pentecoste, mi sembrava di essere in paradiso».
Dopo la prima Comunione, ottenne di potersi accostare all’Eucaristia tutti i giorni, sempre più attratta dall’amore verso Dio. In famiglia un suo fratello si stava preparando al sacerdozio ed Elena avrebbe voluto anch’essa partecipare alle lezioni dei professori che il papà faceva venire in casa per istruire il figlio, ma la mamma vi si oppose, consentendole di imparare musica, pittura e ricamo.
Tuttavia lei, frequentando di nascosto le lezioni date al fratello e sottraendo ore al sonno, completò la propria istruzione imparando anche il latino.
Nel 1856 dava vita al “Giardinetto di Maria” e successivamente alle “Amicizie spirituali”, due forme di aggregazione femminile laicale che consentivano un reciproco aiuto spirituale tra le giovani; iniziative che precorrevano profeticamente i metodi moderni dell’Azione Cattolica: le ascritte, infatti, dovevano impegnarsi a vivere integralmente la vita cristiana. L’anno seguente però Elena fu colpita da una grave malattia che la costrinse ad una lunga immobilità.
Dopo aver recuperato la salute, chiese di essere ammessa tra le Dame di Carità, che visitavano i poveri e i malati a domicilio; e quando a Lucca imperversò il colera, col consenso dei propri familiari si recava a trovare i malati, curandoli e confortandoli con le parole della fede.
Nel cammino di maturazione spirituale, si concentrò soprattutto su temi ascetici e sui cardini della sua spiritualità: lo Spirito Santo, il Cenacolo, la Pentecoste. La rattristava il fatto di dover constatare che la maggior parte dei cristiani trascurava la devozione al Paraclito e per questo nel 1865 scrisse un opuscolo dal titolo “Pia Unione di preghiere allo Spirito Santo” per ottenere la conversione degli increduli, e diffuse la pratica delle sette settimane in preparazione alla Pentecoste; infine, nel 1889 fece stampare la novena intitolata “Nuovo Cenacolo” per suscitare «un generale ritorno dei fedeli allo Spirito Santo».
Convinta della funzione della stampa come servizio fondamentale per la Chiesa, la Guerra pubblicò numerosi scritti su problemi riguardanti le donne – spose, fidanzate, lavoratrici domestiche – e sulla scuola, per indirizzare insegnanti e alunni verso una cultura cristiana.
Elena educò alla vita cristiana parecchie centinaia di giovani, tra le quali anche santa Gemma Galgani, la quale chiese di entrare nella nascente comunità, ma vi dovette poi rinunciare a causa di una forte crisi che ne aveva minato la salute in seguito alla morte della madre, del fratello Gino, seminarista a cui era legatissima, e del padre, oltre che per una pesante crisi economica che aveva colpito la famiglia.
Le opere
Nel 1870, tornata da un pellegrinaggio compiuto a Roma con suo padre, Elena si sentì spinta a fondare un gruppo di Adoratrici del SS. Sacramento, ma ne fu dissuasa dal suo direttore spirituale, il gesuita padre Venanzi; successivamente, dopo aver letto la biografia di Sant’Angela Merici, volendo fare qualcosa per l’educazione della gioventù, ottenne dai suoi di fare un po’ di scuola ad alcune ragazze povere in casa di una Dama di Carità. Poi, con l’aiuto del parroco della cattedrale di Lucca, nel dicembre 1872 aprì una scuola privata per le figlie della borghesia e della nobiltà lucchese; l’opera, dopo alcune difficoltà, si consolidò e con il gruppo delle compagne che si erano unite a lei per svolgere questo tipo di apostolato, fondò l’Istituto di Santa Zita, formato da donne che inizialmente non facevano vita comunitaria ma si dedicavano all’istruzione e all’educazione delle fanciulle.
Per una decina d’anni dovette affrontare l’incomprensione dei lucchesi, del clero e dello stesso Arcivescovo Arrigoni, nonché della sua famiglia. Nel 1882, lasciata la propria casa, in un palazzo acquistato coi fondi avuti in seguito alla divisione del patrimonio familiare, iniziò la vita di comunità con quelle che furono chiamate Oblate dello Spirito Santo. Successivamente, tramite Mons. Giovanni Volpi, Vescovo ausiliare di Lucca, scrisse a Papa Leone XIII esortandolo a indurre i vescovi e, tramite loro, i parroci a preparare i fedeli alla festa di Pentecoste con una novena possibilmente predicata. Il Pontefice capì l’importanza di questo appello e con un “Breve” del 5 maggio 1895 esortò tutti i vescovi del mondo a fare questa novena per il ritorno dei dissidenti alla vera Chiesa. Suor Elena istituì poi l’associazione del “Cenacolo Permanente” e ne informò nuovamente il Papa, il quale con l’enciclica Divinum illud Munus del 9 maggio 1897 raccomandava esplicitamente ai fedeli la devozione allo Spirito Santo.
Cinque mesi dopo, Egli ricevette in udienza privata Elena. Questa dal canto suo, avendo constatato che purtroppo il clero pareva poco interessato ad attuare quanto Leone XIII aveva raccomandato, moltiplicò gli opuscoli per richiamare i parroci e i fedeli a questa devozione, e finanziò allo stesso scopo “missioni al popolo” in varie parti d’Italia. Anche stavolta il Pontefice appoggiò l’iniziativa, raccomandando con forza ai parroci di celebrare la novena di Pentecoste «tutti gli anni per il ritorno all’unità di tutti i credenti».
Gli ultimi anni
Arrivò però anche l’ora delle tenebre. Tra il 1905 e il 1906 da alcune sue consorelle furono lanciate, contro di lei, accuse di cattiva amministrazione: le si imputava di dilapidare il patrimonio dell’Istituto con le sue pubblicazioni.
Le autorità ecclesiastiche la indussero a dimettersi da superiora e le proibirono di dare alle stampe altri scritti. Ella si dimise, obbedendo umilmente e offrì la propria vita per il bene della Chiesa. Nel suo diario scrisse: «È bello operare il bene, ma rimanere fermi per volere altrui, lasciarsi legare le mani senza ribellarsi, congiungendole in un supremo atto di adorazione e di perfetta adesione al volere di Dio, è opera ancor più sublime, è un trasformare la più umiliante situazione nell’azione più perfetta che possa fare la creatura».
Gli ultimi tre anni Elena li trascorse nell’alternarsi di malattie e di dolori che ne provocarono la morte 1’11 aprile 1914. Era il Sabato Santo e la Fondatrice, dopo che si era fatta vestire, scese dal letto, baciò la terra e ripeté ad alta voce: «Credo!».
Le sue spoglie mortali riposano a Lucca nella cappella delle Oblate dello Spirito Santo, dove erano state traslate nel 1928.
"ITER" DELLA CAUSA
In vista della Beatificazione
Il consolidarsi della fama di santità portò nel 1930 all’apertura della Causa della sua Beatificazione con la celebrazione prima del Processo Informativo Ordinario negli anni 1930-1932 e poi di quello Apostolico negli anni 1939-1940, svolti nella Curia diocesana di Lucca. La validità giuridica degli atti di tutti i processi veniva riconosciuta il 13 aprile 1945.
Dopo aver superato positivamente l’iter canonico nelle cause di beatificazione e canonizzazione vigente in quel tempo, nel 1953 veniva pubblicato il decreto sull’eroicità delle virtù di Elena Guerra.
In vista della sua Beatificazione sono stati sottoposti alla valutazione della S. Congregazione dei Riti due presunti miracoli sui quali è stato regolarmente raccolto il materiale probatorio nel corso del Processo Apostolico celebrato nella Curia diocesana di Lucca, dichiarato valido il 16 ottobre 1953.
Concluso positivamente l’iter dell’approvazione dei due miracoli, il 26 aprile 1959 San Giovanni XXIII ha elevato Elena Guerra all’onore degli altari: era questa la prima beatificazione del suo pontificato.
In vista della Canonizzazione
La Postulazione della Causa presentò al Dicastero delle Cause dei Santi il caso della sopravvivenza e della successiva guarigione rapida, globale e duratura di un signore del Brasile da trauma cranico-encefalico gravissimo, sospetta morte cerebrale, complicanze sistemiche quali polmonite ed epatite. L’evento si verificò nel 2010.
La validità giuridica dell’Inchiesta diocesana celebrata nel 2013 presso la Curia diocesana di Uberlândia in Brasile fu riconosciuta con decreto del Dicastero delle Cause dei Santi il 9 luglio 2015.
Il 1° giugno 2023 la Consulta Medica ha dichiarato l’inspiegabilità scientifica del caso.
Il giorno 9 gennaio 2024 si è riunito il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi per discutere gli aspetti teologici del presunto miracolo. All’unanimità è stato espresso parere affermativo, ravvisando così nell’evento in esame un miracolo operato da Dio per intercessione della Beata Elena Guerra.
I Padri Cardinali e Vescovi, nella Sessione Ordinaria del successivo 9 aprile hanno giudicato il caso in esame un vero miracolo attribuito all’intercessione della Beata.
Infine, Sua Santità Francesco ha autorizzato il Dicastero delle Cause dei Santi a promulgare il Decretum super miraculo il 13 aprile 2024.
Cappella Papale con il Rito di Canonizzazione dei Beati:
Manuel Ruiz López e Sette Compagni;
Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki;
Giuseppe Allamano;
Marie-Léonie Paradis;
Elena Guerra.
Alle ore 10.30 di questa mattina, XXIX Domenica del Tempo Ordinario, sul Sagrato della Basilica di San Pietro, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica e il Rito della Canonizzazione dei Beati: Manuel Ruiz López e Sette Compagni; Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki; Giuseppe Allamano; Marie-Léonie Paradis; Elena Guerra.
Alla Santa Messa erano presenti le seguenti Delegazioni ufficiali: Il Presidente della Repubblica Italiana, S.E. il Sig. Sergio Mattarella, e Seguito; Sua Altezza Em. il Principe e Gran Maestro Fra’ John Dunlap, e Seguito; Il Ministro della Presidenza di Spagna, S.E. il Sig. Félix Bolaños García, e Seguito; Il Vice Governatore della Regione del Tirolo - Austria, Josef Geisler con la Consorte, e Seguito; Il Deputato Federale di Sherbrooke - Canada, On. Élisabeth Brière con il Consorte, e Seguito.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione al Vangelo:
OMELIA DEL SANTO PADRE
[ AR - ES - FR - IT - PL - PT ]
A Giacomo e Giovanni, Gesù chiede: «Cosa volete che io faccia per voi?» (Mc 10,36). E subito dopo li incalza: «Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?» (Mc 10,38). Gesù pone domande e, proprio così, ci aiuta a fare discernimento, perché le domande ci fanno scoprire ciò che è dentro di noi, illuminano quello che portiamo nel cuore e che a volte noi non sappiamo.
Lasciamoci interrogare dalla Parola del Signore. Immaginiamo che chieda a noi, a ciascuno di noi: «Che cosa vuoi che io faccia per te?»; e la seconda domanda: «puoi bere il mio stesso calice?»
Attraverso queste domande, Gesù fa emergere il legame e le attese che i discepoli hanno verso di lui, con le luci e le ombre tipiche di ogni relazione. Infatti, Giacomo e Giovanni, sono legati a Gesù ma hanno delle pretese. Essi esprimono il desiderio di stare vicino a Lui, ma solo per occupare un posto d'onore, per rivestire un ruolo importante, per «sedere, nella sua gloria, alla destra e alla sinistra» (Mc 10,37). Evidentemente pensano a Gesù come Messia, un Messia vittorioso, glorioso e da Lui si aspettano che condivida la sua gloria con loro. Vedono in Gesù il Messia, ma lo immaginano secondo la logica del potere.
Gesù non si ferma alle parole dei discepoli, ma scende in profondità, ascolta e legge il cuore di ognuno di loro e anche di ognuno di noi. E, nel dialogo, attraverso due domande, cerca di fare emergere il desiderio che c’è dentro a quelle richieste.
Dapprima chiede: «Cosa volete che io faccia per voi?»; e questa domanda svela i pensieri del loro cuore, mette in luce le attese nascoste e i sogni di gloria che i discepoli coltivano segretamente. É come se Gesù chiedesse: “Chi vuoi che io sia per te?” e, così, smaschera quello che essi desiderano davvero: un Messia potente, un Messia vittorioso che dia loro un posto di onore. E a volte nella Chiesa viene questo pensiero: l’onore, il potere…
Poi, con la seconda domanda, Gesù smentisce questa immagine di Messia e in questo modo li aiuta a cambiare sguardo, cioè a convertirsi: «Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». In questo modo, svela a loro che Egli non è il Messia che essi pensano; è il Dio dell’amore, che si abbassa per raggiungere chi è in basso; che si fa debole per rialzare i deboli, che opera per la pace e non per la guerra, che è venuto per servire e non per essere servito. Il calice che il Signore berrà è l’offerta della sua vita, è la sua vita donata a noi per amore, fino alla morte e alla morte di croce.
E, allora, alla sua destra e alla sua sinistra staranno due ladroni, appesi come Lui alla croce e non accomodati nei posti di potere; due ladroni inchiodati con Cristo nel dolore e non seduti nella gloria. Il re crocifisso, il giusto condannato si fa schiavo di tutti: costui è davvero il Figlio di Dio! (cf. Mc 15,39). Vince non chi domina, ma chi serve per amore. Ripetiamo: vince non chi domina, ma chi serve per amore. Ce lo ha ricordato anche la Lettera agli Ebrei: «Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi» (Eb 4,15).
A questo punto, Gesù può aiutare i discepoli a convertirsi, a cambiare mentalità: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono» (Mc 10,42). Ma non deve essere così, per chi segue un Dio che si è fatto servo per raggiungere tutti col Suo amore. Chi segue Cristo, se vuole essere grande deve servire, imparando da Lui.
Fratelli e sorelle, Gesù svela pensieri, svela desideri e proiezioni del nostro cuore, smascherando talvolta le nostre attese di gloria, di dominio, di potere, di vanità. Egli ci aiuta a pensare non più secondo i criteri del mondo, ma secondo lo stile di Dio, che si fa ultimo perché gli ultimi vengano rialzati e diventino i primi. E queste domande di Gesù, con il suo insegnamento sul servizio, spesso sono incomprensibili, incomprensibili per noi come lo erano per i discepoli. Ma seguendo Lui, camminando alla Sua sequela e accogliendo il dono del Suo amore che trasforma il nostro modo di pensare, possiamo anche noi imparare lo stile di Dio: lo stile di Dio, il servizio. Non dimentichiamo le tre parole che fanno vedere lo stile di Dio per servire: vicinanza, compassione e tenerezza. Dio si fa vicino per servire; si fa compassionevole per servire; si fa tenero per servire. Vicinanza, compassione e tenerezza…
A questo dobbiamo anelare: non al potere, ma al servizio. Il servizio è lo stile di vita cristiano. Non riguarda un elenco di cose da fare, quasi che, una volta fatte, possiamo ritenere finito il nostro turno; chi serve con amore non dice: “adesso toccherà qualcun altro”. Questo è un pensiero da impiegati, non da testimoni. Il servizio nasce dall’amore e l’amore non conosce confini, non fa calcoli, si spende e si dona. L’amore non si limita a produrre per portare risultati, non è una prestazione occasionale, ma è qualcosa che nasce dal cuore, un cuore rinnovato dall’amore e nell’amore.
Quando impariamo a servire, ogni nostro gesto di attenzione e di cura, ogni espressione di tenerezza, ogni opera di misericordia diventano un riflesso dell’amore di Dio. E così tutti noi - e ognuno di noi - continuiamo l’opera di Gesù nel mondo.
In questa luce possiamo ricordare i discepoli del Vangelo, che oggi vengono canonizzati. Lungo la storia tormentata dell’umanità, essi sono stati servi fedeli, uomini e donne che hanno servito nel martirio e nella gioia, come fra Manuel Ruiz Lopez e i suoi compagni. Sono sacerdoti e consacrate ferventi, e ferventi di passione missionaria, come don Giuseppe Allamano, suor Paradis Marie Leonie e suor Elena Guerra. Questi nuovi santi hanno vissuto lo stile di Gesù: il servizio. La fede e l’apostolato che hanno portato avanti non ha alimentato in loro desideri mondani e smanie di potere ma, al contrario, essi si sono fatti servi dei fratelli, creativi nel fare il bene, saldi nelle difficoltà, generosi fino alla fine.
Chiediamo fiduciosi la loro intercessione, perché anche noi possiamo seguire il Cristo, seguirlo nel servizio e diventare testimoni di speranza per il mondo.
LITTERAE APOSTOLICAE
de peracta Beatificatione
IOANNES PP. XXIII
ad perpetuam rei memoriam
«Renovans faciem terrae» Spiritus Sanctus[1], «quem Deus effudit in nos abunde per Iesum Christum Salvatorem nostrum»[2], penitius noscatur oportet atque impensius exoretur hisce temporibus, quibus frigescente caritate populi facti sunt religionis indiligentes et, a rebus aversi sempiternis, huius saeculi potius expetunt utilitates atque praesidia. Ad quod efficiendum Deus, «qui infirma mundi eligit»[3], sacram ascivit virginem, Helenam Guerra, Oblatarum Spiritus Sancti, Sororum a Sancta Zita vulgo appellatarum, auctorem et magistram, quam hodie in Beatorum Caelitum album sollemni ritu ascribere gaudemus. Urbs vero Luca in Etruria, quae recentiore praesertim aetate quasi quoddam seminarium facta est hominum sanctimonia illustrium, lectissimam hanc Ecclesiae alumnam se progenuisse gloriatur. Ubi, Antonii Guerra et Faustinae Franceschi filia, die vicesimo tertio mensis Iunii anno millesimo octingentesimo tricesimo quinto, immaturo quidem partu edita, eodem die tincta est aqua salutis. Parentes censu clari, christianis virtutibus clariores, in caelestem tutelam Sanctae Zitae, eiusdem urbis eximii decoris, eam tradiderunt atque a cunabulis ad pietatem instituendam curarunt. Rari exempli mater, suavitatem quandam austeram et solidam secuta, ut a corruptelarum illecebris filiam prohiberet, domestica eam uti voluit disciplina atque adeo publicum adire ludum non sivit, sed privatos adhibuit magistros. Die quinto mensis Iunii anno millesimo octingentesimo quadragesimo tertio Helena ingenti cum animi ardore, summo cum gaudio, confirmationis Sacramentum suscepit, scilicet Spiritus Sancti locupletata est muneribus eiusque superno roborata vigore; atque tunc persensit, quod ait Sanctus Augustinus: «Quid amabilius et quid suavius et quid sanctius Spiritu Sancto? Amor Patris et Filii ipse est, per quem omnes sunt sancti, quicumque sunt sancti»[4]. Postero anno ad Iesum, sub specie panis praesentem, parvula sponsa albata accedens, caelesti epulo primum refecta est. Cum vero temporibus illis consuetudo mensam divinam cotidie participandi nondum invaluisset, est tamen id assecuta, ut exinde Eucharisticam dapem singulis diebus sumere permitteretur. Quo recreata cibo, magnas faciebat progressiones ad virtutem atque, quamquam in saeculo adhuc vitam agebat, in caelo potius videbatur conversari. Singulari praestans ingenio, altioris ordinis disciplinis suo marte se excoluit, atque sermoni Latino condiscendo tantam operam dedit, ut e Sacris Litteris Ecclesiaeque Patrum libris eam posset haurire doctrinam, quam e pluribus eius scriptis non sine admiratione cernimus elucere. Apostolico inflammata studio, piam quandam societatem iuvenum feminarum, a «Spiritualibus Amicitiis» appellatam, instituit, cui propositum esset, ut sodales vitam christianam ducerent absolutissimam alienamque procurarent salutem. Ex qua, laetis aucta incrementis, fructus percepti sunt nec pauci nec leves. Ut puellas rusticas ad Almam Deiparam praecipuis venerandam obsequiis adduceret, «Hortuli Mariae» exstitit auctor, in quem congregatae certam definitamque virtutem, floris nomine significatam, eiusdem Dei Genetricis honori impensius colerent. Sodalitati Filiarum Mariae, cuius sedes princeps est ad templum Sanctae Agnetis extra moenia Urbis, ipsa nomen dedit, omnique deinde ope annisa est, ut Augustae Virginis cultum promoveret atque socias, quibus ut antistita praeerat, ad christianae vitae rationem ineundam persequendamque, datis etiam litteris sapientissimis, confirmaret. Pauperes iacentesque cupiens relevare, qua erat caritate, Vincentiano mulierum coetui se addixit, et, cum cholera morbo Luca agerque vexaretur conterminus, nulli parcens labori, aegrotis, maxime iis, qui egestate premerentur, assedit. Divino autem Numine ducta, quod magnis ac diuturnis exoraverat precibus, nonnullas pias iuvenes Lucenses in domum a se conductam congregavit, ubi communis vitae quandam rationem, licet veste indutae saeculari, servarent, atque puellas in catholico ludo, quem iis ibidem patere voluit, ad religionem instituerent et ad humanitatem informarent. Pietatis moderatore ipsius iubente, leges perscripsit consilii plenas, quibus sociae obstringerentur. Quandoquidem autem opera, quae ad assequendam sanctimoniam pertinent propagandamque gloriam Dei, difficultatibus obstrui solent, Famula Dei sodalitatis a se conditae causa acerbissimos est perpessa cruciatus: in plurium enim civium incidit invidiam, urbanis malevolorum sermunculis est afflicta, angustiis pressa rei familiaris, maxime vero doluit discessu nonnullarum, quae spirituali eius familiae sese addixerant. Denique, postquam e multis rebus, quae obstabant et impediebant, se expedivit, atque conatus piam eius societatem aliis aggregandi sodalitatibus cecidere in irritum, Helena Lucae domum emit pecunia, quae ei hereditate obvenerat; haec sedes princeps facta est sacrarum virginum, quarum illa mater fuit legifera, quaeque a Santa Zita sunt nuncupatae; cui nomini postea praeposita est appellatio Oblatarum Spiritus Sancti. Die enim quarto mensis Novembris anno millesimo octingentesimo octogesimo secundo Lucensis Archiepiscopus sodalitatem a Famula Dei institutam rite probavit, eamque et quinque socias religiosam sumere vestem permisit. Familiae huic suae, cui propositum fuit, ut caelestis Paracleti cultum proveheret puellasque ad christianae legis rationem educaret, Helena praefuit cum prudentia et fortitudine, estque simul filias omnes praecipuo complexa amore. Quam ut non solum numero sed etiam, ac quidem maxime, virtutibus augeret, studiose est conisa. Quae iam ante hanc religiosam sodalitatem constitutam in apostolatus campo praeclara patrarat facinora, eadem condita, vel ampliore cum industria in Regno Dei propagando desudavit. Plurimis enim editis scriptis pietatem vulgavit in populum; scilicet libellis dilucido ac persuasibili genere a se conscriptis sive pueros sive puellas sive quosvis fideles ad christianas virtutes definitamve pietatis formam constanter sequendam studuit vocare. Nonnulla etiam instituit sodalicia, ad quae qui essent consociati, vitam componerent sanctius et supplicationes Deo faciendas geminarent. Germana cum esset Ecclesiae filia, eius necessitatibus ipsa vehementer afficiebatur nihilque omittebat, quominus mala, quae ei ingruerent, propulsaret, bona, quae eius conducerent profectui, efficeret, atque sollemne habebat divina ei impetrare auxilia et cruciatus huius rei causa sponte sustinere. Praeterea allaborabat magnopere, ut Evangelium quam latissime in regiones ethnica superstitione caligantes perferretur; quam ob rem conquirebat omne genus subsidia, ut verbi divini praeconibus praeberet adiumentum; atque, testamentum faciens, mandavit, ut pecunia, in suum impendenda funus, Operi fidei propagandae traderetur. Hoc autem fuit in Famula Dei praecipuum, hoc singulare munus eidem praestitutum, studium scilicet cultum Spiritus Sancti promovendi; pro certo enim habuit immensa caelestium donorum copiam in Ecclesiam posse effundi atque prodigia, in Hierosolymitano cenaculo Pentecostes die patrata, iterari, si christifideles hanc pietatis rationem nova amplecterentur animorum alacritate. Indefatigata igitur Sancti Spiritus nuntia eo dedita contendit opera, ut illam sive verbis sive scriptis suaderet, et hoc divinum Numen, quod sanctitatis fons est et origo, non intermissis precibus obsecraretur. Eius impulsu Leo PP. XIII, Decessor Noster, imm. mem., Litteras Apostolicas, anulo Piscatoris obsignatas, anno millesimo octingentesimo nonagesimo quinto conscripsit, quibus per sollemnia sacrae Pentecostes peculiares supplicationes commendavit catholicis omnibus, atque duobus annis post praeclaras illas Encyclicas edidit Litteras, quibus a verbis «Divinum illud munus» initium est, ut fidelium mentes animosque ad Divinum hunc Spiritum, diligentius cognoscendum colendumque, converteret. Tot vero exanclatis laboribus, Helena, virtutibus «splendens» – hoc enim nomine «fulgens» significatur –, e providentis Dei consilio, avertere se a vitae actione coacta est, ut victimam se praeberet acceptissimam Deo animumque locupletaret exquisitioribus ornamentis. Calumniae enim ei instructae sunt, ita ut, tamquam non idonea ad munus antistitae, e suo gradu deiceretur atque velut in umbra iuberetur latere. Quod animo aequo et submisso tolerans et a rebus abstracta humanis, ad caelestis Sponsi complexum se paravit. Denique, die undecimo mensis Aprilis anno millesimo nongentesimo quarto decimo, in pervigilio Paschatis, morbo absumpta, postquam hoc verbum «Credo» elocuta est, mortalem hanc vitam deposuit virgo humilis, pia et fortis, ad sempiternam, inenarrabilibus gaudiis affluentem, surrectura. Mortuum corpus in publico sepulchreto Lucensi conditum fuit, unde anno millesimo nongentesimo duodevicesimo translatum est in domum principem sodalitatis religiosae, ab ipsa Famula Dei constitutae. Increbrescentem autem eius famam sanctitatis Deus caelestibus signis visus est confirmare. Quapropter Causa de Beatorum Caelitum honoribus eidem decernendis agi coepta est, atque, post ordinarios, quos dicunt, processus, Commissio introductionis Causae, apud Sacram Rituum Congregationem instituendae, a Pio PP. XI, fel. rec., Decessore Nostro, die quinto mensis Maii anno millesimo nongentesimo tricesimo sexto, obsignata. Apostolicis deinde inquisitionibus absolutis, de virtutibus theologalibus et cardinalibus Venerabilis Helenae Guerra est disceptatum; quas, omnibus expensis et perspectis, Servam Dei heroum in modum coluisse Pius PP. XII, item Decessor noster, edito decreto die vicesimo sexto mensis Iunii anno millesimo nongentesimo quinquagesimo tertio, edixit. Exercita postea quaestione de miraculis, quae eadem deprecante a Deo ferebantur patrata, omnique re in suetis comitiis diligenter exquisita, Nos die undecimo mensis Martii hoc anno de duobus pronuntiavimus constare. Unum autem superfuit excutiendum, an Famula Dei inter Beatos Caelites tuto foret recensenda; quod quidem dubium propositum est a Venerabili Fratre Nostro Clemente Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinali Micara, Episcopo Veliterno, huius Causae Ponente seu Relatore. Omnes autem Purpurati Patres Sacris tuendis Ritibus praepositi Patresque Consultores id fieri posse cunctis suffragiis affirmarunt. Nos igitur, postquam enixas ad Deum preces admovimus, ut ad huiusmodi ferendam sententiam superni luminis copiam impetraremus, die decimo nono mensis Aprilis hoc anno, ad Venerabilis Famulae Dei Helenae Guerra sollemnem Beatificationem tuto procedi posse ediximus. Quae cum ita sint, Nos, vota Oblatarum Spiritus Sancti, Sororum a Sancta Zita vulgo nuncupatarum, explentes, harum Litterarum vi atque auctoritate Nostra Apostolica, facultatem facimus, ut Venerabilis Dei Famula Helena Guerra, Virgo, Beatae nomine in posterum appelletur, eiusque corpus ac lipsana, seu reliquiae, non tamen in sollemnibus supplicationibus deferendae, publicae christifidelium venerationi proponantur, atque etiam, ut eiusdem Beatae imagines radiis decorentur. Praeterea eadem auctoritate Nostra concedimus, ut de illa quotannis recitetur Officium de Communi Virginum cum lectionibus propriis per Nos approbatis, et Missa de eodem Communi cum orationibus propriis approbatis celebretur, iuxta Missalis et Breviarii Romani rubricas. Huiusmodi vero Officii recitationem Missaeque celebrationem fieri dumtaxat largimur in Archidioecesi Lucensi, cuius intra fines Beata ipsa orta est diemque obiit supremum, itemque in templis et sacellis ubique terrarum sitis, quibus Institutum Oblatarum Spiritus Sancti, vulgo Sororum a Sancta Zita, utitur, ab omnibus christifidelibus, qui horas canonicas recitare teneantur, et, quod ad Missas attinet, a sacerdotibus omnibus, ad templa seu sacella in quibus eiusdem Beatae festum agatur, convenientibus. Largimur denique, ut sollemnia Beatificationis Venerabilis Helenae Guerra, servatis servandis, supra dictis in templis seu sacellis celebrentur, diebus legitima auctoritate statuendis, intra annum postquam sollemnia eadem in Sacrosancta Patriarchali Basilica Vaticana fuerint peracta. Non obstantibus Constitutionibus et Ordinationibus Apostolicis ac Decretis de non cultu editis, ceterisque quibusvis contrariis. Volumus autem, ut harum Litterarum exemplis, etiam impressis, dummodo manu Secretarii Sacrae Rituum Congregationis subscripta sint atque eiusdem Congregationis sigillo munita, eadem prorsus fides adhibeatur, quae Nostrae voluntatis significationi, hisce ostensis Litteris, haberetur.
Datum Roma, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris die XXVI mensis Aprilis, Dominica IV post Pascha, anno MDCCCCLVIIII, Pontificatus Nostri primo.
Dominicus Card. Tardini
a publicis Ecclesiae negotiis