Ezequiel Moreno y Díaz

Ezequiel Moreno y Díaz

(1848-1906)

Beatificazione:

- 01 novembre 1975

- Papa  Paolo VI

Canonizzazione:

- 11 ottobre 1992

- Papa  Giovanni Paolo II

- Santo Domingo, Repubblica Dominicana

Ricorrenza:

- 19 agosto

Vescovo di Pastopoli in Colombia, appartenente all’Ordine degli Agostiniani Recolletti, nelle Isole Filippine e in America Meridionale spese tutta la sua vita per annunciare il Vangelo; modello per i Pastori che sotto la guida dello Spirito vogliono rispondere alle grandi sfide che fronteggia la Chiesa latinoamericana

 

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
"Mi sarò fatto indegno di soffrire per Dio, mio Signore? "

 

Terzogenito di coniugi poveri di beni materiali ma ricchi di virtù, Ezequiel Moreno nacque il 9 aprile 1848 ad Alfaro, provincia di La Rioja (Spagna).

Suo padre, Félix, di professione sarto, e sua madre, Josefa Díaz, modelli di onestà e di religiosità, diedero ai loro figli una profonda educazione cristiana. Ezechiele sentì fin da bambino la chiamata di Dio alla vita religiosa e missionaria. Desiderava annunziare il vangelo nelle Isole Filippine. Aveva sentito raccontare le meravigliose gesta dei missionari agostiniani recolletti che lavoravano in quelle terre lontane.

Seguendo l'esempio del fratello primogenito Eustachio, il 21 settembre 1864 vestì l'abito religioso nel convento degli agostiniani recolletti di Monteagudo, Navarra (Spagna), e prese il nome di fra Ezechiele della Vergine del Rosario, nome con cui amava essere chiamato. Un anno dopo, il 22 settembre, emetteva la professione religiosa ai piedi della Vergine del Cammino, che amava con singolare tenerezza. Nel 1866 passava al convento di Marcilla, dove fece gli studi di teologia.

Nel 1869, fu inviato con altri 17 confratelli nelle Isole Filippine, terra dei suoi sogni. Il 10 febbraio 1870 arriva a Manila dove, il 3 giugno 1871, è ordinato sacerdote e desti nato subito all'isola di Mindoro accanto a suo fratello Eustachio.

L'integrità della sua condotta, il suo amore per gli ammalati e il suo ardore per la diffusione del vangelo gli guadagnarono ben presto la stima dei superiori che nel 1872, - aveva appena 24 anni - gli affidano il delicato ufficio di missionario e cappellano castrense di una spedizione del governo spagnolo alle isole di Palawan. Lì mise subito a frutto il suo zelo apostolico nella colonia militare e i suoi aneliti missionari nelle sue perlustrazioni alla ricerca di popoli che non conoscevano Dio.

Colpito da forti febbri, si vide costretto a ritornare a Manila. Appena convalescente fu nominato parroco di Calapan e vicario provinciale degli agostiniani recolletti del l'isola di Mindoro, campo aperto per le sue sollecitudini missionarie. Dal 1876 al 1880 occupò le cariche di parroco de Las Pinas e di Santo Tomàs in Batangas e, dal 1880 al 1885, svolse gli uffici di predicatore del convento di Manila, parroco di Santa Cruz e amministratore del podere di Imus.

Il capitolo provinciale del 1885 nominò fra Ezechiele priore del convento di Monteagudo, dove si modellano le coscienze dei futuri missionari. Nessuno meglio di lui, missionario di grande esperienza con aureola di santo, poteva suscitare nei cuori dei giovani l'amore per le missioni.

Durante i 15 anni della sua permanenza nelle Filippine aveva lasciato dietro di sé un alone di santità e il vivo ricordo della sua pietà e del suo zelo apostolico. Questa fama di santità crescerà ancor di più durante i tre anni del suo mandato nel convento di Monteagudo.

Terminato il suo mandato di superiore del convento di Monteagudo, si offrì come volontario per restaurare l'Ordine in Colombia. Nominato capo di una spedizione, alla fine del 1888 partì dalla Spagna con altri sei religiosi volontari arrivando a Bogotà il 2 gennaio 1889. Il suo primo obiettivo sarà ristabilire l'osservanza religiosa nelle comunità. Era convinto che soltanto i buoni religiosi possono essere autentici apostoli e missionari, e lui ardeva dal desiderio di riattivare le missioni di Casanare, dove gli agostiniani recolletti della Colombia avevano insegnato il vangelo per moltissimi anni.

Ed è lui per primo a tuffarsi in quell'immenso territorio visitando a dorso di mulo i piccoli villaggi disseminati nella vasta pianura e sulle scoscese montagne. Le sue lettere dalle missioni suscitano l'entusiasmo del governo e delle autorità religiose e accendono l'animo dei religiosi.

Nel 1893 fra Ezechiele, famoso ormai per il suo zelo missionario e per le sue virtù, fu nominato vescovo titolare di Pinara e vicario apostolico di Casanare, venendo ordinato a maggio del 1894. Avrebbe preferito finire lì i suoi giorni in mezzo a sofferenze e privazioni - come manifesta in una delle sue lettere -, ma Dio lo aveva destinato per una missione ben più ardua e delicata. Infatti, nel 1895, fu nominato vescovo di Pasto. Quando gli fu comunicata la notizia gli venne alla mente un'angosciosa domanda: " Mi sarò fatto indegno di soffrire per Dio, mio Signore? ".

Invece nella sua nuova missione l'aspettavano situazioni ben più difficili e amare: umiliazioni, scherni, calunnie, persecuzioni e perfino l'abbandono da parte dei suoi superiori immediati. Vera notte oscura dello spirito con cui Dio purifica le anime chiamate alle cime della perfezione.

La sua profonda vita spirituale, sempre in tensione verso Dio, il suo amore alla contemplazione attirarono attorno a sé un gruppo di anime scelte che lui guidò con saggezza illuminata nei cammini della santità.

Amico della verità e delle anime a lui affidate, non esitò a mettere in pericolo la propria vita per le sue pecorelle, come il buon pastore. Fu il bersaglio degli insulti e delle persecuzioni di quanti volevano colpire la Chiesa.

In occasione di una polemica suscitata attorno alla sua persona per la fermezza con cui difendeva la fede, approfittò della visita " ad limina " nel 1898 per presentare al papa Leone XIII la sua rinunzia. Lo fece non per mancanza di fortezza di animo, ma per evitare " conflitti " e " dispiaceri " alla Santa Sede e per salvaguardare la fama " di una fratello nell'episcopato ". Il papa non accettò la sua rinunzia. Tornò quindi alla propria diocesi dove l'aspettavano nuove persecuzioni e gli orrori di una spietata guerra civile.

Nel 1905 fu affetto da una crudele malattia - tumore maligno al naso - che gli farà assaporare fino all'ultima goccia il calice del dolore. I medici lo incoraggiano a recarsi in Europa per farsi operare, ma lui si rifiuta perché non vuole abbandonare il suo gregge. Consigliato dai fedeli e dai sacerdoti, nel dicembre dello stesso anno torna in Spagna per sottoporsi a diversi interventi chirurgici a Madrid. Per conformarsi di più a Cristo, rifiuta l'anestesia durante questi dolorosissimi interventi, che sopportò senza un lamento e con una fortezza così eroica da commuovere il chirurgo e i suoi assistenti.

Sapendosi colpito a morte, volle passare gli ultimi giorni della sua vita nel suo caro convento di Monteagudo, accanto alla Madonna. Il 19 agosto 1906, dopo acerbissimi dolori, con gli occhi fissi sul crocifisso, consegnò la sua anima al Signore. Sepolto ai piedi dell'altare della chiesa della Vergine del Cammino, i suoi resti mortali riposano oggi in una bella cappella costruita appositamente entro il recinto della chiesa dopo la beatificazione.

La sua fama di santità si diffuse non solo dentro l'ordine degli agostiniani recolletti, ma anche in diverse parti del mondo, specialmente in Colombia. Sono moltissime le guarigioni attribuite alla sua intercessione, specialmente da tumori maligni. Le guarigioni di due malati di cancro serviranno come miracoli per la beatificazione prima, e poi per la canonizzazione. Si direbbe che, avendo lui provato le terribili conseguenze di questa malattia, abbia una speciale sensibilità per coloro che ne sono vittime.

Beatificato da Paolo VI il primo novembre 1975 sarà canonizzato nella città di Santo Domingo l'11 ottobre 1992 da Giovanni Paolo II, che ha voluto presentarlo al mondo come esempio di pastore e di missionario nel V Centenario dell'evangelizzazione dell'America.

MESSA PER IL V CENTENARIO DELL’EVANGELIZZAZIONE DEL CONTINENTE
E PER LA CANONIZZAZIONE DEL BEATO EZEQUIEL MORENO Y DÍAZ

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

«Faro a Colón» a Santo Domingo (Repubblica Dominicana)
Domenica, 11 ottobre 1992

 

“Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce” (Is 60, 1).

1. La commemorazione del V Centenario dell’inizio dell’Evangelizzazione del Nuovo Mondo, è un grande giorno per la Chiesa. Quale Successore dell’Apostolo Pietro ho la gioia di celebrare questa Eucaristia insieme ai miei fratelli Vescovi di tutta l’America Latina, così come i membri di altri Episcopati invitati, in questa terra benedetta, che cinquecento anni fa, ricevette Cristo, luce delle nazioni, e fu caratterizzata dal segno della Croce Salvifica. Da Santo Domingo desidero far giungere a tutti gli amatissimi figli d’America il mio appassionato saluto con le parole dell’Apostolo San Paolo: “Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (Gal 1, 3). Nel commemorare il 12 di ottobre del 1492, una delle date più importanti nella storia dell’umanità, il mio pensiero e il mio affetto si rivolgono a tutte e a ognuna delle Chiese particolari del continente americano. Che nonostante la distanza giunga a tutti la mia voce e la vicinanza della mia presenza.

2. Voce che abbraccia nel Signore le Chiese nel Cono Sud: Cile e Argentina, Uruguay e Paraguay. Voce di fraterno amore in Cristo per la Chiesa in Brasile, per le Chiese dei Paesi andini: Bolivia e Perù, Ecuador e Colombia. Voce di affettuosa comunione nella fede per la Chiesa in Venezuela, nel Suriname, nelle Antille, nella Repubblica Dominicana e a Haiti, a Cuba, in Giamaica e Porto Rico. Voce di pace nel Signore per le Chiese dell’America Centrale e di Panama, del Messico e dell’America del Nord. Insieme all’abbraccio fraterno ai miei fratelli nell’Episcopato, desidero presentare il mio cordiale e rispettoso saluto al Signor Presidente della Repubblica e alle altre autorità che ci accompagnano.

3. Le parole di Isaia nella prima lettura “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce” (Is 60, 1), ci mostrano la gloria della nuova Gerusalemme. Il profeta, a distanza di secoli, annunzia Colui che lui vede come la Luce del mondo. Da Gerusalemme viene l’aurora che risplenderà nella pienezza del Mistero divino disegnato fin da tutta l’eternità. Il suo splendore si estenderà a tutte le nazioni della terra. Oggi, riuniti intorno all’altare, celebriamo a Santo Domingo, nel render grazie a Dio, la venuta della luce che ha illuminato con splendore di vita e di speranza il cammino dei popoli che, cinquecento anni fa, furono iniziati alla fede cristiana. Con la forza dello Spirito Santo l’opera redentrice di Cristo si concretizzava attraverso quella moltitudine di missionari che, spinti dal precetto del Signore “predicate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15), attraversarono l’oceano per annunziare ai loro fratelli il messaggio di salvezza. Insieme ai miei fratelli Vescovi d’America, rendo grazie alla Santissima Trinità perché “tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio” (Sal 98, 3). Le parole del profeta sono diventate verità e vita in questo continente della speranza; per questo, con gioia incontenibile, possiamo oggi proclamare di nuovo: America, “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is 60, 1).

4. E quale maggior onore per l’America se non quello di poter presentare tutti quei testimoni di santità che durante questi cinque secoli hanno reso vivo nel Nuovo Mondo il messaggio di Gesù Cristo? Lì si trova quell’ammirevole moltitudine di santi e beati che adornano quasi tutto il territorio americano e le cui vite rappresentano i più maturi frutti dell’Evangelizzazione e sono modello e fonte di ispirazione per i nuovi evangelizzatori. In questa cornice di santità si colloca la presente canonizzazione del beato Ezequiel Moreno, che nella sua vita e nella sua opera apostolica ha riassunto mirabilmente gli elementi centrali della ricorrenza che celebriamo. In effetti, nella rilettura della sua santa vita, così come dei meriti e delle grazie celestiali di cui il Signore volle onorarlo - che abbiamo appena ascoltato nella richiesta ufficiale della sua canonizzazione - la Spagna, le Filippine e l’America Latina appaiono come i luoghi nei quali questo figlio insigne dell’Ordine degli Agostiniani Recolletti svolse la sua instancabile attività missionaria. Come Vescovo di Pasto, in Colombia, si sentì particolarmente spinto dal fervore apostolico che, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura di questa celebrazione liturgica, fa esclamare a San Paolo: “Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere senza averne prima sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?” (Rm 10, 14).

5. Il nuovo Santo ci si presenta innanzitutto come modello di evangelizzatore, il cui insopprimibile desiderio di annunziare Cristo guidò tutti i passi della sua vita. A Casanare, Arauca, Pasto, Santafé di Bogotá e in tanti altri luoghi si dedicò senza riserva alla predicazione, al sacramento della riconciliazione, alla catechesi, all’assistenza degli infermi. La sua inattaccabile fede in Dio, alimentata in ogni momento da una intensa vita interiore, fu la grande forza che lo sostenne nel dedicarsi al servizio di tutti, in particolare dei più poveri e abbandonati. Quale Pastore profondamente spirituale e attento, diede vita a diverse associazioni religiose; e dove non poteva arrivare di persona faceva in modo di esser presente mediante la pubblicazione, il giornale, la lettera personale. Sant’Ezequiel Moreno, con la sua vita e con la sua opera di evangelizzatore, è modello per i Pastori, specialmente dell’America Latina, che sotto la guida dello Spirito vogliono rispondere con nuovo ardore, nuovi metodi e nuova espressione alle grandi sfide che fronteggia la Chiesa latinoamericana, la quale, chiamata alla santità, la più preziosa ricchezza del cristianesimo, deve proclamare incessantemente “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13, 8). Il Signore Gesù Cristo, che fu annunziato per la prima volta ai popoli di questo continente cinquecento anni fa, ci porta la salvezza, poiché solamente Lui ha parole di vita eterna (cf. Gv 6, 69). “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). È il Dio che ama l’uomo fino al punto di dare la sua vita per lui. È il Dio incarnato, che muore e resuscita. È il Dio Amore! Oggi, insieme a tutta la Chiesa, rendiamo grazie per i cinque secoli di evangelizzazione. In verità si compiono le parole del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato: “Palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te” (Is 60, 5). Sono le ricchezze della fede, della speranza, dell’amore. Sono “i beni dei popoli”(Is 60, 5): i suoi valori, le sue conoscenze, la sua cultura. La Chiesa, che nel corso della sua storia ha conosciuto prove e divisioni, si sente arricchita da Colui che è il Signore della storia.

6. America, spalanca le porte a Cristo! Lascia che il seme piantato cinque secoli fa fecondi tutti gli spazi della tua vita: gli individui e le famiglie, la cultura e il lavoro, l’economia e la politica, il presente e il futuro. In questa solenne ricorrenza, desidero rivolgere il mio messaggio di pace e speranza a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà che in questo continente benedetto camminano attraverso le gioie e le tristezze del presente e aspirano a un futuro più giusto e fraterno. Invito coloro che hanno la responsabilità del governo delle Nazioni, con riguardo e rispetto verso le funzioni che esercitano, a un rinnovato impegno a favore della giustizia e della pace, della libertà e dello sviluppo integrale. Che non risparmino sforzi per potenziare i valori fondamentali della convivenza sociale: il rispetto della verità, i vincoli della solidarietà, la tutela dei diritti umani, l’onestà, il dialogo, la partecipazione dei cittadini a tutti i livelli. Che l’imperativo etico sia un costante punto di riferimento nell’esercizio delle loro funzioni. I principi cristiani che hanno plasmato la vita dei loro popoli, ispirando molte delle loro istituzioni, saranno il fattore determinante per il conseguimento della tanto desiderata integrazione latinoamericana e infonderanno viva speranza e nuovo dinamismo grazie ai quali giungeranno a occupare il posto che corrisponde loro nel concerto delle nazioni.

7. Incoraggio i rappresentanti del mondo della cultura, a una generosa unione delle intelligenze, volontà e creatività dinanzi alle sfide che attualmente si trova a fronteggiare l’America Latina. Motivando e stimolando la capacità morale e spirituale delle persone, siete, in gran misura, corresponsabili nella costruzione di una nuova società. L’America Latina deve consolidare la propria identità culturale e deve farlo da sola, rimanendo fedele alle sue radici più genuine, sulle quali in questi cinque secoli si sono incarnati i valori cristiani. La cultura, come strumento di avvicinamento e partecipazione, di comprensione e solidarietà, deve aprire nuove vie di progresso e stabilire le basi di un autentico umanesimo integrale che elevi la dignità dell’uomo alla sua vera ed irrinunciabile dimensione di figlio di Dio. Invito, dunque, con fermezza i responsabili della cultura in America Latina a intensificare i loro sforzi a favore dell’educazione, che è maestra del futuro, anima del dinamismo sociale, diritto e dovere di tutta la persona.

8. Non posso fare a meno di esortare i lavoratori e gli imprenditori - riguardo alle loro rispettive responsabilità nella società - alla solidarietà reale ed efficiente. La vostra sfida nelle attuali circostanze deve avere come obiettivo comune quello di servire l’uomo latinoamericano nelle sue improrogabili necessità: lottare contro la povertà e la fame, la disoccupazione e l’ignoranza; trasformare le risorse potenziali della natura con intelligenza, laboriosità e costanza; aumentare la produzione e promuovere lo sviluppo; umanizzare i rapporti di lavoro guardando sempre alla persona umana, alla sua dignità e ai suoi diritti, al di sopra degli egoismi e degli interessi di gruppo. Guardando all’attuale panorama dell’America Latina, e ancor di più, alle prospettive del futuro, si rende necessario stabilire le basi per la creazione di un’economia solidale. Bisogna sentire la povertà degli altri come propria e convincersi che i poveri non possono aspettare. Da parte loro, i poteri pubblici devono affrontare le ingiuste differenze che offendono la condizione degli uomini, fratelli e figli di uno stesso Padre e compartecipi dei doni che il Creatore ha messo nelle mani di tutti. Sebbene la Chiesa non pretenda in nessun momento di offrire soluzioni tecniche, tuttavia incoraggia la creazione di un progetto economico a livello continentale che, superando l’isolazionismo, possa presentarsi come valido interlocutore sulla scena internazionale e mondiale. D’altra parte, non posso fare a meno di rivolgere un urgente invito alle Nazioni sviluppate affinché prendano atto della loro responsabilità morale di fronte alla drammatica situazione di povertà di milioni di esseri umani in America Latina.

9. Esorto le famiglie dell’America, santuari dell’amore e della vita, a essere vere “chiese domestiche”, luogo di incontro con Dio, centro di irradiazione della fede, scuola di vita cristiana, dove si costruiscano le solide fondamenta di una società più integra, fraterna e solidale. Che nel loro seno, i giovani, la grande forza e speranza dell’America, possano trovare quegli alti e nobili ideali in grado di appagare le ansie dei loro cuori e di allontanarli dalla tentazione di una cultura egoistica e priva di orizzonti che li condurrebbe irrimediabilmente al vuoto e alla disperazione. In questa occasione desidero rendere un omaggio particolare alla donna latinoamericana che, generazione dopo generazione, è stata come l’angelo custode dell’anima cristiana di questo Continente.

Infine, il mio pensiero e la mia preghiera a Dio si rivolgono agli infermi, agli anziani, agli emarginati, alle vittime della violenza, a coloro che non hanno lavoro né una degna esistenza, ai senzatetto e ai detenuti: in breve, a quanti soffrono nel corpo o nello spirito. Che la coscienza del dolore e delle ingiustizie inflitte a tanti fratelli, possa essere, in questo V Centenario, occasione propizia per chiedere umilmente perdono per le offese, e per creare quelle condizioni di vita individuale, familiare e sociale che consentano uno sviluppo integrale e giusto per tutti, ma in particolare per i più abbandonati e diseredati. Mi tornano in mente quelle parole di San Toribio de Mogrovejo, Patrono dell’Episcopato Latinoamericano, nelle quali egli si dichiara profondamente addolorato perché “non solo in passato sono state compiute contro questi poveri indios tante offese e tanto gravi, ma anche ai nostri giorni molti continuano a fare lo stesso”. I sentimenti e la sollecitudine pastorale che riflettono queste parole, pronunciate da San Toribio al III Concilio provinciale di Lima del 1582, sono ancor oggi di grande completa attualità, amati fratelli Vescovi dell’America Latina che stamattina inizierete i lavori della IV Conferenza Generale. Era il comandamento del Signore, di predicare il Vangelo a tutte le creature (cf. Mc 16, 15) che muoveva il Santo Arcivescovo a dedicarsi senza limiti all’annunzio del messaggio di salvezza e alla difesa dei poveri. Oggi, i successori degli Apostoli in questa fertile terra, che cinque secoli fa ricevette la parola di Dio, si trovano di fronte a nuove e incalzanti sfide, ma sentono nella loro anima di Pastori gli urgenti interrogativi di San Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in Lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza che uno lo annunzi? E come lo annunzieranno senza essere prima inviati?” (Rm 10, 14-15).

10. Si tratta, amatissimi fratelli nell’Episcopato, di interrogativi fondamentali che sollecitano i Pastori della Chiesa di tutte le epoche. Rispondere a tali necessità e sfide, vecchie e nuove, è certamente il vostro compito prioritario nel Continente della speranza e l’obiettivo essenziale dell’importante riunione ecclesiale che vi preparate a celebrare. Siamo riuniti di fronte a questo Faro di Colombo, che con la sua forma a croce vuole simbolizzare la Croce di Cristo piantata su questa terra nel 1492. Con esso si è voluto anche rendere omaggio al grande Ammiraglio che lasciò scritto quale sua volontà: “mettete croci in tutte le vie e i sentieri, affinché Dio li benedica”.

“Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (Eb 13, 8). Egli è la nostra vita e la nostra unica guida. Solo in Lui è riposta la nostra speranza. Il Suo Spirito illumina i sentieri della Chiesa, che oggi come ieri, lo proclama Salvatore del mondo e Signore della storia. Ci sostiene la solida certezza che Lui non ci abbandona: “Ecco, io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20) furono le sue ultime parole prima di innalzarsi alla sua gloria. Gesù Cristo, luce del mondo, “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6) ci guida per i sentieri che passano per il cuore degli uomini e per la storia dei popoli affinché in ogni epoca e in tutte le generazioni vedano “la salvezza di nostro Dio” (Sal 98, 3).

Amen.

SOLENNE RITO DI BEATIFICAZIONE DI CINQUE SERVI DI DIO

OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI

Solennità di tutti i Santi
1° novembre 1975

   

I. La Chiesa ancora una volta esulta per cinque suoi eroici figli. In questo Anno Santo rifulge in modo particolare la nota della santità della Chiesa: «l'universale vocazione alla santità», posta in luce dal Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, 39-42) per tutte le categorie della Chiesa - vescovi, sacerdoti, religiosi, laici di ogni condizione e stato - viene stupendamente confermata da queste figure, forti, umili, sconosciute finora ai più, eppure ricchissime di esempi mirabili, di richiami validissimi, che ce le rendono vicine, simili, imitabili, e ci scuotono col loro impegno di dedizione operosa a Dio e ai fratelli. Ancora una volta, in questi Beati, Dio viene glorificato; la Chiesa non cessa di generargli figli che diffondono il suo Nome mediante la loro testimonianza concreta e suadente delle virtù teologali. La Chiesa dispiega davanti al mondo il suo segreto più profondo e vitale, la corrente santificatrice che tutta la permea, scaturendo dal cuore stesso di Dio Uno e Trino. Ma anche il genere umano viene da essi nobilitato e abbellito, perché continua ad esprimere dal suo grembo campioni di umanità completa di fedeltà alla grazia, i quali ci dicono che, nonostante tutto, il bene c'è, il bene lavora, il bene si diffonde, sia pure silenzioso, e supera in definitiva con i suoi benèfici influssi il rumore assordante, ma sterile e deprimente, del male.

II. Abbiamo cinque figure che onorano l'età moderna, diverse nelle loro esperienze, e pur simili per il loro comune denominatore di anime consacrate a Dio nel sacerdozio o nella vita religiosa. Esse hanno tutte qualcosa da dirci nella loro vita, che richiederebbe, per ciascuna, una trattazione a sé.

1. El primero de los nuevos Beatos es Ezequiel Moreno, religioso y obispo, una gloria más de la España católica. Nacido en Alfaro (Logroño) el año 1848, ingresa luego en la familia de los Agustinos Recoletos, llevando su celo más allá de las fronteras de la Patria: primero en las Filipinas, donde es ordenado sacerdote y desarrolla su apostolado en Manila, en las islas Palawan, en Imus. Después, en el Colegio-Noviciado de Monteagudo (Navarra); como primer Vicario Apostólico de Casanare, en Colombia, y como Obispo de Pasto, siempre en Colombia. Su celo se demuestra siempre infatigable en el anuncio de la Palabra de Dios, en el ministerio del sacramento de la Penitencia, en el cuidado de los enfermos por el día y por la noche, en la firme defensa de su grey contra los errores del tiempo, pero mostrando un gran amor y delicadeza para con las personas equivocadas. Merecería un discurso especial su amor a la cruz, como se reflejó durante la dolorosa enfermedad que lo condujo a la muerte en el año 1906. ¡Ejemplo vivo de santidad para los Obispos, quienes «son dotados de la gracia sacramental, con la que, orando, ofreciendo el sacrificio y predicando, por medio de todo tipo de preocupación episcopal y de servicio, puedan cumplir perfectamente el cargo de la caridad pastoral. No teman entregar su vida por las ovejas, y, hechos modelo para su grey (Cfr. 1 Petr. 5, 3), estimulen a la Iglesia, con su ejemplo, a una santidad cada día mayor»! (Lumen Gentium, 41)

2. Gaspare Bertoni, sacerdote veronese, fondatore della Congregazione degli Stimmatini (1777-1853)! Giovane sacerdote formato alla scuola ignaziana, egli si prodiga per il bene dei concittadini curando le piaghe lasciate dalla guerra franco-austriaca; e avendo avvertito l'urgente necessità di curare la gioventù, che vedeva in balìa di se stessa, priva di formazione, egli nella povertà e nell'umiltà più assoluta raccoglie ragazzi e giovani nel suo primo oratorio, che sorge col nome di Coorte mariana. L'istituzione si diffonde nel nome di Maria per dare ai giovani una formazione completa: scolastica, umanistica, e soprattutto spirituale, con gli insostituibili mezzi della direzione spirituale e della pietà eucaristica e mariana. Nasce così, nel 1816, presso la chiesa delle Stimmate, la Congregazione dei Missionari apostolici (detti appunto Stimmatini) che, in epoca non ben disposta verso gli Ordini religiosi, doveva attendere all'opera di educazione giovanile mediante le scuole gratuite. Confessore esperto, dedica cure particolarissime alle vocazioni, sostiene col suo incoraggiamento opere nascenti, tra cui quelle della Marchesa di Canossa e della Naudet; e la sua vita è una continua immolazione, fino all'estrema purificazione della malattia: «ho bisogno di patire», furono le sue ultime parole. Vediamo in questa mite e preveggente figura l'apostolo dei giovani, che anche oggi indica la via da seguire per un avvenire sicuro della società.

3. Vincenzo Grossi, sacerdote cremonese, fondatore delle Figlie dell'Oratorio (1845-1917): ecco un altro apostolo della gioventù e un esempio sereno e suadente per i sacerdoti direttamente impegnati nella cura d'anime, i nostri ottimi Parroci di tutto il mondo, che trovano in lui un nuovo modello di santificazione e di zelo. Fu infatti Parroco per 44 anni, con tutti gli impegni che una tal vita comporta, dalla predicazione aggiornata e viva alla delicata premura per gli infermi, dalle cure spirituali a quelle amministrative. La dedizione che in lui era accesa dalla profonda fede lo spinge soprattutto a pensare alla fanciullezza e adolescenza, a cui dedica le sue sollecitudini, e per la quale fonda l'Istituto delle Figlie dell'Oratorio, che in particolare si occupa del catechismo nelle parrocchie: semplice, grande, insostituibile apostolato, senza il quale non si pone nessun fondamento solido nella vita cristiana! Don Grossi fu così: nella solidità delle sue generose virtù, nascoste nel silenzio, purificate dal sacrificio e dalla mortificazione, raffinate dall'obbedienza, egli ha lasciato un solco profondo nella Chiesa, che oggi lo propone a modello e lo prega come intercessore.

4. Una misteriosa e continua chiamata alla sofferenza: ecco sintetizzata la vita, breve e intensa, di Anna Michelotti, Giovanna Francesca della Visitazione, nata ad Annecy nel 1843, e morta a Torino nel 1888, a 44 anni; la spiritualità salesiana l'accompagna in questa traiettoria, segnata dalla povertà, dall'umiltà, dalle incomprensioni, dalle croci. I suoi amori, fin dalla fanciullezza, inculcati poi alle sue Piccole Serve del S. Cuore di Gesù, furono: il tabernacolo e gli ammalati poveri, per i quali fondo la sua Congregazione. E una luce di amore che brilla e si accende nei tuguri della grande città, che spesso ignora chi soffre; questa luce indica a noi tutti il puro amore di Dio che si immola per i più poveri e abbandonati.

5. Und schließlich ehrt die Kirche heute noch eine andere junge Ordensfrau, die Schwester Maria vom göttlichen Herzen Droste zu Vischering. Sie ist ein Ruhm für Deutschland, wo sie in Münster (1863) geboren wurde, wie auch für Portugal, wo sie später als Oberin im Konvent der Schwestern vom Guten Hirten in Porto unter schwierigsten Umständen so segensreich gewirkt hat und im Alter von 36 Jahren 1899 gestorben ist. Sie Stammt aus einer angesehenen Adelsfamilie. Zu noch höheren Ehren gelangte sie jedoch durch die außergewöhnlichen Gnaden, deren Gott sie teilhaftig werden ließ: durch die glühende Verehrung zum Heiligsten Herzen Jesu und durch die Liebe, die sie dazu drängte, sich der gefährdeten Jugend und der Armen anzunehmen. In gleicher Weise galt ihr unermüdlicher apostolischer Eifer der Förderung von Priesterberufen. Durch schweres und froh erduldetes Leiden für das Heil der Seelen selber ein wahres Abbild des ewigen Guten Hirten, wurde Schwester Maria vom göttlichen Herzen zur demütigen Botin einer Sendung, die unser Vorgänger Leo XIII. durch die Weihe des Menschengeschlechtes an das Heiligste Herz Jesu bestätigen sollte. Diese wurde wenige Tage vor dem Tode unserer neuen Seligen mit der Enzyklika «Annum sacrum» (vom 25. Mai 1899) angekündigt. Die Botschaft dieser verehrungswürdigen Dienerin Gottes unterstreicht ebenso wie die der seligen Michelotti in gegenwärtigen Internationalen Jahr der Frau die besondere Bedeutung, die der Frau in der Kirche als wirksamer Mitarbeiterin im göttlichen Heilsplan zukommt.

É falar também de Portugal, em particular, evocar a figura da nova Beata Maria do Divino Coração Droste zu Vischering. Aos numerosos peregrinos portugueses, pois, vindos com OS seus Bispos da pátria adoptiva da nova Bern-aventurada, pátria que ela tanto amou, e onde foi e é tanto amada, especialmente aos do Porto, onde a irmã Maria do Divino Coração passou Parte da sua vida e se 1209 guarda o seu corpo, um cordial saudar, na alegria desta assembleia e da Igreja inteira.

III. Il messaggio che ci fanno giungere i nuovi Beati è quello comune a tutti coloro che hanno preso sul serio il Vangelo: amore a Dio «con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente» (Matth. 22, 37), e amore al prossimo, come e più di se stessi. È la via regale alla santità, fuori della quale non si costruisce nulla di valido per il Regno di Dio. I Beati Moreno, Bertoni, Grossi, Michelotti e Droste hanno veramente amato così il Signore e i fratelli: e nelle espressioni pur differenziate della loro pietà come della loro vita, si ritrovano i lineamenti comuni della santità cristiana. Ma essi ci dicono, insieme, anche qualcosa di particolare: cioè la cura dei giovani; l'amore alla Croce e ai sofferenti; l'amore alla Madonna.

1. Le souci des jeunes: dans la diversité des initiatives et des œuvres, ces bienheureux ont tous perçu, avec une clairvoyance qui nous frappe, la nécessité de suivre les jeunes, parce qu'ils étaient certains que ces jeunes portent l'avenir de l'Eglise et de la société. Avertissement sérieux pour notre temps! Il doit faire réfléchir les Evêques, les prêtres, les religieux et religieuses. Il invite à se consacrer davantage et toujours mieux aux merveilleuses énergies de la jeunesse, capables d'assurer la vitalité de la communauté chrétienne, la santé des familles, la continuité des vocations, l'engagement généreux pour un avenir meilleur.

2. Our new Beati still speak to us about the love of the Cross, for all of them have suffered and desired to suffer even to the heights. of heroism. And this heroism has been all the greater in that it has been concealed in detachment, in poverty, in difficulties, in misunderstandings, in sickness and in a hidden life - just like a grain that falls into the earth and dies in order to produce much fruit (Cfr. Io. 12, 24). And with this same dedication they have loved those who more than anyone else have been marked by the Cross: the poor and the sick; for they have discovered in them the disfigured countenance of Christ. This is indeed a relevant lesson today, when the wave of hedonism, the search for comfort at any cost, and deafness to the needs of others are threatening to make people forget that the greater part of humanity suffers from material and spiritual ills. The civilization of a people is measured by its sensitivity in the face of suffering and its capacity to relieve it!

3. Die neuen Seligen sprechen zu uns ferner von ihrer Liebe zur heiligen Jungfrau Maria, die ihr Apostolat ständig beseelt und als leuchtendes Vorbild begleitet hat. Als Mutter Gottes und Mutter der Kirche wirkt Maria «in mütterlicher Liebe bei der Geburt und der Erziehung der Gläubigen mit» (Lumen Gentium, 63). Deshalb ist sie in einer besonderen Weise in dem verborgenen Leben der Heiligen gegenwärting. Wir wollen damit schließn, daI wir unsere Gedanken auf sie richten. Sie ist die Königin aller Heiligen, die wir heute verehren, und der Ruhm des Paradieses in der jungfräulichen Schönheit ihres verklärten Leibes, der der Tempel des menschgewordenen Gotteswortes wurde, wie auch im Glanz der unvergleichlichen Heiligkeit ihrer Seele, voil der Gnade.

Al elevar hoy Nuestro pensamiento reverente hacia la Santísima Virgen, guiado por el ejemplo de los nuevos Beatos, no podemos menos de poner de relieve una feliz coincidencia: Hace precisamente veinticinco años, en este mismo día y lugar, Nuestro Predecesor Pío XII proclamaba solemnemente la Asunción de María a los cielos, en una explosión de júbilo para la Iglesia: «todas las generaciones me llamarán bienaventurada» (Luc. 1, 48). A Ella encomendamos nuestras vidas, las vicisitudes diversas del mundo actual, la Iglesia entera. Que María nos asista, nos guíe, nos encuentre dispuestos y dóciles, como los nuevos Beatos, a consagrarnos con Ella y con ellos, como Ella y como ellos, a la gloria del Padre, del Hijo, del Espíritu Santo.