Flavien Michel Melki

Flavien Michel Melki

(† 1915)

Beatificazione:

- 29 agosto 2015

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 29 agosto

Della Fraternità di Sant’Efrem, Vescovo di Djézireh dei Siri; ucciso in odium fidei dal governo dei “Giovani turchi” durante la persecuzione del 1915 dopo aver rifiutato di rinnegare la propria fede cristiana per aderire all'islam: testimonianza di “ecumenismo del sangue”. Nato e cresciuto nella Chiesa siro-ortodossa e morto in comunione con la Chiesa siro-cattolica

  • Biografia
  • Decreto sul Martirio
“È impossibile abbandonare i miei fedeli per salvare me stesso. Ciò è contrario alla mia fede e al mio dovere di pastore”

 

Flavien Mikhaiel Melki (al secolo: Giacomo) nacque nel 1858 a Kalaat Mara, vicino Mardin (attuale Turchia), in una famiglia appartenente alla Chiesa Siriana Ortodossa. A dieci anni fu inviato dai genitori nel monastero di Zaafarane, dove studiò liturgia, arabo, siriaco e turco. Divenuto diacono, ricoprì l’incarico di istruttore dei novizi e archivista della biblioteca del monastero. Durante questo periodo approfondì i suoi studi con la lettura dei Padri della Chiesa Orientale, maturando la decisione di aderire al cattolicesimo. Nel 1879, nonostante la contrarietà dei parenti e le resistenze dei confratelli, il Servo di Dio si recò in Libano nel seminario di Charfé, presso il Patriarcato Cattolico, per continuare la formazione teologica.

Nel 1883 emise i voti religiosi nella Comunità dei Fratelli di Sant’Efrem, nata con lo scopo di riportare i giacobiti, cioè i siriani ortodossi, nell’ambito della Chiesa Cattolica.

Il 13 maggio dello stesso anno venne ordinato sacerdote ad Aleppo. Subito dopo, fu nominato professore del Seminario di Mardin e missionario presso i villaggi giacobiti e russi, per seguire ed aiutare i cattolici ivi residenti.

Nel 1895, dopo che i curdi ebbero attaccato i villaggi cristiani e massacrati molti civili, si adoperò per venire incontro alle loro necessità primarie di cibo e sostentamento, conducendo una vita completamente votata a Dio, nella povertà e nell’obbedienza. Per questa sua sollecitudine fu nominato Corepiscopo, Vicario Generale, e Responsabile per l’assistenza spirituale e materiale dei cristiani dei villaggi più lontani.

Nel 1910 fu nominato Vicario Patriarcale di Mardin e il 19 gennaio 1913 venne consacrato Vescovo di Djézireh.

Il suo apostolato fu centrato sulla formazione dei presbiteri usciti dal giacobismo, sulla riparazione di molte chiese distrutte e sulla costruzione di nuove.

Durante la Prima Guerra Mondiale, cercò di fermare il piano dei “Giovani Turchi” di persecuzione del popolo armeno, coinvolgendo la totalità dei cristiani residenti nei territori coinvolti. Pur potendo fuggire e salvarsi, decise di rimanere con i suoi fedeli, ai quali continuò ad infondere sicurezza, spronandoli a rimanere sempre saldi nella propria fede.

Nell’estate del 1915 fu arrestato dalle autorità ottomane come unico responsabile della propria comunità. Sottoposto ad un interrogatorio e a lunghe torture, dopo aver rifiutato di convertirsi all’Islam, il 29 agosto 1915 fu condannato a morte e fucilato a Djézireh (Turchia).

 

Inchiesta Diocesana

L’Inchiesta Diocesana fu istruita presso la Curia del Patriarcato di Antiochia dei Siri a Beirut (Libano) dall’8 aprile 2010 al 20 settembre 2012, in venti Sessioni, durante le quali vennero escussi dieci testi, di cui due ex officio.

La validità giuridica degli atti dell'Inchiesta fu riconosciuta con il Decreto del 7 marzo 2014.

 

Congresso Peculiare dei Consultori Teologi

Si svolse il 21 luglio 2015, presieduto dal Promotore della Fede, con la partecipazione dei Consultori prescritti, i quali ritennero che il materiale addotto fosse sufficiente per qualità e quantità, al fine di formulare una valutazione teologica del presunto martirio. In particolare, l’aspetto formale risultò ben chiaro sia ex parte tiranni che ex parte victimae. Nell’estate del 1915, il Beato fu arrestato dalle autorità turche, venne sottoposto ad un interrogatorio e subì varie torture. In tale occasione, per aver salva la vita gli fu proposto di convertirsi all’Islam. Egli rimase in silenzio, facendo intendere che non avrebbe mai rinnegato la sua fede. Fu così fucilato il 29 agosto del 1915.

In riferimento all’elemento formale ex parte persecutorum, i Consultori furono concordi nel riconoscere che il Beato fu ucciso in quanto Vescovo cristiano. Il contesto storico e socio-culturale in cui maturò la vicenda era di chiara persecuzione anticristiana. Durante la Prima Guerra Mondiale i “Giovani Turchi” avevano intrapresero una feroce persecuzione contro il popolo armeno, colpendo i cristiani residenti nei territori della Turchia.

Per quanto riguarda il martirio formale ex parte victimae, egli ebbe la possibilità di fuggire per salvarsi, ma decise di rimanere con i suoi fedeli anche durante la prigionia.

Al termine della disamina, al dubbio proposto, i Consultori rispose all’unanimità con voto affermativo.

 

Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi

Si riunì il 7 agosto 2015.  L’Em.mo Ponente, dopo aver ripercorso l’iter della Causa ed il profilo biografico del Beato, mise in evidenza gli aspetti materiale e formale del suo martirio.

Il contesto di questa uccisione fu l’odium fidei dei musulmani contro i cristiani durante la persecuzione turca, che provocò lo sterminio degli armeni e il massacro delle altre minoranze cristiane. Il Beato, pur consapevole del pericolo di morte, continuò il suo apostolato, esortando i fedeli a rimanere saldi nella fede e cercando di aiutare tutti i cristiani che venivano sottoposti alle peggiori vessazioni. Un suo amico musulmano gli offrì la possibilità di fuggire e salvarsi, rifugiandosi nella vicina città di Yézidis, ma egli rifiutò dichiarando: “È impossibile abbandonare i miei fedeli per salvare me stesso. Ciò è contrario alla mia fede e al mio dovere di pastore”. Catturato a metà agosto 1915 insieme ad alcuni sacerdoti e laici, in carcere continuò a svolgere un prezioso apostolato, in particolare con la celebrazione dell’Eucaristia e del Sacramento della Riconciliazione. Rifiutatosi di aderire all’Islam, venne picchiato a sangue fino allo sfinimento e poi ucciso a colpi di fucile. Il suo corpo martoriato e sanguinante fu gettato, come quello degli altri fedeli, nelle acque del fiume Tigri.

Per il Beato, la disponibilità al martirio non fu solo una “grazia dell’ultimo momento”, ma la conclusione di una esistenza virtuosa interamente consacrata alla sequela Christi nella vita religiosa, come membro della Fraternità di Sant’Efrem.

Al termine della Relazione dell’Em.mo Ponente, che concluse constare de martyrio, gli Em.mi e gli Ecc.mi Padri hanno risposto al dubbio con unanime sentenza affermativa

 

ANTIOCHENA SYRORUM

 

Beatificationis seu Declarationis Martyrii

Servi Dei

Flaviani Michaëlis Melki

(in saeculo: Iacobi)

e Congregatione Fratrum Sancti Ephraimi

Episcopi Jazirensis Syrorum

 

(+ 1915)

___________

 

Super Martyrio

 

«Deo gratias agamus. […] Sacro Cordi confidamus. Sive vivamus sive moriamur, nos omnino Deo sumus».

 

Verba haec administro suo scripsit Servus Dei Flavianus Michaël Melki, priusquam sanguinem suum pro fide in Christum effunderet. In his valide compendiatur tam eius ferventis iter apostolatus quam evangelicae perfectionis vehemens inquisitio, qua tota eius vita denotabatur.

Servus Dei extremis anni 1858 in pago v.d. Kalaat Mara iuxta Mardam, olim Imperii Othomani in ditione, natus est. Familia eius ex traditione Syro-Orthodoxa scilicet Iacobitarum se profitebatur. Anno 1868 Servus Dei ad monasterium Sancti Ananiae in oppido Zaafarane, quod Ecclesiae Ortodoxae sedis Patriarchatus erat, missus est. Hic fere per decem annos commoratus, praeter theologica studia etiam Syriacam, Arabicam et Turcicam linguam didicit. Anno 1878 diaconus factus est, postea monasterii bibliothecarius et magister nominatus.

Cum hoc orationis meditationisque et studii iter conficeret, consilium in animum volvit amplectendi Catholicam Ecclesiam, quamvis parentes de hoc ei adversarentur; praeterea frater eundem alligavit et vi traxit ut in monasterium reduceret. Servus Dei suo in proposito perseveravit et ad Libanum iuxta Catholicum Patriarchatum contendit, ut institutionem suam perficeret ad sacerdotalem ordinationem. Fraternitatem Sancti Ephraimi ingressus, die 13 mensis Maii anno 1883 Beroeae sacro ordine auctus est. 

Praeter munus professoris Martinensi in dioecesano seminario ei mandatum est ut Iacobitarum et Ortodoxorum pagos rurali in regione TurAbdin visitaret. Consuetudinem cum parentibus recuperavit et interdum rediit eosdem ad visitandos, qui, tempore interposito, in Catholicam Ecclesiam ipsi accesserunt.

Anno 1895 Imperium Othomanum, in provincia Diyarbakir terribilibus caedibus Armenos trucidavit. Ecclesia et domus Servi Dei praedatae et deletae sunt, multi paroeciae incolae interfecti, in iis etiam Servi Dei mater. Sequentibus annis, multorum pagorum sacrorumque locorum iterum aedificandi operam navavit, dum sacerdotum ex Iacobitis proditorum institutionem consulit. Anno 1897 Episcopus eum vicarium generalem nominavit et pastoralem curam propinquorum pagorum commendavit ei. Etiam natali in pago ecclesiam et pueris scholam exstruxit. Ab anno 1902 in dioecesim Jazirensem, nunc v.d. Djézireh in Turcia, missus est, multis a fidelibus benigne acceptus. Etiam illic ecclesias et scholas pro pueris aedificavit, confraternitates fundavit canonicamque matutinam et vespertinam orationem redintegravit. Anno 1910 Patriarcha eum vicarium patriarchalem Mardinensem nominavit et duoas post annos Sancto Pontifici Pio X petivit ut eum nominaret consecraretque episcopum Jazirensem.  Die 19 mensis Ianuarii anno 1913 episcopali dignitate auctus est. Novo in ministerio populum suum ad egestatem aliasque inopias temperandas generose adiuvavit. Orationi et praedicationi fidelis semper fuit, summa cura amicitiam excoluit una cum dialogo erga non catholicos.

Anno 1915, autem, status Turcicus Armenos, Assyrios, Syros et Graecos scilicet omnes qui christianam fidem profitebantur, acriter aggressus est. Aestate Dominus Melki, cum audivisset christianos graviter periclitari, ad Jaziram raptim rediit, hac re valde navavit ut impediret quominus vi deportarentur.

Cum autem pericula etiam religiosis moderatoribus, a militibus insultatis, inciperent, ab oppidi principe, qui priscus erat amicus, exhortatus est ut iuxta Yazidismi sectatores confugeret, sed Servus Dei respondit dicens: «Absolute nequeo fideles meos relinquere ut me servarem, hoc enim et contra fidem meam et contra meum pastorale munus est». Ad dimidiam partem mensis Augusti Servus Dei una cum civitatis principibus, laicis et sacerdotibus deprehensus est. Etiam in captivitate iis operam dedit, qui cum eo eandemque sortem ferebant, qua re consolabatur omnes et exhortabatur ut fidem servarent usque ad finem. Ad militare tribunal ductus est et pertinaciter vim, ictus et contumelias tolleravit. Ei denique, ut vitam servaret, proposuerunt ut ad Macometi religionem se converteret; ipse autem summo consilio absolute denegavit. Etiam alii captivi in professionem fidei secuti sunt, hac re omnes per focilationem quinquies capite damnati sunt. Tum ergo ipse una cum sociis, catenis alligatus, ad ripam Tigridis fluminis deductus ibique vestimentis suis despoliatus et aliis violentiis acceptis, focile interfectus est. Erat illa dies 29 mensis Augusti anno 1915.

Servi Dei fama martyrii in communitate ecclesiali valde diffusa est, hac re a die 8 mensis Aprilis anno 2010 ad diem 30 mensis Septembris anno 2012 iuxta Antiochenum Syro-Catholicum Patriarchatum Inquisitio Eparchialis celebrata est, cuius iuridica validitas ab hac Congregatione de Causis Sanctorum, per decretum diei 7 mensis Martii anno 2014, est approbata. Exarata Positione, die 21 mensis Iulii anno 2015, positivo cum exitu Peculiaris Consultorum Theologorum Congressus celebratus est. Patres Cardinales et Episcopi Ordinaria in Sessione diei 7 mensis Augusti anno 2015, me Angelo Card. Amato praesidente, agnoverunt ob eiusdem fidem in Christum et in Ecclesiam interfectum esse.

Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de martyrio eiusque causa Servi Dei Flaviani Michaëlis Melki (in saeculo: Iacobi), e Congregatione Fratrum Sancti Ephraimi, Episcopi Jazirensis Syrorum, in casu et ad effectum de quo agitur.

 

     Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit.

 

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Super Martirio

 

     «Siano rese grazie a Dio. […] Confidiamo nel Sacro Cuore. Sia che viviamo sia che moriamo, noi siamo per Dio».

 

     Queste parole furono scritte ad un collaboratore da parte del Servo di Dio Flaviano Michele Melki poco tempo prima di versare il sangue per affermare la propria fedeltà a Cristo. Esse sintetizzano efficacemente tutto un cammino di fervente apostolato e di appassionata ricerca della perfezione evangelica che aveva segnato l’intera sua vita.

     Il Servo di Dio nacque verso la fine del 1858 a Kalaat Mara, presso Mardin, territorio all’epoca appartenente all’Impero Ottomano. La sua famiglia era di tradizione siro-ortodossa (detta pure “giacobita”). Nel 1868 il Servo di Dio venne mandato al monastero di Sant’Anania a Zaafarane, sede del Patriarcato ortodosso. Qui rimase per dieci anni, durante i quali studiò, oltre alla teologia, anche le lingue siriaca, araba e turca. Fu ordinato diacono nel 1878; in seguito, divenne bibliotecario del monastero e insegnante.

     Durante questo percorso di preghiera, di riflessione e di studio, maturò la decisione di aderire alla Chiesa Cattolica, nonostante il parere contrario dei suoi parenti: tra l’altro, il fratello, per riportarlo in monastero, arrivò a legarlo e a trascinarlo con la forza. Il Servo di Dio perseverò nella sua decisione e si recò in Libano, presso il Patriarcato cattolico, per completare la formazione in vista del sacerdozio. Entrò quindi nella Fraternità di Sant’Efrem. Fu ordinato sacerdote ad Aleppo il 13 maggio 1883.

     Oltre ad essere professore nel seminario diocesano di Mardin, fu incaricato di visitare i villaggi giacobiti e ortodossi nella regione rurale di TurAbdin. Riprese anche i rapporti con i familiari e di tanto in tanto tornava a visitarli: col tempo anch’essi divennero cattolici.

     Nel 1895 una serie di massacri perpetrati dall’Impero Ottomano contro gli armeni, funestò la provincia di Diyarbakir. Anche la chiesa e l’abitazione del Servo di Dio vennero saccheggiate e distrutte; morirono anche molti suoi parrocchiani, compresa sua madre. Negli anni seguenti egli si impegnò nell’opera di ricostruzione dei diversi villaggi e dei luoghi di culto, mentre continuava a seguire la formazione dei sacerdoti usciti ex giacobiti. Nel 1897 il Vescovo lo nominò vicario generale, incaricandolo della cura pastorale dei vicini villaggi. Anche nel suo villaggio di nascita costruì una chiesa e una scuola primaria.

     Dal 1902 fu inviato nella Diocesi di Gazarta (attuale Djézireh, in Turchia), accolto da molti fedeli. Anche qui fece costruire chiese e scuole primarie, fondò delle confraternite e curò la ripresa della preghiera canonica del mattino e della sera. Nel 1910 il Patriarca lo nominò vicario patriarcale di Mardin e due anni dopo chiese al Papa San Pio X di conferirgli l’episcopato per la sede di Gazarta. Il 19 gennaio 1913 fu ordinato vescovo. Nel nuovo ministero aiutò generosamente il suo popolo ad affrontare varie forme di miseria. Si mantenne fedele alla preghiera e alla predicazione, curando l’amicizia e il dialogo con i non cattolici.

     Ma nel 1915 il governo turco lanciò un durissimo assalto contro armeni, assiri, greci e siriaci, cioè le minoranze cristiane. Durante l’estate Monsignor Melki tornò precipitosamente a Gazarta, avendo sentito che i cristiani erano in serio pericolo, e si impegnò per salvarli dalla deportazione forzata.

     Quando i rischi cominciarono a manifestarsi anche per i capi religiosi, minacciati e insultati dai militari, venne invitato dal capo della città e suo amico di vecchia data a rifugiarsi presso gli yeziditi, in una città vicina. La sua replica fu: «È impossibile abbandonare i miei fedeli per salvare me stesso. Ciò è contrario alla mia fede e al mio dovere di pastore». Verso la metà di agosto il Servo di Dio fu arrestato insieme ad altri notabili cristiani, laici e sacerdoti. Anche nella prigionia si adoperò a favore di quanti condividevano la sua sorte, consolando ed esortando tutti a perseverare nella fede. Fu condotto di fronte a un tribunale militare e sopportò tenacemente violenze, percosse e insulti. Gli fu proposto di convertirsi all’islam per aver salva la vita, ma egli si rifiutò con determinazione. Anche gli altri prigionieri lo seguirono in quella professione di fede: per questo motivo, vennero condannati alla fucilazione, a gruppi di cinque. A quel punto, insieme ai suoi compagni, fu ridotto in catene e condotto sulle rive del fiume Tigri, dove venne spogliato degli abiti, subì ulteriori violenze e venne fucilato. Era il 29 agosto 1915.

     La fama del martirio del Servo di Dio si diffuse nella comunità ecclesiale, per cui dal dall’8 aprile 2010 al 30 settembre 2012 si celebrò presso il Patriarcato Siro-Cattolico di Antiochia l’Inchiesta diocesana, la cui validità giuridica fu riconosciuta da questa Congregazione con decreto del 7 marzo 2014. Preparata la Positio, il 21 luglio 2015 si celebrò il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi, che espresse parere favorevole. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 7 agosto 2015, presieduta da me Card. Angelo Amato, hanno riconosciuto che il suddetto Servo di Dio fu ucciso per la sua fedeltà a Cristo e alla Chiesa.

     De hisce omnibus rebus, referente subscripto Cardinale Praefecto, certior factus, Summus Pontifex Franciscus, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit Constare de martyrio eiusque causa Servi Dei Flaviani Michaëlis Melki (in saeculo: Iacobi), e Congregatione Fratrum Sancti Ephraimi, Episcopi Jazirensis Syrorum, in casu et ad effectum de quo agitur.

 

     Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit.

     Datum Romae, die 8 mensis Augusti a. D. 2015.

 

 

 

    

 ANGELUS Card. AMATO, S. D. B.

 Praefectus

 

                            + MARCELLUS BARTOLUCCI

                             Archiep. tit. Mevaniensis

                             a Secretis