Francisco Coll y Guitart

Francisco Coll y Guitart

(1812-1875)

Beatificazione:

- 29 aprile 1979

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 11 ottobre 2009

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 2 aprile

Sacerdote professo dell’Ordine dei frati Predicatori (Domenicani), fondatore della Congregazione delle Suore Domenicane dell’Annunciazione della Beata Vergine Maria

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
Missionario apostolico, pacificatore in tempo di guerre civili

 

Francisco Coll y Guitart, fondatore delle Suore Domenicane dell'Annunziata, nacque in Gombrèn, diocesi di Vic nella provincia di Gerona in Spagna, il 18 maggio 1812. Il 19 dello stesso mese e anno ricevette il battesimo. Fin dall'infanzia si sentì portato al sacerdozio ed entrò nel seminario della sua diocesi nel 1823, dove fece gli studi umanistici e il triennio filosofico. Nel 1830 entrò nell'Ordine dei Predicatori nel convento dell'Annunciazione di Gerona. Dopo il noviziato e la professione religiosa fino alla morte, nell'ottobre del 1831, fece gli studi teologici e ricevette gli ordini sacri fino al diaconato.

Nell'agosto del 1835, con i suoi fratelli della comunità, si vide obbligato ad abbandonare il convento a causa delle leggi persecutorie contro i religiosi in Spagna. Visse eroicamente la sua consacrazione religiosa come frate exclaustrato, visto che per tutta la durata della sua vita non fu possibile riaprire nessun convento di frati dell'Ordine dei Predicatori nel territorio della Provincia di Aragona alla quale apparteneva. Ricevette l'ordinazione sacerdotale a Solsona il 28 maggio 1836 e, avendo la certezza che non si autorizzava la riapertura dei conventi, in accordo con i superiori, offrì il suo servizio sacerdotale al Vescovo di Vic. Questi lo inviò come coadiutore alla parrocchia di Artés, prima e, subito dopo, nel dicembre del 1839, a quella de Moià.

Sin dall'inizio del suo ministero assunse impegni che andavano oltre quelli strettamente parrocchiali. Lo zelo che lo divorava lo salvò dall'inerzia della exclaustrazione. All'inizio fece parte de la « Hermandad Apostólica » che promosse Sant'Antonio Maria Claret e si impegnò a predicare esercizi spirituali e missioni popolari. Nel 1848 ricevette il titolo di Missionario Apostolico. Vari prelati lo chiamarono nelle loro diocesi affinché svolgesse una predicazione missionaria che fu pacificatrice in tempo di frequenti guerre civili. Il suo nome divenne popolare e venerato nelle varie regioni della Catalogna.

Con insistenza reclamavano la sua predicazione evangelica orientata a ravvivare la fede in mezzo al popolo di Dio e a conseguire il ritorno dei lontani dalle pratiche religiose. Si servì in modo speciale del Rosario, che propagò tra le genti dei paesi e delle città attraverso il rinnovamento delle confraternite, fondando il Rosario Perpetuo al quale si iscrissero migliaia di persone e con istruzioni rivolte ai fedeli affinché meditassero con frutto i suoi misteri. Sempre per promuovere il Rosario, pubblicò piccoli libri intitolati La Hermosa Rosa e La scala del cielo, di cui si stamparono diverse edizioni in un gran numero di esemplari perché si distribuissero abbondantemente durante le missioni. Predicava tutti gli anni la quaresima e i mesi di maggio e di ottobre in onore di Maria in città importanti: Barcellona, Lérida, Vic, Gerona, Solsona, Manresa, Igualada, Tremp, Agramunt, Balaguer…

Constatando l'ignoranza religiosa e la non corrispondenza alle norme della vita cristiana da parte dei battezzati fondò il 15 agosto 1856 la Congregazione delle Suore Domenicane dell'Annunziata per la santificazione dei suoi membri e l’educazione cristiana dell'infanzia e della gioventù, che vivevano nell'abbandono e nell'ignoranza religiosa. La Congregazione si estese, non solo in Europa, ma anche in America, Africa e Asia.

L'impegno e la predicazione, particolarmente per mezzo degli esercizi spirituali diretti a sacerdoti e religiose, missioni popolari, quaresimali, novene e altri modi di evangelizzazione, si può ben dire che durarono fino al termine della sua vita, anche quando negli ultimi cinque anni si ammalò di apoplessia progressiva che lo rese cieco. Tale malattia si verificò lo stesso giorno in cui i vescovi del mondo cattolico si riunivano a Roma per iniziare i lavori del Concilio Vaticano I.

Morì santamente in Vic il 2 aprile 1875. Fu beatificato dal Servo di Dio Giovanni Paolo II il 29 aprile 1979.

CAPPELLA PAPALE 
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI

 

ZYGMUNT SZCZĘSNY FELIŃSKI (1822 – 1895)
FRANCISCO COLL Y GUITART (1812 – 1875)
JOZEF DAMIAAN DE VEUSTER (1840 – 1889)
RAFAEL ARNÁIZ BARÓN (1911 – 1938)
MARIE DE LA CROIX (JEANNE) JUGAN (1792 – 1879)

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Domenica, 11 ottobre 2009

 

Cari fratelli e sorelle!

“Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Con questa domanda ha inizio il breve dialogo, che abbiamo ascoltato nella pagina evangelica, tra un tale, altrove identificato come il giovane ricco, e Gesù (cfr Mc 10,17-30). Non abbiamo molti dettagli circa questo anonimo personaggio; dai pochi tratti riusciamo tuttavia a percepire il suo sincero desiderio di giungere alla vita eterna conducendo un’onesta e virtuosa esistenza terrena. Conosce infatti i comandamenti e li osserva fedelmente sin dalla giovinezza. Eppure tutto questo, che è certo importante, non basta, - dice Gesù - manca una cosa soltanto, ma qualcosa di essenziale. Vedendolo allora ben disposto, il divino Maestro lo fissa con amore e gli propone il salto di qualità, lo chiama all'eroismo della santità, gli chiede di abbandonare tutto per seguirlo: “Vendi quello che hai e dallo ai poveri... e vieni e seguimi!” (v. 21).

“Vieni e seguimi!”. Ecco la vocazione cristiana che scaturisce da una proposta di amore del Signore, e che può realizzarsi solo grazie a una nostra risposta di amore. Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest'invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto. La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo. Così hanno fatto i cinque santi che oggi, con grande gioia, vengono posti alla venerazione della Chiesa universale: Zygmunt Szczęsny Feliński, Francisco Coll y Guitart, Jozef Damiaan de Veuster, Rafael Arnáiz Barón e Marie de la Croix (Jeanne) Jugan. In essi contempliamo realizzate le parole dell’apostolo Pietro: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito” (v. 28) e la consolante assicurazione di Gesù: “non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo , che non riceva già ora... cento volte tanto... insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà” (vv. 29-30)

Zygmunt Szczęsny Feliński, arcybiskup Warszawy, założyciel zgromadzenia Franciszkanek Rodziny Maryi, był wielkim świadkiem wiary i duszpasterskiej miłości w czasach bardzo trudnych dla narodu i Kościoła w Polsce. Gorliwie dbał o duchowy wzrost wiernych i pomagał ubogim i sierotom. W Akademii Duchownej w Petersburgu starał się o solidną formację przyszłych kapłanów. Jako arcybiskup warszawski zapalał wszystkich do wewnętrznej odnowy. Przed wybuchem powstania styczniowego ostrzegał przed niepotrzebnym rozlewem krwi. Jednak, gdy powstanie się rozpoczęło i gdy nastąpiły represje, odważnie stanął w obronie uciśnionych. Z rozkazu cara rosyjskiego spędził dwadzieścia lat na wygnaniu w Jarosławiu nad Wołgą. Nigdy już nie mógł powrócić do swojej diecezji. W każdej sytuacji zachował niewzruszoną ufność w Bożą Opatrzność i tak się modlił: „O Boże, nie od udręczeń i trosk tego świata nas ochraniaj... pomnażaj tylko miłość w sercach naszych i daj, abyśmy przy najgłębszej pokorze zachowali nieograniczoną ufność w pomoc i miłosierdzie Twoje”. Dziś jego ufne i pełne miłości oddanie Bogu i ludziom staje się świetlanym wzorem dla całego Kościoła.

[Zygmunt Szczęsny Feliński, Arcivescovo di Varsavia, fondatore della congregazione delle Francescane della Famiglia di Maria, è stato un grande testimone della fede e della carità pastorale in tempi molto difficili per la nazione e per la Chiesa in Polonia. Si preoccupò con zelo della crescita spirituale dei fedeli, aiutava i poveri e gli orfani. All’Accademia Ecclesiastica di San Pietroburgo curò una solida formazione dei sacerdoti. Come Arcivescovo di Varsavia infiammò tutti verso un rinnovamento interiore. Prima dell’insurrezione del gennaio 1863 contro l’annessione russa mise in guardia il popolo dall’inutile spargimento del sangue. Quando però scoppiò la sommossa e ci furono le repressioni, coraggiosamente difese gli oppressi. Per ordine dello zar russo passò vent’anni in esilio a Jaroslaw sul Volga, senza poter fare mai più ritorno nella sua diocesi. In ogni situazione conservò incrollabile la fiducia nella Divina Provvidenza, e così pregava: “Oh, Dio, proteggici non dalle tribolazioni e dalle preoccupazioni di questo mondo… solo moltiplica l’amore nei nostri cuori e fa che con la più profonda umiltà manteniamo l’infinita fiducia nel Tuo aiuto e nella Tua misericordia…”. Oggi il suo donarsi a Dio e agli uomini, pieno di fiducia e di amore, diventa un fulgido esempio per tutta la Chiesa.]

San Pablo nos recuerda en la segunda lectura que «la Palabra de Dios es viva y eficaz» (Hb 4,12). En ella, el Padre, que está en el cielo, conversa amorosamente con sus hijos de todos los tiempos (cf. Dei Verbum, 21), dándoles a conocer su infinito amor y, de este modo, alentarlos, consolarlos y ofrecerles su designio de salvación para la humanidad y para cada persona. Consciente de ello, San Francisco Coll se dedicó con ahínco a propagarla, cumpliendo así fielmente su vocación en la Orden de Predicadores, en la que profesó. Su pasión fue predicar, en gran parte de manera itinerante y siguiendo la forma de «misiones populares», con el fin de anunciar y reavivar por pueblos y ciudades de Cataluña la Palabra de Dios, ayudando así a las gentes al encuentro profundo con Él. Un encuentro que lleva a la conversión del corazón, a recibir con gozo la gracia divina y a mantener un diálogo constante con Nuestro Señor mediante la oración. Por eso, su actividad evangelizadora incluía una gran entrega al sacramento de la Reconciliación, un énfasis destacado en la Eucaristía y una insistencia constante en la oración. Francisco Coll llegaba al corazón de los demás porque trasmitía lo que él mismo vivía con pasión en su inte­rior, lo que ardía en su corazón: el amor de Cristo, su entrega a Él. Para que la semilla de la Palabra de Dios encontrara buena tierra, Francisco fundó la congregación de las Hermanas Dominicas de la Anunciata, con el fin de dar una educación integral a niños y jóvenes, de modo que pudieran ir descubriendo la riqueza insondable que es Cristo, ese amigo fiel que nunca nos abandona ni se cansa de estar a nuestro lado, animando nuestra esperanza con su Palabra de vida.

[San Paolo nella seconda lettura ci ricorda che "la Parola di Dio è viva, efficace" (Eb 4, 12). In essa, il Padre, che è in cielo, conversa amorevolmente con i suoi figli in ogni tempo (cfr. Dei Verbum, n. 22), facendo conoscere loro il suo infinito amore e, in tal modo, incoraggiarli, consolarli e offrire loro il suo disegno di salvezza per l'umanità e per ogni persona. Consapevole di ciò, san Francisco Coll si dedicò con impegno a diffonderla, compiendo così fedelmente la sua vocazione nell'Ordine dei Predicatori, nel quale emise la professione. La sua passione fu predicare, in gran parte in modo itinerante e seguendo la forma delle "missioni popolari", al fine di annunciare e di ravvivare nei paesi e nelle città della Catalogna la Parola di Dio, guidando così le persone all'incontro profondo con Lui. Un incontro che porta alla conversione del cuore, a ricevere con gioia la grazia divina e a mantenere un dialogo costante con Nostro Signore mediante la preghiera. Per questo, la sua attività evangelizzatrice includeva una grande dedizione al sacramento della Riconciliazione, un'enfasi particolare sull'Eucarestia e un'insistenza costante sulla preghiera. Francisco Coll giungeva al cuore degli altri perché trasmetteva quello che egli stesso viveva con passione nel suo intimo, quello che ardeva nel suo cuore:  l'amore a Cristo, il suo dono di sé a Lui. Affinché il seme della Parola di Dio trovasse un terreno buono, Francisco fondò la congregazione delle Suore Domenicane dell'Annunciazione, al fine di offrire un'educazione integrale ai bambini e ai giovani, di modo che potessero scoprire la ricchezza insondabile che è Cristo, questo amico fedele che non ci abbandona mai e non si stanca di stare al nostro fianco, animando la nostra speranza con la sua Parola di vita].

Jozef De Veuster, die de naam Damiaan verkreeg in de Congregatie van de Heilige Harten van Jezus en Maria, verliet zijn geboorteland Vlaanderen toen hij drie en twintig (23) jaar oud was, in achttienhonderd drie en zestig (1863), en wel om het Evangelie te verkondigen aan de andere kant van de wereld in de Hawaï-eilanden. Zijn missieactiviteit, die hem zoveel vreugde heeft verschaft, gaat zijn hoogtepunt vinden in de naastenliefde. Niet zonder vrees en weerzin, heeft hij ervoor gekozen naar het eiland Molokaï te gaan ten dienste van de melaatsen die zich daar bevinden, door iedereen verlaten; zo stelt hij zich bloot aan de ziekte waaronder ze lijden. Hij voelt zich bij hen thuis. De dienaar van het Woord is een lijdende dienaar geworden, melaats met de melaatsen gedurende de laatste vier jaar van zijn leven. Um Christus nachzufolgen, hat Pater Damian nicht nur seine Heimat verlassen, sondern auch seine eigene Gesundheit aufs Spiel gesezt: deshalb hat er - nach dem Wort, das Jesus uns heute im Evangelium verkündet - das ewige Leben bekommen (vgl. Mk 10,30). En ce 20ème anniversaire de la canonisation d’un autre saint belge, le Frère Mutien-Marie, l’Eglise en Belgique est unie une nouvelle fois pour rendre grâce à Dieu pour l’un de ses fils reconnu comme un authentique serviteur de Dieu. Nous nous souvenons devant cette noble figure que c’est la charité qui fait l’unité : elle l’enfante et la rend désirable. À la suite de saint Paul, saint Damien nous entraîne à choisir les bons combats (cf. 1 Tim 1, 18), non pas ceux qui portent la division, mais ceux qui rassemblent. Il nous invite à ouvrir les yeux sur les lèpres qui défigurent l’humanité de nos frères et appellent encore aujourd’hui, plus que notre générosité, la charité de notre présence servante.

[Jozef De Veuster, che nella Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria ha ricevuto il nome di Damiaan, quando aveva ventitré (23) anni, nel 1863, lasciò il suo Paese natale, le Fiandre, per annunciare il Vangelo all'altra parte del mondo, nelle Isole Hawaii. La sua attività missionaria, che gli ha dato tanta gioia, raggiunge il suo culmine nella carità. Non senza paura e ripugnanza, fece la scelta di andare nell'Isola di Molokai al servizio dei lebbrosi che si trovavano là, abbandonati da tutti; così si espose alla malattia della quale essi soffrivano. Con loro si sentì a casa. Il servitore della Parola divenne così un servitore sofferente, lebbroso con i lebbrosi, durante gli ultimi quattro anni della sua vita. 
Per seguire Cristo, il Padre Damiano non ha solo lasciato la sua patria, ma ha anche messo in gioco la sua salute: perciò egli - come dice la parola di Gesù che ci è stata annunciata nel Vangelo di oggi - ha ricevuto la vita eterna (cfr. Mc 10, 30) 
In questo ventesimo anniversario della canonizzazione di un altro santo belga, Fratel Mutien-Marie, la Chiesa in Belgio è riunita ancora una volta per rendere grazie a Dio per uno dei suoi figli, riconosciuto come un autentico servitore di Dio. Dinanzi a questa nobile figura ricordiamo che è la carità che fa l'unità: la genera e la rende desiderabile. Seguendo san Paolo, san Damiaan ci porta a scegliere le buone battaglie (cfr. 1 Tm 1, 18), non quelle che portano alla divisione, ma quelle che riuniscono. Ci invita ad aprire gli occhi sulle lebbre che sfigurano l'umanità dei nostri fratelli e chiedono, ancora oggi, più che la nostra generosità, la carità della nostra presenza di servitori.]

A la figura del joven que presenta a Jesús sus deseos de ser algo más que un buen cumplidor de los deberes que impone la ley, volviendo al Evangelio de hoy, hace de contraluz el Hermano Rafael, hoy canonizado, fallecido a los veintisiete años como Oblato en la Trapa de San Isidro de Dueñas. También él era de familia acomodada y, como él mismo dice, de “alma un poco soñadora”, pero cuyos sueños no se desvanecen ante el apego a los bienes materiales y a otras metas que la vida del mundo propone a veces con gran insistencia. Él dijo sí a la propuesta de seguir a Jesús, de manera inmediata y decidida, sin límites ni condiciones. De este modo, inició un camino que, desde aquel momento en que se dio cuenta en el Monasterio de que “no sabía rezar”, le llevó en pocos años a las cumbres de la vida espiritual, que él relata con gran llaneza y naturalidad en numerosos escritos. El Hermano Rafael, aún cercano a nosotros, nos sigue ofreciendo con su ejemplo y sus obras un recorrido atractivo, especialmente para los jóvenes que no se conforman con poco, sino que aspiran a la plena verdad, a la más indecible alegría, que se alcanzan por el amor de Dios. “Vida de amor... He aquí la única razón de vivir”, dice el nuevo Santo. E insiste: “Del amor de Dios sale todo”. Que el Señor escuche benigno una de las últimas plegarias de San Rafael Arnáiz, cuando le entregaba toda su vida, suplicando: “Tómame a mí y date Tú al mundo”. Que se dé para reanimar la vida interior de los cristianos de hoy. Que se dé para que sus Hermanos de la Trapa y los centros monásticos sigan siendo ese faro que hace descubrir el íntimo anhelo de Dios que Él ha puesto en cada corazón humano.

[Alla figura del giovane che esprime a Gesù il suo desiderio di fare qualcosa di più di adempiere semplicemente ai doveri che la legge impone, tornando al Vangelo di oggi, fa dà contrappunto fratel Rafael, oggi canonizzato, morto a ventisette anni come oblato nella trappa di San Isidro de Deuñas. Anche lui apparteneva a una famiglia agiata e, come egli stesso dice, era di "animo un po' sognatore", ma i suoi sogni non svaniscono dinanzi all'attaccamento ai beni materiali e ad altre mete che la vita del mondo a volte propone con grande insistenza. Disse sì alla proposta di seguire Gesù, in maniera immediata e decisa, senza limiti né condizioni. In tal modo, iniziò un cammino che, dal momento in cui nel monastero si rese conto che "non sapeva pregare", lo condusse in pochi anni sulla vetta della vita spirituale, che descrive con grande semplicità e naturalezza in numerosi scritti. Fratel Rafael, ancora vicino a noi, continua a offrirci con il suo esempio e con le sue opere un percorso attraente, soprattutto per i giovani che non si accontentano di poco, ma aspirano alla piena verità, alla più indicibile gioia, che si raggiungono solo attraverso l'amore di Dio. "Vita di amore... Ecco l'unica ragione per vivere", dice il nuovo santo. E insiste: "Dall'amore di Dio viene tutto". Che il Signore ascolti benigno una delle ultime preghiere di san Rafael Arnáiz, quando, nel donargli tutta la sua vita, lo supplicava:  "Prendi me e donati Tu al mondo". Che si doni per ravvivare la vita interiore dei cristiani di oggi! Che si doni affinché i suoi fratelli della trappa e i centri monastici continuino a essere quel faro che fa scoprire l'intimo anelito di Dio che Egli ha posto in ogni cuore umano].

Par son œuvre admirable au service des personnes âgées les plus démunies, Sainte Marie de la Croix est aussi comme un phare pour guider nos sociétés qui ont toujours à redécouvrir la place et l’apport unique de cette période de la vie. Née en 1792 à Cancale, en Bretagne, Jeanne Jugan a eu le souci de la dignité de ses frères et de ses sœurs en humanité, que l’âge a rendus vulnérables, reconnaissant en eux la personne même du Christ. « Regardez le pauvre avec compassion, disait-elle, et Jésus vous regardera avec bonté, à votre dernier jour ». Ce regard de compassion sur les personnes âgées, puisé dans sa profonde communion avec Dieu, Jeanne Jugan l’a porté à travers son service joyeux et désintéressé, exercé avec douceur et humilité du cœur, se voulant elle-même pauvre parmi les pauvres. Jeanne a vécu le mystère d’amour en acceptant, en paix, l’obscurité et le dépouillement jusqu’à sa mort. Son charisme est toujours d’actualité, alors que tant de personnes âgées souffrent de multiples pauvretés et de solitude, étant parfois même abandonnées de leurs familles. L’esprit d’hospitalité et d’amour fraternel, fondé sur une confiance illimitée dans la Providence, dont Jeanne Jugan trouvait la source dans les Béatitudes, a illuminé toute son existence. Cet élan évangélique se poursuit aujourd’hui à travers le monde dans la Congrégation des Petites Sœurs des Pauvres, qu’elle a fondée et qui témoigne à sa suite de la miséricorde de Dieu et de l’amour compatissant du Cœur de Jésus pour les plus petits. Que sainte Jeanne Jugan soit pour les personnes âgées une source vive d’espérance et pour les personnes qui se mettent généreusement à leur service un puissant stimulant afin de poursuivre et de développer son œuvre !

[Con la sua ammirevole opera al servizio delle persone anziane e più bisognose, Santa Marie de la Croix è a sua volta un faro che guida le nostre società, che devono sempre riscoprire il posto e il contributo unico di questo periodo della vita. Nata nel 1792 a Cancale, in Bretagna, Jeanne Jugan si preoccupò della dignità dei suoi fratelli e delle sue sorelle in umanità che l'età rendeva vulnerabili, riconoscendo in essi la persona stessa di Cristo. "Guardate il povero con compassione", diceva, "e Gesù vi guarderà con bontà, nel vostro ultimo giorno". Questo sguardo compassionevole verso le persone anziane, che veniva dalla sua profonda comunione con Dio, Jeanne Jugan l'ha mostrato nel suo servizio gioioso e disinteressato, esercitato con dolcezza e umiltà di cuore, volendo essere essa stessa povera fa i poveri. Jeanne ha vissuto il mistero di amore accettando, in pace, l'oscurità e la spoliazione fino alla sua morte. Il suo carisma è sempre attuale, poiché tante persone anziane soffrono di molteplici povertà e di solitudine, venendo a volte persino abbandonate dalle loro famiglie. Lo spirito di ospitalità e di amore fraterno, fondato su una fiducia illimitata nella Provvidenza, la cui sorgente Jeanne Jugan trovava nelle Beatitudini, ha illuminato tutta la sua esistenza. Questo slancio evangelico continua oggi in tutto il mondo nella Congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri, che fondò e che, sul suo esempio, rende testimonianza della misericordia di Dio e dell'amore compassionevole del Cuore di Gesù per i più piccoli. Che Santa Jeanne Jugan sia per le persone anziane una fonte viva di speranza e per le persone che si mettono generosamente al loro servizio un potente stimolo al fine di proseguire e di sviluppare la sua opera!].

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono della santità, che quest'oggi rifulge nella Chiesa con singolare bellezza. Mentre con affetto saluto ciascuno di voi - Cardinali, Vescovi, Autorità civili e militari, sacerdoti, religiosi e religiose, fedeli laici di varie nazionalità che prendete parte a questa solenne celebrazione eucaristica, - vorrei rivolgere a tutti l'invito a lasciarsi attrarre dagli esempi luminosi di questi Santi, a lasciarsi guidare dai loro insegnamenti perché tutta la nostra esistenza diventi un cantico di lode all'amore di Dio. Ci ottenga questa grazia la loro celeste intercessione e soprattutto la materna protezione di Maria, Regina dei Santi e Madre dell'umanità. Amen.

BEATIFICAZIONE DI P. JACQUES-DÉSIRÉ LAVAL, C.S.S. E DI P. FRANCISCO COLL, O.P.

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 29 aprile 1979

 

Chers Frères et Sœurs,

1. Alleluia! Alleluia! En ce troisième dimanche de Pâques, notre joie pascale s’exprime en écho la joie débordante des Apôtres qui, dès le premier jour, ont reconnu le Christ ressuscité. Le soir de Pâques, “le Christ se tint au milieu d’eux”. “Il leur montra ses mains et ses pieds”. Il les invita à le toucher de leurs mains. Et il mangea sous leurs yeux. Saisis de stupeur et lents a croire, les Apôtres le reconnurent enfin: “Ils furent remplis de joie à la vue du Seigneur”; et désormais personne ne put leur ravir leur joie, ni faire taire leur témoignage. Quelques instante plus tôt, le cœur des disciples d’Emmaüs était aussi tout brûlant au-dedans d’eux pendant que Jésus leur parlait en chemin et leur explicait les Ecritures; et ils l’avaient reconnu eux aussi à la fraction du pain.

L’allégresse de ces témoins, c’est la nôtre, chers Frères et Sœurs, nous qui partageons leur foi au Christ ressuscité. Glorifié auprès du Père, il ne cesse d’attirer les homnes à Lui, de leur communiquer sa vie, l’Esprit de sainteté, tout en leur préparant une place dans la maison du Père Précisément, ceste joie trouve aujourd’hui une éclatante confirmation, puisque nous célébrons deux admirables Serviteurs de Dieu qui, au siècle dernier, ont brillé sur notre terre de la sainteté du Christ et que l’Eglise est en mesure, désormais, de déclarer bienheureux, de les proposer au culte particulier et à l’imitation des fidèles: le Père Laval et le Père Coll, qu’il nous faut maintenant contempler.

2. Il est évidemment impossible de relever ici tous les faits saillants de la vie du Père Jacques-Désiré Laval, ni toutes les vertus chrétiennes qu’il a pratiquées à un degré héroïque. Retenons du moins ce qui caractérise ce missionnaire, au regard de la mission actuelle de l’Eglise.

C’est d’abord son souci d’évangéliser les pauvres, les plus pauvres, et, en l’occurrence, ses “chers Noirs” de l’Ile Maurice, comme il les appelait. Français, il avait commencé par exercer la médecine dans une petite cité de son diocèse natal d’Evreux, mais peu à peu, l’appel à un amour sans partage du Seigneur, qu’il avait un certain temps refoulé, lui fit abandonner son métier et la vie mondaine: “ Devenu prêtre, je pourrai faire plus de bien ”, expliquait-il à son frère. Vocation tardive au Séminaire Saint-Sulpice de Paris, il y fut aussitôt préposé au service des pauvres; puis, comme curé de la petite paroisse normande de Pinterville, il partageait tout son avoir avec les indigente. Mais en apprenant la misère des Noirs d’Afrique et l’urgence de les amener au Christ, il obtint de partir à l’Ile Maurice, avec le Vicaire Apostolique, Mgr Collier. Durant vingt-trois ans, jusqu’à sa morte, il consacra tout son temps, usa toutes ses forces, donna tout son cœur à l’évangélisation des autochtones: sans jamais se lasser il sut les écouter, les catéchiser, leur faire découvrir leur vocation chrétienne. Souvent aussi il intervint pour améliorer leur condition sanitaire et sociale.

L’acharnement qu’il y mit ne cesse de nous étonner, surtout dans les conditions décourageantes de sa mission Mais, dans son apostolat, il alla toujours à l’essentiel.

Le fait est que notre missionnaire a laissé derrière lui d’innombrables convertis, à la foi et à la piéte solides. Il n’était point porté vers les cérémonies tapageuses, séduisantes pour ces âmes simples mais sans lendemain, ni vers les envolées oratoires. Son souci éducatif était très inséré dans la vie, il ne craignait pas de revenir sans cesse sur les points essentiels de la doctrine et de la pratique chrétiennes, et il n’admettait au baptême ou à la première communion que des gens préparés par petits groupes et éprouvés. Il prit grand soin de mettre à la disposition des fidèles des petites chapelles disséminées dans l’île. Une autre initiative remarquable qui rejoint le souci de nombreux pasteurs aujourd’hui: il s’adjoignit des collaborateurs, hommes et femmes, comme chefs de prière, catéchistes, visiteuses et conseillères des malades, responsables de petites communautés chrétiennes, autrement dit des pauvres, évangélisateurs de pauvres.

Quel est donc le secret de son zèle missionnaire? Nous le trouvons dans sa sainteté: dans le don de toute sa personne à Jésus-Christ, inséparable de sa tendresse pour les hommes, surtout pour les plus humbles, qu’il veut faire accéder au salut du Christ. Tout le temps qu’il ne consacrait pas à l’apostolat direct, il le passait à prier, surtout devant le Saint-Sacrement, et il joignait continuellement à sa prière mortifications et pénitences qui ont très vivement frappé ses confrères, malgré sa discrétion et son humilité. Lui-même confie souvent le regret de sa tiédeur spirituelle – disons plutôt le sentiment de sa sécheresse: n’est-ce pas précisément qu’il accorde le plus grana prix au fervent amour de Dieu et de Marie, auquel il veut initier ses fidèles? C’est là aussi le secret de sa patience apostolique: “ C’est sur le bon Dieu tout seul et sur la protection de la Sainte Vierge que nous nous appujons ”. Quelle magnifique confession! Sa spiritualité missionnaire s’était d’ailleurs inscrite, dès le début, dans le cadre d’un jeune Institut religieux et marial, et il eut toujours à cœur d’en suivre les exigences spirituelles, malgré sa solitude et son éloignement géographique: la Société du Saint-Cœur de Marie, dont il fut l’un des tout premiers membres aux côtés du célèbre Père Libermann, et qui sera bientôt fondue avec la Congrégation du Saint-Esprit. L’Apôtre, aujourd’hui comme hier, doit d’abord entretenir en lui la vigueur spirituelle: il témoigne de ce qu’il puise continuellement à la Source.

Voilà un modèle pour les évangélisateurs d’aujourd’hui.Qu’il inspire les missionnaires, et, j’ose dire, tous les prêtres, qui ont d’abord la sublime mission d’annoncer Jésus-Christ et de former à la vie chrétienne!

Qu’il soit, à un litre particulier, la joie et le stimulant de tous les religieux spiritains, qui n’ont cessé d’implanter l’Eglise, notamment en terre africaine, et y œuvrent avec tant de générosité!

Que l’exemple de Père Laval encourage tous ceux qui, sur le continent africain et ailleurs, s’efforcent de bâtir un monde fraternel, exempt de préjugés raciaux! Que le Bienheureux Laval soit aussi la fierté, l’idéal et le protecteur de la communauté chrétienne de l’Ile Maurice, si dynamique aujourd’hui, et de tous les Mauriciens!

A ces souhaits, je suis heureux d’ajouter un salut très cordial à la Délégation du Gouvernement de l’Ile Maurice, comme aussi à celle du Gouvernement français qui sont venues participer à ceste cérémonie.

Traduzione italiana dell'omelia pronunciata in francese: 

Cari Fratelli e Sorelle. 

1. Alleluia! Alleluia! In questa terza domenica di Pasqua la nostra gioia pasquale si esprime come eco della traboccante letizia degli Apostoli, i quali, fin dal primo giorno, hanno riconosciuto il Cristo risuscitato. La sera di Pasqua “il Cristo apparve in mezzo a loro”. “Egli mostrò loro le mani e i piedi”. Li invitò a toccarlo con le loro mani. Mangiò dinanzi a loro (cf. Lc 24,36.39.40). Pur presi dallo stupore e lenti a credere, infine gli Apostoli lo riconobbero: “Furono pieni di gioia alla vista del Signore” (Gv 20,20; Lc 24,41); e poi nessuno poté sottrarre loro quella gioia (cf. Gv 16,22) né far tacere la loro testimonianza (cf. At 4,20). Qualche istante prima anche il cuore dei discepoli di Emmaus ardeva nel loro petto mentre Gesù, camminando con loro, parlava e spiegava le Sacre Scritture; ed anch’essi l’avevano riconosciuto allo spezzar del pane (cf. Lc 24,32.35). 

La letizia di questi testimoni, cari Fratelli e Sorelle, è anche nostra: noi condividiamo la loro fede nel Cristo risuscitato. Glorificato presso il Padre, egli non cessa di attirare a sé gli uomini, di comunicare loro la sua vita, lo Spirito di santità, preparando loro, insieme, un posto nella casa del Padre. 

Proprio questa gioia trova oggi una fulgida conferma, giacché noi festeggiamo due meravigliosi Servi di Dio che nel secolo scorso hanno brillato, qui sulla terra, della santità di Cristo; la Chiesa è ormai in grado di dichiararli beati e proporli al culto particolare e alla imitazione dei fedeli: essi sono il padre Laval e il padre Coll. Ora faremo la loro conoscenza. 

2. Evidentemente, è impossibile far risaltare qui tutti i fatti importanti della vita del padre Giacomo Desiderato Laval, né tutte le virtù cristiane che egli ha praticato in grado eroico. Sottolineiamo, almeno, quel che ha caratterizzato questo missionario e che sia in rapporto con l’attuale missione della Chiesa. 

Anzitutto la sua ansia di evangelizzare i poveri, i più poveri, e, nel suo caso, i suoi “cari Negri” dell’Isola Maurizio: così soleva chiamarli. Francese, aveva cominciato ad esercitare la medicina in una cittadina della sua diocesi natale di Evreux; ma a poco a poco la chiamata – rifiutata per un certo tempo – ad un indiviso amore del Signore gli fece abbandonare la sua professione e la vita mondana: “Da prete potrò fare di più per il bene del prossimo”, spiegava egli a suo fratello (cf. Biografia). Vocazione tardiva al seminario San Sulpizio di Parigi, subito vi fu preposto al servizio dei poveri; poi, come curato nella piccola parrocchia di Pinterville in Normandia, condivideva con gli indigenti tutto il suo avere. Ma, conosciuta la miseria dei Negri d’Africa e l’urgenza di accostarli a Cristo, ottenne di partire per l’Isola Maurizio con il Vicario Apostolico Monsignor Collier. Per ventitré anni, fino alla morte, consacrò tutto il suo tempo, spese tutte le sue forze, diede tutto il suo cuore alla evangelizzazione degli indigeni: senza mai stancarsi seppe ascoltarli, catechizzarli e far loro scoprire la vocazione cristiana. Spesso anche intervenne per migliorare la loro condizione sanitaria e sociale. 

Il suo impegno e dedizione non cessa di stupirci, tenuto conto soprattutto delle scoraggianti condizioni della sua missione. Ma, nel suo apostolato, andò sempre all’essenziale. 

È un fatto che il nostro missionario ha lasciato innumerevoli convertiti di solida fede e pietà. Non era portato né per svolazzi oratori né verso cerimonie vistose, seducenti per quelle anime semplici ma prive di un domani. Il suo intento educativo era ben inserito nella vita: non esitava a tornare continuamente sui punti essenziali della dottrina e della pratica cristiana, né ammetteva al Battesimo o alla Prima Comunione che persone preparate a piccoli gruppi e ben saggiate. Ebbe gran cura di mettere a disposizione dei fedeli delle piccole cappelle disseminate per l’isola. Ecco, ora, un’altra sua notevole iniziativa, che somiglia alla mira di tanti pastori di oggi: egli si scelse dei collaboratori, uomini e donne, come guide per la preghiera, catechisti, visitatrici e consigliere dei malati, responsabili di piccole comunità cristiane: cioè poveri che evangelizzassero altri poveri. 

Qual è dunque il segreto del suo zelo missionario? La sua santità: dono di tutta la sua persona a Gesù Cristo, inseparabile dalla sua tenerezza per gli uomini, soprattutto per i più umili, che egli vuole accostare alla salvezza del Cristo. Tutto il tempo non dedicato all’apostolato diretto lo trascorreva pregando, specialmente dinanzi al Santo Sacramento; e alla sua preghiera univa continuamente penitenze e mortificazioni che, nonostante la sua discrezione e umiltà, hanno vivamente colpito i suoi confratelli. Lui stesso manifesta spesso il rammarico per la sua tiepidezza spirituale o piuttosto per la sofferta consapevolezza della sua aridità: non dà egli, infatti, il primo posto al fervente amore di Dio e di Maria, a cui vuol pure iniziare i suoi fedeli? Questo è il segreto della sua pazienza nell’apostolato: “Contiamo solo sul buon Dio e sulla protezione della Santa Vergine” (Lettera del 6 luglio 1853, cf. Biografia). Che magnifica confessione! Del resto la sua spiritualità missionaria fin dall’inizio si era inscritta nel quadro di un giovane istituto religioso mariano ed ebbe sempre cura di viverne lo spirito, malgrado la solitudine e la lontananza geografica: la Società del Sacro Cuore di Maria, di cui egli fu uno dei primi membri accanto al celebre padre Libermann, Società che ben presto si fonderà con la Congregazione dello Spirito Santo. L’apostolo, oggi come ieri, deve anzitutto conservare in sé il vigore spirituale: è infatti testimone di quanto attinge continuamente alla Sorgente. 

Ecco un modello per gli evangelizzatori di oggi: che ispiri i missionari, anzi, oso dire, tutti i preti, che hanno in primo luogo la sublime missione di annunciare Gesù Cristo e di formare alla vita cristiana! 

Che sia, a titolo particolare, gioia e stimolo per tutti i religiosi della Congregazione dello Spirito Santo, i quali non hanno cessato di piantar la Chiesa, specialmente in Africa, dove lavorano con tanta generosità! 

Che l’esempio del padre Laval incoraggi quanti, sul continente africano e altrove, si sforzano di costruire un mondo fraterno, esente da pregiudizi razziali! Che il Beato Laval sia anche vanto, ideale e protettore della così dinamica comunità cristiana dell’Isola Maurizio e di tutti i Mauriziani! 

A questi auguri son lieto di unire un saluto cordialissimo alla Delegazione del Governo dell’Isola Maurizio e a quella del Governo francese, che son venute per partecipare a questa cerimonia. 

3. Un segundo motivo de alegría eclesial es la beatificación de otra figura que la Iglesia quiere hoy exaltar y proponer a la imitación del Pueblo de Dios: el Padre Francisco Coll. Una nueva gloria de la gran familia dominicana y no menos, de la familia diocesana de Vich. Un religioso y a la vez un modero de apóstol – durante gran parte de su vida – entre les filas del clero vicense. 

Una de esas personalidades eclesiales, que en la segunda mitad del siglo diecinueve, enriquecen a la Iglesia con nuevas fundaciones religiosas. Un hijo de la sierra española, de Cataluña, en la que han brotado tantas almas generosas que han legado a la Iglesia una herencia fecunda. 

En nuestro caso, esa herencia se concreta en una labor magnífica e incansable de predicación evangélica, que culmina en la fundación del Instituto hoy llamado de les Religiosas Dominicas de la Anunciada, en gran número aquí presentes para celebrar a su Padre Fundador, unidas a tantos miembros de les diversas obras a les que la Congregación ha dado vida. 

No podemos presentar ahora una semblanza completa del nuevo Beato, espejo admirable – como habéis podido observar a través de la lectura de su biografía – de heroicas virtudes humanas, cristianas, religiosas, que le hacen digno de elogio y de imitación en nuestra peregrinación terrena. Limitémonos a discurrir brevemente acerca de un aspecto más saliente en esta figura eclesial. 

Lo que más impresiona al acercarse a la vida del nuevo Beato es su afán evangelizador. En en momento histórico muy difícil, en el que les convulsiones sociales y les leyes persecutorias contra la Iglesia le hacen abandonar su convento y vivir permanentemente fuera de él, el Padre Coll, colocándose por encima de inspiraciones humanas, sociológicas o políticas, se consagra enteramente a una asombrosa tarea de predicación. Tanto durante su ministerio parroquial, especialmente en Artés y Moyá, como en su fase posterior de misionero apostólico, el Padre Coll se manifiesta un verdadero catequista, un evangelizador, en la mejor línea de la Orden de Predicadores. 

En sus incontables correrías apostólicas por toda Cataluña, a través de memorables misiones populares y otras formas de predicación, el Padre Coll – Mosén Coll, para muchos – es transmisor de fe, sembrador de esperanza, predicador de amor, de paz, de reconciliación entre quienes les pasiones, la guerra y el odio mantenían divididos. Verdadero hombre de Dios, vive en plenitud su identidad sacerdotal y religiosa, hecha fuente de inspiración en toda su tarea. A quien no siempre comprende los motivos de ciertas actitudes suyas, responde con un convencido “ porque soy religioso ”. Esa profunda conciencia de sí mismo, es la que orienta su labor incesante. 

Una tarea absorbente, pero a la que no falsa una base sólida: la oración frecuente, que es el motor de su actividad apostólica. En ese punto, el nuevo Beato habla de manera bien elocuente: es él mismo hombre de oración; por ese camino quiere introducir a los fieles (basta ver lo que dice en sus dos publicaciones “La hermosa rosa ” y “ La escara del cielo”); ese es el sendero que señala en la Regla a sus hijas, con palabras vibrantes, que por su actualidad hago también mías: “La vida de les Hermanas debe ser vida de oración... Por esto os recomiendo y os vuelvo a recomendar, amadas hermanas: no dejéis la oración”.

El neo-Beato recomienda diversas formas de plegaria que sostenga la actividad apostólica. Pero hay una que es su preferida y que tengo especial agrado en recoger y subrayar: la oración hecha contemplando los misterios del rosario; esa “ escara para subir al cielo ”, compuesta de oración mental y vocal que “ son les dos ales que el Rosario de María ofrece a les almas cristianas ”. Una forma de oración que también el Papa practica con asiduidad y a la que os invita a uniros todos vosostros, sobre todo en el próximo mes de mayo consagrado a la Virgen.

Concluyo estas reflexiones en lengua española saludando a les Autoridades que han venido para estas celebraciones en honor del Padre Coll. Invitando a todos a imitar sus ejemplos de vida, pero en especial a los hijos de Santo Domingo, al clero y particularmente a vosotras, Hermanas Dominicas de la Anunciada, venidas de España, de Europa, de América y Africa, donde vuestra actividad religiosa se despliega con generosidad.

Traduzione italiana dell'omelia pronunciata in spagnolo:

3. Un secondo motivo di gioia ecclesiale è la beatificazione di un’altra figura che la Chiesa desidera oggi esaltare e proporre alla imitazione del Popolo di Dio: il padre Francesco Coll. Una nuova gloria della famiglia domenicana nonché della famiglia diocesana di Vich. Un religioso e insieme un modello di apostolo, durante gran parte della sua vita, tra le file del clero di quella diocesi. 

Una di quelle personalità ecclesiastiche che nella seconda metà del secolo XIX arricchiscono la Chiesa di nuove fondazioni religiose. Un figlio della terra spagnola, della Catalogna, nella quale son germogliate tante generose anime che han lasciato alla Chiesa una feconda eredità! 

Nel nostro caso tale eredità si concretizza in una magnifica e instancabile opera di predicazione evangelica che culmina nella fondazione dell’Istituto chiamato oggi delle Religiose Domenicane dell’Annunziata: esse, insieme a tanti membri delle varie opere cui la Congregazione ha dato vita, son presenti qui in gran numero per festeggiare il loro Padre Fondatore. 

Non possiamo tracciare ora un ritratto completo del nuovo Beato: come avete potuto ricavare dall’ascolto della sua biografia egli è specchio mirabile di eroiche virtù umane, cristiane, religiose, che lo fan degno di lode e di imitazione nel nostro pellegrinaggio terreno. Limitiamoci ad intrattenerci brevemente su un aspetto emergente in questa figura di ecclesiastico. 

Quel che più fa impressione accostandoci alla vita del nuovo Beato, è la sua attività di evangelizzatore. In un momento storico assai difficile, in cui convulsioni sociali e leggi persecutorie contro la Chiesa lo costringono ad abbandonare il convento e a viverne costantemente fuori, il padre Coll si consacra interamente ad una meravigliosa opera di predicazione ponendosi al di sopra di ogni visuale umana, sociologica o politica. Sia durante il ministero parrocchiale, particolarmente ad Artés e a Moyá, sia nel periodo successivo di missionario apostolico, il padre Coll si rivela un vero catechista ed evangelizzatore, nella migliore tradizione dell’Ordine dei Predicatori.

Durante i suoi innumerevoli viaggi apostolici per tutta la Catalogna, con memorabili missioni popolari e altre forme di predicazione, il padre Coll – Mosén Coll, per molti – è seminatore di fede e di speranza, predicatore di carità, di pace, di riconciliazione tra quanti le passioni, la guerra e l’odio tenevano divisi. Vero uomo di Dio, vive in pienezza la sua identità sacerdotale e religiosa, divenuta fonte di ispirazione durante tutto il suo ministero. A quanti non sempre comprendono i motivi di certi suoi atteggiamenti, risponde con un convinto “perché sono religioso”. Tale profonda consapevolezza di se stesso è il segreto che orienta la sua incessante attività. 

Un ministero assorbente; ma non privo di solida base: la ininterrotta orazione, che è la spinta della sua attività apostolica. Su questo tema il nuovo Beato parla assai eloquentemente: è egli stesso uomo di orazione e per questa via vuol avviare i fedeli (basta seguire quanto afferma nelle due pubblicazioni “La bella rosa” e “La scala del cielo”); questo è il sentiero che indica alle sue figlie nella Regola, con parole vibranti, che per la loro attualità faccio mie: “La vita delle sorelle deve esser vita di orazione... Perciò vi raccomando, e torno a raccomandarvi, care sorelle: non cessate di pregare”. 

Il neo-Beato raccomanda varie forme di preghiera a sostegno dell’attività apostolica: ma ve n’è una che è la sua preferita e che con particolare piacere raccolgo e sottolineo: l’orazione fatta contemplando i misteri del rosario; questa “scala per salir al cielo”, risultante di orazione mentale e vocale che “sono le due ali offerte dal Rosario alle anime cristiane”. Una forma di preghiera che anche il Papa pratica con assiduità e alla quale vi invita ad unirvi tutti, specialmente nel prossimo mese di maggio, consacrato alla Vergine. 

Concludo queste riflessioni in lingua spagnola salutando le Autorità che son venute alle presenti celebrazioni in onore di padre Coll. Tutti invito ad imitarlo: ma in particolare i figli di San Domenico, il clero e soprattutto voi, Sorelle Domenicane dell’Annunziata, giunte dalla Spagna, dall’Europa, dall’America, dall’Africa dove si spiega generosamente la vostra attività religiosa. 

4. L’auspicio che io esprimo stamani è in conclusione che l’odierna duplice Beatificazione valga a rafforzare ed a promuovere l’impegno nell’azione catechetica di tutta la Chiesa. È noto che il tema della Quarta Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, tenutosi qui a Roma nell’autunno del 1977, fu appunto quello della catechesi. I Padri sinodali – dei quali io pure facevo parte – affrontarono e studiarono questo argomento di primaria importanza per la vita e per l’azione della Chiesa di ogni tempo. Essi sottolinearono l’urgenza di dare decisa priorità alla catechesi rispetto ad altre iniziative, meno essenziali anche se magari più appariscenti, perché in essa si attua l’aspetto assolutamente originale della missione della Chiesa. Una missione – essi ribadirono – che investe tutti i membri del Popolo di Dio, pur nelle loro funzioni differenziate, e li impegna ad una continua ricerca di metodi e di mezzi adeguati per una sempre più efficace trasmissione del Messaggio.

Il pensiero dei Padri del Sinodo era rivolto soprattutto ai giovani, della cui importanza crescente nel mondo d’oggi essi erano ben consapevoli: pur tra incertezze e sbandamenti, eccessi e frustrazioni, i giovani rappresentano la grande forza, da cui dipendono le sorti dell’umanità futura. La domanda che ha assillato i Padri sinodali è stata proprio questa: come portare questa moltitudine di giovani a fare un’esperienza viva di Gesù Cristo, e ciò non soltanto nell’incontro abbagliante di un momento fuggevole, ma mediante una conoscenza ogni giorno più completa e più luminosa della sua persona e del suo messaggio? Come far nascere in loro la passione per il Regno, che egli è venuto ad inaugurare, e nel quale soltanto l’essere umano può trovare la piena e appagante realizzazione di se stesso?

Rispondere a questa domanda è il compito più urgente della Chiesa, oggi. Dipenderà dall’impegno generoso di tutti, se alle nuove generazioni potrà essere offerta una testimonianza della “parola di salvezza” (At 13,26), capace di conquistare le menti ed i cuori dei giovani e di coinvolgere le loro volontà in quelle scelte concrete, spesso costose, che la logica dell’amore di Dio e del prossimo richiede. Dipenderà soprattutto dalla sincerità e dall’intensità, con cui le famiglie e le comunità sapranno vivere la loro adesione a Cristo, se i giovani saranno efficacemente raggiunti dagli insegnamenti loro impartiti in casa, a scuola, in chiesa.

Preghiamo, dunque, i nuovi Beati perché ci siano vicini con la loro intercessione e ci guidino ad un’esperienza personale e profonda del Cristo risorto, che porti anche i nostri cuori ad “ardere nel petto”, come ardevano i cuori dei due discepoli sulla strada di Emmaus, mentre Gesù “conversava con loro e spiegava loro le Scritture” (cf. Lc 24,32). Infatti, solo colui che può dire: “Lo conosco” – e San Giovanni ci ha avvertiti che questo non lo può dire chi non vive secondo i comandamenti di Cristo (cf. 2Gv 1) – solo chi ha raggiunto una conoscenza “esistenziale” di lui e del suo Vangelo, può offrire agli altri una catechesi credibile, incisiva, trascinatrice.

La vita dei due nuovi Beati è, di questo, una riprova eloquente. Che il loro esempio non ci sia proposto invano!