Francisco e Jacinta Marto
(†1919/1920)
- 4 aprile e 20 febbraio
Francisco Martos (1908-1919) e Jacinta Martos (1910-1920), fanciulli, veggenti
Francisco, rapidamente consumato ancora fanciullo da una malattia, rifulse per la soavità dei costumi, la perseveranza nelle avversità e nella fede e la costanza nella preghiera; Jacinta, sebbene ancora fanciulla di tenera età, sopportò con pazienza il tormento della malattia da cui era affetta e testimoniò con fervore la sua devozione alla beata Vergine Maria.
VITA
Francisco e Jacinta Marto sono i più piccoli dei sette figli di Manuel Pedro Marto e Olimpia de Jesus, abitanti della parrocchia di Fatima, nel comune di Vila Nova di Ourém, nella Diocesi di Leiria, in Portogallo.
Francisco nacque l’11 giugno 1908 nella casa paterna, in località Aljustrel, e fu battezzato il 20 dello stesso mese presso la chiesa parrocchiale di Fatima. Sua sorella Jacinta nacque l’11 marzo 1910, anch’ella nella casa dei genitori, e ricevette il battesimo il 19 dello stesso mese presso la chiesa parrocchiale.
Crebbero in un ambiente familiare di condizioni modeste, in un paese agricolo, tranquillo e separato da un Portogallo che viveva in fermento politico e sociale.
I fratelli non frequentarono la scuola. Non sapevano né leggere né scrivere e conoscevano poche nozioni della geografia, della storia e del pensiero del mondo che stava al di là delle loro montagne. La loro educazione cristiana fu molto semplice: appresero il catechismo in casa o con la zia, la madre della loro cugina Lucia che, insieme a loro, sarà una dei veggenti di Fatima.
I genitori diedero loro con la vita anche un esempio di fede impegnata: la partecipazione domenicale all’Eucaristia, la preghiera in famiglia, la verità e il rispetto per tutti, la carità verso i poveri e verso chi era nel bisogno. Ancora piccoli iniziarono a prendersi cura del gregge dei loro genitori: Francisco aveva allora 8 anni e Jacinta 6. Trascorrevano la maggior parte delle loro giornate svolgendo il compito di badare alle pecore, insieme alla cugina Lucia, anche lei pastorella.
Nel 1916, in primavera, estate e autunno, insieme a Lucia, ebbero le apparizioni dell’Angelo della Pace. Nel 1917 furono visitati dalla Madonna del Rosario, da maggio a ottobre il giorno 13 di ogni mese, tranne che in agosto. In questo mese l’apparizione avvenne il 19, dal momento che i Pastorelli erano rimasti nella prigione di Ourém dal 13 al 15 agosto 1917.
Dalla figura di Francisco emerge il suo carattere calmo e pacifico. Lo si ricorda pieno di ammirazione per il creato nel quale gustava la bellezza del Creatore. La pace che da ciò attingeva la trasmetteva poi ai suoi amici, tra i quali sapeva essere segno di concordia, anche quando succedevano liti o offese.
Dopo le apparizioni dell’Angelo e della Madonna svilupperà uno stile di vita caratterizzato dall’adorazione e dalla contemplazione. Ogni volta che gli era possibile si rifugiava in qualche luogo isolato per pregare da solo. Spesso trascorreva lunghe ore nel silenzio della chiesa parrocchiale, vicino al tabernacolo, per fare compagnia a Gesù nascosto. Nella sua intimità con Dio, Francisco intravede un Dio rattristato dalle sofferenze che ci sono nel mondo, soffre insieme a Lui e desidera consolarLo. Il ragazzo, che non sentiva la voce dell’Angelo e della Signora, ma li vedeva solamente, è tra i tre veggenti il più contemplativo. Nella sua vita si evidenzia come la preghiera sia alimentata dall’ascolto attento del silenzio nel quale Dio parla. Egli si lascia inabitare dalla presenza ineffabile di Dio – «Io sentivo che Dio era dentro di me, ma non sapevo come fosse!» – ed è a partire da questa presenza che accoglie anche gli altri nella sua preghiera. La vita di fede di Francisco è una vita di contemplazione.
Nell’ottobre del 1918 si ammala durante un’epidemia di broncopolmonite. Si aggrava progressivamente fino all’aprile del 1919. Il 2 aprile si confessa e il giorno seguente riceve, in casa sua, il Viatico. Il giorno dopo, il 4 aprile, verso le 22.00, muore serenamente, in casa, circondato dai familiari.
Viene sepolto nel cimitero di Fatima il 5 aprile 1919. Il 13 marzo 1952 i suoi resti mortali vengono traslati nella Basilica della Beata Vergine del Rosario di Fatima.
Mons. José Alves Correia da Silva, vescovo di Leiria, apre, il 30 aprile 1952, il Processo Informativo sulla fama di santità e le virtù di Francisco Marto. Il Processo si è concluso il 1° agosto 1979.
Venne beatificato da S. Giovanni Paolo II il 13 maggio 2000 a Fatima, assieme alla sorella Jacinta.
Jacinta aveva un carattere affettuoso ed espansivo, anche se un po’ capriccioso. Nutriva un affetto particolare per la cugina Lucia ed aveva una sensibilità molto delicata, che si lasciava toccare tanto dalla bellezza della natura quanto dalla sofferenze dei poveri e dei malati.
Colpita dalle apparizioni dell’Angelo e della Madonna, si lascia impressionare soprattutto dalle sofferenze dei “poveri peccatori” e dalla missione e sofferenza del Santo Padre. Di fatto, dopo questi incontri con il Cielo, il suo carattere capriccioso ed egocentrico lascerà il posto ad un cuore generoso, dimentico di se stesso e che vive piuttosto per il bene degli altri, offrendo preghiere e sacrifici a beneficio di tutti coloro che ella vede soffrire.
Il profilo spirituale di Jacinta è in tal modo contraddistinto dalla generosità della fede e della donazione di sé per gli altri. Esprime spesso il suo desiderio di condividere con tutti quell’amore ardente che sente per i cuori di Gesù e di Maria. Tutti gli aspetti particolari della sua giornata, comprese le sofferenze dovute alla successiva malattia, sono un’occasione di offerta a Dio per la conversione dei peccatori e per il Santo Padre. Divide la sua merenda con i poveri, offrendo così il sacrificio del suo digiuno come segno della sua disponibilità ad essere totalmente di Dio in favore degli altri. Nelle sue memorie Lucia dice di lei che pregare e soffrire per amore «era il suo ideale, era ciò di cui parlava». La vita di fede di Jacinta è una vita di compassione.
Al termine del 1918 Jacinta si ammala di broncopolmonite. Rimane ricoverata all’Ospedale di Vila Nova di Ourém dal 1° luglio al 31 agosto 1919. Da quel giorno le rimane una piaga sul fianco sinistro del petto. Ritorna a casa in condizioni peggiori di salute.
Nel gennaio del 1920 la portano a Lisbona perché sia curata nel miglior ospedale pediatrico dello Stato, l’Ospedale D. Estefania.
Tra il 21 gennaio e il 2 febbraio 1920 risiede presso l’Orfanotrofio della Beata Vergine dei Miracoli, dove passa molte ore in adorazione del Santissimo Sacramento.
Il 2 febbraio 1920 viene ricoverata con una diagnosi di pleurite purulenta e osteite a due costole. Si decide per un intervento chirurgico, nonostante Jacinta insista nel dire che è inutile.
Viene operata il 10 febbraio 1920, le vengono asportate due costole, ma rimane la grande ferita nel fianco sinistro del torace.
Nel pomeriggio del 20 febbraio Jacinta chiede di ricevere i sacramenti, soprattutto la comunione eucaristica. Il cappellano dell’ospedale rimanda al giorno dopo, anche se la fanciulla insiste che possa riceverli il giorno stesso. Muore, da sola – come le aveva detto la Madonna – il 20 febbraio 1920 alle 22.30.
Viene seppellita il 24 febbraio nel cimitero di Ourém in una tomba messa a disposizione dai Baroni di Alvaiazere.
Il 12 settembre 1935 le sue spoglie sono trasportate nel cimitero di Fatima e il 1° maggio 1951 traslate nella Basilica della Beata Vergine del Rosario di Fatima.
Mons. José Alves Correia da Silva, vescovo di Leiria, il 30 aprile 1952 apre il Processo Informativo sulla fama di santità e le virtù di Jacinta Marto. Il Processo si è concluso il 2 giugno 1979.
Venne beatificata da S. Giovanni Paolo II a Fatima il 13 maggio 2000, assieme al fratello Francisco.
"ITER" DELLA CAUSA
a) In vista della Beatificazione
Il 30 aprile 1952 fu iniziato a Leiria il Processo Ordinario sulle virtù di Francisco Marto. Lo stesso giorno, fu iniziato anche il Processo sulle virtù di Jacinta Marto. Il 6 novembre 1987 furono dichiarati validi entrambi i Processi.
Il 16 dicembre ebbe luogo il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi e il 18 aprile 1989 la Sessione ordinaria dei Cardinali e Vescovi.
Il 13 maggio 1989 il Papa Giovanni Paolo II promulgò i decreti sull’eroicità delle virtù dei Servi di Dio.
Il Processo sul presunto miracolo (prodigiosa guarigione di una donna da “paraplegia da probabile mielite trasversa, della durata di circa 22 anni, in assenza di patologia psichica”) fu istruito a Leiria nel 1995 e dichiarato valido il 21 novembre 1997.
Il 28 giugno 1999 fu promulgato il Decreto sul miracolo.
La liturgia della Beatificazione ebbe luogo a Fatima il 13 maggio 2000.
b) In vista della Canonizzazione
In vista della Canonizzazione, dal 5 al 13 agosto 2016 fu costituito a Campo Mourão, Brasile, il Tribunale diocesano per l’Inchiesta canonica su una presunta guarigione miracolosa di un bambino da «trauma cranio-encefalico grave, con rischio di morte o di gravi conseguenze» avvenuta a Campo Mourão nell’anno 2013.
Il 2 febbraio 2017, la Consulta Medica riconobbe all’unanimità l’inspiegabilità scientifica della guarigione.
Il 21 febbraio 2017 ebbe luogo il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi per discutere gli aspetti teologici del presunto miracolo. All’unanimità fu espresso parere affermativo, ravvisando così nell’evento in esame un miracolo operato da Dio per intercessione dei Beati Francisco e Jacinta Marto.
I Cardinali e i Vescovi nella Sessione Ordinaria del 21 marzo 2017 hanno giudicato il caso un vero miracolo attribuito all’intercessione dei Beati.
Il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto sul miracolo.
SANTA MESSA CON IL RITO DELLA CANONIZZAZIONE
DEI BEATI FRANCISCO MARTO E JACINTA MARTO
OMELIA DEL SANTO PADRE
Solennità della Beata Vergine Maria di Fátima
Sagrato del Santuario
Sabato, 13 maggio 2017
«Apparve nel cielo [...] una donna vestita di sole»: attesta il veggente di Patmos nell’Apocalisse (12,1), osservando anche che ella era in procinto di dare alla luce un figlio. Poi, nel Vangelo, abbiamo sentito Gesù dire al discepolo: «Ecco tua madre» (Gv 19,26-27). Abbiamo una Madre! Una “Signora tanto bella”, commentavano tra di loro i veggenti di Fatima sulla strada di casa, in quel benedetto giorno 13 maggio di cento anni fa. E, alla sera, Giacinta non riuscì a trattenersi e svelò il segreto alla mamma: “Oggi ho visto la Madonna”. Essi avevano visto la Madre del cielo. Nella scia che seguivano i loro occhi, si sono protesi gli occhi di molti, ma… questi non l’hanno vista. La Vergine Madre non è venuta qui perché noi la vedessimo: per questo avremo tutta l’eternità, beninteso se andremo in Cielo.
Ma Ella, presagendo e avvertendoci sul rischio dell’inferno a cui conduce una vita – spesso proposta e imposta – senza Dio e che profana Dio nelle sue creature, è venuta a ricordarci la Luce di Dio che dimora in noi e ci copre, perché, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura, il «figlio fu rapito verso Dio» (Ap 12,5). E, secondo le parole di Lucia, i tre privilegiati si trovavano dentro la Luce di Dio che irradiava dalla Madonna. Ella li avvolgeva nel manto di Luce che Dio Le aveva dato. Secondo il credere e il sentire di molti pellegrini, se non proprio di tutti, Fatima è soprattutto questo manto di Luce che ci copre, qui come in qualsiasi altro luogo della Terra quando ci rifugiamo sotto la protezione della Vergine Madre per chiederLe, come insegna la Salve Regina, “mostraci Gesù”.
Carissimi pellegrini, abbiamo una Madre, abbiamo una Madre! Aggrappati a Lei come dei figli, viviamo della speranza che poggia su Gesù, perché, come abbiamo ascoltato nella seconda Lettura, «quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo» (Rm 5,17). Quando Gesù è salito al cielo, ha portato accanto al Padre celeste l’umanità – la nostra umanità – che aveva assunto nel grembo della Vergine Madre, e mai più la lascerà. Come un’ancora, fissiamo la nostra speranza in quella umanità collocata nel Cielo alla destra del Padre (cfr Ef 2,6). Questa speranza sia la leva della vita di tutti noi! Una speranza che ci sostiene sempre, fino all’ultimo respiro.
Forti di questa speranza, ci siamo radunati qui per ringraziare delle innumerevoli benedizioni che il Cielo ha concesso lungo questi cento anni, passati sotto quel manto di Luce che la Madonna, a partire da questo Portogallo ricco di speranza, ha esteso sopra i quattro angoli della Terra. Come esempi, abbiamo davanti agli occhi San Francesco Marto e Santa Giacinta, che la Vergine Maria ha introdotto nel mare immenso della Luce di Dio portandoli ad adorarLo. Da ciò veniva loro la forza per superare le contrarietà e le sofferenze. La presenza divina divenne costante nella loro vita, come chiaramente si manifesta nell’insistente preghiera per i peccatori e nel desiderio permanente di restare presso “Gesù Nascosto” nel Tabernacolo.
Nelle sue Memorie (III, n. 6), Suor Lucia dà la parola a Giacinta appena beneficiata da una visione: «Non vedi tante strade, tanti sentieri e campi pieni di persone che piangono per la fame e non hanno niente da mangiare? E il Santo Padre in una chiesa, davanti al Cuore Immacolato di Maria, in preghiera? E tanta gente in preghiera con lui?». Grazie, fratelli e sorelle, di avermi accompagnato! Non potevo non venire qui per venerare la Vergine Madre e affidarLe i suoi figli e figlie. Sotto il suo manto non si perdono; dalle sue braccia verrà la speranza e la pace di cui hanno bisogno e che io supplico per tutti i miei fratelli nel Battesimo e in umanità, in particolare per i malati e i persone con disabilità, i detenuti e i disoccupati, i poveri e gli abbandonati. Carissimi fratelli, preghiamo Dio con la speranza che ci ascoltino gli uomini; e rivolgiamoci agli uomini con la certezza che ci soccorre Dio.
Egli infatti ci ha creati come una speranza per gli altri, una speranza reale e realizzabile secondo lo stato di vita di ciascuno. Nel “chiedere” ed “esigere” da ciascuno di noi l’adempimento dei doveri del proprio stato (Lettera di Suor Lucia, 28 febbraio 1943), il cielo mette in moto qui una vera e propria mobilitazione generale contro questa indifferenza che ci raggela il cuore e aggrava la nostra miopia. Non vogliamo essere una speranza abortita! La vita può sopravvivere solo grazie alla generosità di un’altra vita. «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24): lo ha detto e lo ha fatto il Signore, che sempre ci precede. Quando passiamo attraverso una croce, Egli vi è già passato prima. Così non saliamo alla croce per trovare Gesù; ma è stato Lui che si è umiliato ed è sceso fino alla croce per trovare noi e, in noi, vincere le tenebre del male e riportarci verso la Luce.
Sotto la protezione di Maria, siamo nel mondo sentinelle del mattino che sanno contemplare il vero volto di Gesù Salvatore, quello che brilla a Pasqua, e riscoprire il volto giovane e bello della Chiesa, che risplende quando è missionaria, accogliente, libera, fedele, povera di mezzi e ricca di amore.
LITTERAE APOSTOLICAE
de peracta Beatificatione
IOANNES PAULUS PP. II
ad perpetuam rei memoriam
Beata Virgo Maria «materna sua caritate de fratribus Filii sui adhuc peregrinantibus necnon in periculis et angustiis versantibus curat, donec ad felicem patriam perducantur» (Conc. Oecum. Vat. II, Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentium, 62).
Curiosam Dei Matris sollicitudinem singularissimum in modum experti sunt puer Franciscus Marto et puella Hyacintha Marto, qui eiusdem monitionibus edocti, sociatam operam hominum conversioni salutique studiose dederunt atque brevi tempore evangelicae perfectionis fastigium sunt assecuti. Dei Servi ambo in Lusitania, in loco Aljustrel intra fines fatimensis paroeciae orti sunt: Franciscus scilicet die xi mensis Iunii anno MCMVIII, eius soror die XI mensis Martii anno MCMX. Ipsorum parentes, Emmanuel Petrus atque Olympia de Jesus dos Santos, humiles fuerunt agricolae ac probi christiani, qui eos pie instituerunt, gratiam in Baptismo receptam augentes. Pueri hi ne ludum quidem litterarium adire potuerunt, sed contra Dei semitas calcare et eas christianas humanasque exercere virtutes didicerunt, quae fere sunt supellectiles cuiusque Patris caelestis filii. Quieto mitique fuit Franciscus ingenio, qui adversus repugnantes non irascebatur ipseque mundi pulchritudinem contemplari solebat; Hyacintha autem ferventi apertaque fuit indole, iocosa, morosa. Sex circiter annos nato Francisco munus a parentibus commissum est familiarem gregem pascendi, quem nonnumquam comitabatur Hyacintha; uterque cum consobrina se coniungebat, paulo maiore natu, scilicet Lucia Iesu dos Santos, quae gregem etiam pascebat. Anno MCMXVI, suum gregem custodientes apud «loca do Cabêço», ter angelum viderunt, qui eos est allocutus. Franciscus et Hyacintha ardentius precari studuerunt et paenitentiam pro iis qui non credunt, non adorant, non sperant, Deum non amant, agere coeperunt. A die XIII mensis Maii usque ad diem XIII mensis Octobris anno MCMXVII, in loco quem Cova da Iria dicunt, tres parvi pastores singulari inopinatoque usi sunt beneficio suis oculis Virginem Mariam cernendi, quae matris more eos invitabat ut pro peccatorum conversione orarent paenitentiamque pro animarum salute agerent. Plures Mariae apparitiones amplum populi motum, fidelium alacritatem, non credentium adversitatem, curiosorum petulantiam, loci potestatum minas, concitarunt. Franciscus et Hyacintha pro Dei amore feliciter patientes, virili fortitudine omnia toleraverunt atque nihil aliud voluerunt nisi ut Virginis sanctissimae postulatis penitus responderent. Franciscus sibi conscius Deum esse ob hominum peccata «pertristem», sacrificiis precationibusque Eum solari cupiebat. Ut Dominum cogitaret et alloqueretur solitaria loca petebat necnon sanctissimi Sacramenti adorandi causa in templo manebat, quod solummodo veluti viaticum recipere poterit. Ipse studiose spiritalem vitam, precationem sic assiduam ardentemque persecutus est, ut mysticam cum Domino coniunctionem omnino attingeret. Gravi arteriarum pulmonumque morbo cum correptus esset die I mensis Octobris anno MCMXVIII, eius valetudo ingravescere coepit. Magnos dolores absque querimonia toleravit: omnia ei pauca videbantur, ut Iesum solaretur. Die IV mensis Aprilis anno MCMXIX arridens de vita excessit. Hyacintha, gratia divina tacta est, veluti si caritate incenderetur ita ut diceret: «sic diligo Dominum ut ignem habere in pectore videar, qui autem non urit». Ut peccatoribus salutem impetraret, hostiam se obtulit atque continenter corpus castigabat itemque pro animarum salute ac pro Summo Pontifice orabat, quem in spiritu admodum patientem vidit. Perinde ac frater, ipsa complura rosaria recitavit atque flagranter exoptavit ut Immaculatum Mariae Cor et in mundo pax praevalerent et ea vitam aeternam summa animi contentione affectavit. Diuturni morbi necessariorumque absentiae dolores Deo obtulit. Die XX mensis Februarii anno MCMXX in valetudinario Lisbonensi de hoc mundo quiete demigravit.
Sanctitatis opinio, quam viventes cum Franciscus tum Hyacintha habuerunt, eorum post mortem producta est, et luculenter mansit, ideo Episcopus Leiriensis, anno MCMLII, beatificationis canonizationisque Causam inchoavit. His absolutis rebus quae a iure iubentur, die XIII mensis Maii anno MCMLXXXIX Nobis coram Decreta de duorum puerorum virtutibus, heroum in modum actis, prodierunt. Proinde Congregatio de Causis Sanctorum felici cum exitu Lusitanae mulieris sanationem vestigavit, quae anno MCMLXXXVII evenit quaeque intercessioni duorum Dei Servorum adscripta est. Die XXVIII mensis Iunii anno MCMXCIX decreto super miraculo foras emisso, statuimus ut, iubilari anno contingente, Fatimam Ipsi petiremus, in Ecclesiae candelabro, beatificationis ritum agentes, duas has flammas locaturi, quas Deus, ut homines obscuro tempore et inquieto illuminaret, accendit.
Hodie igitur, Fatimae, inter Missarum sollemnia hanc ediximus formulam: Acolhendo o desejo expresso pelo nosso Irmão Dom Serafim Bispo de Leiria-Fátima, por muitos outros Irmãos no episcopado e por tantos fiéis cristãos, depois de termos ouvido o parecer da Congregação da Causa dos Santos, com a Nossa Autoridade Apostólica concedemos que, de hoje em diante, os Veneráveis Servos de Deus Francisco Marto e Jacinta Marto sejam chamados Beatos e possa celebrarse anualmente, nos lugares e segundo as normas do direito, a festa de Francisco e Jacinta Marto no dia 20 de Fevereiro. Em nome do Pai e do Filho e do Espírito Santo.
Cogitantes autem iam nunc Nos quantum hi Beati suae vitae exemplis profuturi sint universae ecclesiali communitati per terras quantumque suis pariter apud Deum precibus suffulturi causam Evangelii inter homines sint, rata et firma omnino esse volumus quae his litteris decrevimus tam nunc quam in posterum tempus, contrariis quibusvis rebus minime obstantibus.
Datum Fatimae, sub anulo Piscatoris, die XIII mensis Maii, anno Magni Iubilaei MM, Pontificatus Nostri altero et vicesimo.
De mandato Summi Pontificis
Angelus Card. Sodano
Secretarius Status
Loco Sigilli
In Secret. Status tab., n. 487.470
AAS XCIII (2001-II), 744-746.
BEATIFICAZIONE DEI VENERABILI
GIACINTA E FRANCESCO, PASTORELLI DI FÁTIMA
OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
Santuario di Nostra Signora del Rosario di Fátima
Sabato, 13 Maggio 2000
1. "Ti benedico, o Padre, (...) perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11, 25).
Con queste parole, cari fratelli e sorelle, Gesù loda il Padre celeste per i suoi disegni; Egli sa che nessuno può venire a Lui se non lo attira il Padre (cfr Gv 6, 44), perciò loda questo suo disegno e vi aderisce filialmente: "Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te" (Mt 11, 26). Ti è piaciuto di aprire il Regno ai piccoli.
Secondo il disegno divino, è venuta dal Cielo su questa terra, alla ricerca dei piccoli privilegiati dal Padre, "una Donna vestita di sole" (Ap. 12,1). Essa parla loro con voce e cuore di mamma: li invita ad offrirsi come vittime di riparazione, dicendosi pronta a condurli, sicuri, fino a Dio. Ed ecco, essi vedono uscire dalle sue mani materne una luce che penetra nel loro intimo, così che si sentono immersi in Dio come quando una persona – essi stessi spiegano - si contempla allo specchio.
Più tardi Francesco, uno dei tre privilegiati, osservava: "Noi stavamo ardendo in quella luce che è Dio e non ci bruciavamo. Com’è Dio! Non si può dire. Questo sì, che noi non lo potremo mai dire". Dio: una luce che arde, però non brucia. Fu la medesima percezione che ebbe Mosè, quando vide Dio nel roveto ardente; in quell'occasione Dio gli parlò, dicendosi preoccupato per la schiavitù del suo popolo e deciso a liberarlo per mezzo di lui: "Io sarò con te" (cfr Es 3, 2-12). Quanti accolgono questa presenza diventano dimora e, conseguentemente, "roveto ardente" dell'Altissimo.
2. Ciò che più meravigliava il beato Francesco e lo compenetrava era Dio in quella luce immensa che li aveva raggiunti tutti e tre nel loro intimo. Soltanto a lui, però, Dio si fece conoscere "tanto triste", come egli diceva. Una notte, suo padre lo sentì singhiozzare e gli domandò perché piangesse; il figlio rispose: "Pensavo a Gesù che è tanto triste a causa dei peccati che si fanno contro di Lui". Un unico desiderio - così espressivo del modo di pensare dei bambini - muove ormai Francesco ed è quello di "consolare e far contento Gesù".
Nella sua vita si opera una trasformazione che si potrebbe dire radicale; una trasformazione sicuramente non comune per bambini della sua età. Egli si impegna in una intensa vita spirituale, con una preghiera così assidua e fervente da raggiungere una vera forma di unione mistica col Signore. Proprio questo lo spinge ad una crescente purificazione dello spirito, mediante tante rinunce a quello che gli piace e persino ai giochi innocenti dei bambini.
Francesco sopportò le grandi sofferenze causate dalla malattia, della quale poi morì, senza alcun lamento. Tutto gli sembrava poco per consolare Gesù; morì con il sorriso sulle labbra. Grande era, nel piccolo, il desiderio di riparare per le offese dei peccatori, offrendo a tale scopo lo sforzo di essere buono; i sacrifici, la preghiera. Anche Giacinta, la sorella più giovane di lui di quasi due anni, viveva animata dai medesimi sentimenti.
3. "Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago" (Ap 12, 3).
Queste parole che abbiamo ascoltate nella prima lettura della Messa ci portano a pensare alla grande lotta tra il bene e il male, nonché a costatare come l'uomo, mettendo Dio da parte, non possa raggiungere la felicità, anzi finisca per distruggere se stesso.
Quante vittime nel corso dell'ultimo secolo del secondo millennio! Il pensiero va agli orrori delle due "grandi guerre" e quelli delle altre guerre in tante parti del mondo, ai campi di concentramento e di sterminio, ai gulag, alle pulizie etniche e alle persecuzioni, al terrorismo, ai rapimenti di persone, alla droga, agli attentati contro la vita non nata e la famiglia.
Il messaggio di Fatima è un richiamo alla conversione, facendo appello all'umanità affinché non stia al gioco del "drago", il quale con la "coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra" (Ap 12, 4). L'ultima meta dell'uomo è il Cielo, sua vera casa dove il Padre celeste, nel suo amore misericordioso, é in attesa di tutti.
Dio vuole che nessuno si perda; per questo, duemila anni fa, ha inviato sulla terra il suo Figlio a "cercare e salvare quel che era perduto" (Lc 19, 10). Egli ci ha salvati con la sua morte sulla croce. Nessuno renda vana quella Croce! Gesù è morto e risorto per essere "il primogenito di molti fratelli" (Rom 8, 29).
Nella sua sollecitudine materna, la Santissima Vergine è venuta qui, a Fatima, per chiedere agli uomini di "non offendere più Dio, Nostro Signore, che è già molto offeso". È il dolore di mamma che l'obbliga a parlare; è in palio la sorte dei suoi figli. Per questo Ella chiede ai pastorelli: "Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori; tante anime finiscono nell'inferno perché non c'è chi preghi e si sacrifichi per loro".
4. La piccola Giacinta ha condiviso e vissuto quest'afflizione della Madonna, offrendosi eroicamente come vittima per i peccatori. Un giorno, quando essa e Francesco avevano ormai contratto la malattia che li costringeva al letto, la Vergine Maria venne a visitarli in casa, come racconta Giacinta: "La Madonna è venuta a vederci e ha detto che molto presto verrà a prendere Francesco per portarlo in Cielo. A me ha chiesto se volevo ancora convertire più peccatori. Le ho detto di sì". E, quando si avvicina il momento della dipartita di Francesco, la piccola gli raccomanda: "Da parte mia porta tanti saluti a Nostro Signore e alla Madonna e dì loro che sono disposta a sopportare tutto quanto vorranno per convertire i peccatori". Giacinta era rimasta così colpita dalla visione dell'inferno, avvenuta nell'apparizione di luglio, che tutte le mortificazioni e penitenze le sembravano poca cosa per salvare i peccatori.
Giacinta potrebbe benissimo esclamare con San Paolo: "Mi rallegro di soffrire per voi, completando in me stessa quello che manca alle tribolazioni di Cristo a vantaggio del suo Corpo, che è la Chiesa" (Col 1, 24). Domenica scorsa, presso il Colosseo a Roma, abbiamo fatto memoria i moltissimi testimoni della fede del secolo XX, ricordando, attraverso le incisive testimonianze lasciateci, le tribolazioni che hanno patito. Una nube innumerevole di coraggiosi testimoni della fede ci ha lasciato un preziosa eredità, che dovrà restare viva nel terzo millennio. Qui a Fatima, dove sono stati preannunciati questi tempi di tribolazione e la Madonna ha chiesto preghiera e penitenza per abbreviarli, voglio oggi render grazie al Cielo per la forza della testimonianza che si è manifestata in tutte quelle vite. E desidero una volta di più celebrare la bontà del Signore verso di me, quando, duramente colpito in quel 13 maggio 1981, fui salvato dalla morte. Esprimo la mia riconoscenza anche alla beata Giacinta per i sacrifici e le preghiere fatte per il Santo Padre, che ella aveva visto tanto soffrire.
5. "Ti benedico, o Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli". La lode di Gesù prende oggi la solenne forma della beatificazione dei pastorelli Francesco e Giacinta. La Chiesa vuole, con questo rito, mettere sul lucerniere queste due fiammelle che Dio ha acceso per illuminare l'umanità nelle sue ore buie e inquiete. Risplendano dunque queste luci sul cammino di questa moltitudine immensa di pellegrini e di quanti altri ci accompagnano tramite la radio e la televisione. Siano Francesco e Giacinta una luce amica che illumina il Portogallo intero e, in modo speciale, questa diocesi di Leiria-Fátima.
Ringrazio Monsignore Serafim, Vescovo di questa illustre Chiesa particolare, per le sue parole di benvenuto e con grande gioia saluto tutto l'Episcopato portoghese e le rispettive comunità ecclesiali che amo di cuore ed esorto ad imitare i loro Santi. Un fraterno saluto ai Cardinali e Vescovi presenti, con menzione particolare per i Pastori delle Comunità dei Paesi di lingua portoghese: la Vergine Maria ottenga la riconciliazione al popolo angolano; porti conforto agli alluvionati del Mozambico; vegli sui passi di Timor Lorosae, della Guinea Bissau, di Capo Verde, di São Tomé e Príncipe; e custodisca nell'unità della fede i suoi figli e figlie del Brasile.
Il mio deferente saluto va al Signor Primo Ministro e alle Autorità che hanno voluto partecipare a questa Celebrazione. Profitto dell'occasione per esprimere, nella persona del Capo del Governo, la mia riconoscenza a tutti per la collaborazione con cui hanno reso possibile questo mio pellegrinaggio. Un abbraccio cordiale ed una particolare benedizione alla parrocchia e alla città di Fatima, le quali oggi si rallegrano per i loro figli elevati agli onori degli altari.
6. La mia ultima parola è per i bambini: Cari bambini e bambine, vedo tanti di voi con addosso vestiti simili a quelli usati da Francesco e Giacinta. Vi stanno molto bene! Il guaio è che, questa sera o forse domani, toglierete questi abiti e... i pastorelli spariranno. Non vi pare che non dovrebbero scomparire?! La Madonna ha bisogno di tutti voi per consolare Gesù, triste per i torti che gli si fanno; ha bisogno delle vostre preghiere e dei vostri sacrifici per i peccatori.
Chiedete ai vostri genitori ed ai vostri maestri di inscrivervi alla "scuola" della Madonna, affinché vi insegni a diventare come i pastorelli, i quali cercavano di far quanto Ella chiedeva loro. Vi dico che "si progredisce più in poco tempo di sottomissione e dipendenza da Maria che durante anni interi di iniziative personali, appoggiati soltanto su se stessi" (San Luigi Maria Grignion di Montfort, Trattato della vera devozione alla Santissima Vergine, n. 155). E’ stato così che i pastorelli sono diventati rapidamente santi. Una donna che aveva accolto Giacinta a Lisbona, nel sentire i consigli tanto belli e saggi che la piccola dava, le domandò chi era stato ad insegnarglieli. "È stata la Madonna" - rispose. Lasciandosi guidare, con totale generosità, da una Maestra così buona, Giacinta e Francesco hanno raggiunto in poco tempo le vette della perfezione.
7. "Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli".
Ti benedico, o Padre, per tutti i tuoi piccoli, a cominciare dalla Vergine Maria, l'umile tua Serva, e fino ai pastorelli Francesco e Giacinta.
Il messaggio delle loro vite resti sempre vivo ad illuminare il cammino dell'umanità!