François de Montmorency-Laval

François de Montmorency-Laval

(1623-1708)

Beatificazione:

- 22 giugno 1980

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 03 aprile 2014

- Papa  Francesco

- Canonizzazione equipollente

Ricorrenza:

- 6 maggio

Vescovo di Québec, istituì a Laval la sede episcopale e per circa cinquant’anni si dedicò con tutto se stesso a consolidare e accrescere la Chiesa in un’ampia area dell’America settentrionale fino al golfo del Messico

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
  • sull'erocità delle virtù
Consacra agli indiani del Québec il suo ministero: parrocchie, missioni, scuole, comunità religiose, combattendo contro il loro sfruttamento

 

François de Montmorency-Laval, proveniente da una famiglia signorile, nasce il 30 aprile 1623 a Montigny-sur-Avre, nella diocesi di Chartres, in Francia.

Studia presso i gesuiti, nel collegio de La Flèche, ove si manifesta il suo interesse per le missioni in Canada. Prosegue gli studi nel collegio di Clermont a Parigi. Alla morte del padre e dei due fratelli maggiori, assume la gestione del patrimonio familiare, del quale diviene l'erede.

Viene ordinato sacerdote nel 1647; persegue il proprio perfezionamento spirituale, si prende cura dei malati e veglia sull'istruzione dei piccoli abbandonati. Nominato arcidiacono della diocesi di Evreux, visita più di 150 parrocchie, riformandole nello spirito del Concilio di Trento.

Nel 1653, dopo il fallimento di un progetto missionario nel Tonchino (Viet Nam), rinunciando alla pensione alla quale aveva diritto, si dimette da arcidiacono di Evreux e cede al fratello il proprio patrimonio e tutti i diritti di anzianità.

A Caen vive nell'eremo di Jean de Bernières, uno dei grandi mistici del tempo. Unendo alla preghiera le opere di carità, si occupa pure della riforma di un monastero e degli affari di una comunità di ospitalieri.

Il 3 giugno 1658 François de Laval viene nominato vicario apostolico in Canada, contro le pretese dell'arcivescovo di Rouen che vi vuole esercitare la giurisdizione. Viene consacrato vescovo segretamente a Parigi l'8 dicembre e arriva in Québec il 16 giugno 1659.

Facendosi carico della colonia, che conta appena 5 parrocchie e meno di 2.500 persone, deve imporre la propria autorità contro l'arcivescovo di Rouen, che favoriva il superiore dei Sulpiziani di Montreal, come pure contro le tendenze gallicane di una parte del la colonia. Ha dei fastidi con alcuni governatori per questioni di precedenza. A questo si aggiunge l'opposizione al traffico di alcollici con gli Amerindi, fonte di entrate per la colonia ma causa di omicidi, stupri e altri atti di violenza.

Nel 1663 Mons. De Laval fonda il seminario di Québec, destinato a essere il cuore della Chiesa in Canada: luogo di formazione dei sacerdoti, centro di affiliazione per gli ecclesiastici, capitolo diocesano, luogo di riserva dal quale il vescovo poteva «scegliere dei soggetti pii per inviarli ... nelle parrocchie [...] per svolgere le funzioni curiali, centro di distribuzione delle decime.

Nel 1668 fonda un seminario minore e, in seguito, una scuola di arti e mestieri.

Nominato vescovo di Québec da Luigi XIV nel 1663, Mons, De Laval sarà confermato da Roma in tale funzione nel 1674. Mons. De Laval destina somme elevate per aiutare i poveri e istruire i fanciulli. Amministra la cresima ai coloni e agli Amerindi e incoraggia le associazioni di pietà.

Nel 1681 intraprende l'ultima visita pastorale e dà le dimissioni nel 1684. In 25 anni il numero delle parrocchie passa da 5 a 35, quello dei sacerdoti da 25 a 102, quello delle religiose da 35 a 97; 13 sacerdoti e 50 religiose sono nativi del Paese.

Di ritorno a Québec nel 1688, Mons. De Laval si ritira in seminario. Si consacra alla preghiera e alla cura dei poveri. Nonostante la malattia, sostituisce il suo successore durante le assenze e muore nell'esercizio di tali funzioni ni il 6 maggio 1708.

È proclamato beato da Giovanni Paolo II il 22 giugno 1980 e canonizzato per decreto di Papa Francesco il 3 aprile 2014.

SANTA MESSA DI RINGRAZIAMENTO PER LA 
CANONIZZAZIONE EQUIPOLLENTE DI DUE SANTI CANADESI

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Domenica, 12 ottobre 2014

 

Abbiamo ascoltato la profezia di Isaia: «Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto…» (Is 25,8). Queste parole, piene della speranza di Dio, indicano la meta, mostrano il futuro verso cui siamo in cammino. Su questa strada i santi ci precedono e ci guidano. Queste parole delineano anche la vocazione degli uomini e delle donne missionari.

I missionari sono coloro che, docili allo Spirito Santo, hanno il coraggio di vivere il Vangelo. Anche questo Vangelo che abbiamo appena ascoltato: «Andate ai crocicchi delle strade» - dice il re ai suoi servi (Mt 22,9). E i servi uscirono e radunarono tutti quelli che trovarono, «cattivi e buoni», per portarli al banchetto di nozze del re (cfr v. 10).

I missionari hanno accolto questa chiamata: sono usciti a chiamare tutti, agli incroci del mondo; e così hanno fatto tanto bene alla Chiesa, perché se la Chiesa si ferma e si chiude si ammala, si può corrompere, sia con i peccati sia con la falsa scienza separata da Dio, che è il secolarismo mondano.

I missionari hanno rivolto lo sguardo a Cristo crocifisso, hanno accolto la sua grazia e non l’hanno tenuta per sé. Come san Paolo, si sono fatti tutto a tutti; hanno saputo vivere nella povertà e nell’abbondanza, nella sazietà e nella fame; tutto potevano in Colui che dava loro la forza (cfr Fil 4,12-13). Con questa forza di Dio hanno avuto il coraggio di “uscire” per le strade del mondo con la fiducia nel Signore che chiama. Così è la vita di un missionario e di una missionaria… per finire poi lontano da casa, dalla propria patria; tante volte uccisi, assassinati! Come è accaduto in questi giorni per tanti fratelli e sorelle nostri.

La missione evangelizzatrice della Chiesa è essenzialmente annuncio dell’amore, della misericordia e del perdono di Dio, rivelati agli uomini mediante la vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. I missionari hanno servito la Missione della Chiesa, spezzando ai più piccoli e ai più lontani il pane della Parola e portando a tutti il dono dell’inesauribile amore, che sgorga dal cuore stesso del Salvatore.

Così furono san Francesco de Laval e santa Maria dell’Incarnazione. Vorrei lasciare a voi, cari pellegrini canadesi, in questo giorno, due consigli: sono tratti dalla Lettera agli Ebrei, e pensando ai missionari faranno tanto bene alle vostre comunità.

Il primo è questo: «Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitatene la fede» (13,7). La memoria dei missionari ci sostiene nel momento in cui sperimentiamo la scarsità degli operai del Vangelo. I loro esempi ci attirano, ci spingono a imitare la loro fede. Sono testimonianze feconde che generano vita!

Il secondo è questo: «Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande e penosa…Non abbandonate la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa. Avete solo bisogno di perseveranza…» (10,32.35-36). Rendere omaggio a chi ha sofferto per portarci il Vangelo, significa portare avanti anche noi la buona battaglia della fede, con umiltà, mitezza e misericordia, nella vita di ogni giorno. E questo porta frutto.

Memoria di quelli che ci hanno preceduti, di quelli che hanno fondato la nostra Chiesa. Chiesa feconda quella del Québec! Feconda di tanti missionari che sono andati dappertutto. Il mondo è stato riempito di missionari canadesi come questi due. Adesso un consiglio: che questa memoria non ci porti ad abbandonare la franchezza e il coraggio. Forse – anzi no senza forse! – il diavolo è invidioso e non tollera che una terra sia così feconda di missionari. Pregiamo il Signore perché il Québec torni su questa strada della fecondità, per dare al mondo tanti missionari. Questi due che hanno – per cosi dire – fondato la Chiesa del Québec, ci aiutino come intercessori. Che il seme da loro seminato cresca e dia frutto di nuovi uomini e donne coraggiosi, lungimiranti, con il cuore aperto alla chiamata del Signore. Oggi si deve chiedere questo per la vostra patria. Loro, dal cielo, saranno i nostri intercessori. Il Québec torni ad esser quella fonte di bravi e santi missionari.

Ecco la gioia e la consegna di questo vostro pellegrinaggio: fare memoria dei testimoni, dei missionari della fede nella vostra terra. Questa memoria ci sostiene sempre nel cammino verso il futuro, verso la meta, quando «il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto…».

«Rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza» ( Is 25,9).

SANTA MESSA PER LA PROCLAMAZIONE DI CINQUE NUOVI BEATI

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

San Pietro, 22 giugno 1980

 

“Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia!” (Sal 135 [136], 1).

1. Questo esaltante invito del salmista ad unirci tutti nella glorificazione di Dio, per la sua infinita bontà e misericordia, oggi la Chiesa tutta lo accoglie, colma di traboccante letizia perché può inchinarsi a venerare cinque suoi figli innalzati agli onori degli altari mediante la beatificazione e, nello stesso tempo, può presentarli alla imitazione dei fedeli ed alla ammirazione del mondo: essi sono un gesuita, “apostolo del Brasile“, Giuseppe De Anchieta; una mistica missionaria, Maria Dell’Incarnazione (Guyart); un terziario francescano fondatore della congregazione betlemita, Pietro De Betancur; un Vescovo, Francesco De Montmorency-Laval; e una giovane vergine pellerossa, Caterina Tekakwitha.

In essi Dio ha profuso la sua bontà e la sua misericordia, arricchendoli della sua grazia; li ha amati con un amore paterno, ma esigente, che prometteva solo prove e sofferenze; li ha invitati e chiamati alla santità eroica; li ha strappati dalle loro patrie di origine e li ha inviati in altre terre ad annunciare, in mezzo ad indicibili fatiche e difficoltà, il messaggio del Vangelo. Due sono figli della Spagna, due della Francia, una è nata nella zona che oggi corrisponde allo Stato di New York e ha trascorso poi il resto della sua vita nel Canada. Come Abramo essi, ad un certo punto della loro vita, hanno sentito - suadente, misteriosa, imperiosa - la voce di Dio: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò” (Gen 12, 1). Hanno obbedito, con una disponibilità umanamente inspiegabile e sono andati in zone sconosciute, non per cercare ricchezze e glorie mondane, non per fare della propria vita un’avventura interessante, ma semplicemente per annunciare ai loro contemporanei che Dio è amore, che Gesù di Nazaret è il Messia e il Signore, il Figlio di Dio incarnato, il supremo salvatore e redentore ed il definitivo liberatore dell’uomo, di ogni uomo, di tutto l’uomo.

Le loro vicende terrene si sono svolte complessivamente nell’arco di circa 150 anni, tra il 1534 e il 1680: un periodo caratterizzato da complessi fenomeni sociali, politici, culturali, economici, e, nel campo ecclesiale, tra l’altro, dal Concilio di Trento e dalla istituzione da parte di Gregorio XV, nel 1622, della congregazione “de Propaganda Fide”, che ha animato il grandioso risveglio e l’incontenibile slancio missionario della Chiesa nell’epoca moderna. 

2. E um incansável e genial missionário é José De Anchieta, que aos dezessete anos, diante da imagem da Santa Virgem Maria na Catedral de Coimbra, fez voto de virgindade perpétua e decide dedicar-se ao serviço de Deus. Tendo ingressado na Companhia de Jesus, parte para o Brasil no ano de 1553 onde, na missão de Piratininga, empreende múltiplas atividades pastorais com o escopo de aproximar e ganhar para Cristo os índios das florestas virgens. Ele ama com imenso afeto os seus irmãos “Brasís”, participa de sua vida, aprofunda-se nos seus costumes e compreende que sua conversão à fé cristã deve ser preparada, ajudada e consolidada por um apropriado trabalho de civilização, para a sua promoção inumana. Seu zelo ardente o move a realizar inúmeras viagens, cobrindo distâncias imensas, em melo a grandes perigos. Mas a oração continua, a mortificação constante, a caridade fervente, a bondade paternal, a união intima com Deus, a devoção filial à Virgem Santísima - que ele celebra em um longo poema de elegantes versos latinos - dão a este grande filho de Santo Inácio uma força sobre-humana, especialmente quando deve defender contra as injustiças dos dores os seus irmãos indígenas. Para eles compõe um catecismo, adaptado à sua mentalidade e que contribuiu grandemente para a sua cristianização. Por tudo isto ele bem mereceu o título de “Apóstolo do Brasil”.

Traduzione italiana

2. Un instancabile e geniale missionario è José De Anchieta il quale a 17 anni, davanti alla immagine della santa Vergine Maria nella cattedrale di Coimbra, fa voto di verginità perpetua e decide di dedicarsi al servizio di Dio. Entrato nella compagnia di Gesù parte per il Brasile nel 1553, da cui, nella missione di Piratininga, intraprende molte attività pastorali con lo scopo di guadagnare a Cristo gli indios delle foreste vergini. Ama con immenso affetto i suoi fratelli “brasis”, partecipa alla loro vita, si immerge nei loro costumi e si convince che la loro conversione alla fede deve essere preparata, aiutata e consolidata da un appropriato lavoro di civilizzazione per la promozione umana. Il suo ardente zelo lo muove a intraprendere innumerevoli viaggi, coprendo immense distanze, in mezzo a grandi pericoli. Ma la predicazione continua, la mortificazione costante, la fervente carità, la bontà paterna, la comunione intima con Dio, la devozione filiale alla Vergine santissima che egli celebra in un lungo poema di eleganti versi latini - dà a questo grande figlio di sant’Ignazio una forza sovrumana, specialmente quando deve difendere i suoi fratelli indigeni dalle ingiustizie dei colonizzatori. Per loro (gli indigeni) compone un catechismo, adattato alla loro mentalità che contribuisce grandemente alla loro cristianizzazione. Per tutto questo ben meritò il titolo di “apostolo del Brasile”.

3. Nacido de familia pobre, dedicada a la agricultura y a la ganadería, Pedro de Betancur tiene en su vida un solo objetivo: llevar el mensaje cristiano a les “Indias Occidentales”. A los 23 años deja SN patria y llega a Guatemala, enfermo, sin recursos, solo, desconocido, convirtiéndose en el apóstol de los esclavos negros, de los indios sometidos a trabajos inhumanos, de los emigrantes sin trabajo ni seguridad, de los niños abandonados. El Hermano Pedro, animado por la caridad de Cristo, se hizo todo para todos, en particular para los pequeños vagabundos de cualquier raza y color, en favor de los cuales funda una escuela. Para los enfermos pobres, despedidos de los hospitales pero todavía necesitados de ayuda y asistencia, Pedro funda el primer hospital del mundo para convalecientes. Muere a los 41 años de edad.

El Niño de Belén, en cuyo nombre fundó la Congregación Betlemita, fue el tema asiduo de la meditación espiritual del Beato, el cual en los pobres supo descubrir siempre el rostro de “Jesús Niño”: por esto los amó con una delicada ternura, cuyo recuerdo sigue siempre vivo en Guatemala.

Traduzione italiana

3. Nato da una povera famiglia di contadini e allevatori, Pedro De Betancur ha nella sua vita un solo obiettivo: portare il messaggio cristiano nelle “Indie occidentali”. A 23 anni lascia il suo paese e giunge in Guatemala, malato, povero, solo e sconosciuto, convertendosi nell’apostolo degli schiavi negri, degli indios sottoposti a lavori inumani, degli emigranti, senza lavoro e senza sicurezza, dei bambini abbandonati. Fratel Pedro, animato dalla carità di Cristo, si fece tutto a tutti, in particolare per i piccoli vagabondi di tutte le razze e colori, in favore dei quali fonda una scuola. Per i poveri ammalati, dimessi dagli ospedali ma ancora bisognosi di aiuto e assistenza, Pedro fonda il primo ospedale del mondo per i convalescenti. Muore a 41 anni.

Il Bambino di Betlemme, in nome del quale fonda la congregazione Betlemita fu il tema assiduo della meditazione del beato, il quale seppe scoprire nei poveri il volto di “Gesù bambino”: per questo li amò con una delicata tenerezza, il cui ricordo rimane vivo in Guatemala.

4. Marie de l’Incarnation (Marie Guyart) a été justement appelée “Mère de l’Eglise catholique au Canada”.

A dix-sept ans, elle épouse Claude Martin; à dix-huit ans elle est mère; à vingt ans, elle est déjà votive. Marie refuse un second mariage que lui proposent ses parente et, à trente-deux ans, elle entre au monastère des Ursulines de Tours. Dieu lui a donné de comprendre la laideur du péché et le besoin de rédemption. Ayant une profonde dévotion au Cœur de Jésus et méditant assidûment le mystère de l’Incarnation, elle mûrit sa vocation missionnaire: “Mon corps était dans notre monastère, écrira-t-elle dans son autobiographie, mais mon esprit ne pouvait être enfermé. L’Esprit de Jésus me portait dans les Indes, au Japon, dans l’Amérique, dans l’Orient, dans l’Occident, dans les parties du Canada et dans les Hurons, et dans toute la terre habitable où il y avait des âmes raisonnables que je voyais appartenir à Jésus-Christ”. En 1639, elle est au Canada. Elle est la première Sœur française missionnaire. Son apostolat catéchétique en faveur des indigènes est infatigable: elle compose un catéchisme dans la langue des Hurons, un autre dans la langue des Iroquois, un troisième dans la langue des Algonquins.

Ame profondément contemplative, engagée cependant dans l’action apostolique, elle émet le vœu de “chercher la plus grande gloire de Dieu en tout ce qui serait de plus grande sanctification”, et en mai 1653, elle s’offre intérieurement en holocauste à Dieu pour le bien du Canada.

Maîtresse de vie spirituelle, au point que Bossuet l’a définie la “Thérèse du Nouveau Monde”, et promotrice d’œuvres d’évangélisation, Marie de l’Incarnation unit en elle, de manière admirable, la contemplation et l’action. En elle la femme chrétienne s’est réalisée pleinement et avec un rare équilibre, dans ses divers états de vie: épouse, mère, veuve, directrice d’entreprise, religieuse, mystique, missionnaire, et cela toujours dans la fidélité au Christ, toujours en union étroite avec Dieu.

Traduzione italiana

4. Maria dell’Incarnazione (Marie Guyart) è stata giustamente chiamata “madre della Chiesa cattolica in Canada”.

A diciassette anni, sposa Claudio Marin; a diciotto anni è madre; a vent’anni è già vedova. Maria rifiuta un secondo matrimonio che le propongono i parenti e, a trentadue anni, entra nel monastero delle orsoline di Tours. Dio le ha dato di conoscere l’oscurità del peccato e il bisogno della redenzione. Avendo una profonda devozione al cuore di Gesù e meditando assiduamente il mistero dell’incarnazione, matura la sua vocazione missionaria: “Il mio corpo era nel vostro monastero - scrive nella sua autobiografia - ma il mio spirito non poteva essere rinchiuso. Lo Spirito di Gesù mi portava nelle Indie, in Giappone, in America, in Oriente, in Occidente, nelle zone del Canada e degli Hurons, e in tutta la terra abitata dove ci sono delle anime ragionevoli che vedeva appartenere a Gesù Cristo”. Nel 1639, è in Canada. È la prima suora francese missionaria. Il suo apostolato catechetico a favore degli indigeni è infaticabile: prepara un catechismo nella lingua degli uroni, un altro nella lingua degli irochesi, un terzo nella lingua degli algonchini.

Anima profondamente contemplativa, impegnata però nell’azione apostolica, ella fa il voto di “cercare la più grande gloria di Dio in tutto ciò che fosse di più grande santificazione”, e nel maggio 1653, ella si offre interiormente in olocausto a Dio per il bene del Canada.

Maestra di vita spirituale, al punto che Bossuet l’ha definita la “Teresa del nuovo mondo”, e promotrice di opere di evangelizzazione, Maria dell’Incarnazione unisce in sé, in modo ammirevole, la contemplazione e l’azione. In lei la donna cristiana si è realizzata pienamente e con un raro equilibrio, nei diversi stati della vita: sposa, madre, vedova, direttrice di impresa, religiosa, mistica, missionaria, e questo sempre nella fedeltà a Cristo, sempre in stretta unione con Dio.

5. François de Montmorency-Laval, noble fils de la France, animé lui aussi du charisme missionnaire, aurait pu aspirer aux carrières humaines les plus prometteuses, mais il préféra correspondre généreusement à l’invitation du Christ qui l’envoyait annoncer l’Evangile dans des contrées lointaines. Elu Vicaire Apostolique dans la “Nouvelle France”, revêtu du caractère épiscopal, il s’établit à Québec, et il se donne avec un zèle infatigable à l’expansion du Règne de Dieu en réalisant la figure idéale de l’Evêque: il consacre aux Indiens la première part de son ministère; il voyage sans arrêt à havers l’immense région, la moitié du continent nord-américain; il fonde le séminaire de Québec, qui deviendra ensuite l’“Université Laval”, l’une des premières Universités catholiques des temps modernes; il s’occupe, avec un soin particulier, des prêtres, des religieux et des religieuses; il obtient du Saint-Siège l’institution à Paris d’un séminaire pour les “Missions Etrangères”.

Marie de l’Incarnation qui l’avait précédé au Canada vingt ans auparavant et qui est aujourd’hui béatifiée avec lui, écrivait à son arrivée: “C’est un homme de grana mérite et de vertu insigne; ce ne sont pas les hommes qui l’ont choisi; je dirai en toute vérité qu’il vit comme un saint et comme un apôtre”.

Traduzione italiana

5. Francesco de Montmorency-Laval, nobile figlio della Francia, animato anche lui del carisma missionario, avrebbe potuto aspirare alle carriere umane più promettenti, ma preferì corrispondere generosamente all’invito di Cristo che l’invitava ad annunciare il Vangelo in paesi lontani. Eletto vicario apostolico nella “Nuova Francia”, rivestito dal carisma episcopale, si stabilisce a Quebec, e si dà con un infaticabile zelo all’espansione del regno di Dio realizzando la figura ideale del Vescovo: consacra agli indiani la prima parte del suo ministero; viaggia senza posa attraverso l’immensa regione, la metà del continente nord-americano; fonda il seminario di Quebec, che diventerà in seguito l’“Università Laval”, una delle prime università cattoliche dei tempi moderni, si occupa, con premura particolare, dei preti, dei religiosi e delle religiose; ottiene dalla santa Sede l’istituzione a Parigi di un seminario per le “Missioni estere”.

Maria dell’Incarnazione che l’aveva preceduto in Canada venti anni prima e che oggi è beatificata con lui, scriveva al suo arrivo: “È un uomo di grande merito e di virtù insigne; non sono gli uomini che l’hanno scelto; dirò in tutta verità che egli vive come un santo e come un apostolo”.

6. This wonderful crown of new Beati, God’s bountiful gift to his Church, is completed by the sweet, frail yet strong figure of a young woman who died when she was only twenty-four years old: Kateri Tekakwitha, the "Lily of the Mohawks", the Iroquois maiden, who in seventeenth-century North America was the first to renew the marvels of sanctity of Saint Scholastica, Saint Gertrude, Saint Catherine of Siena, Saint Angela Merici and Saint Rose of Lima, preceding, along the path of Love, her great spiritual sister: Therese of the Child Jesus.

She spent her short life partly in what is now the State of New York and partly in Canada. She is a kind, gentle and hardworking person, spending her time working, praying and meditating. At the age of twenty she receives Baptism. Even when following her tribe in the hunting seasons, she continues her devotions, before a rough cross carved by herself in the forest. When her family urges her to marry, she replies very serenely and calmly that she has Jesus as her only spouse. This decision, in view of the social conditions of women in the Indian tribes at that time, exposes Kateri to the risk of living as an outcast and in poverty. It is a bold, unusual and prophetic gesture: on 25 March 1679, at the age of twenty-three, with the consent of her spiritual director, Kateri takes a vow of perpetual virginity, as far as we know the first time that this was done among the North American Indians.

The last months of her life are an ever cleaner manifestation of her solid faith, straight-forward humility, calm resignation and radiant joy, even in the midst of terrible sufferings. Her fast words, simple and sublime, whispered at the moment of death, sum up, like a noble hymn, a life of purest charity: "Jesus, I love you..."

Traduzione italiana

6. Questa bella corona di nuovi beati, dono generoso di Dio alla sua Chiesa, è completata dalla dolce, fragile ma forte figura di giovane donna che morì a soli ventiquattro anni di età: Kateri Tekakwitha, il “giglio dei Mohawks”, la vergine irochese che nel diciassettesimo secolo nel nord America fu la prima a rinnovare le meraviglie di santità di santa Scolastica, santa Gertrude, santa Caterina da Siena, santa Angela Merici e santa Rosa da Lima, precedendo lungo il sentiero dell’amore, la sua grande sorella spirituale, Teresa del Bambino Gesù.

Passò la sua breve vita parte in quello che ora è lo Stato di New York e parte in Canada. Era una persona gentile, dolce e forte lavoratrice, che passava il suo tempo lavorando, pregando e meditando. Ricevette il battesimo all’età di vent’anni. Anche mentre seguiva la sua tribù nella stagione della caccia, continuava le sue devozioni, davanti a una rozza croce scolpita da lei stessa nella foresta. Quando la sua famiglia la invitò a sposarsi, lei replicò con grande serenità e calma di avere Gesù come suo unico sposo. Questa decisione, considerando le condizioni sociali della donna nelle tribù indiane, espose Kateri al rischio di vivere come una paria e in povertà. Fu un audace, insolito e profetico gesto: il 25 marzo 1679, all’età di ventitré anni, con il consenso del suo direttore spirituale, Kateri pronunciò il voto di perpetua verginità; per quanto noi sappiamo fu la prima volta che questo avvenne tra gli indiani del nord America.

L’ultimo mese della sua vita è una sempre più chiara manifestazione della sua solida fede, schietta umiltà, calma rassegnazione e gioia raggiante, anche in mezzo alle più terribili sofferenze. Le sue ultime parole, semplici e sublimi, mormorate al momento della morte, ricapitolano, come un nobile inno, una vita di purissima carità: “Gesù, io ti amo”.

7. Pieni di commossa letizia ringraziamo Dio che continua a dare generosamente alla Chiesa il dono della santità, e ci chiniamo riverenti a venerare i nuovi beati e le nuove beate di cui abbiamo brevemente tratteggiato la fisionomia spirituale; ascoltiamo docili il messaggio, che ci rivolgono con la forza della loro testimonianza. Veramente, mediante la fede i loro cuori si sono aperti con generosità alla parola di Dio e sono diventati abitazione di Cristo, ed essi, radicati e fondati nella carità, hanno raggiunto una particolare profondità di conoscenza e di comprensione del misterioso disegno divino di salvezza, e hanno conosciuto l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (cf. Ef 3, 17-19). In questo giorno di gloria ci ricordano che noi tutti siamo invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del nostro proprio stato (cf. Lumen Gentium, 42) e che la Chiesa, la quale vive nel tempo, per sua natura è missionaria e deve seguire la stessa strada seguita da Cristo, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte (cf. Ad Gentes, 1. 5).

O Beati e Beate, 
che oggi la Chiesa peregrinante 
glorifica ed esalta, 
dateci la forza 
di imitare la vostra fede limpida, 
quando ci troviamo nei momenti di tenebre; 
la vostra serena speranza, 
quando ci troviamo abbattuti dalle difficoltà; 
la vostra ardente carità verso Dio,
quando siamo tentati di idolatrare le creature;
il vostro amore delicato verso i fratelli, 
quando vorremmo chiuderci 
nel nostro egoistico individualismo!
O Beati e Beate, benedite le vostre patrie, 
quelle di origine 
e quelle che vi furono donate da Dio, 
come la “terra promessa” ad Abramo, 
e che voi avete amato, evangelizzato, santificato!

O Beati e Beate, 
benedite la Chiesa tutta, pellegrina 
che attende la patria definitiva!

O Beati e Beate, 
benedite il mondo, 
che ha fame e sete di santità!

Beato Giuseppe de Anchieta, 
Beata Maria dell’Incarnazione, 
Beato Pietro De Betancur 
Beato Giuseppe De Montmorency-Laval,
Beata Caterina Tekakwitha, pregate per noi!

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII AL TERMINE DELLA LETTURA
DEI DECRETI CHE APPROVANO I MIRACOLI DEL BEATO JUAN DE RIBERA
E LA EROICITÀ DELLE VIRTÙ DEL SERVO DI DIO
FRANÇOIS-XAVIER DE MONTMORENCY-LAVAL

Sala del Concistoro
Domenica, 28 febbraio 1960

 

Venerabili Fratelli e diletti figli!

L'odierna circostanza, per diversi motivi, merita di essere sottolineata in modo particolare. Infatti due Cause di Beatificazione e Canonizzazione ricevono oggi il suggello felice di un lungo periodo di studi e di processi.

L'una, del Beato Giovanni de Ribera, Arcivescovo di Valenza, giunge ad un lietissimo traguardo; e la lettura del Decreto sui miracoli, attribuiti alla sua intercessione, apre definitivamente la via alla sua Canonizzazione. L'altra, del Servo di Dio Francesco de Montmorency-Laval, primo Vescovo di Québec, ottiene a sua volta il fausto coronamento di pazienti e scrupolose ricerche : ed infatti il Decreto su l'eroicità delle virtù del Servo di Dio fa bene sperare circa il proseguimento della Causa medesima.

Dunque, due tappe importanti su la lunga via che la Chiesa segue, talora anche per secoli interi, prima di proporre gli esempi di santità di suoi figli insigni.

Ma quello che rende ancora più cara al Nostro cuore l'odierna circostanza è il fatto — certo non voluto, ma tanto più significativo — che si tratta di due Vescovi, di due Pastori, per i quali le parole ispirate di Pietro e di Paolo si sono tradotte in realtà viva, e vissuta, e sofferta: pascite qui in vobis est gregem Dei, providentes non coacte sed spontanee secundum Deum: neque turpis lucri gratia, sed voluntarie: neque ut dominantes in cleris, sed forma facti gregis ex animo [1]; attendite vobis, et universo gregi, in quo vos Spiritus Sanctus posuit episcopos regere Ecclesiam Dei, quam acquisivit sanguine suo [2].

Queste due figure, vissute ad un secolo di distanza l'una dall'altra, ma accomunate oggi nel fulgore della loro vita esemplare in un rito denso di significato, e di preannunzi faustissimi, hanno un alto insegnamento da dare.

Guardate il Beato Giovanni de Ribera: a trent'anni nel vigore della giovinezza, maturata in un esercizio continuo di carità e di ministero, è eletto Vescovo di Badajoz, e sei anni dopo promosso Patriarca di Antiochia e Arcivescovo di Valenza. Nel benefico irradiamento del Concilio di Trento, terminato giusto in quegli anni, il novello Vescovo si dedica instancabilmente, e senza riserve, alla sua missione pastorale. L'applicazione dei Decreti Conciliari è il fermo programma del suo episcopato, e in questa luce si colloca la sua meravigliosa attività: celebra ben sette Sinodi, edifica Chiese materiali, ma più ancora quelle spirituali, le anime; e, pensando alla cura del Clero — prima preoccupazione dei Padri del Concilio perchè in essa sta il segreto della trasformazione etica e religiosa del popolo cristiano — ne fa oggetto di cure gelose, culminanti nella fondazione del Collegio « Corpus Christi », da lui dotato, con gusto da mecenate, di manoscritti e di libri rari.

Il suo zelo fece brillare la sua luce davanti agli uomini [3]: e per tale efficacia di lavoro pastorale è lecito accostare la sua figura a quella del suo grande contemporaneo, ed amico, si può dire, S. Carlo Borromeo. Quale intima soddisfazione proviamo nel ricordare questi nomi, nel rievocare tali eventi, che per tanti aspetti richiamano popolo cristiano — ne fa oggetto di cure gelose, culminanti nella fondazione del Collegio « Corpus Christi », da lui dotato, con gusto da mecenate, di manoscritti e di libri rari.

Quale intima soddisfazione proviamo nel ricordare questi nomi, nel rievocare tali eventi, che per tanti aspetti richiamano i tempi nostri: e con quale speranza Ci rivolgiamo al Beato Giovanni, affinché, pregando con Noi per l'applicazione del Sinodo Romano e la preparazione del Concilio, Ci ottenga da Dio la grazia di una novella fioritura di santità, nella Nostra Roma e nella Chiesa universale!

Considerate, poi, il Servo di Dio Francesco di Montmorency-Laval. Appartiene a una nobile famiglia di Francia, ha davanti a sè un avvenire promettente di soddisfazioni umane. A 25 anni è grande Arcidiacono della diocesi di Evreux, e potrebbe aspirare a qualcuno dei maggiori Vescovadi della sua terra. Ma la vocazione sacerdotale, da lui seguita con ogni fermezza e con pietà profonda fin dal suo primo sbocciare, significava per lui dedizione completa a Dio e alle anime. A distanza di un secolo, il Concilio Tridentino continuava ad incidere profondamente nelle anime sacerdotali, suscitando nella Francia del sec. XVII frutti meravigliosi e fecondi. Montmorency-Laval aspira a qualcosa di grande, ma nel senso del Vangelo, non della affermazione dell'umana e familiare ambizione: le nuove terre, aperte alla evangelizzazione, lo attirano, le Missioni lo incantano. A trentasei anni approda in Canada: Vicario Apostolico dapprima, Vescovo di Québec di poi, lavora strenuamente per un trentennio, come buon soldato di Gesù Cristo [4]. È un animatore instancabile di opere: anch'egli dedica le sue prime sollecitudini all'educazione del Clero, fondando quel Seminario di Québec, che, affiliato al Seminario delle Missioni Estere di Parigi, operò in profondità nella vita religiosa e culturale del paese, dando poi origine alla celebre Università, che da Laval prende il nome. Organizza il ministero tra i bianchi, e la missione tra gli indiani, di cui difese con energia i diritti in varie circostanze, anche resistendo ed opponendosi lealmente all'autorità civile; e fu fermo difensore dei diritti della Sede Apostolica.

Quale statura di uomo e di Vescovo! Ben degna dell'odierno riconoscimento, che a lui viene dopo più di due secoli e mezzo dalla morte!

Venerabili Fratelli e diletti figli! Voi comprendete la Nostra soddisfazione, che si esprime in sentimenti di gratitudine per averCela preparata col vostro lavoro. La tappa di oggi, oltre ad essere lietamente auspicale per le due Cause, è di fausta promessa e di incoraggiamento per la Chiesa di Dio : perchè il porre solennemente sul candelabro queste due lampade ardenti avrà per effetto di produrre sempre più generosi propositi di santità nel Clero e nel popolo cristiano.

E per intercessione del Beato Giovanni e del Servo di Dio Francesco, Noi eleviamo al Signore una fervida preghiera: ut Ecclesiam tuam sanctam regere et conservare digneris; ut nosmetipsos in tuo sancto servitio confortare et conservare digneris; ut cuncto populo christiano pacem et unitatem largiri digneris. Te rogamus, audi nos!

In pegno delle celesti predilezioni su di voi e su quanti vi sono cari per legami di sacro ministero, di carità e di famiglia, Ci è gradito porre di gran cuore il suggello della Nostra paterna Apostolica Benedizione.

 

[1] 1 Petr. 5, 2-3.

[2] Act. 20, 28.

[3] Cfr. Matth. 5, 16.

[4] 2 Tim. 2, 3