Giovanni Battista Mazzucconi
(1826-1855)
- 7 settembre
Sacerdote dell’Istituto Milanese per le Missioni Estere e martire, che, dopo due anni trascorsi al servizio dell’evangelizzazione, ormai spossato dalle febbri e dalle piaghe, fu ucciso in odio alla fede con un colpo di scure
Giovanni Battista Albino Mazzucconi nacque a Rancio di Lecco nel 1826, entrò presto in seminario e nel 1845 insieme con un gruppo di compagni fece un corso di esercizi spirituali alla Certosa di Pavia. Qui conobbe il priore, padre Suprier, un certosino che in precedenza era stato missionario in India. Ai giovani egli racconta delle persone incontrate, del bene fatto e ricevuto. Le sue parole rimbalzano nel cuore di Giovanni. Le circostanze sembrano favorire la sua aspirazione quando nel 1850 Pio IX chiede ai vescovi lombardi di istituire a Milano un seminario che prepari i giovani alla missione.
Non appena ordinato sacerdote, Giovanni si trasferisce con gli antichi compagni in quello che più tardi sarà chiamato Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e presto parte con loro per l’Australia. Giunti a destinazione dopo un viaggio di tre mesi, i missionari si dividono in due gruppi: il primo si stabilisce nell’isola di Rook, l’altro prosegue per Woodlark. Il paesaggio che li accoglie è incantato, ma gli indigeni sono diffidenti.
Scrive padre Mazzucconi: «Per adesso la missione bisogna farla con lo stare sempre con la gente locale e impararne la lingua e poi, quando il Signore vorrà, gli parleremo di lui». Il pericolo maggiore viene in un primo momento dal clima. Padre Mazzucconi si ammala gravemente e deve ritornare a Sydney per curarsi. Ristabilitosi, ritorna a Woodlark, ma l’accoglienza è tutt’altro che amichevole. Un notabile indigeno finge di andare ad accoglierlo, quindi lo colpisce duramente. Giovanni muore così martire della missione cristiana da lui tanto agognata.
(fonte: santiebeati.it)
SOLENNE RITO DI BEATIFICAZIONE DEI MARTIRI
D'ANGERS E DI P.GIOVANNI MAZZUCCONI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Basilica Vaticana - Domenica, 19 febbraio 1984
Cari fratelli e sorelle.
1. “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” (Rm 8, 35).
Questa è la domanda posta un tempo dall’apostolo Paolo nella sua lettera ai Romani. Aveva allora davanti agli occhi le sofferenze e le persecuzioni della prima generazione di discepoli, testimoni di Cristo. Le parole di tribolazione, angoscia, fame, nudità, pericolo, persecuzione, supplizio, massacro “come pecore da macello” descrivevano realtà molto precise, che erano - o sarebbero state - l’esperienza di molti di coloro che si erano uniti a Cristo, o piuttosto che avevano accolto nella fede l’amore di Cristo. Egli stesso avrebbe potuto enumerare le prove che aveva già subito (cf. 2 Cor 6, 4-10), mentre attendeva il suo martirio qui, a Roma. E oggi la Chiesa, con i martiri dal XVIII e del XIX secolo, si domanda a sua volta “chi ci separerà dall’amore di Cristo?”.
San Paolo si affretta a dare una risposta certa a questa domanda: “Niente ci separerà dall’amore di Cristo che è in Gesù Cristo nostro Signore”, niente, neppure la morte, né le forze misteriose del mondo, né l’avvenire, né alcuna creatura (cf. Rm 8, 38-39).
Poiché Dio ha dato il suo unico Figlio per il mondo, poiché questo Figlio ha dato la sua vita per noi, un tale amore non verrà mai meno. È più forte d’ogni cosa. Custodisce nella vita eterna coloro che hanno amato Dio al punto da dare la loro vita per lui. I regimi di persecuzione passano. Ma questa gloria dei martiri rimane. “Noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati” (Rm 8, 37).
2. Questa è la vittoria che hanno riportato i martiri elevati oggi alla gloria degli altari con la beatificazione.
a) Essi sono innanzitutto i numerosissimi martiri che, nella diocesi di Angers, ai tempi della Rivoluzione francese, hanno accettato la morte poiché volevano, secondo le parole di Guillaume Repin, “conservare la loro fede e la loro religione”, fortemente uniti alla Chiesa cattolica e romana; sacerdoti, rifiutarono di prestare un giuramento giudicato scismatico, non vollero abbandonare il loro incarico pastorale; laici, rimasero fedeli a questi sacerdoti; alla messa celebrata da loro, ai segni del loro culto a Maria e ai santi. Senza dubbio, in un contesto di grandi tensioni ideologiche, politiche e militari, si è potuto far pesare su di loro dei sospetti di infedeltà alla patria, li si è, nelle “motivazioni” delle sentenze, accusati di compromissione con “le forze anti-rivoluzionarie”; è del resto così in quasi tutte le persecuzioni, di ieri e di oggi. Ma per gli uomini e le donne i cui nomi sono stati ricordati - tra molti altri senza dubbio parimenti meritevoli - quello che hanno realmente vissuto, quello che hanno risposto agli interrogatori dei tribunali non lascia alcun dubbio sulla loro determinazione a restare fedeli - a rischio della loro vita - a ciò che la loro fede esigeva, né sul motivo profondo della loro condanna, l’odio per questa fede che i loro giudici disprezzavano come “devozione insostenibile” e “fanatismo”. Noi rimaniamo ammirati davanti alle risposte decisive, calme, brevi, franche, umili, che non hanno niente di provocatorio, ma che sono nette e ferme sull’essenziale: la fedeltà alla Chiesa. Così parlano i sacerdoti, tutti ghigliottinati come il loro venerabile decano Guillaume Repin, i religiosi che rifiutano persino di far credere di aver prestato giuramento, i quattro laici: è sufficiente citare la testimonianza di uno di loro (Antoine Fournier): “Voi vi sottoporreste dunque alla morte in difesa della vostra religione?”. “Sì”. Così parlano le ottanta donne che non si è potuto accusare di ribellione armata! Alcune avevano già espresso prima il desiderio di morire per il nome di Gesù piuttosto che rinunciare alla religione (Renée Feillatreau).
Veri cristiani, testimoniano così, col loro rifiuto di odiare i loro carnefici, con il loro perdono, il loro desiderio di pace per tutti: “Non ho pregato il buon Dio che per la pace e l’unità di tutto il mondo” (Marie Cassin). Infine, i loro ultimi momenti manifestavano la profondità della fede. Alcuni cantavano inni e salmi fino al luogo del supplizio. “Essi chiesero alcuni minuti per rendere a Dio il sacrificio della loro vita, che essi fecero con tanto fervore che i loro carnefici stessi ne rimasero stupiti”. Suor Marie-Anne, Figlia della carità, conforta così la sua consorella: “Noi avremo la felicità di vedere Dio e di possederla per tutta l’eternità . . . e ne saremo posseduti senza paura di esserne separati” (testimonianza dell’abate Gruget).
Oggi questi novantanove martiri d’Angers sono associati, nella gloria della beatificazione, al primo di loro, l’abate Noël Pinot, beatificato da circa sessant’anni.
Sì, le parole dell’apostolo Paolo trovano qui splendido riscontro: “Noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati”.
b) Analoga testimonianza di fede adamantina e di carità ardente è stata data alla Chiesa e al mondo dal padre Giovanni Mazzucconi, che consumò nel martirio la sua giovane esistenza di sacerdote e di missionario. Membro, tra i primi, del Pontificio Istituto per le Missioni Estere di Milano, sentiva che le missioni erano “il segreto desiderio” del suo cuore. All’orizzonte della sua vita egli intravedeva un’unione ancora più profonda con il Cristo, unione che lo avrebbe accomunato alle sofferenze e alla croce del suo Signore e Maestro, proprio a motivo del suo impegno instancabile per l’evangelizzazione: “Beato quel giorno in cui mi sarà dato di soffrire molto per una causa sì santa e sì pietosa, ma più beato quello in cui fossi trovato degno di spargere per essa il mio sangue e incontrare fra i tormenti la morte”.
Sennonché il messaggio cristiano, che il Mazzucconi proclamava agli indigeni di Woodlark, era un’aperta condanna della loro condotta che giungeva fino agli orrori dell’infanticidio. E nonostante l’immensa carità e l’indefessa dedizione dal beato, la sua predicazione provocava irritazione e odio. Ma egli era soprannaturalmente sereno, in mezzo ai disagi, alle febbri, alle opposizioni, perché viveva intimamente unito a Dio. Parafrasando le parole di san Paolo, poteva scrivere: “So che Dio è buono e mi ama immensamente. Tutto il resto: la calma e la tempesta, il pericolo e la sicurezza, la vita e la morte, non sono che espressioni mutevoli e momentanee del caro Amore immutabile, eterno”.
3. Per tutti questi martiri, di epoche diverse, si sono adempiute le parole del Cristo agli apostoli: “Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali . . . Sarete condotti davanti ai governanti.. per causa mia . .. Il fratello darà morte al fratello . . . E sarete odiati da tutti a causa del mio nome (Mt 10, 17-22). Difatti molti tra i martiri d’Angers sono stati arrestati nella loro casa o nel loro nascondiglio, perché altri li avevano denunciati. Ci si è accaniti contro di loro, uomini e donne senza difesa, con un disprezzo difficilmente comprensibile. Hanno conosciuto l’umiliazione della rappresaglia e delle prigioni insalubri; hanno affrontato tribunali ed esecuzioni sommarie.
Il padre Mazzucconi, poi, ricevette il colpo mortale di scure da un indigeno, che, salito sulla nave e avvicinatosi, facendo finta di salutarlo amichevolmente gli porgeva la mano da stringere.
Tutto questo avverrà - diceva Gesù - “per dare una testimonianza a loro e ai pagani”. Sì, i nostri martiri hanno potuto render testimonianza di fronte ai loro giudici, ai loro carnefici, e davanti a coloro che assistevano come spettatori al loro supplizio, al punto che costoro “non potevano trattenersi dall’essere stupiti e dal dire, allontanandosi, che c’era in quelle morti qualcosa di straordinario, che solo la religione può ispirare negli ultimi istanti” (Diario del sacerdote Simon Gruget). Gesù aveva annunciato tale mistero: “Chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (Mt 10, 22). E come persevererà? “Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire . . . È lo Spirito del padre vostro che parla in voi” (Mt 10, 19-20). Sì, quelli che restano fedeli allo Spirito Santo sono sicuri di poter contare sulla sua forza, nel momento di render testimonianza in una maniera che sconcerta gli uomini.
4. È mediante la potenza di Dio che i martiri hanno riportato la vittoria. Essi hanno contemplato la forza dell’amore di Dio: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8, 31). Essi hanno fissato il loro sguardo sul sacrificio di Cristo: “Dio... ha dato il proprio Figlio per tutti noi; come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?” (Rm 8, 32).
In una parola, essi hanno partecipato al mistero della Redenzione, che consumato dal Cristo sul Calvario, si prolunga nel cuore degli uomini lungo il corso della loro storia. Ho recentemente invitato tutti i fedeli della Chiesa a meditare su questa sofferenza redentrice. Per i martiri, la croce di Cristo è stata, nello stesso tempo, la sorgente misteriosa del loro coraggio, il senso della loro prova, il modello per rendere testimonianza all’amore del Padre, mediante il loro sacrificio, unito a quello del Cristo, e per giungere con lui alla risurrezione.
5. La sicurezza dei martiri era così espressa dall’autore ispirato del Libro della Sapienza (cf. Sap 3, 1-9): “Le anime dei giusti . . .sono nelle mani di Dio . . . la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità . . . Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé”. Nel 1793 e 1794, per i beati compagni di Guglielmo Repin; nel 1855, per il beato Giovanni Mazzucconi, coloro che li facevano morire, e un certo numero dei loro compatrioti, pensavano a un castigo e a un annientamento; si credeva che le fosse in cui erano stati ammucchiati alla rinfusa sarebbero state dimenticate per sempre. Ma essi “sono nelle mani di Dio”. “Li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia correranno qua e là. Governeranno le nazioni . . . e il Signore regnerà per sempre su di loro” (Sap 3, 6-8). La memoria della Chiesa non li ha dimenticati: molto presto sono stati venerati, si è ascoltato il loro messaggio, sono stati invocati, si è avuta fiducia nella loro intercessione presso Dio. E oggi essi risplendono, scintillano ai nostri occhi, perché la Chiesa sa che essi sono beati, e che “vivranno presso Dio nell’amore” (cf. Sap 3, 9).
6. Questa beatificazione sarà una tappa nuova per tutti noi, per la Chiesa, e in particolare per i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli delle diocesi della Francia occidentale alle quali sono appartenuti questi beati, come per il Pontificio istituto per le missioni estere, per la città di Lecco e per tutta l’arcidiocesi di Milano, senza dimenticare la Papuasia-Nuova Guinea. È per tutti loro una gioia profonda sapere presso Dio coloro che sono loro vicini per sangue o nazionalità, poter ammirare la fede e il coraggio dei loro compatrioti e dei loro confratelli. Ma questi martiri ci invitano anche a pensare alla moltitudine di credenti che vengono perseguitati anche oggi, nel mondo, in modo nascosto, lancinante, ancor più grave, perché comporta la mancanza di libertà religiosa, la discriminazione, l’impossibilità di difendersi, l’internamento, la morte civile, come dicevo a Lourdes lo scorso mese d’agosto: la loro prova ha punti in comune con quella dei nostri beati. Infine, dobbiamo domandare per noi stessi il coraggio della fede, della completa fedeltà a Gesù Cristo, alla sua Chiesa, nel momento della prova come nella vita quotidiana. Il nostro mondo troppo spesso indifferente o inconsapevole attende dai discepoli di Cristo una testimonianza inequivocabile, cioè, come quella dei martiri celebrati oggi: Gesù Cristo è vivo; la preghiera e l’Eucaristia ci sono essenziali per vivere della sua vita e la devozione a Maria ci mantiene suoi discepoli; il nostro attaccamento alla Chiesa è tutt’uno con la nostra fede; l’unità fraterna è il segno per eccellenza dei cristiani; la vera giustizia, la purezza, l’amore, il perdono e la pace sono frutti dello Spirito di Gesù; l’ardore missionario fa parte di questa testimonianza; noi non possiamo tenere nascosta la nostra lampada accesa.
7. Questa beatificazione ha luogo nel cuore dell’Anno Giubilare della Redenzione. Questi martiri illustrano la grazia della Redenzione che hanno essi stessi ricevuto. Ne sia resa gloria a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. “Noi ti lodiamo Dio . . . È te che la stirpe dei martiri testimonia”.
Sia lodato Dio che ravviva così la nostra fede, la nostra azione la nostra vita! Oggi è col sangue dei nostri beati che sono scritte per noi le ispirate parole di san Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Né la vita, né la morte . . . né presente, né avvenire . . . né alcun’altra creatura, niente potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore”. Amen.