Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero

Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero

(1840-1914)

Beatificazione:

- 14 settembre 2013

- Papa  Francesco

Canonizzazione:

- 16 ottobre 2016

- Papa  Francesco

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 26 gennaio

Sacerdote diocesano, pastore di una vastisima area senza strade né scuole, si dedicò ai più poveri, edificando chiese, scuole, strade. Ammalato di lebbra per le visite agli ammalati, morì cieco. 

  • Biografia
  • Omelia
  • Lettera Apostolica
  • Lettera sulla beatificazione
"Stava con la gente, e cercava di portare tanti agli esercizi spirituali. Andava per chilometri e chilometri, cavalcando le montagne, con la sua mula" (Papa Francesco)

 

 

VITA  E  OPERE

 

 

    José Gabriel del Rosario Brochero nacque a Carreta Quemada, alla periferia di Santa Rosa de Río Primero (Cordoba –Repubblica Argentina), il 16 marzo 1840. Era il quarto di dieci figli, che vivevano occupandosi delle terre del padre. Crebbe all’in­terno di una famiglia dalla profonda vita cristiana. Due sue sorelle presero i voti nella Congregazione delle Suore di Nostra Signora dell’Orto.

    Entrò nel Collegio Seminario Nostra Signora di Loreto il 5 marzo 1856 e fu ordinato sacerdote il 4 novembre 1866.

    In qualità di aiutante nei compiti pastorali nella Cattedrale della città di Cordoba, svolse il ministero sacerdotale durante l’epidemia di colera che colpì la città. Fu anche Prefetto degli Studi del Seminario Maggiore e divenne Dottore in filosofia nell’Università di Cordoba. Alla fine del 1869 assunse l’estesa cura pastorale di San Alberto, di 4.336 chilometri quadrati e poco più di 10.000 abitanti, che vivevano in luoghi distanti, senza strade né scuole. Erano isolati lungo tutta la catena Sierras Grandes ad oltre 2.000 metri di altitudine. Si trovavano in uno stato morale e di indigenza materiale miserabili. Ma il cuore apostolico del “Cura” (parroco) Brochero non si abbatté, anzi da quel momento egli dedicò l’intera esistenza non solo al suo ministero pastorale, ma anche come evangelizzatore di virtù umane e cristiane.

    L’anno successivo al suo arrivo cominciò a portare uomini e donne a Cordoba per partecipare agli Esercizi Spirituali. Per percorrere quei 200 chilometri occorrevano tre giorni a dorso di mulo, in carovane che molto spesso erano formate da oltre cinquecento persone. Più di una volta furono sorpresi da forti tormente di neve. Al ritorno, dopo nove giorni di silenzio, preghiera e penitenza i suoi fedeli cambiavano vita, seguendo il Vangelo e occupandosi dello svilup­po socio-economico della zona.

    Nel 1875, con l’aiuto dei fedeli, cominciò la costruzione della Casa di Esercizi nella ex Villa del Transito (località che oggi porta il suo nome). Fu inaugurata nel 1877 con un afflusso di gente che superò le 700 persone. Oltre 40.000 persone vi accorsero durante tutto il ministero pastorale del Beato. A completamento della stessa edificò la casa per le religiose, il collegio per le bambine e la residenza per i sacerdoti.

    Insieme con i fedeli costruì oltre 200 chilometri di sentiero e varie chiese, fondò cittadine e si occupò dell’educazione di tutti. Inoltrò richieste alle autorità ed ottenne uffici postali e centri telegrafici. Progettò il bivio ferroviario che doveva attraversare la Valle di Traslasierra unendo le città di Villa Dolores e Soto per togliere i suoi abitanti dalla povertà nella quale vivevano, “abbandonati da tutti tranne che da Dio”, come soleva ripetere.

    Predicò il Vangelo assumendo il linguaggio degli abitanti della montagna, per renderlo comprensibile ai suoi ascoltatori. Celebrò i sacramenti portando sempre il necessario per la Messa con l’argano del suo mulo. Nessun malato rimaneva senza sacramenti: né pioggia né freddo potevano fermarlo. “Il diavolo non mi porterà via neanche un’anima”, diceva. Si dedicò interamente a tutti, in particolare ai poveri e a gli emarginati, che cercò con sollecitudine per avvicinarli a Dio.

    Pochi giorni dopo la sua morte, il quotidiano cattolico di Cordoba scriveva: “È risaputo che il Cura Brochero ha contratto la malattia che lo ha portato alla tomba perché visitava a lungo e spesso abbracciava un lebbroso abbandonato per strada”. A causa della sua malattia di lebbra rinunciò alla Curazia, vivendo alcuni anni con le sue sorelle nel paese natale. In seguito alle sollecite richieste dei suoi vecchi fedeli però fece ritorno alla propria casa a Villa del Transito, dove morì il 26 gennaio 1914.

    La notizia della sua morte si diffuse rapidamente e si ebbe l’impressione che era morto un santo. I suoi resti mortali furono visitati da una folla immensa (le strade erano piene di gente) e anche negli anni a venire una processione ininterrotta di fedeli, provenienti da tutta l’Argentina, ha continuato a visitare la tomba del Beato.

    La sua è stata un’esperienza popolare e incarnata: amò i suoi “serranos” (montanari), si identificò con loro, con il loro modo di essere e di parlare, li conosceva, li difendeva, spiegava loro le cose con la “franchezza dei serrani” che lo contraddistingueva, frutto della sua carità pastorale e riflesso dell’amore del Signore che servì sino alla fine.

    I suoi lineamenti umani e sacerdotali sono stati modellati da quella natura campestre, popolare, seguendo in modo assolutamente originale il modello evangelico dell’incarnazione generando un sacerdote a misura di popolo.

    In lui si manifestò una personalità ecclesiale solida. Era un uomo di Dio, un credente fiducioso nella Divina Provvidenza, un povero fedele della Chiesa; un sacerdote orante, contemplativo, nutrito dalla Parola che alimentava la vocazione e lo portava alla missione e alla predicazione evangelica.

    Fedele ai suoi doveri sacerdotali pregava il Breviario e il Rosario; era devoto della Vergine Maria, consapevole delle proprie debolezze e fragilità, nutrì il desiderio di conversione attraverso l’esercizio ascetico personale e il desiderio di convertire i suoi fedeli.

    Era povero per i poveri, testimone e amico di Gesù Cristo, il Buon Pastore. Nella sua spiritualità guardava a Cristo Crocifisso, nella consapevolezza che il lavoro missionario parte dalla croce.

    Inserito nel territorio parrocchiale, che conosceva come la sua talare, svolse il ministero sacerdotale con apertura a tutti, con predilezione per i più poveri, per l’educazione e promozione delle donne, gli ammalati, i giovani bisognosi e le persone fuori legge. Aveva una vera preoccupazione, quella di riportare la pecora smarrita all’ovile della Chiesa, seguendo la Parola e l’esempio di Cristo.

    Difendeva i diritti dei poveri e li aiutava nelle loro necessità, anche nelle situazioni difficili come la regolarizzazione di matri­moni.

    Il Beato stabilì una forma originale di compartecipazione delle donne alle azioni comuni di apostolato promuovendo il contributo del “genio” femminile all’attività ministeriale in vista dell’instaura­zione del Regno di Cristo.

    L’azione pastorale del Brochero arrivò anche ai governanti: visitava le loro case, instaurava rapporti di paterna sollecitudine con le mogli e i figli e anche con il personale domestico, incoraggiandoli a collaborare per il bene comune specialmente nella loro zona. Non esiste governatore, ministro o deputato provinciale o nazionale, a lui contemporaneo, con cui non abbia avuto contatti per fini pastorali, per farli diventare collaboratori o mediatori dell’opera di Dio in un rapporto di sana libertà.

    Aveva una grande maturità personale che si esprimeva nella tenacia nel cercare il bene del prossimo. Il suo tratto attento verso gli altri dava spessore alla sua parola.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

a) In vista della Beatificazione

 

    Data la fama di santità in vita e dopo la morte, in diverse occasioni – e già dagli anni ’30 – si pensò di avviare la causa di Beatificazione che finalmente ebbe inizio il 30 maggio 1968 con la presentazione del Supplex libellus da parte di P. Pedro Paravano, s.j, postulatore.

    Il Processo informativo fu istruito nella diocesi di Cordoba dal 1968 al 1974. L’Inchiesta rogatoriale di Cruz del Eje si svolse dal 1970 al 1972. Il processo terminò il 5 giugno 1974.

    L’apertura degli atti, presso la Congre­gazione delle Cause dei Santi, ebbe luogo il 18 luglio 1974.

    Papa Giovanni Paolo II autorizzò la pubblicazione del Decreto sulle virtù eroiche il 19 aprile 2004.

    In vista della Beatificazione fu presentato un presunto miracolo, riguardante la straordinaria guarigione di un bambino di 11 mesi, da politraumatismo cranioencefalico grave (con frattura occipitale, ematoma subdurale acuto, emorragia subaracnoidea, emorragia intraventricolare, infarto nell’emisfero cerebrale sinistro, raccolta subdurale frontoparietale destra, emorragia vitrea bilaterale e idrocefalia residua) con due arresti cardiorespiratori prolungati (di cui un arresto superiore ai 25 minuti e l’altro con rianimazione avanzata di 15 minuti) e recupero completo delle funzioni cognitive, motorie e del linguaggio (2000).

    Dopo l’udienza pontificia e l’autorizzazione di Papa Benedetto XVI alla pubblicazione del Decreto sul miracolo in data 20 dicembre 2012, si giunse alla Beatificazione, che ebbe luogo, il 14 settembre del 2013.

 

b) In vista della Canonizzazione

 

    Per la Canonizzazione del Beato José Gabriel del Rosario Brochero è stata presentata alla Congregazione delle Cause dei Santi l’asserita inspiegabile guarigione di una bambina da ematoma subdurale fronto-temporo-parietale destro post-traumatico, complicato da esteso infarto cerebrale dell’emisfero destro ed ischemia frontale sinistra con convulsioni post-traumatiche e grave insufficienza funzionale, shock settico (2013).

    L’Inchiesta diocesana è stata celebrata dal 15 luglio 2014 al 25 marzo 2015 presso la Curia Vescovile di San Juan de Cujo.

    La validità giuridica venne decretata il 7 maggio 2015.

    Nella Seduta del 10 settembre 2015, dopo che nel frattempo erano stati richiesti ed eseguiti diversi esami specialistici sia sulla natura della malattia che sull’attuale stato di salute della sanata, la Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi ha riconosciuto l’evento “inspiegabile scientifi­camente”.

    Il caso è stato esaminato, con esito positivo all’unanimità, dai Censori Teologi il 3 novembre 2015.

    Il 12 gennaio 2016 la Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi ha riconosciuto la menzionata guarigione come un fatto miracoloso attribuito alla efficace intercessione del Beato.

    Sua Santità Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto super miraculo.

SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEI BEATI

Salomone Leclercq, Giuseppe Sánchez del Río, Manuel González García, Lodovico Pavoni, Alfonso Maria Fusco, 
Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero, Elisabetta della Santissima Trinità Catez

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Pietro
Domenica, 16 ottobre 2016

 

All’inizio dell’odierna celebrazione abbiamo rivolto al Signore questa preghiera: «Crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito» (Orazione Colletta).

Noi, da soli, non siamo in grado di formarci un cuore così, solo Dio può farlo, e perciò lo chiediamo nella preghiera, lo invochiamo da Lui come dono, come sua “creazione”. In questo modo siamo introdotti nel tema della preghiera, che è al centro delle Letture bibliche di questa domenica e che interpella anche noi, qui radunati per la canonizzazione di alcuni nuovi Santi e Sante. Essi hanno raggiunto la meta, hanno avuto un cuore generoso e fedele, grazie alla preghiera: hanno pregato con tutte le forze, hanno lottato, e hanno vinto.

Pregare, dunque. Come Mosè, il quale è stato soprattutto uomo di Dio, uomo di preghiera. Lo vediamo oggi nell’episodio della battaglia contro Amalek, in piedi sul colle con le braccia alzate; ma ogni tanto, per il peso, le braccia gli cadevano, e in quei momenti il popolo aveva la peggio; allora Aronne e Cur fecero sedere Mosè su una pietra e sostenevano le sue braccia alzate, fino alla vittoria finale.

Questo è lo stile di vita spirituale che ci chiede la Chiesa: non per vincere la guerra, ma per vincere la pace!

Nell’episodio di Mosè c’è un messaggio importante: l’impegno della preghiera richiede di sostenerci l’un l’altro. La stanchezza è inevitabile, a volte non ce la facciamo più, ma con il sostegno dei fratelli la nostra preghiera può andare avanti, finché il Signore porti a termine la sua opera.

San Paolo, scrivendo al suo discepolo e collaboratore Timoteo, gli raccomanda di rimanere saldo in quello che ha imparato e in cui crede fermamente (cfr 2 Tm 3,14). Tuttavia anche Timoteo non poteva farcela da solo: non si vince la “battaglia” della perseveranza senza la preghiera. Ma non una preghiera sporadica, altalenante, bensì fatta come Gesù insegna nel Vangelo di oggi: «pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1). Questo è il modo di agire cristiano: essere saldi nella preghiera per rimanere saldi nella fede e nella testimonianza. Ed ecco di nuovo una voce dentro di noi: “Ma Signore, com’è possibile non stancarsi? Siamo esseri umani… anche Mosè si è stancato!...”. E’ vero, ognuno di noi si stanca. Ma non siamo soli, facciamo parte di un Corpo! Siamo membra del Corpo di Cristo, la Chiesa, le cui braccia sono alzate giorno e notte al Cielo grazie alla presenza di Cristo Risorto e del suo Santo Spirito. E solo nella Chiesa e grazie alla preghiera della Chiesa noi possiamo rimanere saldi nella fede e nella testimonianza.

Abbiamo ascoltato la promessa di Gesù nel Vangelo: Dio farà giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui (cfr Lc 18,7). Ecco il mistero della preghiera: gridare, non stancarsi, e, se ti stanchi, chiedere aiuto per tenere le mani alzate. Questa è la preghiera che Gesù ci ha rivelato e ci ha donato nello Spirito Santo. Pregare non è rifugiarsi in un mondo ideale, non è evadere in una falsa quiete egoistica. Al contrario, pregare è lottare, e lasciare che anche lo Spirito Santo preghi in noi. E’ lo Spirito Santo che ci insegna a pregare, che ci guida nella preghiera, che ci fa pregare come figli.

I santi sono uomini e donne che entrano fino in fondo nel mistero della preghiera. Uomini e donne che lottano con la preghiera, lasciando pregare e lottare in loro lo Spirito Santo; lottano fino alla fine, con tutte le loro forze, e vincono, ma non da soli: il Signore vince in loro e con loro. Anche questi sette testimoni che oggi sono stati canonizzati, hanno combattuto la buona battaglia della fede e dell’amore con la preghiera. Per questo sono rimasti saldi nella fede, con il cuore generoso e fedele. Per il loro esempio e la loro intercessione, Dio conceda anche a noi di essere uomini e donne di preghiera; di gridare giorno e notte a Dio, senza stancarci; di lasciare che lo Spirito Santo preghi in noi, e di pregare sostenendoci a vicenda per rimanere con le braccia alzate, finché vinca la Divina Misericordia.

 

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta Beatificatione

 

FRANCISCUS  PP.

ad perpetuam rei memoriam

 

 

    “Nolite sperare in violentia et in rapina nolite decipi; divitiae si affluant, nolite cor apponere. Semel locutus est Deus, duo haec audivi: quia potestas Deo est, et tibi, Domine, misericordia; quia tu reddes unicuique iuxta opera sua” (Ps 62, 11-13).

 

    Totum se Dei voluntati, ut instrumentum, commisit Venerabilis Dei Servus et id propositum per totam vitam tenuit, qui, quodcumque agebat, summam divinam mercedem est lucratus et, cum Domini amorem inter homines diffunderet, eiusdem particeps fuit.

    Die XVI mensis Martii anno MDCCCXL Sanctae Rosae de Rio Primero, apud Cordubam in Argentina pientissima ex familia ortus est, quae exemplo in virtutibus fideique principibus eum instituit. Anno MDCCCLVI cum flagranter vocationem perciperet, seminarium est ingressus et die IV mensis Novembris anno MDCCCLXVI sacris ordinibus est auctus. Prima sua pastoralia munia apud ecclesiam cathedralem Cordubensem gessit. Studia produxit, donec doctoris gradum in philosophia consequeretur, doctrina philosophica pellectus, quam Societatis Iesu sodales modo reversi Cordubae restituerunt. Studiorum exinde praefectus apud Seminarium Maius electus est. Anno MDCCCLXIX sancti Alberti in Corduba est nominatus parochus, cui lata urbis pars coniungebatur. Impensam operam dedit Evangelio nuntiando populoque instituendo, sancti Ignatii exercitationibus spiritalibus usus, quibus complures fideles interfuerunt, et sic multi ad fidem sunt conversi. Dei Servus in socialibus materialibusque rebus territorium sibi demandatum promovendum curavit, templa, cappellas, ruris scholas aedificando atque vias illius loci in montibus sternendo. In primis exercitationum spiritalium domum condidit, cui duo domicilia addidit, alterum pro religiosis mulieribus, alterum pro sacerdotibus. Multos annos sine intermissione gregem sibi commis­sum curavit, complura patrando ut cresceret ac spiritale materialeque bonum prosequeretur. Anno MCMVIII propter locorum insalubritatem et aegrotorum propinquitatem, spreto periculo ac Domini vineae studiosius, lepra est correptus. Sic parochi munus deponere debuit, eodem tamen fervore suam perducens missionem. Die XXVI mensis Ianuarii anno MCMXIV in oppido Villa del Tránsito apud Cordubam de hoc mundo demigravit.

    Eius sanctitatis fama perstante, die XVIII mensis Iulii anno MCMLXXIV apud dioecesim Cordubensem in Argentina Processus Ordinarius de eiusdem sanctitate est actus. Die II mensis Februarii anno MMIV Consultores Theologi, in peculiari congressione coadunati favens suffragium tulerunt atque idem iudicarunt Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria die II mensis Aprilis anno MMIV, ita ut eius virtutes per Decretum diei XIX mensis Aprilis anno MMIV, a Summo Pontifice Ioanne Paulo II declararentur heroum in modum exercitae. Beatificationis causa asserta sanatio exhibita est, quam Medici Consultores die X mensis Maii anno MMXII ad scientiam inexplicabilem iudicarunt. Theologi Consulto­res, in Congressione Peculiari coadunati die VII mensis Iunii anno MMXII Venerabilis Dei Servi intercessioni eam tribuerunt et idem iudicarunt Patres Cardina­les et Episcopi in Sessione Ordinaria die VI mensis Novembris anno MMXII. Summus Pontifex Benedictus XVI die XX mensis Decembris anno MMXII facultatem fecit ut Congregatio de Causis Sanctorum ipsum Decretum evulgaret atque statuit ut beatificationis ritus in oppido Villa Cura Brochero, Cordubae in Argentina die XIV mensis Septembris anno MMXIII ageretur.

    Hodie igitur de mandato Nostro Venerabilis Frater Noster Ange­lus S.R.E. Cardinalis Amato, Congregationis de Causis Sanctorum Praefectus, textum Litterarum Apostolicarum legit, quibus Nos in Beatorum numerum Venerabilem Dei Servum Iosephum Gabrielem del Rosario Brochero adscribimus:

    Nos, vota Fratrum Nostrorum Caroli Iosephi Ñáñez, Archie­piscopi Cordubensis in Argentina, et Iacobi Olivera, Episcopi Crucis Axeatae, nec non plurimorum aliorum Fratrum in Episcopatu multo­rumque christifidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem faci­mus ut Venerabilis Dei Servus Iosephus Gabriel del Rosario Bro­chero, presbyter dioecesanus, fidelis Evangelii minister, Christi dilectionis in pauperes testis, Beati nomine in posterum apppelletur, eiusque festum die sexta decima mensis Martii in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit.

    In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.

    Haec vero quae hodie statuimus firma usquequaque esse volumus ac valida fore iubemus, contrariis quibuslibet rebus minime obstantibus.

    Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die XIV mensis Septembris, anno MMXIII, Pontificatus Nostri primo.

LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ARGENTINA
IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DI PADRE JOSÉ GABRIEL BROCHERO

 

A Sua Eccellenza Reverendissima
Monsignor José María Arancedo
Arcivescovo di Santa Fe
Presidente della Conferenza Episcopale Argentina

Caro fratello,

Che il «Cura Brochero» sia finalmente tra i beati è una gioia e una benedizione molto grande per gli argentini e i devoti di questo pastore che odorava di pecora, che si fece povero tra i poveri, che lottò sempre per stare vicino a Dio e alla gente, che fece e continua a fare tanto bene come carezza di Dio al nostro popolo sofferente.

Mi piace immaginare oggi Brochero parroco sulla sua mula dalla frangetta bianca (malacara), mentre percorreva i lunghi sentieri aridi e desolati dei duecento chilometri quadrati della sua parrocchia, cercando casa per casa i vostri bisnonni e trisnonni, per chiedere loro se avevano bisogno di qualcosa e per invitarli a fare gli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola. Conobbe ogni angolo della sua parrocchia. Non rimase in sacrestia a pettinare pecore.

Il Cura Brochero era una visita di Gesù stesso a ogni famiglia. Portava con sé l’immagine della Vergine, il libro delle preghiere con la Parola di Dio, il necessario per celebrare la Messa quotidiana. Lo invitavano a bere un mate, chiacchieravano e Brochero parlava loro in un modo che tutti comprendevano perché gli usciva dal cuore, dalla fede e dall’amore che nutriva per Gesù.

José Gabriel Brochero incentrò la sua azione pastorale sulla preghiera. Appena giunse alla sua parrocchia, cominciò a portare uomini e donne a Córdoba per fare gli esercizi spirituali con i padri gesuiti. Con quanto sacrificio prima attraversavano le Sierras Grandes, innevate in inverno, per andare a pregare nella capitale Córdoba! E poi, quanto lavoro per costruire la Santa Casa degli Esercizi nella sede parrocchiale! Lì, una lunga preghiera davanti al crocifisso per conoscere, sentire e assaporare l’amore tanto grande del cuore di Gesù e poi tutto culminava con il perdono di Dio nella confessione, con un sacerdote pieno di carità e di misericordia. Moltissima misericordia!

Questo coraggio apostolico di Brochero pieno di zelo missionario, questo ardire del suo cuore compassionevole come quello di Gesù che gli faceva dire: «Guai se il diavolo mi ruba un’anima!», lo spinse a conquistare a Dio anche persone di malaffare e compaesani difficili. Si contano a migliaia gli uomini e le donne che, grazie al lavoro sacerdotale di Brochero, abbandonarono il vizio e le liti. Tutti ricevevano i sacramenti durante gli esercizi spirituali e, con essi, la forza e la luce della fede per essere buoni figli di Dio, buoni fratelli, buoni padri e madri di famiglia, in una grande comunità di amici impegnati nel bene di tutti, che si rispettavano e aiutavano gli uni gli altri.

In una beatificazione è molto importante l’attualità pastorale. Il Cura Brochero ha l’attualità del Vangelo, è un pioniere nell’uscire verso le periferie geografiche ed esistenziali per portare a tutti l’amore, la misericordia di Dio. Non rimase nell’ufficio parrocchiale, si logorò sulla mula e fini con l’ammalarsi di lebbra, a forza di uscire a cercare la gente, come un prete “di strada” (callejero) della fede. È questo che Gesù vuole oggi, discepoli missionari, callejeros della fede!

Brochero era un uomo normale, fragile, come uno qualunque di noi, ma conobbe l’amore di Gesù, si lasciò forgiare il cuore dalla misericordia di Gesù. Seppe uscire dalla tana del «io-me-mio-con-me-per-me», dell’egoismo meschino che tutti abbiamo, vincendo se stesso, superando con l’aiuto di Dio quelle forze interiori di cui il demonio si avvale per incatenarci alle comodità, alla ricerca del piacere del momento, alla poca voglia di lavorare. Brochero ascoltò la chiamata di Dio e scelse il sacrificio di lavorare per il suo Regno, per il bene comune che l’enorme dignità di ogni persona si merita in quanto figlia di Dio, e fu fedele fino alla fine: continuava a pregare e a celebrare la messa persino da cieco e con la lebbra.

Lasciamo che il Cura Brochero entri oggi, con la mula e tutto il resto, nella casa del nostro cuore e ci inviti alla preghiera, all’incontro con Gesù, che ci libera dai legami per uscire in strada a cercare il fratello, a toccare la carne di Cristo in colui che soffre e ha bisogno dell’amore di Dio. Solo così assaporeremo la gioia che sperimentò il Cura Brochero, anticipo della felicità di cui gode ora come beato in cielo.

Chiedo al Signore di concedervi questa grazia, di benedirvi e prego la Vergine Santa di custodirvi.

Affettuosamente.

FRANCESCO

Vaticano, 14 settembre 2013