Giuseppe Maria Tomasi

Giuseppe Maria Tomasi

(1649-1713)

Beatificazione:

- 29 settembre 1803

- Papa  Pio VII

Canonizzazione:

- 12 ottobre 1986

- Papa  Giovanni Paolo II

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 1 gennaio

Sacerdote dell’Ordine dei Chierici regolari, detti Teatini, e Cardinale: nell’ardente desiderio di rinnovare il culto divino, passò quasi tutta la sua vita a ricercare e pubblicare antichi testi e documenti della sacra Liturgia e si adoperò nel catechizzare i fanciulli

  • Biografia
  • Omelia
  • beato e santo
"La santità è sempre da Dio, non dall’uomo. Nello stesso tempo essa è nell’uomo"

 

Giuseppe Maria Tomasi nacque a Licata, in Sicilia, diocesi di Agrigento, il 12 Settembre 1649, figlio primogenito di Giulio Tomasi e di Rosalia Traina, Principi di Lampedusa e Duchi di Palma di Montechiaro.

La sua vita fu orientata verso Dio fin dai primi anni. Formato ed educato nella nobile casa paterna, dove non mancavano ricchezze, né virtù, diede prova di uno spirito molto aperto allo studio e alla pietà. Per questo, dai suoi genitori fu molto curata la sua formazione cristiana e la sua istruzione nelle lingue classiche e moderne, specialmente nella lingua spagnola, perché già destinato dalla famiglia alla corte di Madrid, dovendo ereditare da suo padre, per i titoli nobiliari, la qualifica di "Grande de España".

Ma il suo spirito aspirava, fin da fanciullo, a essere piccolo nel Regno di Dio, e a servire non i re della terra ma il Re del cielo. Coltivò questo pio desiderio nel suo cuore finché ottenne il consenso di suo padre per seguire la vocazione alla vita religiosa.

Dopo aver rinunciato, mediante documento notarile, al principato, che gli apparteneva per eredità, e al ricchissimo patrimonio, fu ammesso nell'Ordine dei Chierici Regolari Teatini, fondato da S. Gaetano da Thiene nel 1524. Fece la sua professione religiosa nella casa teatina di S. Giuseppe di Palermo, il 25 marzo 1666.

Nel nuovo stato di vita, che aveva abbracciato per seguire la chiamata di Cristo, si poté dedicare meglio alla pietà e allo studio. La sacra liturgia era stata la sua attrazione fin da bambino. Già allora avrebbe voluto indossare ogni giorno il vestito del colore liturgico del giorno. Il canto gregoriano era fiorito ben presto sulle sue labbra, che esultavano di gioia cantando i salmi liturgici. Le lingue sacre del latino e del greco furono, quasi per innata disposizione, conosciute ed apprezzate fin dalla sua adolescenza.

Compì gli studi filosofici in Messina, Ferrara, Bologna e Modena; costretto a questi trasferimenti per ragione di salute. Studiò Teologia in Roma, nella Casa di S. Andrea della Valle.

A Roma, dopo aver ricevuto il suddiaconato e il diaconato, nel sabato delle tempora di Avvento, il 23 Dicembre 1673, egli veniva ordinato sacerdote nella Basilica Lateranense, per le mani di Mons. Giacomo De Angelis, arcivescovo di Urbino, Vicegerente del Cardinale Vicario Gaspare Carpegna. Due giorni dopo, nella notte di Natale, celebrava la sua prima Messa, nella chiesa di S. Silvestro al Quirinale, sede allora della Casa Generalizia dei Padri Teatini.

L'unzione sacerdotale parve incardinare il P. Tomasi a Roma e dargli la cittadinanza romana. Qui, dalla sua ordinazione sacerdotale e nella stessa casa di S. Silvestro al Quirinale, per quasi quarant'anni, si dedicherà, con intensa fecondità, alla pietà, all'esercizio umile e perseverante delle virtù, e agli studi assidui. Alla sua conoscenza, acquisita fin dall'adolescenza, del latino e del greco, aggiunse quella delle lingue ebraica, siriaca, caldaica e araba.

Si impegnò, con spirito di fede, alla pubblicazione di rari libri liturgici e di antichi testi della sacra Liturgia, facendo così vedere la luce a molti tesori che fino allora erano stati nascosti nelle biblioteche.

Editò molti volumi di argomenti biblici, patristici e principalmente liturgici. Tra questi basti menzionare: Codices Sacramentorum nongentis annis vetustiores (editi nel 1680); l'edizione critica del Salterio nella sua doppia versione romana e gallicana; gli Antifonari e Responsoriali della Chiesa Romana già in uso al tempo di S. Gregorio Magno (editi nel 1686); l'edizione critica dei titoli e argomenti della Sacra Bibbia secondo i codici dal secolo V al secolo XI (pubblicata nel 1688).
Per la sua vasta erudizione e per le sue eccellenti e ben note virtù, il P. Giuseppe M. Tomasi era oggetto di tanta fama e stima, che molti si onoravano della sua conoscenza e della sua amicizia. La Regina di Svezia, Cristina Alessandra, lo volle tra i membri di cui si ornava il suo circolo di dotti; l'Accademia Romana dell'Arcadia lo annoverò tra i suoi soci più illustri; il dotto rabbino della Sinagoga di Roma, Mosè Cave, che fu convertito al cattolicesimo dal P. Tomasi, suo allievo nella lingua ebraica, lo considerava suo amico e padre nella fede.

Ma quanto più grandi erano le lodi che gli tributavano i personaggi del suo tempo, tanto più procurava rimanere nascosto, fino al punto di pubblicare, per umiltà, alcune delle sue opere sotto uno pseudonimo.

Pur essendo in rapporto con persone importanti ed erudite della sua stessa levatura, egli si dedicò non meno alla formazione dei semplici fedeli. Per essi compose: Vera norma di glorificare Iddio e di far Orazione secondo la dottrina delle divine Scritture e dei Santi Padri, e anche una Breve istruzione del modo di assistere fruttuosamente al Santo Sacrificio della Messa, inoltre una versione ristretta dei Salmi scelti e disposti per agevolare la preghiera del cristiano.

Nominato dai suoi confratelli Consultore Generale del suo Ordine, per umiltà presto rinunciò a tale carica, adducendo le molte altre occupazioni per gli incarichi che già aveva nella Curia Romana, tra i quali quello di Consultore delle Sacre Congregazioni dei Riti e delle Indulgenze, e di Qualificatore del Sant'Uffizio.

Le sue molte pubblicazioni di argomento liturgico, nelle quali la pietà va unita all'erudizione, motivarono il titolo che gli davano alcuni suoi contemporanei di " Principe dei Liturgisti Romani " e di " Doctor Liturgicus ".

In verità, non poche norme che, sancite dall'autorità dei Romani Pontefici e dai documenti del Concilio Vaticano II, sono oggi lodevolmente in uso nella Chiesa, furono già proposte e vivamente desiderate dal P. Tomasi. Fra queste basti ricordare:
la forma attuale della Liturgia delle Ore per la preghiera dell'Ufficio Divino;
la distinzione e l'uso del Messale e del Lezionario nella celebrazione Eucaristica;
varie norme contenute nel Pontificale e nel Rituale Romano;
l'uso della lingua volgare, che lui stesso raccomandava nelle devozioni private e nelle preghiere fatte in comune dai fedeli; tutto poi inteso a promuovere una più intima e personale partecipazione del Popolo di Dio alla celebrazione della Sacra Liturgia.

Tutte le sue fatiche e sollecitudini, nelle ricerche e negli studi, non poterono minimamente allontanare il P. Tomasi dal tendere, costantemente e con tutte le sue forze, al conseguimento di quella perfezione evangelica a cui Dio lo aveva chiamato fin dall'infanzia.

A tutti era di esempio per la profonda umiltà, lo spirito di mortificazione e di sacrificio, la fedele osservanza religiosa, la mansuetudine, la povertà, la pietà, la filiale devozione alla Beata Vergine Maria. Aiutava i poveri, dava sollievo ai malati, sia in casa che nell'ospedale di S. Giovanni in Laterano. In questo modo si univano e si armonizzavano in lui la sapienza e la carità.

Clemente XI, che conosceva personalmente e ammirava le esimie virtù e la diffusa fama della sua dottrina, lo nominò Cardinale, del titolo dei Ss. Silvestro e Martino ai Monti, nel Concistoro del 18 Maggio 1712. Accettò il cardinalato soltanto per ubbidienza al mandato espresso dal Papa.
Collocato in questo sublime grado, illuminò tanto, con lo splendore delle sue virtù, la Chiesa Romana, che molti lo veneravano come un altro S. Carlo Borromeo, che lui si propose di imitare.
Congiunse alla dignità cardinalizia tutte quelle virtù che lo distinguevano come religioso teatino; nulla mutò della sua precedente regola di vita. Per la sua corte e per il servizio della sua casa scelse, per motivo di carità, persone povere, deboli, claudicanti e con varie menomazioni fisiche.

Nella sua chiesa titolare dei Ss. Silvestro e Martino ai Monti non solo partecipava, con i chierici della sua famiglia, alle celebrazioni liturgiche dei Padri Carmelitani, ma anche si dedicava a insegnare ai fanciulli e agli altri fedeli il catechismo della dottrina cristiana.

Ma tanta luce di buon esempio e di virtù brillò per poco tempo. Agli otto mesi non compiuti del suo cardinalato, egli, dopo ave: preso parte alla Cappella Papale della vigilia del giorno di Natale, nella Basilica Vaticana, colpito da violenta polmonite, spirò santamente, il 1° Gennaio 1713, nel suo appartamento del palazzo Passarini di via Panisperna.

CANONIZZAZIONE DEL BEATO GIUSEPPE MARIA TOMASI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana - Domenica, 12 ottobre 1986

 

1. “Il Signore è il mio pastore” (Sal 22 [23], 1). La Chiesa ripete queste parole costantemente.

Le ripete oggi - in questa domenica d’ottobre - con spirito di particolare gratitudine e di spirituale entusiasmo.

Sì. Il Signore è il mio pastore. La verità di queste parole è riconfermata specialmente quando alla Chiesa è dato di costatare l’opera della santità nella vita dei suoi figli e delle sue figlie.

L’opera della santità, opera di Dio stesso, opera di Cristo, eterno Pastore, opera dello Spirito Santo che agisce nell’uomo.

L’opera della santità: opera dell’uomo dedito a Dio, obbediente alla grazia. “Gloria Dei vivens homo”,

2. Proprio oggi è dato alla Chiesa, e particolarmente a questa Sede Apostolica, di confermare ancora una volta la santità dell’uomo, la quale è l’opera suprema di Dio nell’universo creato. È il dono più pieno.

Questa santità si è manifestata nella vita e nelle opere di Giuseppe Maria Tomasi, proclamato Beato da Pio VII nel 1803.

Adesso, le ulteriori testimonianze con cui Dio ha voluto illustrare questo suo servo, inducono ad annoverarlo nell’albo dei Santi.

I motivi di convenienza pastorale per questa Canonizzazione sono numerosi. Quello principale può essere dato dall’importanza che la figura di San Giuseppe Maria riveste nel campo del culto liturgico, che largamente promosse con la sua vita e i suoi scritti scientifici. La testimonianza del nuovo santo cade particolarmente opportuna ai nostri giorni, a vent’anni dal Concilio Vaticano II, che tanto incremento ha dato al rinnovamento della vita liturgica. Il Santo che oggi proclamiamo ci aiuta a comprendere e a realizzare questo rinnovamento nel senso giusto.

Compiendo l’atto della Canonizzazione, possiamo ripetere con San Paolo: “investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d’animo; al contrario rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio” (2 Cor 4, 1-2).

3. Giuseppe Maria Tomasi ha risposto nella sua vita all’eterna chiamata del divino Pastore, secondo le parole del profeta Ezechiele proclamate nell’odierna Liturgia.

Sul solco e dietro l’esempio dei Dottori della Chiesa e dei grandi teologi, egli risponde in modo eminente alla figura del sacerdote, che unisce l’amore per la scienza a quello per la pietà, e ricorda quindi il modello offerto dal Profeta Malachia, quando dice: “Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l’istruzione, perché egli è il messaggero del Signore degli eserciti” (Me 2, 7).

Certamente, la “scienza” alla quale si riferisce qui il profeta, e nella quale ha rifulso il Card. Giuseppe Maria è sostanzialmente la conoscenza, per non dire l’“esperienza”, delle cose divine. Ma San Giuseppe Maria ci conduce a questa mistica conoscenza precisamente mediante la sua testimonianza di “scienziato” della Liturgia, nel senso moderno della parola.

Il Tomasi mostra quindi a tutti noi, e specialmente ai pastori di anime, quanto è importante, nel sacerdote, una sana sensibilità culturale, fondata su di un autentico amore alla verità, che si traduce nell’impegno generoso di comunicarla ai fratelli. Un impegno che dà al suo ministero una speciale dignità ed una particolare efficacia.

4. Fin da fanciullo, San Giuseppe Maria aveva sperimentato un’intima inclinazione ed una forte propensione per le “cose ecclesiastiche”, per le cose di Dio, come egli ebbe a dire. Perciò egli - anima sempre in ascolto - si decide assai presto, senza remore di sorta, a seguire la divina ispirazione, che lo chiama ad un genere di vita, nel quale il servizio ed il culto di Dio sono garantiti da una speciale e rinnovata consacrazione: quella della professione religiosa. E così entrò nell’Ordine dei Teatini.

Appartenente ad una nobile famiglia siciliana, egli, se fosse restato nel mondo, avrebbe potuto disporre di immense ricchezze e di un enorme prestigio sociale, che gli derivavano dai diritti di primogenitura nei confronti del Principato di Lampedusa e del Ducato di Palma di Monte Chiaro. Ma, attratto da ben altre ricchezze e dalla prospettiva di una gloria immensamente superiore a quella terrena, rinunciò a quei diritti, per seguire Cristo povero, casto e obbediente nella disciplina e nelle austerità della vita religiosa.

Ad imitazione di Nostro Signore, “da ricco che era, si è fatto povero” (2 Cor 8, 9), per arricchire i fratelli mediante la testimonianza di una totale disponibilità e di un amore disinteressato.

5. Il Card. Tomasi si presenta come modello di pastore, perché egli per primo ha seguito il divino Pastore, si è messo alla sua scuola, ha cercato di penetrarne il mistero - Mysterium pietatis -, ha cercato - soprattutto - di rivivere questo mistero nella sua vita di fedele e di sacerdote, e nella sua stessa attività di studioso e di ricercatore.

Da vero Ministro dell’Altare, il Tomasi comprese di dover cercare Cristo, come dice il Salmo, soprattutto nel “suo Santuario” (Sal 62 [63], 3), “abitando nella Casa del Signore” (cf. Sal 22 [23], 6), vale a dire rendendo alla Sacra Liturgia il dovuto onore, che non si esaurisce in un atteggiamento esteriormente ritualistico, ma che sa vedere nel culto divino una suprema fonte di luce e di energia operativa per tutta la giornata del cristiano, quasi che questa non sia né debba essere altro che un prolungamento dell’azione liturgica, soprattutto quella eucaristica.

Questo è stato il modo particolare col quale egli ha seguito il divino Pastore ed insegna a noi a seguirlo. Messosi alla scuola del divino Maestro, egli si è fatto a sua volta per noi maestro.

6. “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16, 15).

Come ha risposto il nostro santo a questo fondamentale mandato apostolico? Con l’esercizio di molteplici attività, che testimoniano sia della sua umiltà che della sua grandezza d’animo; sia della sua disponibilità ad ogni richiesta, come della sua coscienziosa e metodica preparazione specifica.

La promozione della vita liturgica - alla quale egli si applicò in modo speciale - va così dalla pubblicazione della ricerca o della scoperta erudita, all’opera che egli svolse per l’educazione liturgica del popolo e dei semplici fedeli.

Il suo spirito di servizio e l’ardente amore per le anime, coltivati dallo studio e dall’esercizio dell’osservanza coscienziosa della Regola del suo Ordine, lo rendono disponibile sia all’assistenza nei confronti dei poveri e dei malati, come allo svolgimento di incarichi presso la Curia Romana, fino a ricevere, da Papa Clemente XI, la porpora cardinalizia, che egli invano, per umiltà, tentò di ricusare. Dopo aver compiuto i doveri liturgici inerenti all’ufficio cardinalizio, egli, come poteva fare un parroco, si metteva a spiegare i rudimenti della fede e il catechismo ai ragazzi ed agli altri fedeli, offrendo premi a coloro che progredivano nella dottrina cristiana.

A somiglianza del divino Pastore, il Card. Tomasi seppe così radunare il gregge a volte disperso (cf. Ez 34, 12), e seppe condurlo a riposare presso “pascoli erbosi ed acque tranquille” (cf. Sal 22 [23], 2).

Seppe condurlo in “ottime pasture” (Ez 34,14): quelle, soprattutto, della Parola di Dio illustrata e “fatta carne” nel mistero eucaristico della Santa Liturgia.

7. Nella vita di Giuseppe Maria Tomasi si è compiuto ciò che San Paolo aveva scritto di se stesso. “Dio . . . rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo” (2 Cor 4, 6).

Camminava, quindi, in questa “conoscenza della gloria” - e la portava agli altri.

“Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore, - quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù” (2 Cor 4, 5).

Camminava nella vita, consapevole di aver portato un grande tesoro! E nuovamente - così come l’apostolo Paolo - pensava e operava in conformità alle parole della seconda lettura dell’odierna liturgia: “Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi” (2 Cor 4, 7).

8. Sì. Da Dio venne questa potenza, caro fratello Giuseppe Maria.

Da Dio.

La santità è sempre da Dio, non dall’uomo.

Nello stesso tempo essa è nell’uomo.

La Chiesa gioisce di poter proclamare oggi che questa santità, che è da Dio, era in te.

In te, che ti sei sentito un “vaso di creta”.

In te, che nell’annunziare apertamente la verità, ti sei presentato davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio (cf. 2 Cor 4, 2).

Oggi la Chiesa ringrazia insieme con te il divino Pastore, che passa costantemente “in rassegna il suo gregge” (cf. Ez 34, 11) per averti prescelto, chiamato e mandato, affinché tu conducessi a Lui gli altri.

Oggi la Chiesa ringrazia insieme con te per l’indicibile tesoro della tua intercessione presso l’Altissimo.

E con la Chiesa, ringrazia con te il divino Pastore anche la tua Famiglia Religiosa, l’Ordine dei Chierici Regolari Teatini, che tu illustri con la santità, dopo quella di San Gaetano e di Sant’Andrea Avellino.

E con la Chiesa, ringrazia il divino Pastore anche la tua Sicilia. Essa esulta per la luce che tu le doni, e che si aggiunge a quella di tanti altri santi della sua bimillenaria storia cristiana.

San Giuseppe Maria, prega per noi!

Per il tuo Ordine, per la tua Sicilia, per tutta la Chiesa!

Amen.

Il primo panegirico del Cardinale Tomasi fu pronunziato dallo stesso Papa Clemente XI, nel Concistoro celebrato un mese dopo il di lui transito. "Non possiamo dissimulare - disse il Papa - l'intimo dolore che ci ha procurato la morte dell'esimio e piissimo Cardinale Tomasi... autentico esemplare della più santa e antica disciplina, e dalla cui virtù e dottrina tanto ci aspettavamo ancora".

La fama di santità, che durante la vita accompagnò il Cardinale Tomasi, crebbe ancora di più subito dopo la sua morte. Per questo, solo dopo cinque mesi dal suo pio transito, si incominciò, per desiderio di Clemente XI, il Processo canonico Ordinario Informativo per la sua Beatificazione.

Dopo aver superato vicissitudini e difficoltà di vario genere, Pio VII, approvati due miracoli attribuiti alla intercessione del Ven. Card. Tomasi, lo proclamò Beato il 29 Settembre 1803.
Un nuovo miracolo, attribuito alla intercessione del Beato Giuseppe M. Tomasi, fu approvato, con Decreto del 6 Luglio 1985, dal Santo Padre Giovanni Paolo 11, per la sua Canonizzazione.

Le reliquie del suo corpo, trasferite nel 1971 dalla Basilica del suo titolo dei Ss. Silvestro e Martino ai Monti, sono attualmente esposte alla venerazione dei fedeli nella Basilica di S. Andrea della Valle dei Padri Teatini, in Roma. La sua festa si celebra il 3 Gennaio.