Jerzy Popiełuszko

Jerzy Popiełuszko

(1947-1984)

Beatificazione:

- 06 giugno 2010

- Papa  Benedetto XVI

Ricorrenza:

- 19 ottobre

Sacerdote diocesano, martire, fu ucciso da funzionari del ministero dell'interno della Repubblica Popolare di Polonia a causa della sua nota ostilità al regime

  • Biografia
  • omelia di beatificazione
“Dobbiamo vincere il male con il bene e mantenere intatta la nostra dignità di uomini, per questo non possiamo fare uso della violenza"

 

Jerzy Popiełuszko nacque il 14 settembre 1947 a Okopy provincia di Bialystok, nel nord-est della Polonia, era stato ordinato sacerdote dal cardinale Stefan Wyszynsky nel 1972.

Per suo stesso incarico a partire dal 1980 svolgeva il ruolo di cappellano del sindacato autonomo Solidarność. Nelle omelie che teneva regolarmente per le “Messe per la Patria”, in una chiesa di Varsavia, ascoltate da migliaia di fedeli, non mancava di difendere con coraggio la libertà religiosa e quella di opinione, i diritti umani e la giustizia, criticando il regime.

Durante l’ultima celebrazione il 19 ottobre 1984, don Jerzy aveva invitato i presenti a “chiedere di essere liberi dalla paura, dal terrore, ma soprattutto dal desiderio di vendetta. Dobbiamo vincere il male con il bene - aveva esortato - e mantenere intatta la nostra dignità di uomini, per questo non possiamo fare uso della violenza”.

Poche ore dopo don Jerzy veniva rapito da tre funzionari del ministero dell’Interno, chiuso nel bagagliaio di un’automobile, picchiato selvaggiamente e torturato. Quindi gettato, forse ancora vivo, nelle acque del fiume Vistola. Aveva 37 anni.

Il suo cadavere venne ritrovato il 30 ottobre successivo e la notizia della sua tragica morte scosse profondamente l'intera Polonia.

Mezzo milione di persone parteciparono al suo funerale, oltre 18 milioni quelle che, in questi anni, sono sfilate davanti alla sua tomba a Varsavia.

VARSAVIENSIS

Beatificationis seu Declarationis Martyrii

Servi Dei  GEORGII POPIEŁUSZKO
Sacerdotis dioecesani
(† 19 Octobris 1984)

 

Decretum super Martyrio

 

«Dio mi manda ad annunciare il Vangelo e curare le ferite dei cuori doloranti» (cf. Is 61,1).

 

Le parole dell’antico profeta di Israele, già fatte proprie da Gesù nella sinagoga di Nazareth, furono il programma della vita sacerdotale del Servo di Dio Jerzy Popiełuszko: scritte da lui in occasione della prima celebrazione eucaristica, costituirono la motivazione ultima della sua suprema testimonianza al Signore.

Il Servo di Dio era nato il 14 settembre 1947 ad Okopy nei pressi di Suchowola in Polonia, da un famiglia di contadini di tradizione cristiana. Battezzato con il nome di Alfons, in seguito lo cambierà con quello di Jerzy Aleksander. Guidato dal desiderio di diventare sacerdote, entrò nel seminario diocesano di Varsavia, ma trascorso appena un anno dall’inizio della formazione filosofico-teologica, dovette interromperla per svolgere il servizio militare. Il biennio vissuto nell’esercito fu la prima importante prova della sua vocazione, quando dovette affrontare persecuzioni a causa delle sue convinzioni religiose. Dopo la ripresa degli studi, il 28 maggio 1972 venne ordinato presbitero.

Al giovane sacerdote fu affidato l’ufficio di vicario parrocchiale, che svolse successivamente in più comunità. Venne pure incaricato della pastorale degli operatori sanitari e quindi degli universitari. I Superiori, accortisi che la salute del Servo di Dio andava deteriorandosi, lo sollevarono dal compito di vicario, destinandolo, come residente, presso la parrocchia di Santo Stanislao Kostka, nel quartiere Żoliborz di Varsavia.

In questo periodo, in un clima particolare di entusiasmo creatosi dopo l’elezione al soglio pontificio del Servo di Dio Giovanni Paolo II, ed in pari tempo di tentativi di rinascita spirituale e democratica della nazione accompagnati dall’azione del movimento sindacale d’ispirazione cattolica da poco costituito, egli entrò in contatto con il mondo operaio, anzi, senza volerlo, ne divenne una guida autorevole e riconosciuta, conservando sempre la sua identità sacerdotale e difendendo l’indole pastorale del suo ministero. Lo continuò lo stesso, pur in forme diverse e conscio della gravità del momento, quando le autorità statali comuniste introdussero lo stato di guerra (1981-1983) per soffocare il processo di rinascita, a cui seguivano arresti in massa, rigide restrizioni ed annullamento di diritti da poco riconosciuti. Una particolare espressione del suo insegnamento di quell’attività furono le “Messe per la patria” celebrate da lui, che raccoglievano migliaia di fedeli provenienti sia da Varsavia che da città lontane.

Nel suo ministero si evidenziò una straordinaria sensibilità pastorale verso i problemi delle persone sofferenti, avvilite, travolte dagli sbagli, disperate. Egli seppe prendersene cura amorevolmente ed aiutarle a risollevarsi nello spirito  del rinnovamento evangelico. Fu apostolo e ministro instancabile del sacramento della riconciliazione. Egli restituiva ai fedeli la speranza di vincere il male con il bene e suscitava un nuovo entusiasmo nella vita di fede. Tutta quest’opera al servizio delle Chiesa e dell’uomo fu improntata dalla spiritualità sacerdotale forte, dall’ascetica della croce e dalla profonda devozione mariana ereditata in famiglia.

Come reazione alla sua attività pastorale, le autorità comuniste inscenarono nei suoi confronti un’intensa campagna di diffamazione e di repressioni ed infine accusandolo di attività illegali a carattere politico, – per coprire l’odio alla fede che ne stava dietro – a cui seguirono provocazioni da parte della polizia e passi giudiziari. Egli riceveva lettere minatorie, telefonate di turpiloquio e minacce. Essendo consapevole che continuando il suo ministero pastorale avrebbe rischiato la vita, ripeteva: “Io non posso abbandonare questa gente, che attraverso la mia voce, ascolta la dottrina della Chiesa, e pensare solo a me stesso. Devo rimanere con loro fino alla fine”. Degli ultimi giorni della sua vita si ricordano le sue parole: “Ho superato la barriera del terrore, non ho più paura. Sono pronto a tutto. Ho confidato in Dio”. Con questo stesso spirito proseguì la sua opera pastorale fino alle ultime ore di vita.

Il 13 ottobre 1984 fallì un primo tentativo di colpire il Servo di Dio, ma il 19 seguente fu rapito da tre funzionari del Ministero degli Interni e venne picchiato selvaggiamente, sino a subire la morte quello stesso giorno. Il suo corpo, appesantito da una zavorra di sassi, fu gettato nel fiume Vistola. Il timore di una rivolta popolare, tuttavia, spinse le Autorità a dar inizio alle indagini e, dopo l’arresto degli assassini, il 30 ottobre il cadavere fu ritrovato. Al funerale del Servo di Dio parteciparono migliaia di fedeli e nacque spontaneamente un’indiscutibile fama martyrii che è andata progressivamente consolidandosi e diffondendosi. 

In forza di questa fama fu istruita presso la Curia Arcivescovile di Varsavia dall’8 febbraio 1997 all’8 febbraio 2001 l’Inchiesta Diocesana, la cui validità giuridica è stata riconosciuta da questa Congregazione delle Cause dei Santi con il Decreto del 14 dicembre 2001. Il 20 gennaio 2009 si è svolto il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi, che ha riconosciuto la consistenza degli elementi materiale e formale del martirio. Questo esito positivo è stato confermato dagli Eminentissimi ed Eccellentissimi Cardinali e Vescovi riuniti in Sessione Ordinaria il 1° dicembre 2009, essendo Ponente della Causa l’Em. mo Card. Stanislaw Ryłko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici.

De hisce omnibus rebus, referente subscripto Archiepiscopo Praefecto, certior factus, Summus Pontifex Benedictus XVI, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit Constare de martyrio eiusque causa Servi Dei Georgii Popiełuszko, Sacerdotis dioecesani, in casu et ad effectum de quo agitur.

Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit.

Datum Romae, die 19 mensis Decembris A. D. 2009.

 

+ ANGELUS AMATO, S. D. B.
Archiep. tit. Silensis
Praefectus

 

+ MICHAËL DI RUBERTO
Archiep. tit. Biccarensis
a Secretis