Katharine Drexel

Katharine Drexel

(1858-1955)

Beatificazione:

- 20 novembre 1988

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 01 ottobre 2000

- Papa  Giovanni Paolo II

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 3 marzo

Vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore del Santissimo Sacramento, che utilizzò con generosità e carità i beni dai lei ereditati per l’istruzione e il riscatto degli Indiani e dei neri: turbata dalla povertà e dalle condizioni disperate di tanti nativi americani e afro-americani, scelse di dedicare non solo i suoi averi, ma anche tutta la sua vita al Signore

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  • l'eredità
  • omelia di beatificazione
"Con grande coraggio e fiducia nella grazia di Dio, scelse di dedicare non solo i suoi averi, ma anche tutta la sua vita al Signore" (Giovanni Paolo II)

 

Nata a Philadelphia, Pennsylvania, negli Stati Uniti d'America, il 26 novembre 1858, Katharine Drexel era la seconda figlia di Francis Anthony Drexel ed Hannah Langstroth Drexel. Suo padre era un famoso banchiere e filantropo. Entrambi i genitori istillarono nelle loro figlie l'idea che la ricchezza era data loro in prestito e doveva perciò, essere condivisa con gli altri.

Durante un viaggio della famiglia nell'ovest degli Stati Uniti, Katharine, da giovane donna, notò lo stato abietto e degradante dei nativi americani. Fu questa un'esperienza che risvegliò il desiderio di fare qualcosa di specifico per alleviare la loro condizione. Segnò questo il principio di un impegno personale e finanziario di tutta una vita a sostegno di numerose missioni e missionari negli Stati Uniti. La prima scuola da lei fondata fu quella di Santa Caterina, in Santa Fé, New Mexico (1887) per gli Indiani.

In seguito, durante un'udienza a Roma con papa Leone XIII, al quale Katharine chiedeva missionari per alcune missioni tra gli Indiani da lei finanziate, con sua sorpresa il Papa suggerì che diventasse missionaria lei stessa. Dopo essersi consultata con il suo direttore spirituale, il Vescovo James O'Connor, prese la decisione di donarsi totalmente a Dio, insieme con la sua eredità, attraverso un impegno di servizio a favore degli Indiani e degli Afro-Americani.

La sua ricchezza diventava ora la povertà di spirito che fu per lei una realtà vissuta costantemente in una vita in cui per il suo sostentamento c'era il minimo necessario. Il 12 febbraio 1891, fece la prima professione religiosa, fondando le Suore del Santissimo Sacramento, il cui scopo doveva essere quello di diffondere il messaggio evangelico e la vita eucaristica in mezzo agli Indiani ed Afro-Americani.

Donna d'intensa preghiera, Katharine trovò sempre nell'Eucaristia la sorgente del suo amore per i poveri e gli oppressi e l'ansia di combattere gli effetti del razzismo. Conscia del fatto che molti degli Afro-Americani erano ben lungi dall'essere liberi, vivendo essi ancora in condizioni inferiori al normale, o come mezzadri o come domestici insufficientemente retribuiti; consapevole pure che a loro venivano negati sia l'istruzione che i diritti costituzionali di cui altri godevano; mossa da una profonda compassione, sentì l'urgenza e il bisogno di prodigarsi affinché negli Stati Uniti si cambiassero la mentalità e gli atteggiamenti razziali.

Le piantagioni erano a quel tempo un'istituzione sociale senza sbocco, per cui gli Afro-Americani continuavano ad essere vittime di oppressione. Questo fatto costituiva come una profonda pena per il senso di giustizia di Katharine. La necessità di offrire alla gente di colore un'istruzione di qualità assumeva per lei un'importanza sempre più grande, per cui parlò di questo urgente bisogno con altre persone che condividevano la sua preoccupazione circa l'ineguaglianza esistente per gli Afro-Americani: nelle città era per loro impossibile ricevere una buona istruzione, mentre nelle campagne del sud esistevano anche restrizioni legali che impedivano ad essi di ottenere un'educazione di base.

La fondazione di scuole e la creazione di buoni corpi insegnanti per tutti, Indiani ed Afro-Americani, attraverso gli Stati Uniti diventò così una priorità assoluta per Katharine e la sua Congregazione.

Durante l'intera sua vita ella aprì, dotandole di insegnanti e finanziandole direttamente, circa 60 scuole e missioni, specialmente nell'ovest e sud-ovest degli Stati Uniti. Ciò che costituì l'apice dei suoi sforzi nel campo dell'educazione, fu l'erezione, nel 1925, della «Xavier University» nella Louisiana, l'unica istituzione d'istruzione superiore negli Stati Uniti destinata prevalentemente ai cattolici di colore. Educazione religiosa, servizio sociale, visite alle famiglie, negli ospedali, nelle prigioni, facevano parte del ministero di Katharine e delle sue consorelle.

In maniera molto calma e serena, Katharine armonizzava preghiera e totale dipendenza dalla Divina Provvidenza con un'attività molto marcata. La sua gioiosa incisività in sintonia con lo Spirito Santo, superava barriere e facilitava il suo procedere sulle vie della giustizia sociale. Attraverso la testimonianza profetica di Katharine Drexel, la Chiesa negli Stati Uniti divenne gradualmente consapevole della grave necessità di un apostolato diretto in favore degli Indiani ed Afro-Americani. Essa non esitò mai ad alzare la voce contro l'ingiustizia e prese pubblicamente una chiara posizione ogni qualvolta c'era evidenza di discriminazione razziale.

Negli ultimi 18 anni della sua vita, Katharine Drexel fu ridotta da una grave malattia ad uno stato di quasi completa immobilità. Durante questo periodo si diede interamente ad una vita di adorazione di contemplazione così come aveva desiderato sin dalla sua tenera età. Morì il 3 marzo 1955.

CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI

OMELIA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 1° Ottobre 2000

 

1. "La tua parola è verità: consacraci nel tuo amore" (Canto al Vangelo: cfr Gv 17,17). Questa invocazione, eco della preghiera che Cristo rivolse al Padre dopo l'Ultima Cena, sembra salire dalla schiera di santi e beati, che lo Spirito di Dio, di generazione in generazione, va suscitando nella sua Chiesa.

A duemila anni dall'inizio della Redenzione, oggi facciamo nostre quelle parole, mentre abbiamo dinanzi, quali modelli di santità, Agostino Zhao Rong e i 119 compagni, Martiri in Cina, María Josefa del Corazón de Jesús Sancho de Guerra, Katharine Mary Drexel e Giuseppina Bakhita. Dio Padre li ha "consacrati nel suo amore", esaudendo la domanda del Figlio, che per acquistargli un popolo santo ha steso le braccia sulla croce e morendo ha distrutto la morte e proclamato la risurrezione (cfr Pregh. eucarIIPrefazio).

A tutti voi, cari Fratelli e Sorelle, qui convenuti numerosi per esprimere la vostra devozione verso questi luminosi testimoni del Vangelo, rivolgo il mio cordiale saluto.

2. "I precetti del Signore danno gioia" (Sal. resp.) Queste parole del Salmo responsoriale ben rispecchiano l’esperienza di Agostino Zhao Rong e dei 119 compagni, Martiri in Cina. Le testimonianze che ci sono giunte lasciano intravedere in loro uno stato d’animo improntato a profonda serenità e gioia.

La Chiesa è oggi grata al suo Signore, che la benedice e la inonda di luce con il fulgore della santità di questi figli e figlie della Cina. Non è forse l'Anno Santo il momento più opportuno per far risplendere la loro eroica testimonianza? La giovinetta Anna Wang, quattordicenne, resiste alle minacce del carnefice che la invita ad apostatare e, disponendosi alla decapitazione, con il viso raggiante, dichiara: "La porta del Cielo è aperta a tutti" e mormora per tre volte "Gesù". E il diciottenne Chi Zhuzi, a coloro che gli hanno appena tagliato il braccio destro e si preparano a scorticarlo vivo, grida impavido: "Ogni pezzo della mia carne, ogni goccia del mio sangue vi ripeteranno che io sono cristiano".

Uguale convinzione e gioia hanno testimoniato gli altri 85 cinesi, uomini e donne di ogni età e condizione, sacerdoti, religiose e laici, che hanno suggellato la propria indefettibile fedeltà a Cristo e alla Chiesa con il dono della vita. Ciò è avvenuto nell'arco di vari secoli e in complesse e difficili epoche della storia della Cina. La presente celebrazione non è il momento opportuno per formulare giudizi su quei periodi storici: lo si potrà e lo si dovrà fare in altra sede. Oggi, con questa solenne proclamazione di santità, la Chiesa intende soltanto riconoscere che quei Martiri sono un esempio di coraggio e di coerenza per tutti noi e fanno onore al nobile popolo cinese.

In questa schiera di Martiri risplendono anche 33 missionari e missionarie, che lasciarono la loro terra e cercarono di introdursi nella realtà cinese, assumendone con amore le caratteristiche, nel desiderio di annunciare Cristo e di servire quel popolo. Le loro tombe sono là, quasi a significare la loro definitiva appartenenza alla Cina, che essi, pur con i loro limiti umani, hanno sinceramente amato, spendendo per essa le loro energie. "Noi non abbiamo mai fatto del male a nessuno – risponde il vescovo Francesco Fogolla al governatore che si appresta a colpirlo con la propria spada -. Al contrario, abbiamo fatto del bene a molti".

Dio fa scendere felicità

3. Sia la prima lettura sia il vangelo della liturgia odierna ci mostrano che lo Spirito soffia dove vuole e che Dio, in tutti i tempi, sceglie persone per manifestare il suo amore per gli uomini e suscita istituzioni chiamate a essere strumenti privilegiati della sua azione. Così accade con Santa María Josefa del Corazón de Jesús Sancho Guerra, fondatrice delle Serve di Gesù della Carità.

Nella vita della nuova Santa, prima basca ad essere canonizzata, si manifesta in modo singolare l'azione dello Spirito. Questi la guidò al servizio dei malati e la preparò ad essere Madre di una nuova famiglia religiosa.

Santa María Josefa visse la sua vocazione come apostolo autentico nel campo della salute, poiché il suo stile assistenziale cercava di coniugare l'attenzione materiale con quella spirituale, mirando con tutti i mezzi alla salvezza delle anime. Nonostante la malattia che la colpì negli ultimi dodici anni della sua vita, non lesinò sforzi né sofferenze e si dedicò completamente al servizio caritativo del malato in un clima di spirito contemplativo, ricordando che "l'assistenza non consiste solo nel dare le medicine e gli alimenti al malato; vi è tutto un altro tipo di assistenza... è quella del cuore, cercando di adattarsi alla persona che soffre".

Che l'esempio e l'intercessione di Santa María Josefa del Corazón de Jesús aiutino il popolo basco a bandire per sempre la violenza e che l'Euskadi sia una terra benedetta e un luogo di pacifica e fraterna convivenza, dove si rispettino sempre i diritti di tutte le persone e non si sparga mai più sangue innocente!

4. "Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!" (Gc 5,3)

Nella seconda lettura della liturgia di oggi, l'Apostolo Giacomo rimprovera i ricchi che credono nella loro ricchezza e trattano i poveri ingiustamente.

Madre Katharine Drexel nacque da una famiglia benestante a Filadelfia, negli Stati Uniti. Tuttavia, dai suoi genitori imparò che i possedimenti della sua famiglia non erano solo per loro ma dovevano essere condivisi con i meno fortunati. Giovane donna era profondamente turbata dalla povertà e dalle condizioni disperate di tanti nativi americani e afro-americani. Cominciò a devolvere i suoi averi all'opera missionaria e pedagogica fra i membri più poveri della società. In seguito comprese che era necessario fare qualcosa di più. Con grande coraggio e fiducia nella grazia di Dio, scelse di dedicare non solo i suoi averi, ma anche tutta la sua vita al Signore.

Alla sua comunità religiosa, le Suore del Santissimo Sacramento, insegnò una spiritualità basata sull'unione orante con il Signore Eucaristico e sul servizio devoto ai poveri e alle vittime della discriminazione razziale. Il suo apostolato contribuì ad accrescere la consapevolezza della necessità di combattere tutte le forme di razzismo attraverso l'educazione e i servizi sociali. Katharine Drexel è un esempio eccellente di quella carità pratica e di quella solidarietà generosa verso i meno fortunati che sono da tempo segni distintivi dei cattolici americani.

Che il suo esempio aiuti i giovani in particolare a comprendere che in questo mondo non esiste tesoro più grande della sequela di Cristo con cuore indiviso e dell'uso generoso dei doni che abbiamo ricevuto per servire gli altri e per edificare un mondo più giusto e fraterno.

5. "La legge del Signore è perfetta... rende saggio il semplice" (Sal 19, 8).

Queste parole del salmo responsoriale di oggi risuonano nella vita di suor Josephine Bakhita.

Resa schiava e venduta come tale alla tenera età di sette anni, soffrì molto nelle mani di padroni crudeli. Tuttavia comprese la verità profonda che Dio, e non l'uomo, è il vero padrone di ogni essere umano, di ogni vita umana. Questa esperienza divenne fonte di grande saggezza per questa umile figlia d'Africa.

Nel mondo di oggi, innumerevoli donne continuano a essere rese vittime, anche nelle società moderne più sviluppate. In santa Josephine Bakhita troviamo un'avvocata luminosa di emancipazione autentica. La storia della sua vita non ispira l'accettazione passiva, ma la ferma determinazione a operare efficacemente per liberare ragazze e donne dall'oppressione e dalla violenza e restituire loro dignità nel pieno esercizio dei loro diritti.

Penso al Paese della nuova Santa che negli scorsi 17 anni è stato lacerato da una guerra crudele, per la cui soluzione non si intravedono che pochi segni. A nome dell'umanità sofferente mi rivolgo ancora una volta ai responsabili:  aprite il vostro cuore alle grida di milioni di vittime innocenti e scegliete la via della negoziazione. Imploro la comunità internazionale:  non continuate a ignorare questa immensa tragedia umana. Invito tutta la Chiesa a invocare l'intercessione di santa Bakhita su tutti fratelli e le sorelle perseguitati e resi schiavi, in particolare in Africa e nel suo Paese natale, il Sudan, affinché possano sperimentare pace e riconciliazione.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle, stimolati dal tempo di grazia giubilare, rinnoviamo la disponibilità a lasciarci profondamente purificare e santificare dallo Spirito. Su questa via ci attira anche la Santa di cui ricorre oggi la memoria: Teresa di Gesù Bambino. A lei, patrona delle missioni, e ai nuovi Santi affidiamo oggi la missione della Chiesa all’inizio del terzo millennio.

Maria, Regina di tutti i Santi, sostenga il cammino dei cristiani e di quanti sono docili allo Spirito di Dio, perché in ogni parte del mondo si diffonda la luce di Cristo Salvatore.

Alle Suore del Santissimo Sacramento, che continuano oggi il suo apostolato, ed in verità a tutti i popoli, Katharine ha lasciato un quadruplice dinamico retaggio:

– il suo amore per l'Eucaristia, il suo spirito di preghiera, e la sua visione dell'unità di tutti i popoli, incentrata nell'Eucaristia;

– il suo indomito spirito di coraggiosa iniziativa nell'affrontare le ingiustizie sociali esistenti nei riguardi delle minoranze etniche — e ciò cento anni prima che tali problemi diventassero di pubblico interesse negli Stati Uniti;

– la sua convinzione sull'importanza di offrire a tutti una istruzione di qualità, e gli sforzi da lei compiuti perché ciò divenisse realtà;

– il dono totale di se stessa, della sua eredità e di tutti i suoi beni in un servizio disinteressato per coloro che sono vittime dell'ingiustizia.

Katharine Drexel è stata beatificata da Papa Giovanni Paolo II il 20 novembre 1988.

BEATIFICAZIONE DI LIBERAT WEISS, SAMUELE MARZORATI,
MICHELE PIO FASOLI E MADRE KATHARINE DREXEL

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana - Domenica, 20 novembre 1988

 

1. Gesù Cristo è “il testimone fedele,
il primogenito dei morti
e il principe dei re della terra” (Ap 1, 5).

Il libro dell’Apocalisse ci introduce nell’odierna solennità di Cristo Re, che è come il “coronamento” liturgico dell’intero anno ecclesiastico.

Durante quest’anno abbiamo potuto approfondire e consolidare, di giorno in giorno, il convincimento espresso dall’autore dell’Apocalisse, l’apostolo Giovanni, nelle ulteriori parole:

Gesù Cristo è “Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, e ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre” (Ap 1, 5-6).

La solennità del Re è nello stesso tempo la solennità del Regno. Questo ha il suo inizio nel sangue del Re crocifisso. È il sangue della redenzione del mondo. Mediante il sacrificio della sua vita, Cristo ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre.

2. Quando Gesù di Nazaret venne portato davanti al tribunale del procuratore romano, Ponzio Pilato, questi gli pose la domanda: “Tu sei il re dei Giudei?” (Gv 18, 33). Questa domanda, dal punto di vista dell’uomo che rappresentava gli interessi di Cesare e la ragione di stato dell’impero romano, rivestiva un’importanza capitale.

Pilato fece questa domanda, perché gli accusatori di Gesù avevano avanzato davanti a lui proprio una tale incriminazione.

Alla domanda, Cristo dà una risposta negativa. Non è Re nel senso in cui lo si è accusato: “Il mio regno non è di questo mondo . . . non è di quaggiù” (Gv 18, 36).

Questa risposta spiega la nuova domanda di Pilato: “Dunque tu sei re?” (Gv 18, 37).

Ed ecco la risposta di Gesù: “Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce” (Gv 18, 37).

3. Oggi, in questa Basilica di san Pietro, adoriamo Cristo Re.
Colui che eternamente è “il testimone fedele”. Colui che è venuto “nel mondo per rendere testimonianza alla verità”.

Lo adoriamo elevando alla gloria degli altari i suoi discepoli e seguaci: coloro che hanno ascoltato la sua voce. E con tutta la loro vita hanno dato prova di essere “dalla verità”.
Sono diventati testimoni di quello che egli stesso è: “il testimone fedele”.

Ecco i loro nomi: Liberat Weiss, Samuele Marzorati, Michele Pio Fasoli, tutti Frati Minori francescani, e madre Katharine Drexel, fondatrice delle Suore del Santissimo Sacramento per gli indiani e la gente di colore.

4. Nel tempio eterno del Signore gli rendono gloria (cf. Sal 93 [92], 5) i nuovi beati. Tra essi i tre degni seguaci di san Francesco, i quali hanno amato il Cristo sopra ogni cosa e, per lui, hanno saputo amare la croce redentrice e tutti gli uomini.
I martiri Liberat, Samuele e Michele Pio hanno meritato di stare per sempre accanto al “saldo trono” (cf. Sal 93 [92], 2) del Re dell’universo, ammantato di splendida luce e cinto di potenza, perché hanno lasciato tutto, anche la vita terrena per servirlo.

Il consegnare la propria esistenza sino all’effusione del sangue fu per essi la risposta generosa alla vocazione, con la quale Cristo li chiamava a partecipare all’offerta che egli aveva fatto di se stesso al Padre.
Il loro martirio fu il supremo gesto di amore forte e di fede tenace, con cui, unendosi alla testimonianza dell’Agnello immolato, hanno confermato la verità che salva e rende capaci di amare Dio ed il prossimo con la stessa carità di Gesù.

5. Lo zelo e la dedizione con i quali Liberat, Samuele e Michele Pio hanno risposto alla chiamata del Redentore li fece crescere in familiarità interiore con lui. Essi riconobbero sempre più chiaramente la loro vocazione ad annunciare agli altri uomini la buona novella. In questo erano consapevoli di prendere parte nel modo più elevato alla signoria regale di Cristo, facendosi, come lui, testimoni della verità e servitori dei fratelli e delle sorelle. Nell’annuncio della buona novella essi non si servirono di “discorsi persuasivi di sapienza”; essa era assai più collegata “alla manifestazione dello Spirito e della sua potenza” (1 Cor 2, 4). Perciò essi non esitarono a suggellare con il sangue la loro missione. La dedizione di sé senza riserva è la conferma più convincente della novella annunciata con le labbra. Essa fa risplendere la testimonianza nella sua totale purezza, per cui ai fratelli e alle sorelle viene posto dinanzi agli occhi soltanto Cristo, che dall’alto della croce regna sul mondo.

In Cristo la sublime potenza dell’amore di Dio si abbassa verso gli uomini. Essa volge la loro volontà e dispone i loro cuori alla comprensione reciproca, alla concordia e alla pace. Profondamente convinti di non essere padroni di ciò che possedevano, i santi martiri si concepirono come amministratori e annunciatori dei doni ricevuti da Cristo. Da lui si sapevano inviati alle stirpi dei popoli in Etiopia. In spirito di considerazione fraterna e di disposizione al dialogo, ma anche con fermezza e assoluta fedeltà di coscienza, essi annunciarono agli uomini la fede cattolica. Con carità ammirevole e dedizione disposta al sacrificio divennero testimoni viventi della Chiesa e della redenzione operata attraverso Gesù Cristo. Nella loro opera missionaria, nella loro sofferenza e morte i martiri Liberat, Samuele e Michele Pio sono esempi luminosi di come la verità può essere annunciata e vissuta senza con ciò ferire l’amore.

6. La celebrazione del martirio di questi francescani ci ricorda anche i periodi durante i quali le relazioni tra la Chiesa cattolica e la Chiesa etiopica erano difficili. La fraternità, che avrebbe dovuto regnare tra due Chiese sorelle, era allora turbata da gravi, reciproche incomprensioni causate dall’ignoranza del linguaggio degli uni e degli altri, dalla differenza di cultura e da varie circostanze. La Chiesa cattolica, dopo aver approfondito la sua contemplazione del disegno di Cristo durante il Concilio Vaticano II, si è con risolutezza impegnata a percorrere il cammino ecumenico. Con un rinnovato slancio di carità, essa ha chiaramente espresso i principi di questo suo impegno nel Decreto conciliare sull’ecumenismo, rinnovando la sua comprensione dei legami di comunione che l’uniscono alle altre Chiese. Essa ha intensamente ricercato la collaborazione con gli altri cristiani e ha operato affinché sia esaudita la preghiera di Cristo per i suoi discepoli (cf. Gv 17, 21).

Rilevo con gioia come oggi i legami di fraternità tra i cristiani di Etiopia siano più profondi e come essi conducano, in particolare, ad una collaborazione tesa ad alleviare le pene di chi soffre. Possano i nuovi beati e tutti i santi del cielo intercedere presso il Signore affinché in tale Paese, dove da tanti secoli i cristiani hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo fino a dare la vita per lui, vivano tutti nell’unità di fede e di amore.

7. “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 18, 37). Queste parole di Gesù descrivono i santi. Con particolare precisione descrivono Katharine Drexel che oggi ho beatificato. Ella fu una donna di fede viva, profondamente coinvolta con la verità rivelata da Cristo, verità che conosceva molto bene perché sempre ascoltava la voce di Cristo. E per questo indubbiamente ha colto quelle verità fondamentali che sfuggivano a molti suoi contemporanei, tra cui la verità relativa alla pari dignità e valore di ogni essere umano, indipendentemente dalla razza o dalle sue origini etniche. Ai suoi tempi, gli indiani e i neri d’America erano vittime di gravi ingiustizie a causa delle discriminazioni razziali. Ben consapevole del male radicato in quel contesto, si impegnò con determinazione per combatterlo e sconfiggerlo.

Il suo impegno maggiore si concentrò sull’evangelizzazione, soprattutto attraverso la fondazione di scuole cattoliche. Quale modo migliore per superare i terribili effetti del razzismo e per aiutare efficacemente questi fratelli e sorelle in difficoltà? Ella voleva dar loro una educazione completa, integrale, tale da rafforzare e approfondire la loro fede, speranza e carità e insieme aiutarli a conquistare il loro posto nella società.

L’impegno di Katharine fu sostenuto dalla profonda convinzione che la verità rende l’uomo libero, la pienezza di verità che si trova in Gesù Cristo. E per questo, nella sua vita, fu sempre ardente dal desiderio di approfondire l’amore per Gesù, che riceveva e adorava ogni giorno nell’Eucaristia. La sua unione con Cristo Re le diede fiducia che qualsiasi cosa, fatta nel suo nome, avrebbe portato molto frutto per il regno di Dio.

8. Questo stesso amore per Gesù condusse Katharine ad accettare la vocazione alla vita religiosa, vocazione suggerita a lei dapprima dal mio predecessore, il Papa Leone XIII. Katharine era venuta a Roma per chiedere al Papa dei missionari per le scuole che stava fondando tra gli indiani americani. Con sua grande sorpresa Papa Leone le chiese di prendere in considerazione di farsi lei stessa missionaria. Dopo un po’ di tempo e dopo aver riflettuto e pregato, si convinse che il Signore davvero la chiamava a mettere tutta la sua vita e la sostanziosa eredità familiare al servizio del Vangelo, fondando una congregazione religiosa intitolata all’Eucaristia e impegnata nell’evangelizzazione degli indiani e dei neri d’America.

Madre Katharine Drexel non era una anima timida. Cristo Re era il suo sposo ed ella bramava imitarlo. Come Cristo aveva fronteggiato Pilato parlandogli a nome della verità, così ella, serva e amica dilettissima, avrebbe combattuto con coraggio per i diritti degli oppressi. E avrebbe preso iniziative per dare una educazione di alto livello ai negletti della società.

Come il Salvatore, anch’essa raccolse molti discepoli intorno a sé per lavorare insieme a lei nel suo impegno missionario. Tra questi le Suore del Santissimo Sacramento, che fondò e che oggi portano avanti l’eredità del suo carisma. Davvero con il suo esempio ella ci sprona ad “ascoltare la voce” del Re eucaristico e “dare testimonianza alla verità nella carità”.

9. La Chiesa sta oggi dinanzi a Cristo Re e dice:
Ecco il tuo Regno.
Ecco coloro dei quali tu stesso hai fatto “un regno di sacerdoti per il tuo Dio e Padre”.
I beati! E beato è il tuo Regno che viene per mezzo di essi:
Cristo, tu regni in essi e i tuoi insegnamenti sono degni di fede (cf. Sal 93 [92], 5).
In essi risplende il tuo potere, che è eterno e “non tramonta mai”. Il tuo potere che “non sarà mai distrutto” (cf. Dn 7, 14).
In essi hai posto la “tua casa”, alla quale si addice la santità “per la durata dei giorni, Signore” (cf. Sal 93 [92], 5).
Cristo, Figlio dell’uomo, secondo le parole della profezia di Daniele. Ognuno ti vedrà. Ti vedranno quelli che ti trafissero (cf. Ap 1, 7), quando con il tuo sangue ci hai liberati dai nostri peccati e hai fatto di noi un regno di sacerdoti per il tuo Dio e Padre.
Tu sei - insieme con il Padre tuo e con lo Spirito Santo - il Dio vivente. “Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!” (Ap 1, 8).
L’Alfa e l’Omega (Ap 1, 8).
Beato il tuo regno!
Beato nei beati! Amen.