Leopoldina Naudet
(1773-1834)
- 17 agosto
Vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia; cresciuta alla corte degli Asburgo, ebbe una forte vocazione alla preghiera, ma anche al servizio educativo
Leopoldina Naudet nasce il 31 maggio 1773 a Firenze, dove i genitori, Giuseppe e Susanna d’Arnth, sono al servizio del granduca di Toscana Leopoldo d’Asburgo-Lorena (fratello di Giuseppe II, imperatore d’Austria), che è il suo padrino di battesimo.
Nel 1776 muore la mamma; Leopoldina e Luisa, la sorella, come si usava in quel tempo, sono affidate per la loro educazione, dal 1778 al 1783, alla monache di San Frediano. Nel 1783, per approfondire la loro formazione, le due sorelle sono accompagnate dal papà a Soissons, città da dove proviene la famiglia Naudet, presso le dame di Nostra Signora. È un tempo di crescita umana e cristiana per Leopoldina: impara meglio il francese, il tedesco, l’italiano, legge molto, visita con il padre chiese e musei di Parigi.
Nel 1787 muore anche il padre e nel 1789, allo scoppio della rivoluzione, le due sorelle tornano a Firenze. Subito sono incaricate dell’educazione dei piccoli arciduchi. Nel 1790 il granduca diviene imperatore d’Austria; tutta la famiglia si trasferisce a Vienna, dove Leopoldina e Luisa continuano nel loro servizio di educatrici.
Nel 1792 muore l’imperatore Leopoldo e gli succede il figlio Francesco. In questo periodo inizia una nuova tappa nella vita delle due sorelle. L’a rc i d u c h e s s a Marianna, sorella del nuovo imperatore Francesco II, sceglie Leopoldina e Luisa come dame di compagnia. Si trasferiscono a Praga, dove Marianna è nominata badessa delle canonichesse di Praga, una comunità di signore nobili, che vogliono fare vita monastica e dedicarsi alle opere di carità. L’Europa è scossa da grandi cambiamenti — la soppressione della compagnia di Gesù, la rivoluzione francese, i moti rivoluzionari — che incidono profondamente sulla vita di Leopoldina.
Incontra persone con le quali costruisce un cammino, spirituale e intellettuale, di particolare importanza. Entra in contatto con i padri del Sacro Cuore e con l’ex gesuita padre Giuseppe Varin che, oltre alla riabilitazione dei gesuiti, auspicava la creazione di un istituto femminile di spirito ignaziano per l’istruzione delle ragazze. Importante è anche l’accompagnamento del suo direttore spirituale, padre Nicolò Diessbach, anch’egli ex gesuita, conosciuto a Vienna e poi incontrato di nuovo a Praga. Da lui viene coinvolta nell’apostolato del libro, per la diffusione della buona stampa cattolica; il libro, infatti, sarà sempre ritenuto da Leopoldina fonte di cultura e di orientamento nella formazione spirituale e morale del cristiano.
Nel 1799 un’altra tappa fondamentale nella vita di Leopoldina: l’incontro con padre Niccolò Paccanari (1773-1820), fondatore dei padri della fede, un ordine che s’ispira a sant’Ignazio di Loyola e che desidera pure un istituto femminile. Il 31 maggio 1799, Marianna, Leopoldina e Luisa pronunciano i voti; sono le prime dilette di Gesù e Leopoldina è nominata superiora della nuova società, dove le donne non sono obbligate alla clausura ed emettono voti semplici e temporanei. Nel 1800, padre Paccanari invia Leopoldina in Italia per cercare un luogo dove stabilirsi e poter vivere da religiosa. Inizia un lungo “p ellegrinaggio”, le cui tappe sono Padova, Loreto e Roma.
Dal 1801 al 1807 Leopoldina vive un periodo molto difficile e sofferto. Incomprensioni, invidia e gelosie tolgono l’autorità al padre Paccanari, denunziato presso il Santo Uffizio, portano le dilette di Francia e di Inghilterra — l’ordine era cresciuto in quelli anni — a separarsi e Leopoldina rimane sola con un piccolo gruppo di compagne. Inizia un altro pellegrinaggio: Roma, Venezia, Verona, dove Leopoldina arriva alla fine del 1807, su indicazione del canonico Luigi Pacetti, consigliere di Maddalena di Canossa. L’8 maggio 1808, con le compagne, inizia la sua collaborazione con Maddalena di Canossa nel convento dei Santi Giuseppe e Fidenzio, nel quartiere di San Zeno. È tempo per lei di mettere a servizio e a frutto la sua cultura, la sua carità, il suo zelo per il regno di Dio. Maddalena le affida la formazione delle sue compagne (non sono ancora suore), la responsabilità della comunità e l’impegno nella scuola e nella catechesi per le ragazze povere del quartiere.
Significativo è l’incontro con Gaspare Bertoni, confessore al convento di San Giuseppe. Il 9 gennaio 1811 inizia con lui un cammino alla ricerca costante della volontà di Dio. Li unisce la comune spiritualità ignaziana. E il loro è un cammino di grande crescita spirituale che nella fiducia, nella gratitudine per i benefici ricevuti, nell’affidarsi totalmente al Signore, consapevoli dei propri limiti, trova i punti di forza che caratterizzano tutta la loro vita. È anche il periodo in cui Leopoldina pensa alla fondazione dell’istituto, «opera che Dio vuole da lei»; legge e studia le regole di altri ordini, sempre con la guida saggia e attenta al volere di Dio di Gaspare Bertoni. Nel 1813 appare per la prima volta il riferimento alla Sacra famiglia, che Leopoldina definisce «mia speciale devozione».
Il 9 novembre 1816 vede realizzarsi il suo sogno: l’istituto delle sorelle della Sacra famiglia, finalmente, ha una casa, il convento delle Terese, in piazza Cittadella, vicino alla chiesa delle Stimmate, dove cinque giorni prima Gaspare con tre compagni ha iniziato la sua vita di comunità. Alle Terese e poi nel convento di San Domenico, dal 1831, in via del Pontiere, Leopoldina con le compagne si dedica alla preghiera, alla meditazione, alla contemplazione. È attenta ai bisogni e alle urgenze del tempo, alla formazione e all’educazione delle giovani nobili ospiti del collegio (saranno la futura “classe dirigente”) con un progetto educativo all’avanguardia, che unisce il “sapere” alla formazione cristiana. Non dimentica le ragazze povere: per loro ci sono le scuole gratuite che le abilitano a una possibilità di vita dignitosa. C’è l’impegno nella catechesi per le ragazze della parrocchia e l’ospitalità per le signore che desiderano passare un tempo in preghiera. Il 5 maggio 1833 l’istituto è approvato dal governo dell’Austria e il 20 dicembre da Gregorio XVI.
Dopo breve malattia, il 17 agosto 1834, Leopoldina termina il suo pellegrinaggio sulla terra. Lascia un piccolo istituto, un’ottantina di sorelle; forse si realizza ciò che ha scritto Leopoldina: «grande agli occhi di Dio e piccolo più che si può a quelli degli uomini».
Beata Leopoldina Naudet (1773-1834)[1]
Omelia[2] - Angelo Card. Amato, SDB
1. La santità non è un vestito che si acquista ai grandi magazzini. La santità è un abito confezionato da Dio. È lo Spirito Santo, lo spirito di santità, che riveste il battezzato con quelle virtù cristiane che lo rendono fedele discepolo di Gesù. C’è, però, una condizione importante. Sull’esempio di Maria, deve dare il suo assenso alla grazia divina: Fiat mihi secundum verbum tuum. È in questa armonia tra la volontà divina e la volontà umana che nasce e fiorisce il santo.
La stessa Leopoldina confessa che fin dai primi anni era consapevole della presenza concreta di Dio nella sua vita.[3] La marchesina Metilde di Canossa, sua segretaria, aggiunge che a 17 anni la Beata era dotata di singolari virtù, come la pietà, le belle maniere, la modestia, l’umiltà; virtù che ella mantenne anche durante gli anni passati a corte sia a Vienna sia a Praga. Leopoldina viveva nel mondo con lo stesso raccoglimento che teneva nell’adorazione di Gesù eucaristico. Giunse addirittura a fare il voto di perfezione, promettendo a Dio di fare tutto nel modo più perfetto e più a lui più gradito. Nel gennaio del 1800 annota: «Vorrei che fossimo tutte sante, e che fra noi vi fosse un tal fervore, che tutte ardessimo di amore per i nostro dolce sposo Gesù».[4] San Gaspare Bertoni un giorni definì Leopoldina «un vaso ripieno delle grazia più particolari».[5]
2. In Leopoldina brillava la virtù della fede. Una testimone afferma che la prima delle virtù teologali era talmente impressa nel suo cuore, che la praticò non solo riguardo al credere tutto ciò che Iddio ha rivelato ma- anche a quello che Dio poteva operare, per sé e mediante i suoi santi. Non si meravigliava per niente dei miracoli operati da Dio per mezzo dei suoi santi, ritenendo molto più difficile a spiegarsi la loro assenza piuttosto che la loro presenza.[6]
La fede è quella virtù che non teme le onde tempestose, ma le vince confidando in Dio. Leopoldina soleva dire: «Più fi opera soffre difficoltà, più ancora dobbiamo essere certe della sua riuscita. L’uomo giusto vive di fede e non sarebbe più fede se tutto andasse senza contraddizioni e per così dire a gonfie vele».[7] Le riusciva spontaneo comunicare la sua fede agli altri, che, considerandola maestra e modello di fede, cercavano di imitarla.
3. La fiducia nella Provvidenza divina la spingeva a essere esemplare nella carità, attuata mediante le opere di misericordia corporale e spirituale. Istituì, ad esempio, scuole gratuite per le fanciulle povere; stabilì che le sue figlie spirituali le preparassero a ricevere i sacramenti; offrì loro una educazione adeguata nei convitti di S. Teresa e S. Domenico. Ordinò che fossero aperte le case per ospitare le persone ehe volessero raccogliersi in esercizi spirituali. Verso le sue figlie spirituali e le sue collaboratrici la carità e la pazienza erano inesprimibili: le amava con tenerezza di madre, senza fare parzialità; le animava, incoraggiava, esortava, ammoniva; provvedeva con generosità ai loro bisogni, talvolta preveniva i loro desideri. Ispirandosi a Santa Teresa d’Avila soleva dire: «il pane alle sane, il dolce alle ammalate»[8].
4. Questa carità era frutto della sua vita interiore, fatta di orazione, meditazione, adorazione. Era particolarmente devota deH’Eucaristia e un giorno annotò che si riteneva particolarmente gratificata di essere sempre vissuta in una casa dove si conservava il divin Sacramento. Per questo partecipava con devozione alla celebrazione della Messa, che le dava consolazione e coraggio per far fronte alle molteplici sfide della vita quotidiana.
I testimoni concordano nell5affermare che una straordinaria fortezza fosse l’ornamento della sua vita. Affrontava con risolutezza gli ostacoli che incontrava nel fare il bene, resistendo con coraggio alle mille contrarietà incontrate per la fondazione del nuovo istituto. Fu forte nella pazienza, anche quando la sua guida spirituale interveniva sulla sua anima, più a colpi duri di martello che con la delicatezza del cesello. La sua natura delicata, abituata ai tratti nobili e gentili, se ne risenvita, ma la sua volontà era decisa. Queste mortificazioni T aiutavano a ripudiare Tamor proprio e a rafforzarla nell’umiltà.
Nel maggio del 1800, nelTassumere l’ufficio di superiora scrive: «Vedo in questo momento chiaramente la mia miseria e ciò mi rende più pesante l’onere della carica».[9] Iniziando, poi, l’ufficio confessa di sentirsi confusa, dal momento che riteneva le sue compagne superiori a lei.
Metilde di Canossa, edificata dal contegno umile e rispettoso della Beata, che desiderava di essere la minima di tutte, annota: «Quant’era industriosa nell’umiliarsi! Mai una parola di ciò che era stata nel mondo».[10]
Non manifestava sentimenti di vanagloria. Il bene che faceva lo attribuiva al Signore e alla sua provvidenza. Per questo suo spirito di umiltà, -ella pregava che il suo istituto fosse grande davanti a Dio e piccolo davanti al mondo. Nelle
Costituzioni riservò un posto particolare all’umiltà, che le Sorelle della Sacra Famiglia sono chiamate a vivere con sommo impegno, come fondamento della loro spiritualità e della loro missione.
5. Dalla corte al chiostro, si potrebbe qualificare la vita della Beata Leopoldina, ma anche dalla corte e dal chiostro alla santità. Perché fu la perfezione evangelica l’ideale di questa donna dal tratto nobile, istruita, poliglotta, fondatrice di una congregazione religiosa ed eroico modello di discepolato di Cristo. Leopoldina si aggiunge a quella schiera di donne che fin dall’inizio hanno visto in Cristo risorto il maestro della loro vita e il benefattore dell’umanità bisognosa.
A tutti - ma soprattutto alle Sorelle della Sacra Famiglia sparse nel mondo - la nuova Beata rivolge l’esortazione a tenere il nostro sguardo di fede e di speranza sempre fisso in Dio (lPt 1,21), per non smarrirsi nel frastuono del mondo. Tutto è vanità, l’erba inaridisce, i fiori cadono. Solo la parola di Dio - dice san Pietro - rimane in eterno (Pt 1,25).
Beata Leopoldina Naudet, prega per noi!
Amen
[1] Leopoldina nacque a Firenze il 31 maggio 1773, secondogenita di una famiglia della corte del granduca di Toscana. Il padre Giuseppe era originario di Soissons in Francia, e la madre, Susanna Amth, discendeva da una famiglia ungherese di Hermanstadt. Leopoldina visse in Italia, Francia e alla corte di Vienna e di Praga. Nel 1809 fondò la Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia. Morì a Verona il 17
agosto 1834.
[2]
Omelia tenuta a Verona il 29 aprile 2017, nella messa della beatificazione.
[3] Le annotazioni si riferiscono al primo volume della Positio.
[4] Positio I p. CHI.
[5] Positio I p. CV.
[6] Positio I p. CVII.
[7] Positio I p. CVII.
[8] Positio I p. CXVIs.
[9] Positio I p. CXXXXVII, con ritocchi linguistici.
[10] Positio I p. CXXXXVIII.
PAPA FRANCESCO
REGINA COELI
Piazza San Pietro
Domenica, 30 aprile 2017
Cari fratelli e sorelle,
non cessano di giungere drammatiche notizie circa la situazione in Venezuela e l’aggravarsi degli scontri, con numerosi morti, feriti e detenuti. Mentre mi unisco al dolore dei familiari delle vittime, per le quali assicuro preghiere di suffragio, rivolgo un accorato appello al Governo e a tutte le componenti della società venezuelana affinché venga evitata ogni ulteriore forma di violenza, siano rispettati i diritti umani e si cerchino soluzioni negoziate alla grave crisi umanitaria, sociale, politica ed economica che sta stremando la popolazione. Affidiamo alla Santissima Vergine Maria l’intenzione della pace, della riconciliazione e della democrazia in quel caro Paese. E preghiamo per tutti i Paesi che attraversano gravi difficoltà, penso in particolare in questi giorni alla Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia.
Ieri, a Verona, è stata proclamata Beata Leopoldina Naudet, fondatrice delle Suore della Sacra Famiglia. Cresciuta alla corte degli Asburgo, prima a Firenze e poi a Vienna, ebbe fin da ragazza una forte vocazione alla preghiera, ma anche al servizio educativo. Si consacrò a Dio e, attraverso diverse esperienze, giunse a formare a Verona una nuova comunità religiosa, sotto la protezione della Sacra Famiglia, che ancora oggi è viva nella Chiesa. Ci uniamo alla loro gioia e al loro rendimento di grazie.
Oggi in Italia ricorre la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Incoraggio a sostenere questa importante istituzione, che continua a investire sulla formazione dei giovani per migliorare il mondo.
La formazione cristiana si basa sulla Parola di Dio. Per questo mi piace ricordare anche che oggi in Polonia si svolge la “domenica biblica”. Nelle chiese parrocchiali, nelle scuole e nei mass media viene letta pubblicamente una parte della Sacra Scrittura. Auguro ogni bene per questa iniziativa.
E voi, cari amici dell’Azione Cattolica, al termine di questo incontro vi ringrazio di cuore per la vostra presenza! E tramite voi saluto tutti i vostri gruppi parrocchiali, le famiglie, i bambini e i ragazzi, i giovani e gli anziani. Andate avanti!
Ed estendo il mio saluto ai pellegrini che a quest’ora si sono uniti a noi per la preghiera mariana, specialmente a quelli venuti dalla Spagna, dalla Croazia, dalla Germania e da Puerto Rico. Insieme ci rivolgiamo a Maria nostra Madre. La ringraziamo in modo particolare per il viaggio apostolico in Egitto che ho appena compiuto. Chiedo al Signore che benedica tutto il popolo egiziano, tanto accogliente, le autorità e i fedeli cristiani e musulmani; e che doni pace a quel Paese.
Regina Caeli…