Lucien Botovasoa

Lucien Botovasoa

(1908-1947)

Beatificazione:

- 15 aprile 2018

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 17 aprile

Padre di famiglia, fedele laico, maestro elementare e membro del Terz’Ordine Francescano, martire in Madagascar: ucciso perché cristiano nel periodo di persecuzioni che accompagnò l’indipendenza dell’isola.

Coerente testimone di Cristo fino al dono eroico della vita. Arrestato e ucciso per aver manifestato la sua volontà di rimanere fedele al Signore e alla Chiesa

  • Biografia
  • il martirio
  • REGINA COELI
"Dal desiderio di essere amato dalle persone, salvaci Gesù! Dal desiderio di essere lodato, liberaci, Gesù! Dal desiderio di essere onorato, liberaci Gesù!”

 

Nacque a Vohipeno, nella provincia di Fianarantsoa nel 1908. Era il primogenito dei nove figli di una famiglia tra le prime convertite al cristianesimo di quel villaggio. Il padre, Joseph Behandry, era stato battezzato nel 1902, mentre la madre Philomène Neviasoa aveva ricevuto il battesimo soltanto nel 1925.

Il 15 aprile 1922, giorno di Pasqua, all’età di quattordici anni Lucien veniva battezzato nella parrocchia di Nostra Signora dell’Assunzione, accostandosi, il giorno successivo, per la prima volta all’Eucaristia. L’anno dopo, il 2 aprile, lunedì dell’Angelo, riceveva la confermazione, iniziando a condurre una vita cristiana esemplare di testimonianza a Cristo e al suo Vangelo. Il 19 marzo 1924 fu padrino di un battesimo: il primo di ottantacinque battesimi che lo videro in questo importante ruolo formativo. Tutti nel villaggio riconoscevano in lui un’autorevolezza e un modello di credente che dava fiducia e apriva all’ascolto della sua parola di riconciliazione e di pace.

Prima di ricevere il battesimo, Lucien, nel 1918 aveva iniziato a studiare nella scuola statale, per passare nel 1920 al collegio San Giuseppe di Ambozontany, retto dalla Compagnia di Gesù. Qui aveva ricevuto una solida formazione cristiana, che sarà per tutta la sua vita il fondamento solido su cui costruire ogni scelta futura. Al termine degli studi, aveva conseguito il diploma di abilitazione all’insegnamento e già nel mese di ottobre dello stesso anno era divenuto insegnante nella scuola parrocchiale di Vohipeno, facendo suo il motto della Compagnia di Gesù: Ad maiorem Dei gloriam.

Il 10 ottobre 1930, nella chiesta parrocchiale di Vohipeno, celebrò il matrimonio religioso con Suzanne Soazana e il 2 settembre dell’anno successivo nacque Vincent de Paul Hermann, il primo dei loro otto figli, di cui cinque soltanto sopravvivranno.

Lucien divenne ben presto non solo l’insegnante del villaggio, ma il primo e più fedele educatore e catechista della parrocchia. Oltre al malgascio, conosceva e parlava diverse altre lingue: francese, latino, inglese, tedesco, cinese. Musicista di notevole valore e apprezzato cantore, divenne responsabile anche del coro parrocchiale. Sempre sorridente e allegro, si distingueva soprattutto per la generosità e la disponibilità verso i bisognosi e i più poveri. La carità era il suo primo e forte impegno, superando le contrarietà che potevano derivare da un parroco a volte assente se non contrario e della stessa moglie, che lo richiamava giustamente a dare tempo alla famiglia. Sempre sapeva armonizzare i suoi impegni senza dimenticare i doveri di sposo e di padre o di attivo membro della comunità parrocchiale.

Nel 1940 conobbe la regola del Terz’ordine francescano, che divenne il suo testo di studio e di meditazione, maturando man mano il desiderio di intraprendere la via che porta alla santità nella sequela di Cristo. Il dono dell’incontro con questa modalità di vita non fu tenuta per sé solo. Lucien iniziò a radunare intorno a sé un gruppo di uomini e donne che desiderassero seguire la stessa via verso la santità. Così l’8 dicembre 1944 vestiva l’abito del Terz’ordine francescano, con la promessa di condurre una vita povera, imparando da san Francesco d’Assisi una pietà profonda e un desiderio ardente di diffondere dovunque il Vangelo. La sua giornata era caratterizzata dalla preghiera quotidiana, con momenti di orazione notturna, dall’adorazione dell’Eucaristia sino alla partecipazione mattutina della messa, dal digiuno nei giorni di mercoledì e venerdì e da una povertà autentica ed esemplare.

Nel 1943 divenne direttore della scuola parrocchiale San Giuseppe e, come catechista, sotto la direzione del sacerdote lazzarista padre Pierre Garric, favorì numerose conversioni e battesimi: era di fatto il punto di riferimento per la comunità cristiana di Vohipeno. Nel 1945 un uragano devastò il territorio e Lucien non fece mancare il proprio apporto nei soccorsi.

Dopo la seconda guerra mondiale, negli anni 1946-1947, si diffuse in Madagascar il desiderio di indipendenza dalla Francia, che divenne origine e causa dell’odio ben presto scatenatosi contro i missionari e inevitabilmente contro le comunità cristiane. Relativamente alla regione in cui viveva, nel 1946 era diventato re (mpanjaka) Tsimihoño del clan di Ambohimanarivo, sostenitore dei gruppi indipendentisti. Anche a Vohipeno, come nel resto dell’isola, lo scontro tra le due opposte fazioni sfociò in atti di violenza.

Il 30 marzo 1947, domenica delle Palme, iniziò l’insurrezione a Manakara, a quaranta chilometri da Vohipeno, che ben presto si propagò in tutto il distretto. Mentre le chiese vennero date alle fiamme cominciò anche la caccia ai cristiani, che, per sfuggire al massacro, si rifugiarono nella foresta: tra questi anche Lucien e la sua famiglia.

Il 9 aprile 1947, re Tsimihoño, considerando il rispetto che la gente di Vohipeno, cattolici e non, aveva per il “maestro cristiano”, progettò di catturarlo facendolo ritornare al villaggio con la minaccia di massacrare la sua famiglia se non avesse obbedito al suo ordine.

La sera del 17 aprile 1947, condotto nella casa del re senza un processo formale, fu condannato a morte perché seguace di Cristo.

PAPA FRANCESCO

REGINA COELI

Piazza San Pietro
Domenica, 15 aprile 2018

 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Al centro di questa terza domenica di Pasqua c’è l’esperienza del Risorto fatta dai suoi discepoli, tutti insieme. Ciò è evidenziato specialmente dal Vangelo che ci introduce ancora una volta nel Cenacolo, dove Gesù si manifesta agli Apostoli, rivolgendo loro questo saluto: «Pace a voi!» (Lc 24,36). E’ il saluto del Cristo Risorto, che ci dà la pace: «Pace a voi!» Si tratta sia della pace interiore, sia della pace che si stabilisce nei rapporti tra le persone. L’episodio raccontato dall’evangelista Luca insiste molto sul realismo della Risurrezione. Gesù non è un fantasma. Infatti, non si tratta di un’apparizione dell’anima di Gesù, ma della sua reale presenza con il corpo risorto.

Gesù si accorge che gli Apostoli sono turbati nel vederlo, che sono sconcertati perché la realtà della Risurrezione è per loro inconcepibile. Credono di vedere un fantasma; ma Gesù risorto non è un fantasma, è un uomo con corpo e anima. Per questo, per convincerli, dice loro: «Guardate le mie mani e i miei piedi – fa vedere loro le piaghe –: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho» (v. 39). E poiché questo non sembra bastare a vincere l’incredulità dei discepoli. Il Vangelo dice anche una cosa interessante: era tanta la gioia che avevano dentro che questa gioia non potevano crederla: “No, non può essere! Non può essere così! Tanta gioia non è possibile!”. E Gesù, per convincerli, disse loro: «Avete qui qualche cosa da mangiare?» (v. 41). Essi gli offrono del pesce arrostito; Gesù lo prende e lo mangia davanti a loro, per convincerli.

L’insistenza di Gesù sulla realtà della sua Risurrezione illumina la prospettiva cristiana sul corpo: il corpo non è un ostacolo o una prigione dell’anima. Il corpo è creato da Dio e l’uomo non è completo se non è unione di corpo e anima. Gesù, che ha vinto la morte ed è risorto in corpo e anima, ci fa capire che dobbiamo avere un’idea positiva del nostro corpo. Esso può diventare occasione o strumento di peccato, ma il peccato non è provocato dal corpo, bensì dalla nostra debolezza morale. Il corpo è un dono stupendo di Dio, destinato, in unione con l’anima, ad esprimere in pienezza l’immagine e la somiglianza di Lui. Pertanto, siamo chiamati ad avere grande rispetto e cura del nostro corpo e di quello degli altri.

Ogni offesa o ferita o violenza al corpo del nostro prossimo, è un oltraggio a Dio creatore! Il mio pensiero va, in particolare, ai bambini, alle donne, agli anziani maltrattati nel corpo. Nella carne di queste persone noi troviamo il corpo di Cristo. Cristo ferito, deriso, calunniato, umiliato, flagellato, crocifisso… Gesù ci ha insegnato l’amore. Un amore che, nella sua Risurrezione, si è dimostrato più potente del peccato e della morte, e vuole riscattare tutti coloro che sperimentano nel proprio corpo le schiavitù dei nostri tempi.

In un mondo dove troppe volte prevalgono la prepotenza contro i più deboli e il materialismo che soffoca lo spirito, il Vangelo di oggi ci chiama ad essere persone capaci di guardare in profondità, piene di stupore e di gioia grande per avere incontrato il Signore risorto. Ci chiama ad essere persone che sanno raccogliere e valorizzare la novità di vita che Egli semina nella storia, per orientarla verso i cieli nuovi e la terra nuova. Ci sostenga in questo cammino la Vergine Maria, alla cui materna intercessione ci affidiamo con fiducia.

Dopo il Regina Coeli:

Cari fratelli e sorelle,

oggi, a Vohipeno, in Madagascar, viene proclamato beato il martire Luciano Botovasoa, padre di famiglia, coerente testimone di Cristo fino al dono eroico della vita. Arrestato e ucciso per aver manifestato la sua volontà di rimanere fedele al Signore e alla Chiesa, rappresenta per tutti noi un esempio di carità e di fortezza nella fede.

Sono profondamente turbato dall’attuale situazione mondiale, in cui, nonostante gli strumenti a disposizione della comunità internazionale, si fatica a concordare un’azione comune in favore della pace in Siria e in altre regioni del mondo. Mentre prego incessantemente per la pace, e invito tutte le persone di buona volontà a continuare a fare altrettanto, mi appello nuovamente a tutti i responsabili politici, perché prevalgano la giustizia e la pace.

Con dolore ho ricevuto la notizia dell’uccisione dei tre uomini rapiti alla fine di marzo al confine tra Ecuador e Colombia. Prego per loro e per i loro familiari, e sono vicino al caro popolo ecuadoriano, incoraggiandolo ad andare avanti unito e pacifico, con l’aiuto del Signore e della sua Santissima Madre.

Affido alla vostra preghiera le persone, come Vincent Lambert, in Francia, il piccolo Alfie Evans, in Inghilterra, e altre in diversi Paesi, che vivono, a volte da lungo tempo, in stato di grave infermità, assistite medicalmente per i bisogni primari. Sono situazioni delicate, molto dolorose e complesse. Preghiamo perché ogni malato sia sempre rispettato nella sua dignità e curato in modo adatto alla sua condizione, con l’apporto concorde dei familiari, dei medici e degli altri operatori sanitari, con grande rispetto per la vita.

Saluto con affetto tutti voi, pellegrini provenienti dall’Italia e da tante parti del mondo: le famiglie, i gruppi parrocchiali, le scuole, le associazioni. Saluto in particolare i fedeli della California; come pure quelli di Arluno, Pontelongo, Scandicci, Genova-Pegli e Vibo Valentia; i bambini della Scuola “Figlie di Gesù” di Modena e il gruppo “Amici di Paolo VI” di Pescara.

A tutti auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!