Ludovico da Casoria

Ludovico da Casoria

(1814-1885)

Beatificazione:

- 18 aprile 1993

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 23 novembre 2014

- Papa  Francesco

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 30 marzo

Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori, che, spinto da ardore di carità verso i poveri di Cristo, istituì le due Congregazioni dei Fratelli della Carità (Bigi) e delle Suore Francescane di Santa Elisabetta (Bigie)

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
  • Lettera Apostolica
“L’Africa convertirà l’Africa”

 

 

VITA  E  OPERE

 

 

Ludovico da Casoria, al secolo Arcangelo Palmentieri, nacque a Casoria (Napoli) l’11 marzo 1814 da Vincenzo e da Candida Zenga. Il giorno successivo fu battezzato nella Parrocchia di S. Mauro con il nome di Arcangelo. Dopo un breve periodo trascorso ad apprendere il mestiere di falegname, frequentando il vicino convento dei Frati Minori di S. Antonio in Afragola (Napoli), fu attratto a seguire l’ideale di S. Francesco d’Assisi.

Vestì l’abito serafico nel convento di S. Giovanni in Palco a Taurano (Avellino) il 17 giugno 1832. Ordinato sacerdote il 4 giugno 1837, si dedicò principalmente allo studio e all’insegnamento della chimica, della matematica e della fisica.

Nel 1847, mentre era in preghiera nella chiesa napoletana di S. Giuseppe dei Ruffi, chiamata comunemente delle Sacramentine, fu colto da deliquio e cadde a terra tramortito. Più tardi, lo stesso P. Ludovico definirà con il termine di «lavacro» quanto si era compiuto in lui, indicandogli un nuovo cammino da percorrere, nel servizio dei poveri e degli infermi. Le sue prime cure le dedicò ai confratelli infermi per i quali, nella sua cella del convento di S. Pietro ad Aram in Napoli, allestì una piccola ma efficace farmacia. Successivamente acquistò una villa allo Scudillo di Capodimonte di Napoli, chiamata “La Palma”, dove creò una infermeria più funzio­nale per i frati infermi di tutta la Provincia, stabilendovi anche una fraternità francescana di stretta osservanza, guidata dal Venerabile Servo di Dio P. Michelangelo Longo da Marigliano († 1886).

L’incontro con il sacerdote genovese Giovan Battista Olivieri, nel 1854, gli ispirò l’opera destinata al riscatto e alla formazione cristiana dei bimbi africani venduti schiavi. Ne accolse nello stesso anno i primi due, avviando così “l’Opera dei Moretti” che, nei piani di evangelizzazione missionaria di P. Ludovico, doveva servire ad educare i giovani africani per farne gli apostoli dell’Africa. Il progetto, espresso nel motto «L’Africa convertirà l’Africa», il 16 marzo 1858 ebbe l’approvazione del Ministro generale dell’Ordine, Venanzio da Celano, e del Definitorio generale. In breve il convento de “la Palma”, prima sede dell’ “Opera dei Moretti”, divenne insuf­ficiente. Saputo ciò, il re di Napoli, Francesco II, donò a P. Ludovico un intero edificio situato al “tondo di Capodimonte”, e che era stato fatto realizzare per fini caritativi dalla madre, la Beata regina Maria Cristina di Savoia.

Uguale disegno il Beato Ludovico da Casoria lo realizzò per le bimbe di colore, che pensò di riscattare ed organizzare in corpo missionario; in tale tentativo lo coadiuvò la Venerabile Suor Anna Lapini, fondatrice delle Suore Stimmatine. Il collegio delle «morette» sorse a Napoli, il 10 maggio 1859.

Sempre a favore della Chiesa in Africa, il Beato ottenne poi dalla S. Congregazione di Propaganda Fide la stazione africana di Scellal, per residenza dei suoi missionari, e vi si recò personalmente a prenderne possesso. Il 12 novembre 1865 si imbarcava a Trieste per Alessandria d’Egitto, ove giunse il 18 novembre; il successivo 6 gennaio arrivò a Scellal e qui iniziò subito il suo apostolato di carità in favore degli indigeni. Avviata la fondazione, fece ritorno a Napoli in quello stesso anno 1866.

Primi collaboratori di P. Ludovico furono i Terziari francescani che egli desiderava impegnati attivamente nella promozione del bene. «Il Terzo Ordine – soleva dire – senza un’opera di carità né mi piace né lo desidero». Alcuni di questi generosi collaboratori di P. Ludovico entrarono poi a far parte delle due Congregazioni di Terziari Francescani da lui fondate, chiamate, l’una, dei Frati della Carità o Bigi (1859), ora estinti, e l’altra delle Suore Elisabettine o Bigie (1862).

In seguito il Beato dette vita ad altre svariate opere assisten­ziali: l’Opera degli Accattoncelli per il recupero degli “scugnizzi” napoletani, vari “Ricoveri” per anziani, convitti, scuole, colonie agricole, ospizi per fanciulli scrofolosi, monti di pietà, tipografie, bande musicali, ecc. Ad Assisi, nel 1871, aprì una casa per ciechi e sordomuti. A Firenze, nel 1877, edificò una chiesa in onore del S. Cuore di Gesù, la prima in Italia.

Nel suo immenso desiderio di bene, il Beato promosse anche la cultura, che egli considerava via alla fede e mezzo di promozione umana, avviando moderne iniziative culturali, quali l’Osservatorio meteorologico di S. Agata sui due Golfi (Napoli), l’Accademia di Religione e Scienze, il Convitto “La Carità” per i giovani della borghesia napoletana, cinque Riviste, la traduzione in lingua italiana delle Opere di S. Bonaventura, una edizione “tascabile” di tutta la Bibbia, ecc. Strinse amicizia con gli uomini più colti del suo tempo. Gli furono amici e collaboratori Gino Capponi, Vito Fornari, Alfonso Della Valle di Casanova, Augusto Conti, Niccolò Tom­maseo, Antonio Stoppani, il Venerabile Cesare Guasti e anche illustri esponenti del mondo politico.

Ebbe incoraggiamenti ed aiuti dai Papi Pio IX e Leone XIII, nonché dai re di Napoli e, dopo il 1860, dai Re di Italia. Fu benvo­luto dagli Arcivescovi di Napoli, il Venerabile Servo di Dio Card. Sisto Riario Sforza e il card. Guglielmo Sanfelice di Acquavella, dai Cardinali Capecelatro, che fu il suo primo biografo, Alimonda e Bilio. Fu legato da sentimenti di profonda comunione con il Vene­rabile P. Bernardino da Portogruaro († 1895), Ministro Generale dei Frati Minori; fu amico, confidente e consigliere del Beato Bartolo Longo († 1926), Fondatore del Santuario di Pompei; fu padre e guida di Santa Caterina Volpicelli († 1894), Fondatrice delle Ancelle del S. Cuore e di altre fondatrici come S. Giulia Salzano e la Beata Maria Cristina Brando. Ebbero contatti frequenti con P. Ludovico anche S. Giovanni Bosco († 1888), S. Daniele Comboni († 1881) e Guglielmo Massaia († 1889), nonché il sacerdote Don Donato Giannotti († 1914), Fondatore delle Ancelle dell’Immacolata, Madre Maria Luigia Velotti, Fondatrice delle Suore Francescane adoratrici della Santa Croce.

Circondato da vasta fama di santità e universalmente com­pianto, P. Ludovico concluse la sua missione terrena a Napoli, presso l’Ospizio Marino di Posillipo, l’ultima opera nata dal suo cuore, a favore dei vecchi marinai, il 30 marzo 1885, lunedì santo.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

a) In vista della beatificazione

 

Il 22 agosto 1885, a distanza di appena 145 giorni dal suo tran­sito, l’Arcivescovo di Napoli Card. Guglielmo Sanfelice di Acqua­vella, accogliendo “il voto unanime del Clero e della cittadinanza napoletana”, dava inizio all’Inchiesta Informativa sulla fama di santità, le virtù e i miracoli in genere dell’Apostolo della Carità.

Il Processo Ordinario si concluse dopo un decennio, il 28 settembre 1895. Furono raccolte le deposizioni di ben 99 Testimoni, moltissimi dei quali “de visu”. Espletata la fase diocesana, e conse­gnati gli Atti processuali all’allora Congregazione dei Riti, il giorno 11 luglio 1908 fu dato avvio, presso la Curia di Napoli, al Processo Apostolico “super virtutibus et miraculis in specie” conclusosi il 19 dicembre 1916. Durante questo Processo furono ascoltati 35 Testimoni.

Un secondo Processo Apostolico “continuativo”, allo scopo di acquisire ulteriori prove circa le virtù eroiche del P. Ludovico e i miracoli in specie operati per sua intercessione, fu celebrato a Napoli dal 23 marzo 1920 al 27 febbraio 1928, con l’audizione di altri 9 Testimoni.

Trasmessi a Roma gli Atti del duplice Processo Apostolico, fu avviato l’ esame della Causa che si concluse il 13 febbraio 1964, con la promulgazione del Decreto sulle virtù eroiche da parte di Papa Paolo VI.

Per l’auspicata beatificazione del Venerabile Servo di Dio la Postulazione sottopose al giudizio della Congregazione delle Cause dei Santi la presunta guarigione miracolosa avvenuta a Salerno il 2 aprile 1885, appena tre giorni dopo la morte di P. Ludovico, di una Suora Figlia della Carità.

Circa questo evento, di cui si occupò largamente la stampa dell’epoca, fu istruito il Processo canonico presso la Curia di Salerno dal 15 settembre 1885 al 15 dicembre 1886. Testimonianze relative alla medesima guarigione furono raccolte anche nel corso del duplice Processo Apostolico super vita et virtutibus degli anni 1908/1916 e 1920/1928 già ricordato prima.

Il 5 dicembre 1991 la Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi riconobbe all’unanimità la inspiegabilità scientifica della guarigione repentina, completa e duratura della Suora. Il 10 aprile 1992 fu celebrato il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi e il 2 giugno successivo si svolse la Congrega­zione Ordinaria dei Padri Cardinali e Vescovi.

Il giorno 11 luglio 1992 il Santo Padre Giovanni Paolo II approvava il relativo Decreto super miro e il 19 aprile 1993, Domenica in Albis, presiedeva in Piazza San Pietro il solenne rito di beatificazione del Venerabile Ludovico da Casoria.

 

b) In vista della canonizzazione

 

Tra le numerose segnalazioni di grazie ottenute per inter­cessione del Beato Ludovico, la Postulazione ha presentato all’esame della Congregazione delle Cause dei Santi la guarigione, avvenuta il 12 giugno 1994 a Durazzano (Benevento) di una neonata, affetta da grave malformazione congenita al ginocchio destro. La piccola presentava all’atto della nascita, avvenuta il 1° giugno 1994, il ginocchio destro recurvato, tanto che il piede raggiungeva l’altezza del viso. Il perito ortopedico che visitò la bambina il giorno 6 giugno 1994, consigliò una terapia correttiva con apparecchi gessati, ipotizzando anche la necessità di un intervento chirurgico per la risoluzione della deformità. Di rientro dalla visita medica la zia, suora elisabettina, volle portare la nipote nella cappella della sua casa religiosa in Napoli per pregare per la guarigione e applicare al ginocchio interessato la reliquia del Beato Ludovico. La domenica successiva, 12 giugno 1994, intorno alle ore 14.30, si poté constatare che spontaneamente e in maniera istantanea il ginocchio aveva assunto la normale postura.

Dal 18 settembre 2004 al 12 marzo 2007 si celebrò presso la Curia ecclesiastica di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti, l’Inchiesta canonica.

I periti medici della Consulta si riunirono in due successive sedute, rispettivamente il 10 maggio 2012 e il 16 gennaio 2014 dichiarandosi a favore della inspiegabilità scientifica della guari­gione. Il Congresso peculiare dei Consultori Teologi si celebrò il 6 marzo successivo. Infine il 15 aprile 2014 i Padri Cardinali e Vescovi, riuniti in Sessione Ordinaria, riconobbero la guarigione come un evento miracoloso.

Il Sommo Pontefice Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decretum super Miraculo.

CERIMONIA DI CANONIZZAZIONE DEI BEATI:
 - GIOVANNI ANTONIO FARINA 
- KURIAKOSE ELIAS CHAVARA DELLA SACRA FAMIGLIA 
- LUDOVICO DA CASORIA 
- NICOLA DA LONGOBARDI 
- EUFRASIA ELUVATHINGAL DEL SACRO CUORE
- AMATO RONCONI

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'Universo
Piazza San Pietro 
Domenica, 23 novembre 2014

 

La liturgia oggi ci invita a fissare lo sguardo su Gesù come Re dell’Universo. La bella preghiera del Prefazio ci ricorda che il suo regno è «regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace». Le Letture che abbiamo ascoltato ci mostrano come Gesù ha realizzato il suo regno; come lo realizza nel divenire della storia; e che cosa chiede a noi.

Anzitutto, come Gesù ha realizzato il regno: lo ha fatto con la vicinanza e la tenerezza verso di noi. Egli è il Pastore, di cui ci ha parlato il profeta Ezechiele nella prima Lettura (cfr 34,11-12.15-17). Tutto questo brano è intessuto di verbi che indicano la premura e l’amore del Pastore verso il suo gregge: cercare, passare in rassegna, radunare dalla dispersione, condurre al pascolo, far riposare, cercare la pecora perduta, ricondurre quella smarrita, fasciare la ferita, curare la malata, avere cura, pascere. Tutti questi atteggiamenti sono diventati realtà in Gesù Cristo: Lui è davvero il “Pastore grande delle pecore e custode delle nostre anime” (cfr Eb 13,20; 1Pt 2,25).

E quanti nella Chiesa siamo chiamati ad essere pastori, non possiamo discostarci da questo modello, se non vogliamo diventare dei mercenari. A questo riguardo, il popolo di Dio possiede un fiuto infallibile nel riconoscere i buoni pastori e distinguerli dai mercenari.

Dopo la sua vittoria, cioè dopo la sua Risurrezione, come Gesù porta avanti il suo regno? L’apostolo Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, dice: «E’ necessario che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi» (15,25). E’ il Padre che a poco a poco sottomette tutto al Figlio, e al tempo stesso il Figlio sottomette tutto al Padre. Gesù non è un re alla maniera di questo mondo: per Lui regnare non è comandare, ma obbedire al Padre, consegnarsi a Lui, perché si compia il suo disegno d’amore e di salvezza. Così c’è piena reciprocità tra il Padre e il Figlio. Dunque il tempo del regno di Cristo è il lungo tempo della sottomissione di tutto al Figlio e della consegna di tutto al Padre. «L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte» (1 Cor 15,26). E alla fine, quando tutto sarà stato posto sotto la regalità di Gesù, e tutto, anche Gesù stesso, sarà stato sottomesso al Padre, Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15, 28).

Il Vangelo ci dice che cosa il regno di Gesù chiede a noi: ci ricorda che la vicinanza e la tenerezza sono la regola di vita anche per noi, e su questo saremo giudicati. E’ la grande parabola del giudizio finale di Matteo 25. Il Re dice: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (25,34-36). I giusti domanderanno: quando mai abbiamo fatto tutto questo? Ed Egli risponderà: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

La salvezza non comincia dalla confessione della regalità di Cristo, ma dall’imitazione delle opere di misericordia mediante le quali Lui ha realizzato il Regno. Chi le compie dimostra di avere accolto la regalità di Gesù, perché ha fatto spazio nel suo cuore alla carità di Dio. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore, sulla prossimità e sulla tenerezza verso i fratelli. Da questo dipenderà il nostro ingresso o meno nel regno di Dio, la nostra collocazione dall’una o dall’altra parte. Gesù, con la sua vittoria, ci ha aperto il suo regno, ma sta a ciascuno di noi entrarvi, già a partire da questa vita, facendoci concretamente prossimo al fratello che chiede pane, vestito, accoglienza, solidarietà. E se veramente ameremo quel fratello o quella sorella, saremo spinti a condividere con lui o con lei ciò che abbiamo di più prezioso, cioè Gesù stesso e il suo Vangelo!

Oggi la Chiesa ci pone dinanzi come modelli i nuovi Santi che, proprio mediante le opere di una generosa dedizione a Dio e ai fratelli, hanno servito, ognuno nel proprio ambito, il regno di Dio e ne sono diventati eredi. Ciascuno di essi ha risposto con straordinaria creatività al comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. Si sono dedicati senza risparmio al servizio degli ultimi, assistendo indigenti, ammalati, anziani, pellegrini. La loro predilezione per i piccoli e i poveri era il riflesso e la misura dell’amore incondizionato a Dio. Infatti, hanno cercato e scoperto la carità nella relazione forte e personale con Dio, dalla quale si sprigiona il vero amore per il prossimo. Perciò, nell’ora del giudizio, hanno udito questo dolce invito: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25,34).

Con il rito di canonizzazione, ancora una volta abbiamo confessato il mistero del regno di Dio e onorato Cristo Re, Pastore pieno d’amore per il suo gregge. Che i nuovi Santi, col loro esempio e la loro intercessione, facciano crescere in noi la gioia di camminare nella via del Vangelo, la decisione di assumerlo come la bussola della nostra vita. Seguiamo le loro orme, imitiamo la loro fede e la loro carità, perché anche la nostra speranza si rivesta di immortalità. Non lasciamoci distrarre da altri interessi terreni e passeggeri. E ci guidi nel cammino verso il regno dei Cieli la Madre, Maria, Regina di tutti i Santi. Amen.

La liturgia oggi ci invita a fissare lo sguardo su Gesù come Re dell’Universo. La bella preghiera del Prefazio ci ricorda che il suo regno è «regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace». Le Letture che abbiamo ascoltato ci mostrano come Gesù ha realizzato il suo regno; come lo realizza nel divenire della storia; e che cosa chiede a noi.

Anzitutto, come Gesù ha realizzato il regno: lo ha fatto con la vicinanza e la tenerezza verso di noi. Egli è il Pastore, di cui ci ha parlato il profeta Ezechiele nella prima Lettura (cfr 34,11-12.15-17). Tutto questo brano è intessuto di verbi che indicano la premura e l’amore del Pastore verso il suo gregge: cercare, passare in rassegna, radunare dalla dispersione, condurre al pascolo, far riposare, cercare la pecora perduta, ricondurre quella smarrita, fasciare la ferita, curare la malata, avere cura, pascere. Tutti questi atteggiamenti sono diventati realtà in Gesù Cristo: Lui è davvero il “Pastore grande delle pecore e custode delle nostre anime” (cfr Eb 13,20; 1Pt 2,25).

E quanti nella Chiesa siamo chiamati ad essere pastori, non possiamo discostarci da questo modello, se non vogliamo diventare dei mercenari. A questo riguardo, il popolo di Dio possiede un fiuto infallibile nel riconoscere i buoni pastori e distinguerli dai mercenari.

Dopo la sua vittoria, cioè dopo la sua Risurrezione, come Gesù porta avanti il suo regno? L’apostolo Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, dice: «E’ necessario che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi» (15,25). E’ il Padre che a poco a poco sottomette tutto al Figlio, e contemporaneamente il Figlio sottomette tutto al Padre, e alla fine anche sé stesso. Gesù non è un re alla maniera di questo mondo: per Lui regnare non è comandare, ma obbedire al Padre, consegnarsi a Lui, perché si compia il suo disegno d’amore e di salvezza. Così c’è piena reciprocità tra il Padre e il Figlio. Dunque il tempo del regno di Cristo è il lungo tempo della sottomissione di tutto al Figlio e della consegna di tutto al Padre. «L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte» (1 Cor 15,26). E alla fine, quando tutto sarà stato posto sotto la regalità di Gesù, e tutto, anche Gesù stesso, sarà stato sottomesso al Padre, Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15, 28).

Il Vangelo ci dice che cosa il regno di Gesù chiede a noi: ci ricorda che la vicinanza e la tenerezza sono la regola di vita anche per noi, e su questo saremo giudicati. Questo sarà il protocollo del nostro giudizio. E’ la grande parabola del giudizio finale di Matteo 25. Il Re dice: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (25,34-36). I giusti domanderanno: quando mai abbiamo fatto tutto questo? Ed Egli risponderà: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

La salvezza non comincia dalla confessione della regalità di Cristo, ma dall’imitazione delle opere di misericordia mediante le quali Lui ha realizzato il Regno. Chi le compie dimostra di avere accolto la regalità di Gesù, perché ha fatto spazio nel suo cuore alla carità di Dio. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore, sulla prossimità e sulla tenerezza verso i fratelli. Da questo dipenderà il nostro ingresso o meno nel regno di Dio, la nostra collocazione dall’una o dall’altra parte. Gesù, con la sua vittoria, ci ha aperto il suo regno, ma sta a ciascuno di noi entrarvi, già a partire da questa vita – il Regno incomincia adesso – facendoci concretamente prossimo al fratello che chiede pane, vestito, accoglienza, solidarietà, catechesi. E se veramente ameremo quel fratello o quella sorella, saremo spinti a condividere con lui o con lei ciò che abbiamo di più prezioso, cioè Gesù stesso e il suo Vangelo!

Oggi la Chiesa ci pone dinanzi come modelli i nuovi Santi che, proprio mediante le opere di una generosa dedizione a Dio e ai fratelli, hanno servito, ognuno nel proprio ambito, il regno di Dio e ne sono diventati eredi. Ciascuno di essi ha risposto con straordinaria creatività al comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. Si sono dedicati senza risparmio al servizio degli ultimi, assistendo indigenti, ammalati, anziani, pellegrini. La loro predilezione per i piccoli e i poveri era il riflesso e la misura dell’amore incondizionato a Dio. Infatti, hanno cercato e scoperto la carità nella relazione forte e personale con Dio, dalla quale si sprigiona il vero amore per il prossimo. Perciò, nell’ora del giudizio, hanno udito questo dolce invito: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25,34).

Con il rito di canonizzazione, ancora una volta abbiamo confessato il mistero del regno di Dio e onorato Cristo Re, Pastore pieno d’amore per il suo gregge. Che i nuovi Santi, col loro esempio e la loro intercessione, facciano crescere in noi la gioia di camminare nella via del Vangelo, la decisione di assumerlo come la bussola della nostra vita. Seguiamo le loro orme, imitiamo la loro fede e la loro carità, perché anche la nostra speranza si rivesta di immortalità. Non lasciamoci distrarre da altri interessi terreni e passeggeri. E ci guidi nel cammino verso il regno dei Cieli la Madre, Maria, Regina di tutti i Santi.

BEATIFICAZIONE DI TRE SACERDOTI E DUE SUORE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 18 aprile 1993

 

1. “Celebrate il Signore, perché è buono, perché eterna è la sua misericordia” (Sal 118, 1). Il Salmo di ringraziamento attraversa come un fascio di luce tutta l’ottava di Pasqua. È il “grazie” corale della Chiesa, che adora Dio per il dono della Risurrezione di Cristo: per il dono della Vita nuova ed eterna, rivelata nel Risorto. La Chiesa, unanime, adora e ringrazia per l’infinito amore che, in Lui, si è comunicato ad ogni uomo e all’universo intero. “Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo... egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva”(1 Pt 1, 3). Ci ha rigenerati “nella sua grande misericordia” (1 Pt 1, 3), Lui, Iddio e Padre di Cristo crocifisso e risorto: “dives in misericordia”. La Chiesa vive con questa intima consapevolezza fin dai suoi albori. In spirito di ringraziamento pasquale si radunavano i primi discepoli e fedeli, spezzando il pane nelle case (cf. At2, 46), celebrando cioè l’Eucaristia. In questo medesimo spirito la Comunità apostolica accoglieva ed accompagnava i catecumeni, mentre cresceva il numero di quelli che benedicevano Dio, di quanti lo professavano “ricco di misericordia” (Ef 2, 4), ringraziandolo per l’amore rivelato in Cristo.

2. Oggi la stessa Chiesa, rigenerata “per una speranza viva”, rende grazie per “una eredità che non si corrompe... che è conservata nei cieli” per noi (1 Pt 1, 3-4). Il Popolo cristiano – nell’imminenza dell’anno 2000 – esprime la propria gioia pasquale a motivo di alcuni suoi figli e figlie che, in modo particolare, confermano questa eredità di Dio conservata nei cieli per noi. Ecco i loro nomi: Ludovico da Casoria Paula Montal Fornés de San José Calasanz Stanislaw Kazimierczyk Angela Truszkowska Faustyna Kowalska.

3. Ti saluto, Beato Ludovico da Casoria, singolare figura di Frate Minore e ardente testimone della carità di Cristo. Ci commuovono le parole del tuo Testamento: “Il Signore mi chiamò a sé con un amore dolcissimo, e con una carità infinita mi guidò e mi diresse nel cammino della mia vita”. La forza di questo amore spinse te, valido studioso e insegnante, a dedicarti ai più poveri: ai sacerdoti ammalati, agli immigrati africani, ai muti, ai ciechi, ai vecchi, agli orfanelli. Beato Ludovico, grande figlio della Chiesa di Napoli, hai fatto tuo il carisma di Francesco d’Assisi e l’hai vissuto nella società del tuo tempo, nel Meridione d’Italia del secolo scorso, assumendo attiva responsabilità nei confronti delle più gravi forme di povertà, calandoti con cristiana compassione nella concretezza della storia della tua gente e dei suoi drammi quotidiani. L’ampiezza del raggio d’azione del tuo apostolato ci lascia quasi increduli, e ci viene spontaneo domandarti: Come hai potuto farti prossimo a tante miserie, con tanta “fantasia” nella promozione umana? E ancora ci rispondono le tue parole: “L’amore di Cristo aveva ferito il mio cuore” (Testamento). Ti chiediamo di insegnare anche a noi a vivere per gli altri e ad essere costruttori di autentiche comunità ecclesiali, nelle quali la carità fiorisca in letizia ed in speranza operosa. “I poveri li avete sempre con voi” (Mt 26, 11), ci ha detto Gesù. Aiutaci, Beato Ludovico, a scoprirli, ad amarli, a servirli con quell’ardore che in te ha compiuto meraviglie.

4. La nueva beata, Paula Montal de San José de Calasanz, fue durante toda su vida un abnegado apóstol de la promoción cultural, humana y cristiana de la mujer. En total entrega a la voluntad de Dios y contando sólo “ con cuarenta reales en el bolsillo ” – como dice la historia – abrió la primera escuela de niñas para enseñarles, sobre todo, el amor de Dios y la dignidad de la mujer, como futura madre de familia. “ Quiero salvar las familias ”, repetía insistentemente. Con este objetivo fundó la congregación de Hijas de María, Religiosas de las Escuelas Pías, viviendo de lleno la espiritualidad calasancia y haciendo un cuarto voto de dedicarse exclusivamente a la enseñanza. El carisma de la beata Paula Montal vive en vosotras, amadas Religiosas Escolapias, y su exaltación hoy al honor de los altares representa una apremiante invitación que el Señor os dirige para que renovéis, como almas consagradas, vuestro fecundo servicio eclesial en fidelidad a su carisma, en favor de la dignidad de la mujer y de la familia. Quiera Dios que por su intercesión y ejemplo la acción educativa de la Iglesia con la niñez y la juventud reciba un decidido impulso, que dé nueva vitalidad a las raíces cristianas de la noble Nación española, representada aquí por un nutrido grupo de Obispos, Autoridades, sacerdotes, religiosos – particularmente Escolapios – religiosas y numerosos fieles, a quienes saludo con particular afecto.

Ecco le parole del Papa in una nostra traduzione in italiano.

4. La nuova Beata, Paula Montal de San José de Calasanz, è stata per tutta la sua vita un generoso apostolo della promozione culturale, umana e cristiana della donna. In un dono totale alla volontà di Dio e con solo “quaranta reali nelle tasche” – come dice la storia – aprì la prima scuola per bambine per insegnar loro, soprattutto, l’amore di Dio e la dignità della donna, come futura madre di famiglia. “Voglio salvare le famiglie”, ripeteva insistentemente. Con questo obiettivo fondò la congregazione delle Figlie di Maria, Religiose delle Scuole Pie, vivendo pienamente la spiritualità di Calasanz e facendo un quarto voto di dedicarsi esclusivamente all’insegnamento. Il carisma della Beata Paula Montal vive in voi, amate Religiose Scolopie, e la sua elevazione oggi all’onore degli altari rappresenta una pressante esortazione che il Signore vi rivolge affinché rinnoviate, come anime consacrate, il vostro fecondo servizio ecclesiale in fedeltà al suo carisma, a favore della dignità della donna e della famiglia. Voglia Dio che attraverso la sua intercessione e il suo esempio l’azione educativa della Chiesa per l’infanzia e la gioventù riceva un deciso impulso, che dia nuovo vigore alle radici cristiane della nobile Nazione spagnola, rappresentata qui da un folto gruppo di Vescovi, Autorità, sacerdoti, religiosi – in particolare Scolopi – religiose e numerosi fedeli, che saluto con particolare affetto.

5. Pozdrawiam Cię, Matko Mario Angelo Truszkowska, Matko wielkiej rodziny felicjańskiej. Byłaś świadkiem trudnych dziejów naszego narodu i Kościoła, który w tym narodzie sprawował swe posłannictwo. Imię Twoje i powołanie związane jest z postacią Bł. Honorata Koźminskiego, wielkiego apostoła ukrytych zgromadzeń, które odradzały życie udręczonego społeczeństwa i przywracały nadzieję zmartwychwstania.

W dniu dzisiejszym pielgrzymuję do Twych relikwii w moim umiłowanym Krakowie, gdzie rozwinęła się rodzina felicjańska, i skąd poszła za Ocean, by służyć nowym pokoleniom emigrantów i Amerykanów. 

Christ led Mother Angela by a truly exceptional path, causing her to share intimately in the mystery of his Cross. He formed her spirit by means of numerous sufferings, which she accepted with faith and a truly heroic submission to his will: in seclusion and in solitude, in a long and trying illness and in the dark night of the soul.

Her greatest desire was to become a "victim of love". And she always understood love as a free gift of herself. "Loving means giving. Giving everything that love asks for. Giving immediately, without regrets, with joy, and wanting even more to be asked of us". These are her own words in which she summed up the whole program of her life.

She was able to kindle the same love in the hearts of the Sisters of her Congregation. This love constitutes the ever living leaven of the works by which the communities of Felicians serve the Church in Poland and beyond its borders. 

“Dziękujcie Panu, bo jest dobry...”.

Kościół raduje się dzisiaj i dziękuje Bogu za dar wyniesienia na ołtarze Sługi Bożej Matki Mari Angeli i za całe Zgromadzenie Sióstr Felicjanek, które z jej charyzmatu wzięło początek.

Ecco le parole del Santo Padre in una nostra traduzione in italiano.

5. Ti saluto, Madre Maria Angela Truszkowska, Madre della grande famiglia feliciana. Sei stata testimone dei difficili avvenimenti storici della nostra Nazione e della Chiesa, la quale quivi compiva la sua missione. Il Tuo nome e la Tua vocazione sono legati alla figura del beato Honorat Kozminski, grande apostolo delle comunità segrete, le quali rigeneravano la vita della società travagliata, e restituivano la speranza della risurrezione. Al giorno d’oggi compio un pellegrinaggio verso le Tue reliquie nella mia amata Cracovia, dove si è sviluppata la famiglia feliciana, e da dove è partita oltre Oceano per servire le nuove generazioni di emigranti ed americani.

Cristo ha condotto Madre Angela attraverso un sentiero veramente eccezionale, cosicché essa ha potuto condividere intimamente il mistero della sua croce. Egli ha formato il suo spirito per mezzo di numerose sofferenze, che essa ha accettato con fede e con sottomissione davvero eroica alla Sua volontà: nella reclusione e nella solitudine, in una malattia lunga e dolorosa e nella notte buia dell’anima. Il suo più grande desiderio è stato di divenire “vittima d’amore”. Essa ha sempre interpretato l’amore come dono gratuito di sé. “Amare significa dare. Dare tutto ciò che l’amore richiede. Dare immediatamente, senza rimpianti, con gioia e desiderando che ci venga chiesto ancora di più”. Queste sono parole sue con le quali ha riassunto l’intero programma della sua vita. Essa è stata in grado di accendere lo stesso amore nei cuori delle Sorelle della sua Congregazione. Questo amore costituisce il fogliame sempre verde delle opere con le quali le comunità delle Feliciane servono la Chiesa in Polonia e altrove.

“Ringraziate il Signore, perché è buono...”. La Chiesa si rallegra oggi e ringrazia Dio per il dono dell’elevazione agli altari della Serva di Dio Madre Maria Angela e per tutta la Congregazione delle Suore Feliciane, che dal suo carisma ha preso origine.

6. Pozdrawiam Cię, Siostro Faustyno. Od dzisiaj Kościół zwie Ciebie błogosławioną, zwłaszcza Kościół na ziemi polskiej i litewskiej. O, Faustyno, jakże przedziwna była Twoja droga! Czyż można nie pomyśleć, że to Ciebie właśnie, ubogą i prostą córkę mazowieckiego polskiego ludu wybrał Chrystus, aby przypomnieć ludziom wielką Bożą tajemnicę Miłosierdzia. Tę tajemnicę zabrałaś ze sobą, odchodząc z tego świata po krótkim i pełnym cierpień życiu. Równocześnie tajemnica ta stała się proroczym zaiste wołaniem do świata, do Europy. Przecież Twoje orędzie Bożego miłosierdzia zrodziło się jakby w przeddzień straszliwego kataklizmu drugiej wojny światowej. Zapewne byś się zdziwiła, gdybyś mogła na ziemi doświadczyć, czym stało się to orędzie dla udręczonych ludzi tego czasu pogardy, jak szeroko ono poszło w świat. Dzisiaj – tak głęboko wierzymy – ogladasz w Bogu owoce Twojego posłannictwa na ziemi. Dziś doświadczasz u samego Źródła, kim jest Twój Chrystus: “Dives in Misericordia”. 

“Sento chiaramente che la mia missione non finisce con la morte, ma inizia... ”, ha scritto Suor Faustyna nel suo Diario. E così è veramente avvenuto! La sua missione continua e sta portando frutti sorprendenti. È veramente meraviglioso il modo in cui la sua devozione a Gesù Misericordioso si fa strada nel mondo contemporaneo e conquista tanti cuori umani! Questo è senza dubbio un segno dei tempi, un segno del nostro XX secolo. Il bilancio di questo secolo che tramonta presenta, oltre alle conquiste, che spesso hanno superato quelle delle epoche precedenti, anche una profonda inquietudine e paura circa l’avvenire. Dove, quindi, se non nella divina Misericordia, il Mondo può trovare lo scampo e la luce della speranza? I credenti lo intuiscono perfettamente!

“Dziękujcie Panu, bo jest dobry...

Dziękujcie Panu, bo jest miłosierny...”.

Dzisiaj, w dniu beatyfikacji Siostry Faustyny, wielbimy Boga za wielkie dzieła, jakich dokonał w Jej duszy. Wysławiamy Go i dziękujemy Mu za wielkie dzieła, jakich dokonał i ciągle dokonuje w duszach ludzkich, które dzięki jej świadectwu i orędziu odkrywają nieskończone głębie Bożego Miłosierdzia.

Ecco le parole del Papa in una nostra traduzione italiana.

6. Ti saluto, Suor Faustyna. Da oggi la Chiesa ti nomina Beata, soprattutto la Chiesa della terra polacca e lituana. O Faustyna, come meraviglioso è stato il Tuo cammino! Come si può non pensare, che proprio Te, una povera e semplice figlia del popolo polacco di Mazowsze, Cristo ha scelto per ricordare alla gente il grande mistero della divina Misericordia. Questo mistero hai portato con Te, lasciando questo mondo dopo una vita breve e piena di sofferenza. Allo stesso tempo questo mistero è divenuto veramente un grido profetico rivolto verso il mondo e verso l’Europa. Il Tuo messaggio della divina Misericordia è nato praticamente quasi alla vigilia del pauroso cataclisma della seconda guerra mondiale. Probabilmente non Ti sorprenderesti, se avessi potuto sperimentare sulla terra ciò che questo messaggio è diventato per la tormentata gente di quel tempo del disprezzo, come si è esteso nel mondo. Oggi – crediamo così profondamente – guardi in Dio il frutto della Tua missione sulla terra. Oggi sperimenti presso la stessa Fonte, chi è il Tuo Cristo: “dives in misericordia”.

“Sento chiaramente che la mia missione non finisce con la morte, ma inizia...”, ha scritto Suor Faustyna nel suo Diario. E così è veramente avvenuto! La sua missione continua e sta portando frutti sorprendenti. È veramente meraviglioso il modo in cui la sua devozione a Gesù Misericordioso si fa strada nel mondo contemporaneo e conquista tanti cuori umani! Questo è senza dubbio un segno dei tempi – un segno del nostro XX secolo. Il bilancio di questo secolo che tramonta presenta, oltre alle conquiste, che spesso hanno superato quelle delle epoche precedenti, anche una profonda inquietudine e paura circa l’avvenire. Dove, quindi, se non nella divina Misericordia, il Mondo può trovare lo scampo e la luce della speranza? I credenti lo intuiscono perfettamente!

“Ringraziate il Signore, perché è buono... Ringraziate il Signore, perché è misericordioso...”. Oggi, nel giorno della beatificazione di Suor Faustyna, adoriamo Dio per le grandi opere che ha compiuto nella sua anima. Lo glorifichiamo e Gli rendiamo grazie per le grandi opere, che ha compiuto e continua a compiere nelle anime umane, le quali – grazie alla sua testimonianza e messaggio – riscoprono le infinite profondità della divina Misericordia.

7. Pozdrawiam Cię wreszcie Stanisławie Kazimierczyku, kapłanie Kanoników Regularnych Lateraneńskich. Twe życie zwiazane było nierozerwalnie z Krakowem, z jego sławną Akademią oraz z klasztorem przy kościele Bożego Ciała na Kazimierzu, gdzie dojrzewało i rozwijało się Twoje powołanie.

Sługa Boży Stanisław żył w XV wieku, a więc w czasach bardzo odległych. W dziejach Krakowa był to wiek wyjatkowy – wiek świętych, epoka szczególnego rozkwitu życia duchowego i religijnego. W tym właśnie wieku Kraków wydał postacie tego formatu co Święty Jan Kanty, oraz błogosławieni: Szymon z Lipnicy, Michał Giedroyć, Izajasz Boner i Świętosław ze Sławkowa. Błogosławiony wiek! Jego duchowe oblicze tworzyli święci i błogosławieni, a wśród nich Stanisław z Kazimierza: żarliwy czciciel Eucharystii, nauczyciel i obrońca prawdy ewangelicznej, wychowawca, przewodnik na drogach życia duchowego, opiekun ubogich.

Pamięć o świętości Sługi Bożego żyje i owocuje do dzisiaj. Tej pamięci lud Krakowa, a zwłaszcza lud Kazimierza, dawał wyraz przez modlitwę u jego relikwii nieprzerwanie aż do naszych czasów. Jako Arcybiskup Krakowski nieraz tym modlitwom przewodniczyłem. Dzisiaj Kościół Święty uroczyście potwierdza jego kult, wynosząc go do chwały ołtarzy.

“Dziękujcie Panu... Dziękujcie Panu, bo jest dobry...”.

Matka Maria Angela Truszkowska, Siostra Faustyna Kowalska, Stanisław Kazimierczyk, kapłan–zakonnik: trzej nowi polscy błogosławieni, nasi nowi orędownicy. W dzisiejszych czasach tego orędownictwa świętych i błogosławionych tak bardzo nam potrzeba! Oto szczególny dar Bożej Opatrzności dla Kościoła w Polsce – dar dla naszej Ojczyzny.

Raduj się więc Kościele Polski!

“Gaude Mater Polonia”!

Ecco le parole del Papa in uno nostra traduzione italiana.

7. Infine Ti saluto, Stanislaw Kazimierczyk, sacerdote dei Canonici Regolari Lateranensi. La Tua vita è stata strettamente legata a Cracovia, con la sua famosa Accademia e con il convento presso la chiesa del Corpus Domini a Kazimierz, dove maturava e si sviluppava la Tua vocazione. Il Servo di Dio Stanislaw visse nel XV secolo, cioè in tempi remoti. Nella storia di Cracovia quello era il secolo singolare – il secolo dei santi – un’epoca di particolare fioritura della vita spirituale e religiosa. Proprio in quel secolo Cracovia ha dato figure di stampo come San Giovanni di Kety e i Beati: Simone di Lipnica, Michele Giedroyc, Isaia Bonner e Swietoslaw da Slawków. Secolo benedetto! Santi e Beati formavano la sua immagine spirituale, e tra loro Stanislaw di Kazimierz: fervente adoratore dell’Eucaristia, insegnante e difensore della verità evangelica, educatore, guida sulle vie della vita spirituale, protettore dei poveri. La memoria sulla santità del Servo di Dio vive e fruttifica tuttora. Il popolo di Cracovia e soprattutto il popolo di Kazimierz, hanno espresso continuamente, fino ai nostri tempi, questa memoria attraverso le preghiere dinanzi alle sue reliquie. Come Arcivescovo di Cracovia ho presieduto queste preghiere più di una volta. Oggi la Santa Chiesa solennemente conferma il suo culto, elevandolo alla gloria degli altari. “Ringraziate il Signore... Ringraziate il Signore, perché è buono...”. Madre Maria Angela Truszkowska, Suor Faustyna Kowalska, Stanislaw Kazimierczyk sacerdote-monaco: tre nuovi Beati polacchi, nostri nuovi intercessori. Ci serve così tanto ai nostri giorni questa intercessione dei Santi e dei Beati! Ecco un dono particolare della divina Provvidenza per la Chiesa in Polonia – il dono per la nostra Patria. Rallegrati, quindi, Chiesa Polacca! “Gaude Mater Polonia!”.

8. Celebriamo il Signore, perché è buono. Celebriamolo, perché è misericordioso. Ecco gli Apostoli, riuniti nel Cenacolo: i primi che hanno innalzato questo ringraziamento pasquale. Per primi essi hanno ricevuto lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, il medesimo Spirito nel quale sono stati mandati: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21). Questa missione perdura attraverso i secoli, di generazione in generazione. E perdura ugualmente la grazia, capace di “fare nuove tutte le cose” (cf. Ap 21, 5).

Ecco Tommaso, singolare rappresentante di coloro che dicono: “Se non vedo... non crederò” (Gv 20, 25). Egli è diventato, otto giorni dopo, portavoce di quanti confessano: “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28). Possa la verità su Cristo crocifisso e risorto trovare accesso presso le sempre nuove generazioni di coloro che “pur non avendo visto crederanno” (Gv 20, 29).

 “Dives in misericordia”. Quanto è necessario, all’uomo di tutti i tempi, l’incontro con Te, o Cristo! L’incontro mediante la fede, la quale si prova nel fuoco delle privazioni e fruttifica nella gioia.

Nella gioia pasquale. La fede fruttifica in gioia “indicibile e gloriosa” (1 Pt 1, 8).

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta beatificatione

 

IOANNES  PAULUS  pp. II

ad perpetuam rei memoriam

 

«Caritas Christi urget nos» (2 Cor 5, 14).

Dilectio quam Christus humanitati in sua morte redemptrice demonstravit quamque omnibus hominibus, peculiariter per Euchari­stiae sacramentum adhuc donare pergit in quo totum bonum spirituale Ecclesiae continetur (cf. Presbyterorum ordinis, 5), appetitio visque fuit indefessae operae caritatis Venerabilis Ludovici a Casaurea, qui singularis fuit Frater Minor itemque eximius Ecclesiae Neapolitanae filius.

Hac vulneratus dilectione, dum divinam Eucharistiam adorabat, novus homo factus est in Christo, usque ad discessum beatum de hac vita uno perductus studio non sibi vivendi sed ei qui pro nobis mortuus est et resurrexit (cf. 2 Cor 5, 15) et cuius amor omnem creaturam complectitur.

Casaureae ortus, in Neapolitana provincia, a Vincentio et Candi­da Zenga, die XI mensis Martii anno MDCCCXIV, Archangelus Pal­mentieri anno MDCCCXXXII inter Fratrum Minorum sodales est receptus, quos in vicino conventu oppidi, quod Afragolam vocant, cognoverat. Presbyterali ordinatione anno MDCCCXXXVII suscepta, P. Ludovicus plerumque se studio dedit et institutioni philosophiae, mathematicae et physicae. Gratia deinde permotus, quae ardorem caritatis pro Christi pauperibus in eo concitaverat, socialibus pariter necessitatibus compulsus, Venerabilis Ludovicus S. Pauli sibi sumpto proposito: «Omnibus omnia factus sum» (1 Cor. 9, 22), ab anno MDCCCXLVII complura caritatis opera incohavit, quae omnia ab ardenti amore erga Christum et omne genus patientes manabant.

In suo Testamento, anno MDCCCLXXVII, P. Ludovicus magna cum simplicitate confessus est: «Dominus dulcissimo amore ad se vocavit et interminata caritate me in vitae itinere direxit ... Iesu Christi amor cor meum vulneraverat, latus meum et meas manus, pedes meos, corpus meum… atque semper clamabam: aut amor aut amore mori! ». Dei amor flamma fuit quae magnum incendium concivit in huius flagrantis testis de Patris misericordia corde. Ipse non solummodo dilectionem pro pauperibus declaravit, sed Ioannis Apostoli servans mandatum: «Non diligamus verbo neque lingua, sed opere et veritate» (1 Io 3, 18), eandem in servitium pro quovis humano derelictu proque aperta paupertate vertit.

Sanctos imitans, qui difficilibus temporibus a muneribus aetatis suae non se subtraxerant, officia consulto sustinuit pro sui temporis societate, peculiariter pro paupertatis gravibus generibus, qua ipsa premebatur, corde cum misericordi in suae gentis eventus resque infelices cotidianas descendens.

In eo fuit et operata est boni Samaritani caritas, qui omni homini adest in corpore et in spiritu sauciato eique spem tribuit atque consolationem (cf. Messale Romano, 2a ed. italiana, Roma 1983, Prefazio comune VIII). Institutum ideo condidit «Opera degli Accat­toncelli» vocatum, ut adulescentes Neapolitani vagantes recipe­rentur, hospitia condidit pro surdis mutisque, caecis, senibus, pupillis et strumosis; ephebea condidit, scholas, officinas typogra­phicas, colonias agrestes, mensas, musicorum globos, aliaque complura quae cor, tanquam mare latissimum, ei suadebat. Ut catholicus cultus prove­heretur Neapoli «Academiam Religionis et Scientiae» instituit, aliaque provida culturalia opera, eximiis illius aetatis iuvantibus hominibus.

Cum conscius sibi esset «Africam esse Africae convertendam», Neapoli clara «Collegia Parvulorum Nigrorum» condidit, ut Afri adulescentes christiana doctrina imbuerentur, quos ipse praecones voluit in eorum immensa Continenti.

Tempora praecurrens Concilii Vaticani II, Laicorum apostolatum provexit atque Actionis Catholicae, praeter Ordinem Franciscalem Saecularem, ex cuius gremio actuosissimos adiutores in caritatis operibus assumpsit, quibuscum duas Congregationes religiosas instituit, Fratrum scilicet Caritatis vel Ravorum et Sororum Franci­scalium a Sancta Elisabeth vel Ravarum.

Ab innumeris iis defletus quos beneficiis affecerat, caritatis apostolus Neapoli obiit, die scilicet XXX mensis Martii anno MDCCCLXXXV.

Societati a Deo seiunctae et ab Evangelio aversae, Venerabilis P. Ludovicus a Casaurea miraculum credibile reddiderat amoris qui spem felicioris vitae certam reddit. Miraculum quoddam fuit ipse suis aequalibus, «Dei homo – quemadmodum Beatus Bartolus Longo scripsit – qui in mente sua Franciscum Asisiensem effingebat et in corde Vincentium de Paul».

Ludovicus a Casaurea exemplar est ad nostram aetatem accom­modatum «contentionibus et discordiis laceratam» (Messale Romano, Preghiera eucaristica della Riconciliazione II, Prefazio), et Ecclesiae quae eundem respicit veluti laetum pacis reconciliationisque nuntium, qui vi actuosae suae caritatis, nos ad germanas ecclesiales commu­nitates aedificandas compellit, in quibus caritas floreat in laetitia et in spei certis definitisque signis.

Tanta fuit sanctitatis fama qua Dei Servus afficiebatur, ut eius canonizationis Causa, eodem anno quo mortuus est agi coepta sit, apud curiam Neapolitanam. His expletis quae ius praecipiebat, die XIII mensis Februarii anno MCMLXIV Summus Pontifex Paulus VI Ludo­vicum a Casaurea heroum in modum exercuisse virtutes theologales, cardinales et iisdem coniunctas declaravit. Felici deinde exitu mira coniecta sanatio pervestigata est, quae accidit Salerni anno MDCCCLXXXV. Nobis coram die XI mensis Iulii anno MCMXCII, super miro decretum prodiit. Deinde decrevimus ut ritus beatificationis Romae celebraretur die XVIII mensis Aprilis sequentis anni.

Hodie igitur inter sacra hanc diximus formulam: «Nos, vota Fratrum nostrorum Michaëlis Giordano, Archiepiscopi Neapolitani, Richardi Mariae Carles Gordó, Archiepiscopi Barcinonensis et Francisci Macharski, Archiepiscopi Cracoviensis necnon plurimorum aliorum Fratrum in episcopatu, multorumque christifidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, Auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Venerabiles Servi Dei Ludovicus a Casaurea, Paula Montal Fornés a Sancto Iosepho Calasanctio, Maria Angela Truszkowska et Faustina Kowalska, Beatorum nomine in posterum appellentur eorumque festum die ipsorum natali: Ludovici a Casaurea die trigesimo mensis Martii; Paulae Montal Fornés a Sancto Iosepho Calasanctio die vicesimo sexto mensis Februarii; Mariae Angelae Truszkowska die decimo mensis Octobris et Faustinae Kowalska die quinto mensis Octobris in locis et modis iure statutis, quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti». Quod autem  decrevimus, volumus et nunc et in posterum tempus vim habere, contrariis rebus minime officientibus quibuslibet.

Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die XVIII mensis Aprilis anno MCMXCIII, Pontificatus Nostri quinto decimo.

 

 

+ Angelus Card. Sodano

Secretarius  Status

 

Loco + Sigilli

In Secret. Status tab., n. 328.504