Luigi Gonzaga

Luigi Gonzaga

(1568-1591)

Beatificazione:

- 19 ottobre 1605

- Papa  Paolo V

Canonizzazione:

- 31 dicembre 1726

- Papa  Benedetto XIII

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 21 giugno

Religioso, che, nato da stirpe di principi e a tutti noto per la sua purezza, lasciato al fratello il principato avuto, si unì a Roma alla Compagnia di Gesù, ma, logorato nel fisico dall’assistenza da lui data agli appestati, andò ancora giovane incontro alla morte.

Patrono della gioventù cattolica

  • Biografia
  • LETTERA APOSTOLICA PIO XI
  • Preghiera Giovanni Paolo II
“Cerco la salvezza, cercatela anche voi!”

 

Luigi Gonzaga nasce il 9 marzo 1568 a Castiglione delle Stiviere, nella provincia di Mantova, da dove origina il suo casato, e come per ogni primogenito di nobile lignaggio la sua vita è già decisa. Così almeno crede suo padre, il marchese Ferrante, che lo tira su tra archibugi e armature, mentre la madre lo alleva con testimonianze di fede e preghiere.

Così Luigi descriverà, poi, la sua vocazione, maturata molto precocemente. Se a 5 anni, infatti, gioca a fare la guerra, a 7 già s’inginocchia più volte al giorno per recitare i salmi penitenziali; a 10 si consacra definitivamente a Maria, come lei si era consacrata a Dio.

A 12 finalmente riceve la Prima Comunione dalle mani di San Carlo Borromeo, in visita pastorale da quelle parti. Confida presto le sue intenzioni alla madre, ma il padre si oppone a questa scelta con tutte le sue forze. Anche il parentado lo prende in giro, ma lui si difende dicendo: “Cerco la salvezza, cercatela anche voi!”.

Viene inviato alle corti italiche da suo padre che spera così di distrarlo, magari che si innamori ma ottiene soltanto il risultato di renderlo sempre più fermo nella sua decisione di entrare nella Compagnia di Gesù. Così, nel 1585, firma la sua rinuncia a titoli ed eredità a vantaggio del fratello minore Rodolfo e parte alla volta di Roma. Ha solo 17 anni.

Tra i gesuiti, Luigi si distingue per il fervore nella fede e l’abitudine alla penitenza e all’autocontrollo. I suoi superiori si rendono conto subito di avere tra le mani un vero gioiello spirituale, tanto che dopo la sua morte il Superiore Generale, diretto successore di Sant’Ignazio di Loyola, dirà di aver creduto che Luigi si sarebbe salvato dalla malattia, convinto che il Signore lo volesse in futuro come guida della Compagnia di Gesù. Tra i gesuiti passa in realtà solo pochi anni, studia teologia ma non fa in tempo a prendere i voti.

Mentre Luigi è a Roma, sulla città si abbattono diversi drammi, uno dopo l’altro: prima la siccità, poi la carestia, infine un’epidemia di peste. Fedele al motto “Come gli altri”, cioè dimentico delle proprie origini nobili come dei privilegi derivanti dal suo stato di salute, Luigi va tra gli “appestati” per curarli e soccorrerli, al fianco di San Camilo De Lellis.

“Ti confiderò, o illustrissima signora, che meditando le bontà divine, mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce. Non riesco a capacitarmi come il Signore guarda alla mia piccola e breve fatica e mi premi con il riposo eterno e dal cielo mi inviti a quella felicità che io fino ad ora ho cercato con negligenza e offra a me, che assai poche lacrime ho sparso per esso, quel tesoro che è il coronamento di grandi fatiche e pianto”. (Dall’ultima lettera alla madre, 10 giugno 1591)

 

Un giorno, scorge un malato abbandonato in strada, in punto di morte: lo prende sulle spalle e lo porta all’ospedale della Consolata. È così che probabilmente si contagia e pochi giorni dopo muore tra le braccia dei suoi confratelli, a soli 23 anni.

Viene canonizzato nel 1726 da Benedetto XIII che tre anni dopo lo proclama protettore degli studenti; Pio XI lo designa patrono della gioventù cattolica, nel 1926 e Giovanni Paolo II lo consacra patrono dei malati di aids nel 1991.

LETTERA APOSTOLICA
CON LA QUALE IL SANTO PADRE
PIO XI
CONFERMA LUIGI GONZAGA
PATRONO DELLA GIOVENTÙ CATTOLICA
 

«SINGULARE ILLUD»

 

 

Al reverendo Padre Wlodimiro Ledóchowski,
preposito generale della Compagnia di Gesù,
in occasione del secondo centenario
della canonizzazione di San Luigi Gonzaga. 

Diletto figlio, salute e Apostolica Benedizione.

Nella vita del divino Maestro spicca come nota caratteristica una predilezione tutta speciale per i giovani. Infatti, Egli invita e chiama a sé l’infanzia innocente [1]; con terribili parole ne riprende i corruttori e con gravissime pene li minaccia [2], mentre al giovane intemerato propone quale premio ed invito l’ideale completo e perfetto della santità [3].

La Chiesa — avendo attinto questo stesso spirito dal suo Fondatore — quale erede della sua divina missione e della sua opera fin dagli inizi del cristianesimo si mostrò impegnata ed accesa del medesimo amore verso i giovani. Pertanto, avendo preso a cuore la protezione dell’infanzia, si preoccupò di tutelarne la salute fisica e morale; per consentire ai suoi giovani figli di formarsi nei primi elementi letterari e di passare poi alle più alte discipline, aperse delle scuole elementari e delle università; a questo fine, non solo approvò Ordini e Congregazioni religiose, ma promosse la fondazione di università, collegi, pubbliche scuole e sodalizi destinati ai giovani. In tutti i tempi la Chiesa ha rivendicato a sé, come proprio e inviolabile diritto, l’educazione della gioventù, non potendo essa mancare di fare conoscere a tutta la società umana a lei affidata, che essa è l’unica depositaria della genuina morale: essa l’unica e infallibile maestra dell’arte difficilissima di formare cristianamente il vero carattere dell’uomo. Al presente Noi Ci rallegriamo vivamente nel vedere ovunque tantissimi giovani d’ambo i sessi e di ogni condizione sociale stringersi pieni d’entusiasmo ai loro sacerdoti e ai loro Pastori, desiderosi di perfezionarsi sia su ogni punto della dottrina e della vita cristiana, ma anche di aiutare la Chiesa con la loro attività nell’opera che essa svolge per il miglioramento e la salvezza dell’umanità.

Ripensando alle numerose schiere di giovani che nello scorso anno santo vennero a Noi da ogni parte, si rinnovano quei soavi sentimenti di letizia che allora provammo al pensiero che con tali legioni giovanili organizzate in tutte le nazioni si potesse un giorno formare un forte esercito pacifico che la Sede Apostolica avrebbe utilizzato nella riforma del mondo che precipita verso la decadenza. Nel Nostro cuore aumenta ancora maggiormente l’amore verso la gioventù allorché vediamo le molteplici esecrande insidie che si tendono alla sua fede e alla sua innocenza; ne deriva che troppo spesso, in tale asprezza di lotta spirituale, s’indeboliscono ed anche si spengono le forze dell’età e della virtù in tanti giovani che avrebbero potuto rendere eminenti servizi alla Chiesa e alla società.

Pertanto il secondo centenario della canonizzazione di Luigi Gonzaga, che si compirà nel prossimo 31 dicembre, reca con sé tali vantaggi per il profitto spirituale della gioventù che, mentre indirizziamo a te, diletto figlio, la Nostra parola, Ci sentiamo spinti a rivolgere il pensiero e il Nostro discorso a tutti i giovani figli Nostri che in ogni parte del mondo rappresentano la speranza del regno di Gesù Cristo. Infatti, come i giovani debbono ricorrere a questo valido potente Patrono celeste nelle prove e nei pericoli della loro vita, così debbono seguirlo quale modello ideale di tutte le virtù. Se essi ne studieranno a fondo la vita, comprenderanno chiaramente quali sono le vie da percorrere per giungere alla perfezione cristiana e quali preziosi frutti di virtù potranno raccogliere seguendo le orme di Luigi. Infatti, se contempleranno Luigi nella sua vera luce e quale egli è veramente — ben diverso dal ritratto ingannevole come l’hanno deformato i nemici della Chiesa o anche scrittori poco prudenti — come non potranno trovare in lui un esempio ammirabile delle virtù giovanili, anche dopo tanti modelli di santità fioriti di recente nella Chiesa? Effettivamente, scorrendo la storia ecclesiastica, è facile riscontrare che i giovani e gli uomini che dopo la morte del Gonzaga, fino ai giorni nostri, sotto l’azione dello Spirito divino sono risultati più degni d’ammirazione per l’innocenza della loro vita, hanno in gran parte modellato il loro comportamento alla sua scuola. Fra essi, per essere brevi, Ci piace ricordare semplicemente Giovanni Berchmans il quale, alunno del Collegio Romano, non aveva proposto a se stesso che di emulare Luigi; Nunzio Sulprizio, giovane operaio che dall’infanzia fino alla morte imitò il santo di Castiglione; Contardo Ferrini, il quale, giustamente chiamato dai suoi coetanei il nuovo Luigi, aveva nutrito per il Santo una tenerissima devozione e lo aveva preso quale modello e guida della propria castità; Bartolomea Capitanio che, in vita e in morte, copiò religiosamente il Gonzaga e che sembra compartecipe della sua gloria essendo stata elevata all’onore dei beati in questo anno centenario di Luigi. Né chiunque oserebbe affermare che Luigi non abbia influito in modo rilevante nel mutamento interiore e nella elevazione di Gabriele dell’Addolorata il quale, benché ancora adolescente si mostrasse alquanto leggero e incostante, tuttavia non smise mai di chiedere l’aiuto del Gonzaga, che egli aveva imparato a venerare quale Patrono della gioventù. E per citare uno tra i più recenti educatori e maestri della gioventù, Giovanni Bosco non solo fu teneramente devoto di Luigi, ma tale devozione, che egli lasciò in eredità ai suoi figli, soleva vivamente inculcare a tutti i fanciulli che egli prendeva sotto il suo magistero educativo; e tra essi s’innalzò sopra tutti, quale imitatore di Luigi, l’anima candidissima di Domenico Savio, che per sì breve tempo Dio concesse e lasciò all’ammirazione degli uomini sulla terra.

Certamente non mancò la decisione misteriosa della divina provvidenza nel fatto che Luigi, nel fiore dell’età, sia stato rapito quando le sue eminenti doti di mente e di cuore, una ferma e inesauribile volontà, una prudenza singolare e quasi divina, unitamente allo zelo per la religione e per le anime promettevano e facevano sperare da lui i frutti di un fecondissimo apostolato. Infatti Dio volle che gli adolescenti imparassero da questo santo giovane — fiore amabile ed imitabile della loro stessa età — quale era il particolare e principale dovere della loro generazione, cioè prepararsi ai problemi della vita praticando e coltivando saldamente le virtù cristiane. Infatti, coloro che sono privi e non si avvalgono di quelle virtù interiori che in Luigi hanno brillato meravigliosamente, non possiamo ritenerli sufficientemente idonei ed armati contro i pericoli e le lotte della vita, e capaci di esercitare l’apostolato, ma piuttosto, simili « ad un bronzo che risuona o ad un cembalo che tintinna » [4], o non gioveranno a nulla o forse nuoceranno a quella stessa causa che pretendono di sostenere e difendere, come notoriamente è avvenuto, e non una sola volta, nel passato. Chi non vede quindi quanto cadano opportune in questi tempi le celebrazioni centenarie del Gonzaga, il quale, con l’esempio della propria vita, fa comprendere ai giovani, propensi per indole alle cose esteriori e prontissimi a gettarsi nel campo dell’azione, che prima di pensare agli altri ed all’azione cattolica debbono innanzi tutto perfezionare se stessi nello studio e nella pratica della virtù?

In primo luogo il Gonzaga insegna ai giovani che la sostanza dell’educazione cristiana ha per fondamento lo spirito di viva fede, dalla quale gli uomini, rischiarati come « da lucerna che splende in luogo caliginoso » [5], vengano a conoscere pienamente la natura e l’importanza della vita mortale. Pertanto Luigi, essendosi prefisso di disporre la vita sua a norma di ragioni non « temporali » ma « eterne » — dalle quali che si diparta non può più essere o dirsi uomo spirituale — siffatte ragioni attinte dalla divina rivelazione fu solito considerare e meditare lungamente e profondamente nella solitudine degli Esercizi spirituali, in cui, uscito appena di fanciullo e poi iscritto alla Compagnia di Gesù, di tanto in tanto egli si raccoglieva con sommo frutto e godimento dell’anima. Per la verità, riteniamo assolutamente necessario che i nostri giovani, seguendo l’esempio del Gonzaga, imprimano bene nell’animo questa verità, che cioè la vita umana non si deve tanto rimpicciolire da far sì che si restringa tutta nella ricerca e nel godimento dei beni caduchi, come accade non raramente per i giovani, ma al contrario essa debba essere considerata da noi come un veicolo con il quale, servendo solo a Cristo, tendiamo alla eterna beatitudine. E facilmente i nostri adoloscenti conquisteranno questo giusto concetto della vita se, imitando il celeste Patrono, si allontaneranno talvolta dal tumulto delle cose umane e si applicheranno per alcuni giorni agli Esercizi spirituali che, come testimonia una lunga esperienza, sono nati per conquistare salutarmente e stabilmente gli animi teneri e docili dei giovani.

Luigi, come dicemmo, rischiarato dalla luce delle eterne verità, avendo fatto proposito di non lasciar nulla d’intentato pur di condurre una vita innocentissima, perseverò con tale costanza nel proposito, che dal primo uso di ragione fino all’ultimo respiro si conservò immune da ogni macchia di peccato grave; e in particolare conservò così gelosamente il fiore della sua purezza, immune da qualsiasi minimo neo, da meritare che i compagni gli dessero il nome di angelo — quello stesso nome con il quale il popolo cristiano da allora lo ha sempre chiamato — e che il Beato Roberto Bellarmino, che del Santo adolescente fu espertissimo direttore spirituale, lo considerasse garantito nella grazia. Né Luigi raggiunse tale perfezione e pienezza di virtù perché, grazie ad un favore eccezionale di Dio, fu esente da quelle lotte interne ed esterne che assai spesso ci tocca sostenere contro la natura decaduta dalla giustizia originale. Perché, se per un privilegio certamente singolare egli non fu mai tormentato da stimoli libidinosi, tuttavia, in ragione dei suoi alti destini, non fu completamente insensibile ai fremiti della collera ed alle lusinghe della vanagloria. E tali propensioni della natura non solo frenò con indomita volontà, ma tenne assolutamente sottomesse al potere della ragione. Poiché, tuttavia, non ignorava la naturale debolezza delle forze umane e soprattutto diffidava di se stesso, cercò di assicurarsi l’aiuto di Dio pregando giorno e notte, per molte ore ininterrotte, e per ottenere la clemenza divina ricorreva al patrocinio della Vergine Madre di Dio, della quale era uno dei più assidui devoti. Sapendo poi che nella santissima Eucaristia sono la sorgente e il sostegno di tutta la vita spirituale, era solito accostarsi alla mensa divina ogni volta che, in quel tempo, era consentito, per ricavarne ed attingerne forze sempre più fresche. Pur custodire illibata l’innocenza della vita e la castità dei costumi — la cooperazione umana non deve mai disgiungersi dalla grazia divina — al devotissimo culto dell’Augusto Sacramento e della Madre di Dio egli unì la fuga dalle cose mondane e tale castigatezza di sensi che gli altri uomini possono in gran parte ammirare ma non eguagliare. Infatti, è cosa mirabile ed appena credibile che, fra tanta corruttela di costumi, il Gonzaga per il candore dell’anima gareggiasse con gli spiriti celesti; fra tanta ricerca dei piaceri, il giovane si segnalasse per una singolare astinenza e per austerità ed asprezza di vita; fra tanta cupidigia di onori, Luigi li disprezzasse talmente e li sdegnasse, da abdicare molto volentieri al principato che gli spettava per diritto ereditario, e chiedesse di essere accolto in quella famiglia religiosa nella quale, per voto speciale è precluso l’adito anche alle dignità sacre; infine, fra tanto smoderato culto dell’antica civiltà greca e romana, Luigi fu così assiduo nello studio e nella pratica delle cose celesti, che per un particolare dono di Dio e per un singolarissimo impegno proprio viveva con l’anima tutta intesa a Dio, sì che nel contemplare non pativa distrazioni.

Queste, certamente, sono altezze di santità straordinaria, e quasi inaccessibili agli stessi uomini di consumata virtù; ma ciò deve servire di ammaestramento ai nostri giovani e far loro intendere quali mezzi debbono usare per serbare incolumi quelli che sono il decoro e l’ornamento più bello della gioventù, cioè l’ innocenza dei costumi e la castità. In proposito non ignoriamo che alcuni educatori della gioventù, spaventati dall’attuale depravazione dei costumi per la quale tanti giovani precipitano nell’estrema rovina, con incredibile detrimento delle anime, allo scopo di tener lontano dal civile consorzio un così grave e disastroso danno, si sono impegnati ad escogitare nuovi sistemi educativi. Ma Noi vorremmo che costoro intendessero bene come nessun utile recheranno alla comunità qualora trascurassero quelle arti e quelle discipline che, attinte dalla fonte della cristiana sapienza e provate dall’uso di molti secoli, Luigi stesso sperimentò efficacissime in sé: la fede viva, la fuga dalle seduzioni, il governo e il freno dell’animo, un’operosa devozione verso Dio e la Beata Vergine, infine la vita quanto più spesso confortata e rinvigorita dal celeste banchetto.

Se i giovani guarderanno con animo attento il Gonzaga quale perfetto modello di castità e di santità, non solo impareranno a reprimere le passioni, ma eviteranno anche il pericolo nel quale cadrebbero qualora, imbevuti dei dettami di una certa scienza che disprezza la dottrina di Cristo e della Chiesa, si lasciassero traviare da un’intemperante brama di libertà, dall’orgoglio della mente e dall’indipendenza della volontà. Luigi, al contrario, pur sapendosi erede dell’avito principato, si lasciò guidare docilmente da coloro che gli furono maestri negli studi e nella pietà, e più tardi, fattosi religioso della Compagnia di Gesù, si sottopose con tanta perfezione agli ordini ed ai consigli dei superiori da non allontanarsi nemmeno di un’unghia da ciò che viene prescritto dall’Istituto. A nessuno sfuggirà quanto siffatto comportamento contrasti con la condotta di quei giovani che, ingannati da una certa apparenza di bene e insofferenti di qualsiasi freno, non tengono in alcun conto gli ammonimenti dei vecchi. Pertanto, coloro che vogliono militare sotto le insegne di Cristo debbono avere la certezza che, volendo scuotere da sé il giogo della disciplina, in luogo di raccogliere trionfi, non faranno che riportare sconfitte ignobili; dato che la natura stessa richiede, per divina disposizione, che i giovani non possano realizzare alcun vero profitto, sia nella vita intellettuale e morale, sia nell’informare la propria condotta allo spirito cristiano, se non sotto l’altrui magistero. Se tutto questo riguarda le altre discipline, una maggiore docilità d’animo è certamente richiesta per quanto si riferisce ai settori dell’azione e dell’apostolato: tali uffici, che rientrano nel mandato affidato da Cristo alla Chiesa, non potranno essere esercitati santamente ed utilmente se non compiuti con animo devoto verso coloro che lo Spirito Santo « ha posto quali vescovi a reggere la Chiesa di Dio » [6]. Come già nel paradiso terrestre, Satana, promettendo ai progenitori del genere umano incredibili vantaggi quale premio della disobbedienza inducendoli a ribellarsi a Dio, così ai giorni nostri, con il pretesto della libertà egli corrompe e trae in rovina tanti giovani gonfi di vuota superbia, mentre la loro dignità è riposta nell’obbedienza dovuta alla legittima autorità. In verità, Luigi, che per la sua insigne prudenza era circondato da tanta ammirazione presso i suoi che fondavano nel suo futuro principato le più liete speranze, e dai suoi correligionari che lo consideravano futuro generale dell’Ordine, egli sentiva soltanto disistima di sé e ubbidiva a tutti coloro che gli erano preposti in nome del suo eterno Signore e Re, con umilissima e ad un tempo stesso dignitosa sottomissione.

Da una condotta di vita tanto santa e illuminata dalla luce e dai dettami della fede, Luigi raccolse i più soavi e preziosi frutti: in lui i doni di natura e di grazia si integravano in così perfetta armonia da rappresentare un esemplare modello della gioventù. Infatti non è forse vero che, per eccellenza d’ingegno, per maturità di giudizio, per nobiltà e forza di sentimento, per dolcezza e soavità di tratto egli rappresenta un modello ideale? Della elevatezza e perspicacia della sua intelligenza, libera dalle nebbie che sorgono dalle passioni malsane, sempre dedito alla contemplazione e alla ricerca del vero e del retto, fanno testimonianza il corso degli studi da lui compiuti, e le pubbliche dispute filosofiche sostenute con universale approvazione e plauso, ed anche gli scritti — specialmente le lettere — che quantunque non siano molti, tenuto conto della sua giovane età, si raccomandano per la sapiente conoscenza e valutazione delle cose. La rettitudine e l’acutezza del suo giudizio si sono manifestate luminosamente in difficili affari affidatigli dal padre e da lui trattati con prudenza e condotti a felice termine; fra gli altri in quello non meno arduo per cui, dopo la morte del padre, riuscì a riconciliare il proprio fratello prìncipe col Duca di Mantova, eliminando rivalità e odii. Del suo nobile cuore e della sua affabilità facevano poi unanimi ed amplissime lodi tutti coloro che ebbero rapporti con lui, sia nella vita comune sia negli splendori della reggia, concittadini e domestici, prìncipi e cortigiani, e soprattutto superiori e fratelli della Compagnia, ove suscitò presso tutti una generale ammirazione. D’altra parte, sappiamo come splendevano in Luigi in modo particolare la fermezza del carattere e la costanza della volontà.

Il piccolo erede del principato di Castiglione, essendosi proposto fin dalla più tenera età di giungere alla santità, a tale impegno rimase fedele fino alla morte, in modo che l’ascensione spirituale, che principiò in lui con l’uso della ragione, non conobbe poi né sosta né regresso. È dunque possibile proporre ai giovani — specialmente a coloro che studiano — un modello più opportuno e più adatto da imitare? Essi, infatti, non solo hanno bisogno di arricchire la mente e il cuore di una sana e solida cultura, ma devono anche possedere un criterio saggio, sereno, equilibrato per giudicare e valutare rettamente gli uomini e gli eventi, senza lasciarsi traviare né da false illusioni, né da sconvolgenti o snervanti passioni, né dalla pubblica opinione; devono affermarsi per bontà e dolcezza, al fine di mantenere e promuovere la concordia in seno alla famiglia e alla società civile; con volontà ferma e costante potranno indirizzare se stessi e gli altri lungo la via del bene.

In Luigi non mancarono neppure una mirabile attività e un fervido impegno a vantaggio degli altri, cioè quell’apostolato verso il quale per l’età e il temperamento i giovani si sentono portati. Infatti, quantunque la contemplazione delle cose celesti e il familiare colloquio con Dio fossero l’occupazione principale e più assidua del Gonzaga, tanto che la sua vita poteva esattamente essere definita « nascosta con Cristo in Dio » [7], tuttavia dal suo cuore prorompevano sin d’allora scintille di ardore apostolico, che in certo modo preannunziavano le vampe dell’incendio che ne doveva seguire. Così, appena uscito dalla puerizia, lo vediamo edificare con l’esempio e con sante conversazioni tutti coloro con i quali s’intratteneva, infiammandoli alla virtù in tutte le occasioni; e poi con l’avanzare negli anni, eccolo attratto da maggiori ideali, cioè aspirare alle più alte ed ardue imprese per la salute delle anime, e vagheggiare di darsi alle missioni apostoliche fra gli eretici e fra i pagani. Così Roma ammirò Luigi, alunno del Collegio Romano, percorrere le piazze, le vie, i vicoli della città, insegnando gli elementi della dottrina cristiana ai fanciulli e ai poveri; Roma fu testimone dell’eroica carità con la quale egli, fra l’imperversare della peste, si dedicò al servizio degli infetti, contraendo il contagio di quel morbo che, dopo pochi mesi, giovane appena di 24 anni, doveva condurlo al sepolcro. E anche qui si apre ai nostri giovani un vastissimo campo nel quale potrebbero operare largamente sull’esempio di Luigi, cioè imitarlo e seguirlo sulla retta via, nell’apostolato dei buoni discorsi, nell’amore e nello zelo per le sacre Missioni, nell’insegnamento della dottrina cristiana, nell’esercizio delle forme più svariate di carità. Basterebbe che si dedicassero a queste iniziative le schiere della gioventù cattolica, perché la forma dell’apostolato di Luigi ritornasse in fiore, opportunamente adattato ai bisogni presenti: quell’apostolato Aloisiano, diciamo, che, lungi dall’essere venuto meno con la morte del Gonzaga, continua ancora salutarmente dal cielo.

Infatti, dalla beata sede celeste, dove la vergine carmelitana Maddalena dei Pazzi lo contemplò estatica e lo vide gloriosamente regnare, assiso fra i Santi dove il Nostro Predecessore Benedetto XIII di felice memoria lo aveva iscritto con solenne decreto duecento anni fa, Luigi non ha mai cessato di far scendere i suoi benefìci sopra tutti i suoi devoti, ma particolarmente sui giovani. Così si spiega come tantissimi sodalizi si onorano del nome di Luigi e si gloriano del suo patrocinio; tantissimi giovani di ambo i sessi, seguendo il suo esempio, associano meravigliosamente le spine della penitenza ai gigli della purezza; fra Luigi e la gioventù cristiana sembra sorta una specie di emulazione fra lui che dona largamente i suoi beni celesti agli adolescenti e questi che lo invocano quale celeste Patrono. Nessuna meraviglia, pertanto, se i Pontefici Romani hanno scelto Luigi quale modello e protettore dei giovani.

Conseguentemente, ricordando tutto quanto precede, anche Noi che collochiamo al primo posto la perfetta educazione e la salvezza dei giovani, specialmente in una stagione come l’attuale che li vede esposti ai più gravi pericoli, sia per testimoniare la riconoscenza per i benefìci già ottenuti, sia per ottenere da Luigi benefìci ancora più abbondanti, seguendo l’esempio di quanto stabilito dai Nostri Predecessori, in particolare da Benedetto XIII e da Leone XIII, solennemente confermiamo e, ove occorra, con l’autorità Nostra Apostolica dichiariamo San Luigi Gonzaga celeste Patrono di tutta la gioventù cristiana. E mentre affidiamo questo elettissimo settore della famiglia cattolica alla tutela e alla custodia di Luigi, affinché prosperi e diventi sempre più fiorente ed esemplare nell’aperta e pronta professione della fede cristiana e nella purezza dei costumi, esortiamo ardentemente la gioventù e con paterno affetto la scongiuriamo a tenere sempre presente Luigi come modello e a non cessare mai di onorarlo e d’invocarlo, anche con quei devoti esercizi — come la pia pratica delle sei domeniche — che dopo una lunga esperienza hanno attestato molti e non piccoli frutti.

Intanto Ci rallegriamo sommamente per il fatto che il Comitato preposto ai solenni festeggiamenti centenari sotto la vigilantissima direzione del Nostro Cardinale Vicario, abbia suggerito ai giovani che, premesso qualche ritiro spirituale, stringano il patto di condurre una vita cristianamente integra e pura, e lo registrino in apposite schede, sottoscrivendolo di proprio pugno e confermandolo quasi per giuramento; tali schede, raccolte poi tutte insieme e legate in volume, verranno portate qui dai delegati della gioventù del mondo cattolico; dopo che il Romano Pontefice le avrà come approvate, verranno deposte quale documento di pietà e di memoria nel tempio Ludovisiano dove riposano le venerabili ossa di Luigi. Né potrebbe immaginarsi cosa più adatta a infervorare l’animo generoso dei giovani; così la celebrazione di questa festa giubilare, che mira a rinnovare lo spirito della gioventù di tutto il mondo, non andrà certamente priva di effetto. Tutti coloro che fanno parte della imponente famiglia della gioventù cattolica che verranno in questa Alma Città nel periodo fissato per i festeggiamenti, come già abbiamo detto saranno da Noi ricevuti e da Noi intrattenuti quali garanti di cose molto importanti ed utili; Noi stessi li accompagneremo col pensiero e col cuore al sepolcro di Luigi, invocando che tutti i Nostri figli esperimentino ogni giorno sempre più efficace la tutela del loro celeste Patrono.

Poiché, in verità, nello stesso giorno, unitamente a Luigi fu ammesso al novero dei Santi anche Stanislao Kosta, che era vissuto nella Compagnia di Gesù e poco prima era volato alle sedi celesti, è opportuno che i nostri giovani, in questa fausta ricorrenza rivolgano pure lo sguardo al serafico giovanetto Polacco, a cui il Signore « con uno dei prodigi della sua sapienza » concesse « la grazia di raggiungere in una età ancor tenera una matura santità ». Nato anch’egli da famiglia nobile, dotato a sua volta di animo forte e sublime, fu un fiore di angelica purezza, proteso alla perfezione; oppose una energica e costante resistenza al fratello dedito a vita mondana e dissipata; vinse le continue insidie di una famiglia eretica, della quale era ospite, e dei suoi compagni dediti alle dissipazioni e alle intemperanze; consolato e fortificato dal pane Eucaristico, somministratogli più di una volta dagli angeli, compì lunghi viaggi a piedi allo scopo di obbedire a Dio che lo chiamava a compiti più alti, e alla Madre di Dio che lo spronava ad entrare nella Compagnia di Gesù; venne infine a questa Alma Città, ma quasi di passaggio, per salire poco dopo alla eterna Gerusalemme, a soli diciotto anni, ancora novizio, animato dalla fiamma interna della carità, il più giovane dei Santi confessori. Si ritiene che Dio abbia voluto premiare in modo particolare il coraggio e la costanza di Stanislao illuminando con lo splendore della gloria l’innocentissimo adolescente, affinché con il proprio patrocinio offrisse un’inespugnabile difesa alla sua nazione, anzi a tutta la cristianità, contro il più grave pericolo di quei tempi, cioè le incursioni dei Turchi. Che egli abbia soccorso così miracolosamente la sua patria in pericolo era tanto noto, che il celebre Cesare cristiano, Giovanni Sobieski, colui che liberò Vienna dal terribile assedio, dichiarava esplicitamente che le sue vittorie non erano tanto dovute alle sue armi quanto al patrocinio di Stanislao.

Voglia Iddio che questi due Santi con le loro suppliche associate ottengano che la nostra gioventù, imitando l’uno e l’altro, proceda sempre più ardentemente e sollecitamente, e raggiunga la sola ed autentica gloria dei cristiani, cioè il bellissimo ornamento della castità e della santità.

Frattanto, come auspicio dei doni celesti e quale testimonianza del Nostro paterno affetto, a te, diletto figlio, a tutti i religiosi della Compagnia di Gesù ed ai loro alunni, di gran cuore impartiamo l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 13 giugno 1926, anno quinto del Nostro Pontificato.

PIUS PP. XI

 

[1] Marc., X, 13-16.

[2] Matth., XVIII, 6.

[3] Marc., X, 21.

[4] I Cor., XIII, 1.

[5] II Petr., I,19.

[6] Act., XX, 28.

[7] Ad Coloss., III, 3.

VISITA PASTORALE A MANTOVA

PREGHIERA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
A SAN LUIGI GONZAGA

 Santuario di Castiglione delle Stiviere  - Sabato, 22 giugno 1991

 

1. San Luigi, povero in spirito,
a te con fiducia ci rivolgiamo,
benedicendo il Padre celeste,
perché in te ci hai offerto una prova eloquente
del suo amore misericordioso.
Umile e confidente adoratore
dei disegni del Cuore divino,
ti sei spogliato sin da adolescente
di ogni onore mondano
e di ogni terrena fortuna.
Hai rivestito il cilicio della perfetta castità,
hai percorso la strada dell’obbedienza,
ti sei fatto povero per servire Iddio,
tutto a Lui offrendo per amore.

2. Tu, “puro di cuore”,
rendici liberi da ogni mondana schiavitù.
Non permettere che i giovani
cadano vittime dell’odio e della violenza;
non lasciare che essi cedano alle lusinghe
di facili e fallaci miraggi edonistici.
Aiutali a liberarsi da ogni sentimento torbido,
difendili dall’egoismo che acceca,
salvali dal potere del Maligno.
Rendili testimoni della purezza del cuore.

3. Tu, eroico apostolo della carità,
ottienici il dono della divina misericordia,
che smuova i cuori induriti dall’egoismo
e tenga desto in ciascuno l’anelito verso la santità.
Fa’ che anche l’odierna generazione
abbia il coraggio di andare contro corrente,
quando si tratta di spendere la vita,
per costruire il Regno di Cristo.
Sappia anch’essa condividere
la tua stessa passione per l’uomo,
riconoscendo in lui, chiunque egli sia,
la divina presenza di Cristo.

4. Con te invochiamo Maria,
la Madre del Redentore.
A Lei affidiamo l’anima e il corpo,
ogni miseria e angustia,
la vita e la morte,
perché tutto in noi,
come avvenne in te,
si compia a gloria di Dio,
che vive e regna
per tutti i secoli dei secoli.
Amen!