Luigi Maria Palazzolo

Luigi Maria Palazzolo

(1827 - 1886)

Beatificazione:

- 19 marzo 1963

- Papa  Giovanni XXIII

Canonizzazione:

- 15 maggio 2022

- Papa  Francesco

-

Ricorrenza:

- 22 maggio

Sacerdote di Bergamo, fondò le Congregazioni delle Suore delle Poverelle e dei Fratelli della Sacra Famiglia

  • Biografia
  • Lettera Apostolica
  • Omelia di Beatificazione
«Mi si presentò alla mente che Gesù morì ignudo sulla croce, e perciò sentii desiderio di povertà, di abbandonare tutto»

 

VITA  E  OPERE

 

    San Luigi Maria Palazzolo nacque il 10 dicembre 1827 a Bergamo, nella vasta e popolosa parrocchia di S. Alessandro in Colonna, da Ottavio Palazzolo e Teresa Antoine. Ultimo di nove figli, che si estinsero uno dopo l’altro, trovò nella madre una saggia ed amorosa educatrice, coadiuvata anche da esperti e santi sacerdoti. Ancora adolescente, accompagnato da una persona di servizio attempata e prudente, tutte le settimane Luigi si recava all’ospedale e nelle case private a visitare i poveri infermi, recando loro il meglio del suo pranzo e della sua cena, qualche aiuto in denaro e qualche vivanda che poteva lecitamente prendere in casa.

    Erano queste le premesse di quanto egli avrebbe vissuto in una vita piena di carità e orientata verso la santità.

 

Dalla scuola elementare al sacerdozio

 

    Frequentò con lodevole profitto le scuole elementari e, non ancor compiuti i dodici anni, entrò nel ginnasio pubblico della città, nel quale si distinse per profitto negli studi, lodevole comportamento e profonde convinzioni religiose. Terminato il ginnasio, in qualità di alunno esterno nel 1844 iniziò lo studio della filosofia nel Seminario; nel 1846 passò allo studio della teologia, vestendo l’abito clericale e ricevendo la sacra tonsura. Conclusi gli studi, il 23 giugno 1850 fu ordinato sacerdote.

 

Tra i giovani dell’Oratorio, saggio educatore

 

    Il clero allora abbondava e, come la maggioranza dei sacerdoti appartenenti a famiglie agiate, che rimanevano a casa propria dedicandosi generosamente ad opere di bene, Don Luigi scelse di dedicarsi ai giovani nell’Oratorio della Foppa, avviato da poco nel centro più popoloso e povero della parrocchia. Ne divenne ben presto Direttore, ampliando gli spazi e le possibilità di gioco, anche con nuovi acquisti grazie a quanto possedeva in eredità. Brillante anima­tore dei divertimenti, zelante nell’educare alla virtù, ebbe attenzione e amore singolare per i giovani che manifestavano inclinazione allo stato ecclesiastico. Si accorse pure che alcuni di loro, come pure uomini già avanti negli anni, non avevano frequentato né scuola né catechismo; pensò quindi di istituire presso l’Oratorio una scuola, nella quale tutte le sere d’inverno operai e contadini poveri, adulti e giovani, che di giorno dovevano lavorare per procurarsi il necessario, potessero avere la necessaria istruzione.

 

 

Dedito anche alle giovani

 

    Sollecitato da Mons. Alessandro Valsecchi, suo Direttore spirituale, divenuto poi Vescovo, Don Luigi si dedicò in seguito anche alla cura spirituale delle giovani, accogliendo e seguendo la crescita della Pia Opera di S. Dorotea, promossa dai fratelli Conti Passi, per l’educazione della gioventù femminile.

    Essendo necessario un luogo per l’accoglienza, adibì una casetta di sua proprietà come sede per l’Oratorio femminile, che fu inaugurato e intitolato a S. Dorotea, a vantaggio delle ragazze. Una delle Maestre della Pia Opera, libere da impegni di famiglia, avrebbe dovuto stabilirvi la sua abitazione, per tenere aperta la casa, che sarebbe servita da luogo di incontro. La persona scelta allo scopo fu Teresa Gabrieli, eletta quell’anno 1869 a Vice-Superiora della Pia Opera. Era una giovane di umile condizione, ma istruita e maestra patentata di grado superiore, che teneva una scuola privata nella Parrocchia di S. Alessandro in Colonna. Sotto la saggia guida del suo Direttore spirituale, Don Antonio Alessandri, ella stava maturando l’idea di entrare in un Istituto religioso; Don Luigi vide in lei la persona destinata da Dio al suo scopo; ne parlò con l’Alessandri, che condivise e sostenne la sua idea.

 

La Famiglia delle Poverelle: inizi, sviluppo, Regole

 

    “La casa fu in breve arredata, in una grande povertà. La Gabrieli vi trasportò la sua roba e la sua scuola, e la sera del 21 maggio di quell’anno si recò ella stessa da Don Luigi, accompagnata dalle due giovani Nina Broletti e Marianna Serafini”[1]. Dopo aver vegliato, pregato e celebrato l’Eucarestia nella chiesa dell’Oratorio maschile, Teresa Gabrieli pronunziò i voti di povertà, castità ed obbedienza, di inviolabile attaccamento alla S. Sede ed ai sacri Pastori e di dedizione ai poveri, soprattutto alla gioventù. La stessa sera ella condusse nella nuova casa una ragazza, che da sei mesi il Palazzolo le aveva affidato: orfana, abbandonata, sciancata e coperta di piaghe.

    Pochi giorni dopo Don Luigi, recatosi a Roma su invito di Mons. Valsecchi, durante gli Esercizi spirituali nella Casa dei Padri Gesuiti a S. Eusebio, sentì forte il desiderio di radicale povertà: «Mi si presentò alla mente che Gesù morì ignudo sulla croce e però sentii desiderio di povertà e abbandonar tutto…». Ritornato a Bergamo, decise di vendere tutto, a favore dei suoi poveri.

    Nonostante alcune difficoltà soprattutto per la novità dell’Istituto e per le dicerie che lo circondavano, altre giovani si aggiunsero alla Gabrieli. Inizialmente si dedicarono in prevalenza all’accoglienza delle orfane, che crebbero rapidamente.

    Negli anni successivi le comunità delle Poverelle continuarono ad espandersi: nel 1875 furono inviate a Vicenza, nel 1876 furono aperte due comunità in Bergamo, nella Parrocchia del Carmine, e nella Parrocchia di Borgo Palazzo. Nello stesso anno, il 21 novem­bre, fu inaugurata una nuova casa in Brescia.

    Ad un periodo di sosta, durante il quale il Palazzolo cercò di consolidare le sue istituzioni, nel 1885 seguirono altre fondazioni.

    Si erano delineati nel frattempo lo scopo e lo spirito dell’isti­tuzione, e andavano formulandosi le Regole: Don Luigi nel 1885 le sottopose all’autorità diocesana di Bergamo; il 12 maggio 1886, quando era già ammalato, come altre frequenti volte durante la sua malattia venne a visitarlo il Vescovo Mons. Guindani, che gli portò le Regole, con il Decreto di approvazione, rivolgendogli parole piene di conforto e di benignità paterna.

 

I Fratelli della Sacra Famiglia, per gli orfani

 

    Nel frattempo Dio gli aveva proposto un’altra opera: un ricovero per orfani, figli di agricoltori, affidando loro la coltivazione dei terreni nella casa di villeggiatura ereditata dalla famiglia Antoine e situata a Torre Boldone, in una tenuta coltivata a mezzadria. Don Luigi li affidò alla cura di tre uomini, che li educassero, e poiché il loro numero andava crescendo, trovò in Battista Leidi, il buon servitore che aveva in casa sua dopo la morte della signora Antoine e che aveva chiesto di restare senza nessun salario, la persona capace di svolgere quel servizio, per amore di Dio. Questi accettò infatti l’incarico di porsi a capo di quella famiglia di orfani, dedicandosi all’opera come Religioso.

    Avviata quella comunità, Don Luigi le diede una Regola, attingendo a quella dell’Istituto dei Padri della Sacra Famiglia, fondati a Martinengo (BG) da Santa Paola Elisabetta Cerioli e attribuendo alla nuova istituzione lo stesso nome. Con Battista Leidi, che fu chiamato Padre, e sotto la sua direzione, vivevano in quella casa due altri Fratelli, che professavano la stessa Regola e si dedicavano alla custodia degli orfani. Per la pulizia della casa Don Luigi, con il consenso del suo Direttore, destinò alcune Suore delle Poverelle, considerando orfani e orfane, Fratelli e Suore come membri della stessa famiglia. Il 4 ottobre 1872 il Padre e i due Fratelli, accompa­gnati da Don Luigi si recarono a Martinengo, dove fecero la Professione religiosa nelle mani di Mons. Valsecchi.

    La Provvidenza provvide entro breve tempo, nel 1873, altre case nelle quali furono accolti e seguiti gli orfani: una nel Comune di Lallio e due nel Comune di Torre Boldone, in posizione salubre, vicine l’una all’altra, in mezzo a terre da coltivare.

 

Sofferenze degli ultimi mesi, morte e funerali

 

    Verso la fine del 1885 la salute del Palazzolo diventò sempre più precaria. Soffriva di una disfunzione cardiaca, cui si aggiunse la risipola, ancor più dolorosa, che invase tutto il corpo e lo ridusse ad una sola piaga.

    Si aggiungevano forti preoccupazioni per grossi debiti da pagare, scarso lavoro, viveri costosi, rare elemosine, ed una grande famiglia da mantenere. La malattia progrediva e a giugno gli fu amministrata l’Unzione dei malati: Don Luigi si spegneva all’una e venti del mattino 15 giugno 1886, all’età di cinquantotto anni.

    I funerali furono imponenti: un interminabile corteo verso la chiesa parrocchiale, chiusi molti negozi lungo la via, e tanti spettatori silenziosi e commossi, che pregavano e ad una voce chiamavano “santo” il defunto.

    La sua salma, tumulata nel Cimitero di San Giorgio, fu riesumata il 21 febbraio 1904 e l’urna contenente le spoglie del Palazzolo venne solennemente trasportata nella chiesa dell’Istituto.

    Mentre i Fratelli della Sacra Famiglia si estinsero nel 1922, le Suore delle Poverelle continuarono nel servizio ai più poveri, esten­dendosi dall’Italia e giungendo in Congo, Costa d’Avorio, Malawi, Burkina Faso, Kenya, Brasile e Perù.

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

a) In vista della beatificazione

 

    Segni eloquenti della fama di santità che circondava la figura di Don Luigi Palazzolo sono stati anche gli imponenti funerali e la traslazione della sua salma nella Casa Madre dell’Istituto.

    Nel dicembre 1912 le Suore delle Poverelle decisero di introdur­re la Causa di beatificazione e canonizzazione, che fu celebrata presso la Curia di Bergamo tra il 1913 ed il 1921.

    Gli anni successivi furono occupati nella stesura della Positio. Ad un Processiculus nella Curia Episcopale di Bergamo nel 1952, seguì la stesura della Positio suppletiva super Introductione Causae nel 1953.

    Il 20 novembre 1958 Giovanni XXIII firmò il Decreto per l’Introduzione della Causa, a cui seguì la celebrazione del Processo Apostolico nel 1959.

    In data 15 luglio 1962 venne pubblicato il Decreto sulle virtù eroiche.

    Il 7 marzo 1963 si pubblicò il Decreto con il quale furono appro­vati due miracoli attribuiti all’intercessione del Servo di Dio.

    Il 19 marzo 1963 Giovanni XXIII lo proclamò Beato.

 

 

b) In vista della canonizzazione

 

    Dal novembre 2015 una Suora delle Poverelle fu ricoverata per forti dolori addominali all’Ospedale di Alzano Lombardo. Dimessa a dicembre per volere dei parenti, fu trasportata a Torre Boldone in condizioni pre-agoniche. Era affetta da “malattia diverticolare del colon, perforazione intestinale con ascessualizzazione, sepsi, insuf­ficienza multiorgano, shock settico”.

    La mattina del 14 gennaio 2016 il medico curante ordinò la sospensione di ogni cura, con previsione di morte imminente.

    Intanto era cominciata l’invocazione del Beato Luigi Palazzolo da parte della stessa inferma, delle sorelle dell’inferma, della comunità religiosa di Torre Boldone e di altre consorelle, di parenti e di molti che erano venuti a conoscenza delle condizioni “disperate” della suora malata.

    Nella notte seguente avvenne la svolta della guarigione. L’infer­ma, chiamata dall’infermiera di turno, rispose chiaramente, bevve qualche sorso d’acqua e da quel momento si riprese in salute.

    L’Inchiesta diocesana fu istruita dall’ottobre 2017 al febbraio 2018: fu riconosciuta giuridicamente valida dalla Congregazione delle Cause dei Santi con Decreto del 20 aprile 2018.

    La Consulta Medica del Dicastero, nella riunione del 28 febbraio 2019, ha raggiunto all’unanimità un giudizio positivo circa l’inspiega­bilità della guarigione, definendola “improvvisa, completa e duratura, non spiegabile scientificamente”.

    Nel Congresso del 4 giugno 2019 i Consultori Teologi si sono espressi con voto affermativo ravvisando nella guarigione un vero miracolo avvenuto per intercessione del Beato Luigi Palazzolo.

    Nella Sessione Ordinaria del 29 ottobre 2019 i Padri Cardinali e Vescovi hanno ravvisato nella stessa guarigione un miracolo da attribuire alla efficace intercessione del Beato Luigi Palazzolo.

    Il Santo Padre Francesco, il 28 novembre 2019, approvate le conclusioni della Sessione Ordinaria, ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il relativo Decreto.

 

[1] Carlo Castelletti, Vita del Servo di Dio Don Luigi Palazzolo, 1ª Ediz. Bergamo 1894, 2ª Ediz. 1920, 3ª Ristampa integrale Piazzola sul Brenta (PD) 1996, p. 72.

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta beatificatione

 

IOANNES  PP.  XXIII

ad perpetuam rei memoriam

 

    Bergomum, urbs venusta situ, rerum gestarum memoria artisque operibus inclita, eo vel magis inclaruit, quod generosae subolis, sanctimonia praestantis, fuit mater et altrix. Quam enim Alexander aliique Martyres sanguine pro Christi fide effuso olim irrorarant et Sancti Episcopi, veluti Narnus, Viator, Ioannes, Gregorius Barbadicus, sapienti moderatione provexerant, eam, ut aliquot recenseamus, Beatae Teresia Eustochium Verzeri et Paula Elisabeth Cerioli cura iuventutis et caritatis officiis fecundarunt. Gratias vero Deo animo agimus submisso, quod Nobis singulari eius beneficio hodie datur his Bergomatis Ecclesiae luminibus novum quasi sidus annumerare universoque populo fideli proponere, Aloisium Mariam Palazzolo dicimus, sacerdotem, aemulum virtutis maiorum eorumque gloriae consortem. Cuius aetas iungitur Nostrae, siquidem, cum quinque annos nati essemus, ille piissimo exitu ad caelum evolavit. Meminimus ipsi – est autem haec suavissima e recordationibus, quae ad infantiae Nostrae spatium pertinent – nuntium mortis eius ipso vespere diei quintae decimae mensis Iunii anno millesimo octingentesimo octogesimo sexto, statim post egressum ex ecclesia, ubi Mariale Rosarium erat recitatum, Christifidelibus, quos inter eramus, allatum esse a parocho tunc Nostro Francisco Rebuzzini, viro insignì bonitate. Oh, quanto afficimur gaudio, cum eius hic referimus venerabile nomen! Is enim, qui Nos salutari baptismatis aqua lustravit ac disciplina et exemplo suo puerum induxit, ut celsam spectaremus sacerdotii metam, Famuli Dei in sacro seminario condiscipulus fuerat eique intimus quoad sacerdotalis vitae spiritualia incrementa, atque modeste coniunctus cum eo aliisque non paucis e clero dioecesano temporum illorum ad consectandum religionis ardorem ex eoque operandum et ad obeunda pastoralia munera. Cum praeterea, iuvenile aevum agentes, ad ecclesiastica munera Nos compararemus, quotannis una cum sociis sepulchrum praeclari huius viri consueveramus invisere, magis eius imploraturi auxilium quam preces pro eo fusuri; etenim fore persuasum omnibus erat, ut ossa ipsius quondam eo colerentur honore, qui Caelitum reliquiis tribui solet. E vitae quoque eius descriptione quot tunc hausimus invitamenta, quos Deus amore domus suae mature praevenerat! Lectissimus hic Ecclesiae alumnus natus est Bergomi die decima mensis Decembris anno millesimo octingentesimo vicesimo septimo, duodecimus isque postremus veluti flos honoratissimae familiae Octavii Palazzolo et Teresiae Antoine, qui rebus humanis affatim praediti, maximas tamen divitias existimabant virtutes domesticas. Postera die in paroeciali templo Sancti Alexandri in Columna renato fonte baptismatis inditum est nomen Aloisius Maria, quod eius vitae omen fuisse videtur, utpote integrae a saeculi corruptelis et uni Christo eiusque fratribus deditae. Cum ob adversam valetudinem horum coniugum proles immatura morte esset abrepta, Aloisius Maria, et ipse praegracilis et ad aegritudinem proclivis, multiplici curatione adhibita, servatus est, ut Ecclesiam pietatis suae operumque fulgore illustraret. Ut Sanctus Ioannes Bosco, ita et Famulus Dei matrem habuit primam ducem ad studium religionis ac postea nobilis laboris adiutricem. Cum decimum aetatis ageret annum, puer patre orbatus est, qui possessor praediorum fuit et librariam tabernam exercuit, videturque tum primum refectus esse epulo divino. Bergomi in ludo litterario et scholis secundi ordinis optime est institutus, ita ut primas facile tulerit; simul vero christiana sapientia excoluit animum, magistro usus Petro Sironi, sacerdote, qui hunc in Christo filium vehementer dilexit et viginti annos in semitis Dei terendis fructuose est moderatus. Cui viro eximio deinde adiunctus est in munere eodem obeundo Alexander Valsecchi, canonicus et postmodum auxiliaris Episcopus Antistitis sacrorum Bergomatis, qui quadraginta annos, ad suum obitum usque, Aloisio Mariae id praestitit, et priore vita functo, unus ei fuit consiliorum auctor et amicus certissimus. Ita Deus duos comites et custodes dedit Famulo suo, quorum ductu sanctitatis culmen ascenderet. Qui anno millesimo octingentesimo quadragesimo primo a Carola Morlacchi, Bergomensi Episcopo, chrismate sancto inunctus, ad christianae vitae certamen alacriter ineundum est confirmatus. Elucebant enim in eo iam tum simplicitas animique candor, docilitas, festivitas ac praecipuus miserationis affectus, quo motus pauperibus solebat erogare stipem tam largiter, ut a matre debuerit cohiberi, et aegrotos in publico nosocomio vel domi decumbentes officiis caritatis relevare. Deo vocanti sine mora obsecutus, Aloisius Maria anno millesimo octingentesimo quadragesimo quinto nomen sacro seminario dedit, ut ad sacerdotium pietate ac doctrina sese componeret. Die denique vicesima tertia mensis Iunii anno millesimo octingentesimo quinqua­gesimo iuvenis, ardens in munus angelicum, ab Episcopo suo, qui supra est dictus, in presbyterorum ordinem fuit ascitus, astante matre, muliere vere christiana, quae Ecclesiae tradiderat filium hunc unum superstitem in Christo generaturum plurimos, qui exstincti generis sui longe amplior gloria quam proles carnis essent futuri. Pastoris Boni exemplo, qui «oves adducit easque vocat nominatim»[1], adulescentulis in sodalicio congregatis, quod «oratorium» appellant, sedulo coepit operam dare, qua in re iam se exercuerat ut sacrorum alumnus. Itaque in plebeia et pauperrima urbis Bergomi regione, et quidem in via, cui nomen «Foppa», sacerdotem Petrum Donati, eius coetus modera­torem, praeclare adiuvit in puerorum religiosa institutione, ludis etiam scaenicis, praesertim neuropastis, aliisque honestis oblectamentis eos a periculis amovens. Fuit enim Famulus Dei a prima aetate ingenio ad poesim et musicam facili, quas dotes mentis apostolatui mirifice iussit inservire. Qui totum se dedidit ipsi, eum clamosa iuventus summo prosequebatur amore, ei adhaerebat, eius alliciebatur suavitate; quam ob rem «oratorium», quod anno millesimo octingentesimo quinqua­gesimo quinto solus regendum suscepit et, adiecta quoque sacra aede, amplificavit, maxime floruit laudesque civilium potestatum promeruit. Ut scribendi imperitos adulescentes operarios, rusticos, artifices aliisque ministeriis per diem distentos ad humanitatem informaret, scholam vespertinam ibidem aperuit, socialis rei, christiana lege innixae, progressionem quodam modo praenuntians. Tamen, ut aurum igne solet probari, ita Famulus Dei gravibus est affiictus acerbitatibus. Locationis enim pactione rescissa, «oratorium» coactus est claudere puerosque, quibus pater exstiterat atque magister, dimittere. Post paucos vero annos, adiuvante piissima matre, novum condidit «oratorium», ecclesia aedibusque a fundamentis excitatis, quod Sancto Philippo Nerio esse voluit sacrum. Eo post obitum matris se recepit, ut pauper cum pauperibus, parvulus cum parvulis semper conversaretur. Est etiam prae Nobis ferendum ibi sedem fuisse primam consociationis Bergomatis ab Actione Catholica, cui itidem Aloisius Maria sollertes curas impendit. Conscientiae Moderatore hortante, ad puellas etiam Christo servandas sese applicuit. Primo quidem socium et adiutorem se praebuit operis, a Sancta Dorothea Virgine nuncupati et ab optimis fratribus Luca et Marco e comitibus Passi instituti, ut adulescentularum, praesertim opificum, spirituali consuleretur saluti; deinde vero in aedibus, ad viam «Foppa» positis et pecunia comparatis, «oratorium», ab eadem Sancta Dorothea appellatum, puellis iussit patere. Quod opus, Dei numine afflante, in sodalitatem piarum mulierum, quae prius a Sancta Virgine illa nomen acceperunt, postea vero Sorores Paupercularum sunt vocatae, ingenti cum fructuum copia excrevit. Itaque, post morbum toleratum et veluti divinitus accepta adiutrice Teresia Gabrieli, ludi magistra, Famulus Dei die vicesima secunda mensis Maii anno millesimo octingentesimo undeseptuagesimo tanti incepti initium fecit. Tunc coram imagine Sacrorum Cordium Iesu et Mariae et Famulo Dei pia eadem mulier tria vota religionis nuncupavit, cui addidit quartum peculiaris oboe­dientiae Sedi Apostolicae et Episcopo suo praestandae, eo consilio ut sine ulla exceptione saluti spirituali et corporeae omnium pauperum Christi se devoveret. Eadem die Famulus Dei, gaudio exsultans, puellam corpore deformem, parentibus orbatam et ab omnibus derelictam, excepit estque in hanc locutus sententiam, quae novi Instituti esset primaria ratio: «Optime sane; peropportune id contingit. Eos enim quaero et congrego, quos repudiant ceteri; nam, cum ab aliis fertur auxilium, id aptius fit quam a me ipso; tamen cum alii rem assequi nequeunt, tunc aliquid egomet, quantum potero, agam». Nec umquam ab hoc descivit consilio. Cum eodem anno Romae commo­raretur, comes venerandi pietatis magistri sui Alexandri Valsecchi, ad episcopalem honorem provecti, in asceterio ad Sancti Eusebii templum, ubi spiritualibus exercitationibus vacabat, Aloisius Maria superna gratia est singulariter tactus; statuit enim omnibus rebus plane se abdicare vitamque ducere abiectam cum Christo, ut omnes ei lucrifaceret. Tunc revera sanctitatis conscendit fastigium, qui amplis­simas fortunas hereditate acceptas in pauperes profudit et inopia summa asperisque cruciatibus Magistrum suum imitari contendit. Forti serenoque animo tempestatem tulit, adversus se suumque opus tunc temporis concitatam: coepit enim ipse eiusque sodales in vulgi fabulis esse et obtrectationibus pungi. Tunc praeclarum dedit specimen humilitatis animique cum Deo coniuncti; confessus est enim Alexandro Valsecchi, Episcopo, virtutem ipsius temptanti, se paratum esse ab omni incepto recedere, si haec esset voluntas divina. Cum priores aedes iam non essent idoneae, novas curavit exstruendas, in quibus una cum Sororibus magno numero pupillarum, et quae omni genere miseriae conflictarentur, praeterea puellis in «oratorium» convenientibus, inexhaustae caritatis suae opes impertiit. Regulam quoque, sapientiae plenam, a Familia sua religiosa servandam, conscripsit, quam Caietanus Camillus Guindani, Bergomensis Episcopus, anno millesimo octingentesimo octogesimo sexto, uno mense ante Dei Famuli mortem, et Apostolica Sedes anno millesimo nongentesimo duodecimo approbarunt. «Ubi est caritas, ibi et bonorum operum fecunditas»: haec verba Sancti Laurentii Iustiniani[2] in hunc magnanimum sacerdotem merito licet transferri; ut enim pueris pupillis opitularetur, in villa rustica, quae hereditate ipsi obtigerat quaeque «Torre Boldone» vulgo appellabatur, paterna cura eos fovendos suscepit. Quos, agrorum culturae addictos, commisit servo suo Ioanni Baptistae Leidi, viro probissimo, cui alii sodales se adiunxerunt. Ita factum est, ut die quarta mensis Octobris anno millesimo octingentesimo septuagesimo secundo legitime constituere­tur religiosa Congregatio Fratrum a Sacra Familia, cuius esset pueris orphanis christianae caritatis et institutionis afferre adiumenta, cuique Famulus Dei tribuit Regulam domibus Sororum, quarum Aloisius Maria Palazzolo fuerat legifer pater, animum illius in filias velut similis Instituti conditi a Beata Paula Elisabeth Cerioli. Difficultatibus pluribus evictis, utraque sodalitas, maxime vero Sororum Paupercu­larum, mirum quantum aucta est et propagata. Nos ipsi, cum decem annos essemus ab epistulis Iacobi Mariae Radini-Tedeschi, Ecclesiae Bergomatis praecellentis Episcopi, saepius in transfusum et vigorem fervoremque Instituti experiendo cognovimus. Fuit autem hoc proprium Famuli Dei se ipsum submittere atque contemnere, a saeculo rebusque humanis sese abstrahere, religiosissime oboedire Episcopo ceterisque Moderatoribus, summa observantia colere Christi in terris Vicarium. Quibus virtutibus cumuli instar addebatur flagrantissima caritas, quae eum effecit parentem orphanorum, amicum iuventutis, pauperum administrum. Idem ignis impulit eum, ut Bergomi aliisque locis verbum Dei missionalium more populo annuntiaret simplici et candido genere dicendi, scilicet «ad infirmitatem audientium descendendo»[3], et peccata confitentibus assidue aures praeberet. Iam dignus fuit indefatigatus apostolus, qui caeleste ferret praemium laborum: anno enim millesimo octingentesimo octogesimo sexto gravi implicitus morbo et animi divexatus angoribus, ad Iesu complexum se paravit. Eum compellavit, de peccatoribus ad Deum convertendis obiter dixit, cum iam deficeret animo. Denique die quinta decima mensis Iunii eodem anno, Sacramentis Ecclesiae piissime sumptis, Bergomi ex huius saeculi tenebris ad sempiternam lucem, numquam defuturam, excessit. Qua die funeris exsequiae sunt celebratae, tota civitas nec ea solum, quasi triumphi splendore visa est excitari; triumphi dicimus, quo humilis sacerdotis sanctimonia, praesertim caritas nescia finibus ullis contineri, praedicaretur. Moriens Aloisius Maria magnam reliquit hereditatem, non modo memoriam virtutum, ob quas «Sanctus» coeptus est appellari, sed etiam genus electum Deoque devotum, quod opus eius facere perrexit, et multos sacerdotes, quos e loco obscuro ad capessendum sacerdotale munus, impensa sua, perduxerat. Nec umquam populus Bergomas oblitus est huius viri, qui veluti angelus «pertransierat benefaciendo»4. Corpus exanimum in publico conditum sepulchreto, anno millesimo nongentesimo quarto rite recognitum in sacram aedem domus praecipuae Sororum Paupercularum fuit translatum. Increbrescente vero Servi Dei fama sanctimoniae, quam Deus miraculis etiam visus est comprobare, Causa de Beatorum Caelitum honoribus ei decernendis est acta; atque post ordinarios, ut appellant, processus, Commissio introductionis Causae, apud Sacram Rituum Congregationem instituendae, die vicesima mensis Novembris anno millesimo nongentesimo duode­sexa­gesimo a Nobis obsignata. Apostolicis deinde inquisitionibus absolutis, de virtutibus theologalibus et cardinalibus Venerabilis Aloisii Mariae Palazzolo est disceptatum; quas, omnibus perspectis et expensis, a Famulo Dei cultas esse heroum in modum Nos, lato Decreto die quinta decima mensis Iulii anno millesimo nongentesimo sexagesimo secundo, ediximus. Exercita deinde quaestione de miraculis, quae, eiusdem nomine invocato, a Deo ferebantur patrata, omnique re in suetis comitiis diligenter exquisita, Nos die septima mensis Martii anno millesimo nongentesimo sexagesimo tertio de duobus pronuntiavimus constare. Unum igitur superfuit excutiendum, num Famulus Dei inter Beatos Caelites tuto foret recensendus. Quod quidem factum est. Purpurati enim Patres sacris Ritibus tuendis praepositi, Praelati Officiales Patresque Consultores id fieri posse cunctis sententiis affirmaverunt. Quorum exceptis suffragiis, Nos die quinta decima mensis Martii hoc anno ad Venerabilis Famuli Dei Aloisii Mariae Palazzolo sollemnem Beatificationem tuto procedi posse ediximus. Quae cum ita sint, Nos, vita dioecesis Bergomensis et Congregationis Sororum Paupercularum explentes, harum Litterarum vi atque auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus, ut Venerabilis Famulus Dei Aloisius Maria Palazzolo, sacerdos, Beati nomine in posterum appelletur, eiusque corpus ac lipsana, seu reliquiae, non tamen in sollemnibus supplicationibus deferendae, publicae Christifidelium venerationi proponantur, atque etiam, ut eiusdem Beati imagines radiis decorentur. Praeterea eadem auctoritate Nostra concedimus, ut de illo quotannis recitetur Officium de Communi Confessorum non Pontificum cum lectionibus propriis per Nos approbatis, et Missa de eodem Communi cum orationibus propriis approbatis celebretur iuxta Missalis et Breviarii Romani rubricas. Huiusmodi vero Officii recitationem Missaeque celebrationem fieri dumtaxat largimur in dioecesi Bergomensi, cuius intra fines Beatus ipse ortus est diemque obiit supremum, itemque in templis et sacellis ubique terrarum sitis, quibus Institutum Sororum Paupercularum utitur, ab omnibus christifidelibus, qui horas canonicas recitare teneantur, et, quod ad Missas attinet, a sacerdotibus omnibus, ad templa seu sacella, in quibus eiusdem Beati festum agatur, conve-nientibus. Largimur denique, ut sollemnia Beatificationis Venerabilis Aloisii Mariae Palazzolo, servatis servandis, supra dictis in templis seu sacellis celebrentur, diebus legitima potestate statuendis, intra annum, postquam sollemnia eadem in Sacrosancta Patriarchali Basilica Vaticana fuerint peracta. Non obstantibus Constitutionibus et Ordinationibus Apostolicis nec non Decretis de non cultu editis ceterisque quibuslibet contrariis. Volumus autem, ut harum Litterarum exemplis, etiam impressis, dummodo manu Secretarii Sacrae Rituum Congregationis subscripta sint eiusdemque Congregationis sigillo munita, etiam in iudicialibus disceptationibus, eadem prorsus fides adhibeatur, quae Nostrae voluntatis significationi, hisce ostensis Litteris, haberetur.

    Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die xix mensis Martii, in festo Sancti Ioseph Sponsi Beatae Mariae Virginis, anno mcmlxiii, Pontificatus Nostri quinto.

 

Hamletus I.  Card.  Cicognani

a publicis Ecclesiae negotiis

 

Loco X Sigilli

AAS  LV (1963), 311-318.

 

[1] Cfr. Io. 10, 16; 3.

[2] De triumphali Christi agone, 14.

[3] Cfr. S. GREG. M., Mor. 20, 2.

4 Cfr. Act. 10, 38.

BEATIFICAZIONE DEL SACERDOTE LUIGI MARIA PALAZZOLO

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII*

Basilica Vaticana
Martedì, 19 marzo 1963

 

Venerabili Fratelli, diletti figli.

L'esercizio del ministero e del magistero Pontificale comporta sollecitudini molteplici, non scevre di qualche preoccupazione, ma pur sovente vivificate da consolazioni, che si direbbero, come sono, più di cielo che di terra.

Una di queste è data dal promuovere e procedere del Papa alla glorificazione dei Beati e Santi del Signore, chiamati in faccia al mondo alla partecipazione di un culto, che è tutto insieme lode a Dio Padre onnipotente, omaggio ai prodigi della grazia sua, invocata e vissuta ad edificazione delle anime, ed a sublime scuola di santificazione universale, nella successione dei secoli.

Mirabile itinerario dei Santi

Oh! che bellezza è questa della Chiesa militante e della Chiesa trionfante, nello splendore di ogni epoca, nella variazione di tutte le regioni del mondo, chiamate ad apportare un contributo prezioso e incomparabile!!

Ciò che consola quanti furono chiamati alla vita cristiana, e quanti questa vita offrirono a Dio lietamente fin dai giovani anni, senza rimpianto e senza brama alcuna, è il pensiero di non essersi lanciati in un'avventura senza mèta; è la certezza di ricongiungersi, in una ideale continuità di pensieri e di opere, alle generazioni degli eletti del passato; è la confortante coscienza di lasciare un forte incoraggiamento alle generazioni nuove, che ascendono le successioni del tempo, e proseguiranno il buon cammino: Sancti tui Domine, mirabile consecuti sunt iter, servientes praeceptis tuis!(1).

Le tappe di questa mirabile ascensione non conoscono sosta. Due giorni or sono, terza domenica di Quaresima, i fedeli dell'antico e del nuovo mondo si trovarono congiunti al Papa nel venerare con Lui la beata Elisabetta Seton, figlia autentica e primo fiore di santità della grande nazione degli Stati Uniti d'America.

Due mesi prima, il 20 gennaio, questa basilica Vaticana aveva raccolto la vibrazione commossa di moltitudine immensa attorno al novello santo Vincenzo Pallotti, prete romano. Un sacerdote della stessa diocesi, di cui l'umile Papa che vi parla è il Vescovo nella successione dell'Apostolo Pietro. Un sacerdote, che, in anni difficili, dall'antico patrimonio di dottrina e di zelo pastorale seppe cogliere con intuito geniale l'indicazione delle moderne necessità apostoliche: prontezza a osare, a prodigarsi e a spendersi fino a morirne, perchè questa alma Città venisse come ripercorsa da un fremito di vigoroso ardore.

Parla al Papa il nuovo Beato, suo conterraneo

Questa sera, un'altra figura si aggiunge alla corona dei beati e dei santi, che unisce Cielo e terra in vincolo supremo di carità. Potete immaginare il tumulto di ricordi e di sentimenti, che ha fatto ressa al cuor Nostro; non lo ha sopraffatto, ma lo ha intenerito.

É Luigi Maria Palazzolo, prete bergamasco, vissuto dal 1827 al 1886. Dalla gloria della beatificazione egli parla al Papa, suo conterraneo, che all'età di cinque anni ne udì il nome venerato per la prima volta; e poi sempre, sempre, dagli anni del seminario, e fatto sacerdote e vescovo, auspicò questo giorno, che la Provvidenza Gli ha concesso di vivere come Vescovo di Roma.

Parla dunque il Beato Luigi Maria ai suoi confratelli bergamaschi delle generazioni sacerdotali, succedutesi dal 1886, anno della sua santa morte; parla particolarmente alle religiose, che da lui ricevettero nome e spirito: diciamo le Suore delle Poverelle. P tutto un poema di umiltà, di nascondimento, di sacrificio, che vien messo in piena luce dal magistero supremo della Chiesa.

Venerabili Fratelli, diletti figli: questo intreccio di grazie celesti e di umana corrispondenza merita alcune riflessioni.

I. Il novello Beato, di cui il 15 luglio 1962 abbiamo decretato l'eroicità delle virtù, è dunque un sacerdote del clero secolare. Egli appartiene allo stuolo delle anime interamente consacrate al Signore che si offrono alla diocesi propria con assoluta dedizione, nelle mani del vescovo, a servizio del popolo cristiano. E durante questo servizio, che si prolunga quasi sempre per decenni e decenni in una piccola parrocchia o in una modesta istituzione, niente altro cercano se non la pratica della virtù — quis ascendet in montem Domini?(2)— e si propongono di salire quel monte santo, il cui nome si riassume nelle virtù teologali: fede, speranza e carità; e nelle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza.

Il monte santo delle virtù teologali e cardinali

Negli studi e nella predicazione, nell'orientamento dell'apostolato e nel fluttuare degli avvenimenti civili, il Beato Luigi, la cui intelligenza era superiore alla comune, tutto seppe vedere sub specie aeternitatis.

Fede in Dio, limpida, inalterata, gelosamente custodita; speranza che è pregustamento di cielo, fino alla rinuncia di ogni terreno desiderio ; carità senza confine, come quella che portò Francesco d'Assisi ad abbracciare il lebbroso. Carità che non si assume il compito di giudicare i tempi e gli uomini, le leggi e le tradizioni : ma che in tutto depone il fermento della novità evangelica, e precede ogni progresso civile e sociale, di cui pure ci si allieta, lo precede con passo sicuro, con intuito lungimirante.

Prudenza, giustizia, fortezza, temperanza! Chi ha dovuto e potuto indagare, fino a esprimerne giudizi ex officio, su ogni aspetto di questa anima privilegiata, si è soffermato ad ammirare quattro note distintive del suo carattere, che si identificano con le quattro virtù cardinali.

Prudente fu il Palazzolo nei suoi passi fino all'apice di una eroica obbedienza al direttore di spirito, scelto tra i primi e migliori del clero bergamasco; obbedienza nelle più piccole cose senza discussione né attenuazione, in ottemperanza alla volontà per lui manifesta del Signore.

Giusto nei contatti di dovere e di cortesia col prossimo suo, nello sforzo costante di non detrarre nulla ad alcuno, nè alla madre sua piissima, che circondò di riverente affetto, nè ai confratelli, nè ai concittadini. Giusto nei rapporti di carattere economico, nei giudizi, nella disciplina vissuta e richiesta.

Forte fin dall'adolescenza in ogni manifestazione della sua personalità, che volle accostare al divino modello, il Crocefisso. Vita austera, penitente, con atti di rigore inconcepibili a coloro che terrena sapiunt! Eppure ilare, contento, irradiante un ottimismo che si effondeva e sollevava l'animo di chi gli si accostava.

Uomo temperantefu il beato Luigi Maria, e visse lo splendore più alto di questa virtù mediante una purezza angelica, una castità eroica.

Questo l'uomo che la Chiesa propone alla imitazione del clero e del popolo: vissuto 59 anni appena; uscito raramente dai confini della diocesi sua, e soltanto per motivi di carità; rampollo di famiglia distinta, datosi con determinata preferenza alla causa dei diseredati, dei più miserabili, vero emulo di San Giuseppe Benedetto Cottolengo.

Prodigiosa attività della Chiesa nel secolo XIX

II. É naturale che questa sera lo scrigno d'oro di questo santo sacerdote riveli come non mai il segreto della sopravvivenza dell'opera sua.

Nel secolo scorso la cristianità fu come presa da un fremito di rinnovamento pastorale nell'esercizio della carità evangelica, lo stesso che imprime ora il suo carattere al Concilio Ecumenico Vaticano II.

Assai copioso nell'ottocento il numero dei sacerdoti che, mediante l'istituzione di scuole, l'educazione della gioventù, le missioni al popolo, le opere di assistenza, vollero ancora una volta svelare al mondo il volto luminoso della Chiesa, che sempre piace salutare con giovanile ardore, quale le si addice, Mater et Magistra, lumen gentium.

Il beato Luigi fu uno dei tanti; uno che per i tratti singolari della sua spirituale fisionomia, e per il bene immenso che continua a fare con l'Istituto da lui fondato, merita bene l'odierna esaltazione.

Il beato Palazzolo fu fecondissimo ideatore di opere. Alcune avviò; di altre pose la semente. Questa avrebbe dato più tardi, nell'ambito della Congregazione delle Poverelle, magnifica fioritura. Come la offrì di fatto, prodigiosa, prima nella diocesi di Bergamo, poi, a poco a poco, con la sicurezza del germe che si sviluppa in albero frondoso, in Italia, in Francia, Lussemburgo, Belgio, Svizzera, fino all'ampio orizzonte missionario dell'Africa, dove, ormai da undici anni, è in esercizio di tutte le opere di misericordia spirituale e corporale.

La Congregazione delle Suore delle Poverelle segna il suo atto di nascita il 22 maggio 1869, quando il Beato contava 42 anni. Il programma conciso, semplice, evangelico, fu dettato dal fondatore con parole spoglie di ogni enfasi, che commuovono sino alle lacrime: « Io cerco  — diceva — e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perchè dove altri provvede, lo fa assai meglio di quello che io potrei fare; ma dove altri non può giungere, cerco di fare qualcosa io, così come posso ».

Questa la intonazione: di là l'irrompere del cantico della carità in tutte le sue manifestazioni.

III. Un pensiero particolare merita ancora di esser posto in evidenza; un pensiero che è fulgore di spirituale letizia per i sacerdoti e per le anime consacrate.

Agli albori del secolo — nel 1904 — la cristianità si commosse alla glorificazione del Curato d'Ars, beatificato da San Pio X. L'umile parroco di un villaggio francese apparve come astro luminoso particolarmente ai suoi confratelli di tutto il mondo. Chi ve ne parla ora conserva sempre negli occhi e nel cuore la tenerezza di averne veduta la immagine glorificata nella gloria del Bernini, dove oggi contempliamo la figura del nostro beato Luigi Palazzolo.

Altre figure di sacerdoti e di prelati si aggiunsero alla costellazione dei santi; e di moltissimi di questi uomini, che han fatto onore al sacerdozio cattolico, sono felicemente avviati i processi informativi.

Il prete bergamasco don Luigi Palazzolo che ci sta dinnanzi, eccolo prendere ora il suo posto tra quella schiera di candide stole, in atto di seguire la direzione segnata in tanti secoli da grandi e modeste figure sacerdotali, tutte protese all'adempimento del divino mandato : a ciascuno il compito personale suo: posui vos, ut eatis et fructum afferatis, et fructus vester maneat(3).

Ininterrotte schiere di eccelse figure sacerdotali

Questo divino comando per sè non impone novità geniali, nè la realizzazione di fatti straordinari. Si tratta della linea direttiva del sacerdozio santo e santificatore, che il buon prete di tutti i tempi incentra, nella vita di preghiera orientata alla lode di Dio quale è ispirata dall'Ufficio Divino, dalla Santa Messa, e nel servizio pronto e disinteressato delle anime.

E esercizio di obbedienza, di povertà, di nascondimento; è distacco dalla famiglia e parentela, dagli interessi e dalle competizioni terrestri; è amore alla Chiesa e al popolo cristiano, a questa famiglia universale di coloro che San Paolo chiama cives sanctorum et domestici Dei(4).

Del beato Palazzolo — pur nel giudizio non sempre concorde, come suole accadere, dei suoi contemporanei, circa le forme pratiche del suo apostolato caritativo — era unanime il consentimento e l'elogio su ciò che costituisce la nobiltà del sacerdote: pietà semplice e profonda, purezza cristallina, ardore di ministero zelantissimo, che si esprime in quella frase scultoria del Libro dell'Ecclesiastico: pro iustitia agoni-zare pro anima tua, et usque ad mortem certa pro iustitia(5): lotta per la giustizia — e cioè per la santificazione — in pro dell'anima tua, e sino alla morte per il trionfo del Regno di Dio, finché ci sono forze e respiro. Il riposo verrà nell'altra vita, nella beatitudine che contempla a faccia a faccia il Signore.

Unione di cuori alla esultanza di insigne diocesi

Ecco, Venerabili Fratelli e diletti figli, quanto il Nostro cuore ha voluto effondere in questo momento di grande letizia per la Chiesa intera, e intorno al suo Capo visibile.

Lasciate, diletti figli, che il Nostro sguardo affettuosamente contempli le care rappresentanze della diletta diocesi natia, esultanti di santa allegrezza perchè l'occhio di Dio si sia ancora una volta posato con particolare predilezione sulla loro terra forte, semplice e generosa. Il Nostro pensiero va alle oltre quattrocento parrocchie della vastissima diocesi, ai templi, taluni modesti, altri splendidi, ma tutti fatti oggetto dell'amore del popolo; l'occhio rivede le contrade del piano e dei monti percorse da un capo all'altro nella giovinezza sacerdotale e poi nei ritorni annuali fino al 1958: e all'orecchio par di risentire in questo sereno vespero le voci possenti di mille e mille campane.

Passa sulle nostre teste una grande ora di grazia, che soavemente ci conferma come la seminagione di santità dell'antichissima tradizione cristiana, rinnovata da San Carlo Borromeo, da San Gregorio Barbarigo, e da zelanti e ardenti Presuli e sacerdoti, continua a dare in letizia frutti copiosi.

O beato Luigi Maria, che splendi di luce immortale, irradia sulla tua diocesi nativa, che è anche la Nostra, e su tutta la Chiesa, i tuoi esempi di carità, di zelo sollecito, di umile servizio.

Celeste intercessore, ottieni da Dio che la corrente di ardore santo si mantenga viva nel popolo cristiano, specialmente nei giovani leviti, e il solco aperto nei secoli continui ad effondere i suoi germogli promettenti!

Accolga il Signore la tua preghiera per le vergini consacrate dell'Istituto al quale hai segnato le vie ampie della dedizione eroica.

Per la grazia divina, possa il tuo esempio attrarre i sacerdoti, i religiosi e le religiose sparsi nel mondo intero, all'onore di sempre rinnovantesi impegno apostolico; e così diano luce a coloro che sono nella casa del Padre (6) e diventino cooperatori fervidissimi di quell'auspicato progresso spirituale, che la Chiesa dell'epoca presente, ritemprata nel Concilio Ecumenico, vuole compiere per il bene dell'umanità.

Gloria al « Protector Sanctae Ecclesiae » e Patrono del Concilio

Venerabili Fratelli, diletti figli: la cerimonia di questo vespero è stata veramente incanto, soavità e incoraggiamento delle Nostre anime.

All'ingresso in basilica — primo tocco di celestiale favore — abbiamo benedetto l'immagine di San Giuseppe all'altare suo. Era desiderio Nostro compiere questo atto di pietà verso lo Sposo castissimo di Maria, il Custode di Gesù, e coronare così il voto del cuore per un accendersi, anche nel massimo tempio della cristianità, della devozione a San Giuseppe, protector Sanctae Ecclesiae, protettore del Concilio Ecumenico Vaticano II.

La coincidenza del Nostro onomastico e del 38° anniversario della Nostra consacrazione episcopale non poteva essere più toccante e significativa.

Dagli eterni splendori, il beato Luigi Maria Palazzolo certo si allieta di questo intreccio di felici circostanze, che s'è fatto oggi attorno al suo nome.

Ed ora scenda su voi, qui raccolti, e sulle persone care, la Nostra propiziatrice Benedizione Apostolica, affinché « la grazia del Signor Nostro Gesù Cristo, e la carità di Dio, e la partecipazione dello Spirito Santo sia con tutti voi. Amen » (7).

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(1)Resp. ad Matut. Comm. pl. Mart. extra temp. pasch.

(2)Ps.23, 3.

(3)Io.15, 16.

(4)Eph.2, 19.

(5)Eccli.4, 33.

(6) Cfr.Matth.5, 15.

(7)Cor.13, 13.

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