Luisa de Marillac

Luisa de Marillac

(1591-1660)

Beatificazione:

- 09 maggio 1920

- Papa  Benedetto XV

Canonizzazione:

- 11 marzo 1934

- Papa  Pio XI

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 15 marzo (9 maggio)

Vedova, che a Parigi guidò con il suo esempio l’Istituto delle Figlie della Carità nell’assistenza ai bisognosi, portando a pieno compimento l’opera avviata da san Vincenzo de’ Paoli

  • Biografia
  • discorso giovanni paolo II
“Non abbiate occhi e cuore che per i poveri”

 

Nata in Francia nel 1591 da Luigi de Marillac, signore di Ferrières e consigliere al Parlamento, la piccola Luisa non conoscerà mai la sua vera madre. Nel 1595, il padre si sposa in seconde nozze e la piccola, a soli 4 anni, viene affidata alle Suore domenicane del Convento di Poissy, dove trova un ambiente amorevole e riceve una buona educazione non solo umanistica, ma anche spirituale. Infatti, raggiunta la maggiore età, Luisa avverte la chiamata vocazionale e chiede di poter abbracciare la vita monastica. La sua richiesta, tuttavia, viene respinta, poiché la giovane è cagionevole di salute.

Non le resta, quindi, che il matrimonio: la scelta dello sposo, dettata dalle convenzioni sociali dell’epoca, cade su Antonio Le Gras, segretario della famiglia de’ Medici. Le nozze vengono celebrate nel 1613, Luisa ha 22 anni e poco dopo diventa madre del piccolo Michele. Ma la futura Santa avverte, nel cuore, una profonda crisi: non è quella la sua vera vocazione e il suo animo ne soffre. Nonostante ciò, come moglie e madre devota, si dedica alla famiglia con abnegazione e spirito di sacrificio, curando con dedizione il marito, colpito da una grave malattia che lo porterà alla tomba nel 1626.

Il giorno di Pentecoste del 1623, mentre è raccolta in preghiera, Luisa ha una sorta di illuminazione: “Compresi – scrive – che sarebbe venuto un tempo in cui sarei stata nella condizione di fare i tre voti di povertà, castità e obbedienza. Compresi che doveva essere in un luogo per soccorrere il prossimo”. L’anno successivo, la futura Santa incontra chi le permetterà di mettere in pratica quello spirito di carità ardente, quel donarsi totalmente all’amore di Dio che la sospinge: Luisa conosce Vincenzo de’ Paoli. Da quel momento in poi, questa “coppia di Dio” rimane indissolubilmente legata in nome dell’apostolato e del servizio agli ultimi, agli esclusi, agli emarginati.

Vincenzo, infatti, sacerdote dinamico e creativo, organizza a Parigi e nei villaggi circostanti le “Confraternite della Carità”, composte da generose volontarie desiderose di aiutare i più bisognosi. E proprio a Luisa Vincenzo affida tali giovani, affinché siano formate e accompagnate nel loro servizio materiale e spirituale. Luisa dice “sì” a questo progetto così innovativo e il 29 novembre 1633 prendono vita ufficialmente le “Figlie della Carità”, ovvero monache senza chiostro, ma che – nelle parole del de’ Paoli – “hanno per monastero le case dei malati, per cella una stanza d’affitto, per cappella la chiesa parrocchiale, per chiostro le vie della città”. E per maestra e testimone la de Marillac, la quale si dedica totalmente alla missione di far comprendere alle giovani come servire il povero equivalga a servire Cristo, perché il povero e Cristo sono la stessa realtà.

Lo stile delle “Figlie della Carità” sarà, dunque, quello di un servizio umile, cordiale, compassionevole. Un servizio che arriva ovunque: con la gerla in spalla piena di viveri, abiti e medicinali, le giovani caritatevoli vanno per le strade parigine, nei sobborghi, negli ospedali, nelle carceri, sui campi di battaglia e nelle scuole in cui i più piccoli imparano non solo a scrivere e a far di conto, ma anche a conoscere e amare Dio.

D’altronde, Luisa non si risparmia mai: in ogni suo gesto, in ogni sua preghiera mette così tanta devozione che Vincenzo de’ Paoli esclama: “Solo Dio conosce quale forza d’animo ella possieda!”. Ma gli anni passano e le forze della de Marillac, già precarie, cominciano a venir meno. All’inizio del 1660, la futura Santa avverte che la fine è vicina, ma neanche allora cessa di incoraggiare le sue Figlie: “Non abbiate occhi e cuore che per i poveri”, raccomanda. Il suo cuore, stremato dalla fatica, cessa di battere il 15 marzo 1660. Tuttavia, la sua opera non si ferma ed attualmente la Compagnia delle “Figlie della Carità” conta circa 3 mila Case ed oltre 27 mila Suore in tutti e cinque i continenti.

Beatificata da Benedetto XV il 9 maggio 1920 e canonizzata da Pio XI l’11 marzo 1934, Luisa de Marillac è stata proclamata da Giovanni XXIII “Patrona delle opere sociali” il 10 febbraio 1960. Le sue spoglie riposano nella cappella della Casa Madre delle “Figlie della Carità” a Parigi, ma una statua in sua memoria è custodita nella Basilica di San Pietro. 

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II 
ALLE FIGLIE DELLA CARITÀ DI S. VINCENZO DE' PAOLI

11 gennaio 1980

 

Reverenda madre, sorelle.

Immaginate con me che san Vincenzo de’ Paoli e santa Luisa di Marillac, i due vostri fondatori così uniti nella loro passione evangelica di servire i poveri e che ritornarono al Signore a qualche mese di distanza or sono già più di tre secoli, siano presenti a questo incontro di famiglia! Ma essi sono con noi in modo misterioso. Permettetemi di lasciar loro la parola, facendomi solamente loro interprete.

Quando voi proseguirete i lavori dell’assemblea generale della Compagnia, coloro che voi venerate come vostro padre e vostra madre vogliono in primo luogo confermarvi nell’attualità della vostra vocazione. Il calore della carità è proprio ciò di cui la persona umana ha il più grande bisogno oggi come sempre. Certo, le miserie sociali del XVII secolo e dell’epoca della Fronda sono ben lontane. Ma “i poveri sono sempre in mezzo a noi”! Chi ci potrà fornire delle statistiche precise sulla povertà reale in ciascun paese e su scala mondiale? Vengono spesso pubblicate delle cifre che concernono il commercio, l’agricoltura, l’industria, le banche, gli armamenti, ecc... Ma, all’epoca degli ordinatori, sappiamo il numero preciso di analfabeti, di bambini abbandonati, di sotto-alimentati, di ciechi, di infermi, di focolari smembrati, di prigionieri, di emarginati, di prostitute, di disoccupati, di persone viventi nelle bidonvilles del mondo intero!... Care sorelle non abbiate occhi e cuore che per i poveri, come il signor Vincenzo e la signorina Legras! E per stimolarvi ancora - se ce ne fosse bisogno - vi dicono: Contemplate nostro Signore Gesù Cristo, ascoltatelo ripetervi il senso della sua missione: “Lo Spirito del Signore è su di me... Egli mi ha inviato a portare la buona novella ai poveri, ad annunciare la liberazione ai prigionieri e ai ciechi il ritorno alla vista, rendere la libertà agli oppressi...” (Lc 4,18). È vero, il Vangelo ci presenta quasi sempre il Cristo tra i poveri. È il centro della sua vita.

Mi sembra ugualmente che questi due grandi santi della carità vi supplicano con tenerezza e fermezza di difendere e di sviluppare la vostra appartenenza radicale a Gesù Cristo, secondo le promesse che voi rinnovate ogni anno il 25 marzo. La castità, a causa del Cristo e del Vangelo, ne è il segno più profondo. E lungi dall’essere un’alienazione della persona è una sorprendente promozione della capacità e del bisogno di maternità di ogni donna! Voi siete madri. Voi collaborate alla protezione, all’orientamento, al rasserenamento, alla guarigione, alla fine pacifica di tante vite umane, sul piano fisico, morale e religioso! Vedete sempre il vostro celibato consacrato come un cammino di vita per gli altri, e rivelate questo segreto ai giovani che esitano ad intraprendere la via che voi avete seguito. Vogliate non solamente amare i poveri ma desiderare voi stesse di essere povere, nello spirito e negli atti. San Vincenzo de’ Paoli e santa Luisa di Marillac hanno detto molto di più con il loro servizio concreto dei poveri - di giorno e di notte - che con lunghi trattati sulla povertà. Ugualmente san Francesco di Assisi è stato più eloquente spogliandosi dei suoi vestiti che se avesse fatto pubblicare una rivista periodica sul distacco dai beni terreni. E Charles de Foucauld ci ha dato di più col suo sorriso e la sua bontà in mezzo ai poveri che pubblicando la sua autobiografia di giovane ufficiale convertito che ha scelto di essere all’ultimo posto e tra i poveri. Si potrebbe così ricordare che il mio molto venerato predecessore Paolo VI, abbandonando la sua tiara, ha posto un gesto che non ha ancora smesso di portare i suoi frutti nella Chiesa.

Ascoltate infine i vostri due modelli di vita sollecitarvi di non lasciar svanire lo spirito della dipendenza, quando la tendenza attuale è di riservarsi uno spazio libero in cui non si dipenda da nessuno, per meglio abbandonarsi alla propria immaginazione e alla propria fantasia. L’ubbidienza religiosa, voi lo sapete, è senza dubbio il più acuto dei tre chiodi d’oro che attaccano alla volontà di Gesù Cristo i suoi imitatori e le sue imitatrici. È possibile guardare la croce del Signore Gesù senza conformarsi al suo mistero di obbedienza al Padre? Che i superiori religiosi siano umani e comprensivi, è il loro dovere! Ma che i soggetti siano essi stessi sempre più adulti e responsabili, al punto di approfondire e di vivere il valore oblativo dell’obbedienza!

In una parola, i vostri fondatori dicono a voi e a tutti i vostri compagni: “Siate nel mondo, senza mai lasciarvi contaminare dallo spirito del mondo di cui parla san Giovanni”. Voi sapete che il sale, una volta diluito, diventa insipido. Ciò che risplende, è la purezza del cristallo!

A voi, mia reverenda madre, che siete stata appena rieletta, io sono particolarmente felice di indirizzare i miei auguri di un fruttuoso servizio della Compagnia. Ai membri del capitolo che io ringrazio della loro visita, e a tutte le Figlie della Carità che servono Cristo attraverso il mondo intero - senza dimenticare il loro servizio molto apprezzato al Vaticano - io do la mia affettuosa benedizione apostolica.