Maria della Concezione de Trenquelléon
(1789-1828)
- 10 gennaio
Vergine, religiosa, fondatrice delle Figlie di Maria Immacolata (Marianiste)
Adèle de Batz de Trenquelléon nacque nel castello di Trenquelléon, nei pressi di Nérac in Francia, dall'omonima nobile e ricca famiglia, appena un mese prima della presa della Bastiglia, il 10 giugno 1789 e lo stesso giorno fu battezzata.
Durante tutta la sua vita fece festa ogni 10 di giugno, ma non per celebrare il proprio compleanno, bensì per ricordare il giorno in cui qualcosa nel suo cuore era cambiato: con il Battesimo vi era stato impresso il volto di Dio.
I giorni in cui per la prima volta riceveva un Sacramento erano tutti importanti per lei, perché sentiva che l’avvicinavano un po’ di più al Signore. Nell’esilio che per la sua famiglia, legata alla monarchia, aveva significato la rivoluzione, a San Sebastián, confine tra Francia e Spagna, fece la Prima Comunione nel 1801 e in quel momento nacque in lei il desiderio di diventare una carmelitana, tanto che quando ai suoi genitori fu concesso di tornare in patria, chiese di poter restare, invece, laggiù per entrare nel Carmelo, progetto che poi venne rimandato. Tornata in Francia, nel 1803 un altro incontro con il Signore, nel Sacramento della Confermazione, che per Adèle significò dichiarare di voler conoscere e amare Cristo sempre di più.
La giovane Adèle era molto legata al padre, un militare spesso lontano da casa che presto capì quanto alle bambole e ai bei vestiti che le portava al rientro, lei preferisse qualcosa da poter donare ai poveri. Da lui ereditò il carattere forte e volitivo, la disciplina e il senso di responsabilità.
Con la madre andava spesso a visitare le famiglie che vivevano nelle terre intorno al loro castello portando cibo, medicine e abiti: opere di carità che le insegnarono a essere generosa, sensibile, a non credersi superiore agli altri per il solo fatto di essere nobile, e ad amare Dio sopra ogni cosa. Così, infatti, la ricorda il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi: “La grazia del battesimo plasmò a poco a poco la nobiltà sociale di Madre Adèle, facendola diventare santità evangelica. Nella sua vita elle risplendette non per l’agiatezza delle ricchezze terrene, ma per l’abbondanza delle sue virtù cristiane”.
Nel 1804, a soli 15 anni e mezzo, assieme a un’amica conosciuta durante il ritiro che aveva preceduto la Cresima, fondò la “Piccola società”, che si poneva l’obiettivo di curare i mali spirituali dei contadini nelle campagne. L’associazione crebbe in poco tempo, fino a comprendere anche alcuni sacerdoti: i membri si esortavano vicendevolmente a trovarsi sul Calvario ogni giorno, a meditare sulla morte e la Resurrezione di Cristo ogni venerdì, a mettere in comune i propri meriti. Poi l’incontro con un membro della Congregazione mariana le indicò la strada: Adèle si consacrò a Maria Immacolata e si dedicò ancor di più all’assistenza dei poveri, degli ammalati e all’insegnamento del catechismo.
“In un tempo turbolento come il suo, vivere di fede significava sperimentare il martirio dell’offerta della vita, preparandosi anche al martirio di sangue – è la testimonianza del porporato – vivere di fede sottolineava la radicalità dell’amore. Questa sua convinzione la poneva in una dimensione spirituale di apertura totale alla vita eterna”.
Era nato, più o meno consapevolmente, quello che la stessa Adèle definì “il caro progetto”: la fondazione di una comunità femminile che comprendesse anche i voti religiosi. Il sogno si realizzò nel 1816 ad Agen, nel sud della Francia, in un convento chiamato affettuosamente dalle suore “il rifugio”. “Ci sono stelle che brillano di più, ma non per opacizzare le altre, bensì per illuminarle…”. Così descrivono la loro Madre fondatrice le Figlie di Maria Immacolata.
Qui Adèle divenne Maria della Concezione, Madre Superiora delle religiose che entrarono a far parte della grande famiglia marianista. Era Maria, infatti, il nord verso il quale si dirigeva e si adoperava affinché quella famiglia si moltiplicasse come la sabbia del mare, ma oltre a essere una madre, la Madonna era per lei un esempio che la invitava a essere brezza nelle ore di fuoco e luce nell’oscurità e la chiamava a essere santa, un cammino che oggi ha fatto un altro po’ di strada.
“Madre Adèle aveva ferma fiducia che la realizzazione della sua santità e il consolidamento della Congregazione erano completamente opera della grazia e della provvidenza divina – conclude il cardinale – per questo, nonostante le avversità, le incomprensioni e le molte defezioni, ella mise tutta la sua opera nelle mani di Dio, affermando che se la fondazione era volontà di Dio, la provvidenza avrebbe pensato a superare ogni ostacolo. A lei la prova e la croce, al Signore la vittoria”.
PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 10 giugno 2018
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Il Vangelo di questa domenica (cfr Mc 3,20-35) ci mostra due tipi di incomprensione che Gesù ha dovuto affrontare: quella degli scribi e quella dei suoi stessi familiari.
La prima incomprensione. Gli scribi erano uomini istruiti nelle Sacre Scritture e incaricati di spiegarle al popolo. Alcuni di loro vengono mandati da Gerusalemme in Galilea, dove la fama di Gesù cominciava a diffondersi, per screditarlo agli occhi della gente: per fare l’ufficio di chiacchieroni, screditare l’altro, togliere l’autorità, questa cosa brutta. E quelli sono stati inviati per fare questo. E questi scribi arrivano con un’accusa precisa e terribile – questi non risparmiano mezzi, vanno al centro e dicono così: «Costui è posseduto da Beelzebul e scaccia i demoni per mezzo del capo dei demoni» (v. 22). Cioè il capo dei demoni è quello che spinge Lui; che equivale a dire più o meno: “Questo è un indemoniato”. Infatti Gesù guariva molti malati, e loro vogliono far credere che lo faccia non con lo Spirito di Dio – come faceva Gesù –, ma con quello del Maligno, con la forza del diavolo. Gesù reagisce con parole forti e chiare, non tollera questo, perché quegli scribi, forse senza accorgersene, stanno cadendo nel peccato più grave: negare e bestemmiare l’Amore di Dio che è presente e opera in Gesù. E la bestemmia, il peccato contro lo Spirito Santo, è l’unico peccato imperdonabile – così dice Gesù –, perché parte da una chiusura del cuore alla misericordia di Dio che agisce in Gesù.
Ma questo episodio contiene un ammonimento che serve a tutti noi. Infatti, può capitare che una forte invidia per la bontà e per le opere buone di una persona possa spingere ad accusarla falsamente. Qui c’è un vero veleno mortale: la malizia con cui in modo premeditato si vuole distruggere la buona fama dell’altro. Dio ci liberi da questa terribile tentazione! E se, esaminando la nostra coscienza, ci accorgiamo che questa erba cattiva sta germogliando dentro di noi, andiamo subito a confessarlo nel sacramento della Penitenza, prima che si sviluppi e produca i suoi effetti malvagi, che sono inguaribili. Siate attenti, perché questo atteggiamento distrugge le famiglie, le amicizie, le comunità e perfino la società.
Il Vangelo di oggi ci parla anche di un’altra incomprensione, molto diversa, nei confronti di Gesù: quella dei suoi familiari. Questi erano preoccupati, perché la sua nuova vita itinerante sembrava loro una pazzia (cfr v. 21). Infatti, Egli si mostrava così disponibile per la gente, soprattutto per i malati e i peccatori, al punto da non avere più nemmeno il tempo di mangiare. Gesù era così: prima la gente, servire la gente, aiutare la gente, insegnare alla gente, guarire la gente. Era per la gente. Non aveva tempo neppure per mangiare. I suoi familiari, dunque, decidono di riportarlo a Nazareth, a casa. Arrivano nel posto dove Gesù sta predicando e lo mandano a chiamare. Gli viene detto: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano» (v. 32). Egli risponde: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?», e guardando le persone che stavano intorno a Lui per ascoltarlo aggiunge: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (vv. 33-34). Gesù ha formato una nuova famiglia, non più basata sui legami naturali, ma sulla fede in Lui, sul suo amore che ci accoglie e ci unisce tra noi, nello Spirito Santo. Tutti coloro che accolgono la parola di Gesù sono figli di Dio e fratelli tra di loro. Accogliere la parola di Gesù ci fa fratelli tra noi, ci rende la famiglia di Gesù. Sparlare degli altri, distruggere la fama degli altri, ci rende la famiglia del diavolo.
Quella risposta di Gesù non è una mancanza di rispetto verso sua madre e i suoi familiari. Anzi, per Maria è il più grande riconoscimento, perché proprio lei è la perfetta discepola che ha obbedito in tutto alla volontà di Dio. Ci aiuti la Vergine Madre a vivere sempre in comunione con Gesù, riconoscendo l’opera dello Spirito Santo che agisce in Lui e nella Chiesa, rigenerando il mondo a vita nuova.
Dopo l'Angelus
Cari fratelli e sorelle,
desidero nuovamente far giungere all’amato popolo coreano un particolare pensiero nell’amicizia e nella preghiera. I colloqui che avranno luogo nei prossimi giorni a Singapore possano contribuire allo sviluppo di un percorso positivo, che assicuri un futuro di pace per la Penisola coreana e per il mondo intero. Per questo preghiamo il Signore. Tutti insieme preghiamo la Madonna, Regina della Corea, che accompagni questi colloqui. [“Ave Maria…”]
Oggi, ad Agen, in Francia, viene proclamata Beata suor Maria della Concezione, al secolo Adelaide de Batz de Trenquelléon. Vissuta tra i secoli diciottesimo e diciannovesimo, ha fondato le Figlie di Maria Immacolata, dette Marianiste. Lodiamo il Signore per questa sua figlia che ha consacrato la vita a Lui e al servizio dei fratelli. Un applauso alla nuova Beata, un applauso tutti.
Saluto tutti voi, cari romani e pellegrini: i gruppi parrocchiali, le famiglie, le associazioni. In particolare saluto i fedeli venuti dalla Spagna: da Murcia, Pamplona e Logroño. E dall’Italia quelli di Napoli, i giovani di Mestrino e il gruppo sportivo alpini di Legnago.
Vi auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!