Maria Elisabeth Hesselblad

Maria Elisabeth Hesselblad

(1870-1957)

Beatificazione:

- 09 aprile 2000

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 05 giugno 2016

- Papa  Francesco

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 24 aprile

Vergine, che, originaria della Svezia, dopo avere per lungo tempo prestato servizio in un ospedale, riformò l’Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida, dedicandosi in particolare alla contemplazione, alla carità verso i bisognosi e all’unità dei cristiani; Suo anelito fu la ricerca dell’Unico Ovile. Ricostituì l’Ordine di Santa Brigida ispirandosi all’ideale del “Ut omnes unum sint”

  • Biografia
  • Omelia
  • Lettera Apostolica
  • omelia di beatificazione
“Signore, fai di me ciò che vuoi. Mi basta la Tua Grazia”

 

 

VITA  E  OPERE

 

 

    Maria Elisabetta Hesselblad, quinta di tredici figli, nacque nel piccolo villaggio di Fåglavik in Svezia il 4 giugno 1870. Il mese successivo fu battezzata nella sua parrocchia di Hudene, entran­do così a far parte della Chiesa Riformata di Svezia. Durante l’infan­zia, a causa delle difficoltà economiche in cui versava la sua fami­glia, non ebbe una vita stabile e visse in diverse località.    

    Fin da bambina, vedendo che i suoi compagni di scuola ap­parte­nevano a Chiese diverse, cominciò a domandarsi quale fosse il vero Ovile di Cristo e, pregando Nostro Signore, invocava una risposta, che non avrebbe tardato ad arrivare.

    Fu a causa delle difficoltà economiche della sua famiglia che a 16 anni iniziò a lavorare prima a Karlsborg e poi, appena maggio­renne, ad emigrare in America per guadagnarsi onesta­mente il pane quotidiano affrontando grandi disagi e sacrifici. A New York fre­quentò con grande solerzia la scuola per infermiere presso l’Ospe­dale Roosevelt e si dedicò all’assistenza domiciliare degli infermi senza mai risparmiarsi. Il contatto con la sofferenza e la malattia accrebbe la sua sensibilità umana e spirituale conformandola a quella della sua compatriota Santa Brigida.

    L’assistere malati cattolici e la sua sete di verità contribuirono a tener sempre viva nel suo animo la ricerca dell’Ovile di Cristo, che sin da bambina e per tutta la vita avrebbe sempre perseguito.

    Padre Hagen S.J., un dotto Gesuita, la introdusse nella dottrina cattolica che ella studiò con passione e, con meditata scelta, accettò, facendosi da lui battezzare «sotto condizione» il 15 agosto del 1902, nel Convento della Visitazione a Washington, negli Stati Uniti d’America. Si legge negli scritti della Madre Elisabetta che quel giorno di grazia, quando in un istante l’amore di Dio fu versato su di lei, a quel­l’amore lei poteva corrispondere solo con il sacrificio, con un amore pronto a soffrire per la Chiesa. Questa immensa gioia del sacramento ricevuto la ripagò dei mesi che precedettero la sua conversione, mesi così sofferti che ella credette che l’agonia della sua anima le avrebbe tolto la vita ma, in suo soccorso, venne la Luce e con essa la forza di fare immediatamente il passo decisivo e aderire alla Chiesa Cattolica.

    A Roma le venne conferito il sacramento della Cresima e capì che doveva dedicarsi con tutte le forze all’unità dei cristiani. Tornò negli Stati Uniti ma, anche se la sua salute era cagionevole, lasciò tutto ed il 25 marzo 1904 si stabilì a Roma nella casa di Santa Brigida, allora occupata dalle Carmelitane che amorevolmente l’accolsero.

    Nel 1906, con uno speciale permesso del Papa S. Pio X, vestì l’abito brigidino ed emise i voti religiosi come figlia spirituale della Santa svedese.

    Con grandi fatiche ricostituì l’Ordine di Santa Brigida il 9 settembre 1911, rispondendo alle istanze e ai segni dei tempi e rima­nendo fedele alla tradizione brigi­dina per l’indole contemplativa e la celebrazione solenne della liturgia. Il suo apostolato fu ispirato dal grande ideale “Ut omnes unum sint” e questo la spinse a dare la sua vita a Dio per unire la Svezia alla Chiesa di Roma.

    Fin dall’inizio della sua Fondazione curò con particolare sollecitudine la formazione delle sue figlie spirituali per le quali fu madre e maestra. Raccomandava loro l’unione con Dio, l’«ardente brama di rassomigliare al nostro divino Salvatore», l’amore alla Chiesa e al Romano Pontefice e di pregare perché vi sia un solo Ovile e un solo Pastore, aggiungendo: «Questo è il fine primario della nostra vocazione».  Coltivò l’unione dei cuori anche all’interno del suo Ordine: «Il Signore ci ha chiamato da diverse nazioni – scriveva – ma dobbiamo essere tutte unite in un cuor solo e in un’anima sola. Nel cuore di Gesù ci incontreremo sempre e lì cerchiamo la nostra forza in tutte le difficoltà della vita… Che possiate praticare le belle virtù della carità, dell’umiltà e della pazienza. Allora la vostra vita religiosa sembrerà come l’anticamera del Paradiso».

    Enorme fu il suo impegno attraverso la preghiera, il sacrificio e la testimonianza evangelica per l’unità di tutti i cristiani.

    Pioniera dell’ecumenismo, divenne icona di una Chiesa che attraverso l’amore accoglie tutti i suoi figli e si prodiga per quel­l’unità, voluta proprio da Cristo.

    L’Opera iniziata dalla Fondatrice superò le difficoltà iniziali e nel 1920 ottenne l’approvazione canonica; iniziò quindi la sua espan­sione in diverse nazioni.

    Nel 1923 Madre Elisabetta con grande gioia, coraggio e lungimiranza riportò le figlie di Santa Brigida in Svezia aprendo una casa di ospitalità a Djursholm, vicino Stoccolma.

    Nel 1931 ottenne in uso perpetuo dalla Santa Sede la chiesa e la casa di Santa Brigida in Roma che divennero il centro propulsivo dell’Ordine, il quale, spinto da zelo missionario, portò la sua presenza anche in India (1937).

    Dalla cronaca di quegli anni si evincono le sofferenze fisiche, vissute dalla Madre Elisabetta come dono al Signore per le sue attivi­tà e per la sua Svezia, sofferenze che a lei donano pace interiore e gioia nel trovare il Signore. Una vita di sofferenze fisiche, ma sempre contraddistinta da una continua carità operosa.

    Madre  Elisabetta fu simile ad un giardino nel quale il sole della carità fece sbocciare i fiori delle opere di misericordia spirituale e corporale.

    Nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, diede rifugio a molti ebrei perseguitati dalle leggi raziali e trasformò la sua casa in un luogo dove le sue figlie potevano distribuire viveri e vestiario a quanti si trovavano in necessità.

            Il 24 aprile 1957 dopo una lunga vita segnata dalla sofferenza e dalla malattia morì nella casa di Santa Brigida a Roma, lasciando grande fama di santità tra le sue figlie spirituali, nel clero e tra la gente povera e semplice, che la venerò Madre dei poveri e Maestra dello spirito.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

a) In vista della Beatificazione

 

    La fama di santità, che circondò Madre Elisabetta in vita, crebbe dopo la sua morte e la sua azione volta all’ecumenismo si propagò negli Stati Uniti d’America, in India, in Svezia, in Italia, in Spagna e in tutta l’Europa.

    Il 5 luglio 1988 nell’aula del Tribunale diocesano di Roma, il Cardinale Vicario Ugo Poletti presiedette la sessione di apertura formale del processo di Beatificazione e Canonizzazione della Serva di Dio. L’Inchiesta diocesana si concluse in Vicariato il 13 dicembre 1990 e gli atti vennero trasferiti alla Congregazione delle Cause dei Santi il 15 dicembre 1990.

    Il 21 giugno 1991 la Congregazione ha emanato il Decreto di validità del Processo.

    Il 10 novembre 1998 si tenne, con esito positivo, il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi sulle virtù della Serva di Dio.

    Il 16 marzo 1999, nella Sessione Ordinaria, i Padri Cardinali e Vescovi hanno riconosciuto che Madre Maria Elisabetta ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse, e il 26 marzo dello stesso anno è stato promulgato il relativo decreto.

    Il 9 aprile 2000 è stata beatificata dal Santo Padre Giovanni Paolo II nella Basilica Vaticana.

 

b) In vista della Canonizzazione

 

    In vista della Canonizzazione, il 3 febbraio 2014 fu costituito nella diocesi di Santa Clara, Cuba, il Tribunale diocesano per l’In­chiesta canonica sulla presunta guarigione miracolosa di un bambino di due anni da compressione estrinseca bulbo-midollare complicante l’intervento neurochirurgico di rimozione di medullo-blastoma desmo­plastico cerebellare (2005).

    Il 16 aprile 2015 la Consulta Medica riconobbe all’unanimità l’inspiegabilità scientifica della guarigione.

    Il 18 giugno del 2015 ebbe luogo il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi per discutere gli aspetti teologici del presunto miracolo. All’unanimità fu espresso parere affermativo, ravvisando così nell’evento in esame un miracolo operato da Dio per intercessione della Beata Maria Elisabetta Hesselblad.

    I Cardinali e i Vescovi nella Sessione Ordinaria del 27 ottobre 2015 hanno giudicato il caso in esame un vero miracolo attribuito al­l’intercessione della Beata.

    Il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto sul miracolo il 14 dicembre 2015.

SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEI BEATI 
STANISLAO DI GESÙ MARIA E MARIA ELISABETTA HESSELBLAD

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Pietro 
Domenica, 5 giugno 2016

 

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci riconduce all’evento centrale della fede: la vittoria di Dio sul dolore e sulla morte. E’ il Vangelo della speranza che sgorga dal Mistero pasquale di Cristo, che irradia dal suo volto, rivelatore di Dio Padre consolatore degli afflitti. E’ una Parola che ci chiama a rimanere intimamente uniti alla passione del nostro Signore Gesù, perché si mostri in noi la potenza della sua risurrezione.

In effetti, nella passione di Cristo c’è la risposta di Dio al grido angosciato, e a volte indignato, che l’esperienza del dolore e della morte suscita in noi. Si tratta di non scappare dalla Croce, ma di rimanere lì, come fece la Vergine Madre, che soffrendo insieme a Gesù ricevette la grazia di sperare contro ogni speranza (cfr Rm 4,18).

Questa è stata anche l’esperienza di Stanislao di Gesù Maria e di Maria Elisabetta Hesselblad, che oggi vengono proclamati santi: sono rimasti intimamente uniti alla passione di Gesù e in loro si è manifestata la potenza della sua risurrezione.

La prima Lettura e il Vangelo di questa domenica ci presentano proprio due segni prodigiosi di risurrezione, il primo operato dal profeta Elia, il secondo da Gesù. In entrambi i casi, i morti sono giovanissimi figli di donne vedove, che vengono restituiti vivi alle loro madri.

La vedova di Sarepta – una donna non ebrea, che però aveva accolto nella sua casa il profeta Elia – è indignata con il profeta e con Dio perché, proprio mentre Elia era ospite da lei, il suo bambino si era ammalato e adesso era spirato tra le sue braccia. Allora Elia dice a quella donna: «Dammi tuo figlio» (1 Re 17,19). Questa è una parola-chiave: esprime l’atteggiamento di Dio di fronte alla nostra morte (in ogni sua forma); non dice: “Tienitela, arrangiati!”, ma dice: “Dalla a me”. E infatti il profeta prende il bambino e lo porta nella stanza superiore, e lì, da solo, nella preghiera, “lotta con Dio”, ponendogli di fronte l’assurdità di quella morte. E il Signore ascoltò la voce di Elia, perché in realtà era Lui, Dio, a parlare e agire nel profeta. Era Lui che, per bocca di Elia, aveva detto alla donna: “Dammi tuo figlio”. E adesso era Lui che lo restituiva vivo alla madre.

La tenerezza di Dio si rivela pienamente in Gesù. Abbiamo ascoltato nel Vangelo (Lc 7,11-17) come Lui provò «grande compassione» (v. 13) per quella vedova di Nain, in Galilea, la quale stava accompagnando alla sepoltura il suo unico figlio, ancora adolescente. Ma Gesù si avvicina, tocca la bara, ferma il corteo funebre, e sicuramente avrà accarezzato il viso bagnato di lacrime di quella povera mamma. «Non piangere!», le dice (Lc 7,13). Come se le chiedesse: “Dammi tuo figlio”. Gesù chiede per sé la nostra morte, per liberarcene e ridarci la vita. Infatti quel ragazzo si risvegliò come da un sonno profondo e ricominciò a parlare. E Gesù «lo restituì a sua madre» (v. 15). Non è un mago! E’ la tenerezza di Dio incarnata, in Lui opera l’immensa compassione del Padre.

Una sorta di risurrezione è anche quella dell’apostolo Paolo, che da nemico e feroce persecutore dei cristiani divenne testimone e araldo del Vangelo (cfr Gal 1,13-17). Questo radicale mutamento non fu opera sua, ma dono della misericordia di Dio, che lo «scelse» e lo «chiamò con la sua grazia», e volle rivelare “in lui” il suo Figlio perché lo annunciasse in mezzo alle genti (vv. 15-16). Paolo dice che Dio Padre si compiacque di rivelare il Figlio non solo a lui, ma in lui, cioè quasi imprimendo nella sua persona, carne e spirito, la morte e la risurrezione di Cristo. Così l’apostolo sarà non solo un messaggero, ma anzitutto un testimone.

E anche con i peccatori, ad uno ad uno, Gesù non cessa di far risplendere la vittoria della grazia che dà vita. E oggi e tutti i giorni, dice alla Madre Chiesa: “Dammi i tuoi figli”, che siamo tutti noi. Egli prende su di sé i nostri peccati, li toglie e ci restituisce vivi alla Chiesa stessa. E ciò avviene in modo speciale durante questo Anno Santo della Misericordia.

La Chiesa oggi ci mostra due suoi figli che sono testimoni esemplari di questo mistero di risurrezione. Entrambi possono cantare in eterno, con le parole del Salmista: «Hai mutato il mio lamento in danza, / Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre» (Sal30,12). E tutti insieme uniamo le nostre voci dicendo: «Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato» (Ritornello al Salmo responsoriale).

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta Beatificatione

 

IOANNES PAULUS PP. II

ad perpetuam rei memoriam

 

 

    «Ego, si exaltatus fuero a terra, omnes traham ad meipsum» (Io 12,32).

 

    Domini Iesu promissio mirum in modum vitam illustravit Servae Dei Mariae Elisabeth Hesselblad, quae vocem Christi audivit sublimemque in cruce vidit revelationem amoris Patris caelestis uti Ecclesiae humanaeque familiae cardinem. Mysterium Calvariae et evangelicum verbum in fide vivens, sequelam suscepit divini Magistri et pro causa unitatis christianorum ut unum essent (cf. Io 17,21) maximopere studuit.

    Fortis haec humilisque mulier die IV mensis Iunii anno MDCCCLXX ex parentibus Augusto Roberto Hesselblad et Gisa Pettersdotter Dag in Suetia, in pago vulgo Fåglavik est nata. Sequenti mense in paroecia loci Hudene, in sinu Reformatae Ecclesiae Sueticae, baptismali lavacro est abluta. Primos vitae annos diversis in locis transegit, paupertatem perferens et incommoda valetudinis; crevit tamen aequo et aperto animo erga Deum et proximum. Inde ab infantia, sciens condiscipulos scholae ad diversas pertinere ecclesias, interrogare sese coepit quodnam verum esset ovile Christi, lumen simul ex alto precibus exquirens. Anno MDCCCLXXXV, summa fide ducta erga praesentiam Iesu in Eucharistia, primo ad sacrum accedit convivium. Sedecim annos nata de auxilio propinquis praestando curam adhibuit. Hac de causa in Civitates Foederatas Americae Septentrionalis se contulit, ubi, plures patiens angustias, cotidianum victum honeste obtinuit. Novi Eboraci officium exercuit aegrorum ministrae, corporibus animisque adiumentum ferens. Laeto gratoque animo erga Dominum, qui eam duxerat ad quaerendam veritatem, die XV mensis Augusti anno MCMII Catholicae Ecclesiae fidem est amplexa. Romae in iisdem vixit aedibus Sanctae Birgittae, quam magis in dies mirata est et ardenter coluit. Difficiles post annos obtinuit ut Ordo Sanctissimi Salvatoris Romam transferretur, quod effecit ut novus enasceretur ramus ex vetere Birgittino stipite, signis temporum respondens, fidelitate tamen servata erga traditiones de contemplativa et liturgica vita. Instituit enim Ordinem Sanctissimi Salvatoris a Sancta Birgitta, cuius regimen ad obitum usque suum sapienter, firmiter comiterque tenuit. Socias suas cultu imbuit erga sanctissimam Eucharistiam, veneratione erga Deiparam Virginem et fiducia in divina Providentia, quae iuvit eam ad difficultates et pauper­tatem profligandas. Quaerens tantummodo gloriam Dei animarumque salutem, activas habuit partes vitae ecclesialis et praesertim, humilitate compulsa, vires ad Christi regnum dilatandum insumpsit. Contem­pla­tione, corporis afflictatione et evangelico testimonio, ad christianorum unitatem quod attinet, communionem Lutheranos inter et Ecclesiam Catholicam ardenter provexit. In Suetia et in India suum implantavit Ordinem.

    Altero mundiali saeviente bello, pacem diffundendam curavit et caritatis opera explevit pro Sororibus, pro Romano populo et pro Hebraeis, qui ob improbas leges persecutionem patiebantur. Ad lumen suae fidei ignemque caritatis inflammandum, artam assidue coluit consuetudinem cum Christo Ipsique cogitatione, verbo et opere se aptavit. Verbum Dei, liturgia, vita contemplationis, caritas erga proximum, votorum religiosorum regulaeque observantia sustinuerunt eam in itinere sanctitatis, quod perseveranti, assiduo laetoque animo percucurrit. Usque ad mortem singulis in muniis adimplevit voluntatem Dei, qui anno MCMLVII die XXIV mensis Aprilis eam ad se vocavit.

    Sanctitatis fama, qua vivens fruebatur, post mortem increbuit, hac de re Vicarius Romanae Dioecesis anno MCMLXXXVII Beatifi­cationis et Canonizationis Causam incohavit. Nosmet Ipsi die XXVI mensis Martii anno MCMXCIX sollemniter declaravimus Servam Dei virtutes theologales, cardinales iisque adnexas heroum in modum exercuisse. Promulgato decreto de mira sanatione, intercessioni Servae Dei adscripta, statuimus ut Romae die IX mensis Aprilis hoc anno Magni Iubilaei beatificationis ritus ageretur. Hodie igitur in foro Basilicam Sancti Petri Apostoli Vaticanam prospiciente, inter sacra hanc ediximus formulam:

    Nos vota Fratrum Nostrorum Iairi Jaramillo Monsalve, Episcopi Sanctae Rosae de Osos, Francisci Bible Schulte, Archiepiscopi Novae Aureliae, Camilli Cardinalis Ruini, Vicarii Nostri pro Romana Dioecesi, et Iacobi Pazhayattil, Episcopi Irinialakudensis, nec non plu­rimorum aliorum Fratrum in Episcopatu multorumque christi­fidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, Aucto­ritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Venerabiles Servi Dei Marianus a Iesu Euse Hoyos, Franciscus Xaverius Seelos, Anna Rosa Gattorno, Maria Elisabeth Hesselblad et Maria Teresia Chiramel Mankidiyan Beatorum nomine in posterum appellentur eorumque festum: Mariani a Iesu Euse Hoyos die decima tertia Iulii, Francisci Xaverii Seelos die quinta Octohris, Annae Rosae Gattorno die sexta Maii, Mariae Elisabeth Hesselblad die quarta Iunii et Mariae Teresiae Chiramel Mankidiyan die sexta Iunii in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Quae autem hasce per Litteras decrevimus, nunc et in posterum vim habere volumus, contrariis rebus minime officien­tibus quibuslibet. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die nono mensis Aprilis, anno Magni Iubilaei bismillesimo, Pontificatus Nostri altero et vicesimo.

 

De mandato Summi Pontificis

Angelus Card. Sodano

 

Loco Sigilli

In Secret. Status tab., n. 482.624

CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DI 5 SERVI DI DIO

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 9 aprile 2000

 

1. "Vogliamo vedere Gesù" (Gv 12, 24).

Questa è la richiesta rivolta a Filippo da alcuni greci, saliti a Gerusalemme in occasione della Pasqua. Il loro desiderio di incontrare Gesù e di ascoltarne la parola suscita una sua risposta solenne: «E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo» (Gv 12, 23). Qual è quest'«ora» a cui Gesù allude? Il contesto lo chiarisce: è l'«ora» misteriosa e solenne della sua morte e della sua risurrezione.

Vedere Gesù! Come quel gruppo di greci, innumerevoli uomini e donne lungo i secoli hanno desiderato conoscere il Signore. Lo hanno visto con gli occhi della fede. Lo hanno riconosciuto come Messia, crocifisso e risuscitato. Si sono lasciati da lui conquistare e sono divenuti suoi fedeli discepoli. Sono i santi ed i beati che la Chiesa ci addita come modelli da imitare ed esempi da seguire.

Nel contesto delle celebrazioni dell'Anno Santo, oggi ho la gioia di elevare alla gloria degli altari alcuni nuovi beati. Sono cinque Confessori della fede che hanno annunciato Cristo con la parola e l'hanno testimoniato con l'incessante servizio ai fratelli. Si tratta di Mariano de Jesús Euse Hoyos, Sacerdote diocesano e parroco; Francesco Saverio Seelos, Sacerdote professo della Congregazione del Santissimo Redentore; Anna Rosa Gattorno, vedova, Fondatrice dell'Istituto delle Figlie di Sant'Anna; Maria Elisabetta Hesselblad, Fondatrice dell'Ordine delle Suore del Santissimo Salvatore; Mariam Thresia Chiramel Mankidiyan, Fondatrice della Congregazione della Sacra Famiglia.

2. "El que quiera servirme, que me siga, y donde esté yo, allí también estará mi servidor" (Jn 12, 26a), nos ha dicho Jesús en el Evangelio que hemos escuchado. Seguidor fiel de Jesucristo, en el ejercicio abnegado del ministerio sacerdotal, fue el Padre Mariano de Jesús Euse Hoyos, que hoy sube a la gloria de los altares. Desde su íntima experiencia de encuentro con el Señor, el Padre Marianito, como es conocido familiarmente en su patria, se comprometió incansablemente en la evangelización de niños y adultos, especialmente de los campesinos. No ahorró sacrificios ni penalidades, entregándose durante casi cincuenta años en una modesta parroquia de Angostura, en Antioquia, a la gloria de Dios y al bien de las almas que le fueron encomendadas.

Que su luminoso testimonio de caridad, comprensión, servicio, solidaridad y perdón sean de ejemplo en Colombia y también una valiosa ayuda para seguir trabajando por la paz y la reconciliación total en ese amado País. Si el 9 de abril de hace cincuenta y dos años marcó el inicio de violencias y conflictos, que por desgracia duran aún, que este día del año del Gran Jubileo señale el comienzo de una etapa en la que todos los colombianos construyan juntos la nueva Colombia, fundamentada en la paz, la justicia social, el respeto de todos los derechos humanos y el amor fraterno entre los hijos de una misma patria.

3. "Give me again the joy of your help; with a spirit of fervour sustain me, that I may teach transgressors your ways and sinners may return to you" (Ps 51:14-15). Faithful to the spirit and charism of the Redemptorist Congregation to which he belonged, Father Francis Xavier Seelos often meditated upon these words of the Psalmist. Sustained by God's grace and an intense life of prayer, Father Seelos left his native Bavaria and committed himself generously and joyfully to the missionary apostolate among immigrant communities in the United States.

In the various places where he worked, Father Francis Xavier brought his enthusiasm, spirit of sacrifice and apostolic zeal. To the abandoned and the lost he preached the message of Jesus Christ, "the source of eternal salvation" (Heb 5:9), and in the hours spent in the confessional he convinced many to return to God. Today, Blessed Francis Xavier Seelos invites the members of the Church to deepen their union with Christ in the Sacraments of Penance and the Eucharist. Through his intercession, may all who work in the vineyard for the salvation of God's people be encouraged and strengthened in their task.

4. "Io, quando sarò elevato da terra - ha promesso Gesù nel Vangelo - attirerò tutti a me" (Gv 12, 32). Sarà, infatti, dall'alto della Croce che Gesù rivelerà al mondo l'amore sconfinato di Dio per l'umanità bisognosa di salvezza. Attratta irresistibilmente da questo amore, Anna Rosa Gattorno trasformò la sua vita in una continua immolazione per la conversione dei peccatori e la santificazione di tutti gli uomini. Essere "portavoce di Gesù", per far giungere ovunque il messaggio dell'amore che salva: ecco l'anelito più profondo del suo cuore!

Affidata totalmente alla Provvidenza ed animata da un coraggioso slancio di carità, la beata Anna Rosa Gattorno ebbe un unico intento, quello di servire Gesù nelle membra doloranti e ferite del prossimo, con sensibilità ed attenzione materna verso ogni umana miseria.

La singolare testimonianza di carità, lasciata dalla nuova Beata, costituisce ancor oggi uno stimolante incoraggiamento per quanti nella Chiesa sono impegnati a recare, in modo più specifico, l'annuncio dell'amore di Dio che guarisce le ferite d'ogni cuore e offre a tutti la pienezza della vita immortale.

5. "When I am lifted up from the earth, I shall draw all men to myself" (Jn 12:32). The promise of Jesus, is wonderfully fulfilled also in the life Mary Elisabeth Hesselblad. Like her fellow countrywoman, Saint Bridget, she too acquired a deep understanding of the wisdom of the Cross through prayer and in the events of her own life. Her early experience of poverty, her contact with the sick who impressed her by their serenity and trust in God's help, and her perseverance despite many obstacles in founding the Order of the Most Holy Saviour of Saint Bridget, taught her that the Cross is at the centre of human life and is the ultimate revelation of our Heavenly Father’s love. By constantly meditating on God's word, Sister Elisabeth was confirmed in her resolve to work and pray that all Christians would be one (cf. Jn 17:21).

She was convinced that by listening to the voice of the Crucified Christ they would come together into one flock under one Shepherd (cf. Jn 10:16), and from the very beginning her foundation, characterized by its Eucharistic and Marian spirituality, committed itself to the cause of Christian unity by means of prayer and evangelical witness. Through the intercession of Blessed Mary Elisabeth Hesselblad, pioneer of ecumenism, may God bless and bring to fruition the Church’s efforts to build ever deeper communion and foster ever more effective cooperation among all Christ's followers.

6. "Unless a wheat grain falls on the ground and dies, it remains only a single grain; but if it dies it yields a rich harvest" (Jn 12:24). From childhood, Mariam Thresia Mankidiyan knew instinctively that God's love for her demanded a deep personal purification. Committing herself to a life of prayer and penance, Sister Mariam Thresia’s willingness to embrace the Cross of Christ enabled her to remain steadfast in the face of frequent misunderstandings and severe spiritual trials. The patient discernment of her vocation eventually led to the foundation of the Congregation of the Holy Family, which continues to draw inspiration from her contemplative spirit and love of the poor.

Convinced that "God will give eternal life to those who convert sinners and bring them to the right path" (Letter 4 to her Spiritual Father), Sister Mariam devoted herself to this task by her visits and advice, as well as by her prayers and penitential practice. Through Blessed Mariam Thresia's intercession, may all consecrated men and women be strengthened in their vocation to pray for sinners and draw others to Christ by their words and example.

7. "Io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo" (Ger 31, 33). Dio è l'unico nostro Signore e noi siamo il suo popolo. Questo inscindibile patto d'amore fra Dio e l'umanità ha avuto la sua piena realizzazione nel sacrificio pasquale di Cristo. E' in Lui che noi, pur appartenendo a terre e culture diverse, diveniamo un unico popolo, una sola Chiesa, uno stesso edificio spirituale, di cui i santi sono pietre luminose e salde.

Rendiamo grazie al Signore per la splendida testimonianza di questi nuovi Beati. Guardiamo ad essi, specialmente in questo tempo quaresimale, per trarne incitamento nella preparazione alle prossime celebrazioni pasquali.

Maria, Regina dei Confessori, ci aiuti a seguire il suo divin Figlio, come hanno fatto i nuovi Beati. E voi, Mariano de Jesús Euse Hoyos, Francesco Saverio Seelos, Anna Rosa Gattorno, Maria Elisabetta Hesselblad, Mariam Thresa Chiramel Mankidiyan, intercedete per noi, perché, partecipando intimamente alla Passione redentrice di Cristo, possiamo vivere la fecondità del seme che muore ed essere accolti come sua messe nel Regno dei cieli. Amen!