Marie de la Croix Jugan

Marie de la Croix Jugan

(1792-1879)

Beatificazione:

- 03 ottobre 1982

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 11 ottobre 2009

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 29 agosto

Vergine, che per mendicare offerte per i poveri e per Dio fondò la Congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri, ma ingiustamente allontanata dal governo dell’Istituto, passò i restanti anni della sua vita in preghiera e umiltà

  • Biografia
  • Omelia
  • La Congregazione
  • omelia di beatificazione
Al giovane che la chiede in matrimonio risponde: "Dio mi vuole per sé, per un'opera che non è ancora fondata"

 

Marie de la Croix, al secolo Jeanne Jugan nasce in Bretagna, a Cancale (Francia), il 25 ottobre 1792, in piena tormenta rivoluzionaria, sesta di una famiglia di otto figli di cui quattro moriranno in tenera età. Suo padre, marinaio e pescatore, scompare in mare mentre lei ha solamente quattro anni. Sua madre, crescerà da sola i suoi quattro bambini.

Da sua madre, dalla sua terra natale, Jeanne eredita una fede viva e profonda, un carattere fermo, una forza d'animo che nessuna difficoltà riuscirà a scuotere. Ecco cosa è stato scritto a proposito della fede dei cancalesi: «Malgrado la persecuzione, il popolo cancalese aveva conservato la fede. Nella notte profonda, in una soffitta o un fienile, o anche in mezzo alla campagna, i fedeli si riunivano, e là, nel silenzio della notte, il sacerdote offriva il santo sacrificio e battezzava i bambini. Ma questa gioia era rara, c'erano tanti pericoli ».

A causa del clima politico e delle difficoltà economiche, Jeanne non può andare a scuola. Impara a leggere e a scrivere mentre apprendeva il catechismo, grazie alle terziarie eudiste molto diffuse nella regione.

Jeanne appartiene a questo mondo dei poveri e dei piccoli dove, ben presto, si conosce la legge del lavoro. Ancora bambina, pregando il rosario, custodisce il gregge sulla collina che domina la baia di Cancale, in un luogo meraviglioso che eleva e dilata la sua anima. Di ritorno a casa, aiuta sua madre nelle faccende domestiche.

A 15 anni, va a lavorare a 5 km da Cancale, in una casa borghese dove, con la proprietaria, andrà incontro ai bisognosi. Povera lei stessa, ha potuto percepire un po' dell'umiliazione che si prova nell'essere assistiti. Viene anche messa in contatto con un ambiente sociale diverso dal suo.

Il 1801 segna una tappa importante per la Chiesa di Francia. Firmando il Concordato, il 16 luglio, Bonaparte autorizza di nuovo la libertà di culto. È un vero risveglio spirituale. Nel 1803, a St Servan, (comune di St Malo), il vescovo di Rennes amministra il Sacramento della Confermazione a più di 1.500 persone. Vengono fatte molte missioni simili a quelle predicate nei secoli precedenti da San Vincenzo De Paoli, San Giovanni Eudes o San Luigi Maria Grignion de Montfort, per aiutare la rinascita religiosa. Una missione ha luogo a Cancale nel 1816, un'altra a St Servan nel 1817. L'eloquenza dei sacerdoti era « così forte, così pressante, così persuasiva che ben presto, dalle 5 del mattino e tutte le sere fino alle 7, le nostre chiese si dimostravano troppo piccole ».

È in questo clima di fervore che Jeanne sente la chiamata del Signore. Al giovane che la chiede in matrimonio, risponde: «Dio mi vuole per sé. Egli mi riserva per un'opera che non è ancora conosciuta, per un'opera che non è ancora fondata ». E rispondendo prontamente, fa due parti dei suoi vestiti, lascia quelli più belli alle sorelle e parte per St Servan dove, per 6 anni, il suo lavoro di aiuto infermiera la metterà in contatto con la miseria fisica e morale. Chiede anche di appartenere al Terz'Ordine eudista. In esso scoprirà un cristianesimo del cuore: «Avere una sola vita, un sol cuore, una sola anima, una sola volontà con Gesù». Farà al tempo stesso l'esperienza di una vita attiva e contemplativa centrata su Gesù. Da questo momento in poi, non avrà più che un solo desiderio: « essere umile come lo è stato Gesù». È il suo stile personale, un dono che la caratterizza e a cui risponderà con tutto il cuore.

Dopo una prova di salute, Jeanne deve lasciare l'ospedale ed è accolta da un'amica terziaria, la Signorina Lecoq, che servirà per 12 anni, fino alla sua morte nel 1835.

Nel 1839, ha 47 anni e condivide due piccole camere con due amiche: Fanchon, 75 anni, e Virginie Trédaniel, una giovane orfana di 17 anni. A St Servan, la situazione economica è pessima. Su 10.000 abitanti, 4.000 vivono di mendicità. Un ufficio di beneficenza è fondato dall'amministrazione locale. Potranno usufruirne solo i poveri del comune, a condizione di portare appeso al collo un cartello che riporta la scritta «Povero di St Servan ». Jeanne si situerà nelle profondità di questa miseria. Dio l'ha aspettata nel povero, lei lo incontrerà nel povero. Una sera d'inverno del 1839, Jeanne, commossa, incontra una povera donna, anziana, cieca ed inferma, che ha perso da poco il suo unico appoggio. Jeanne non esita un secondo. La prende tra le sue braccia, le dà il suo letto e se ne va a dormire in soffitta. È la scintilla iniziale di un grande fuoco di carità. D'ora in poi nulla più la fermerà. Nel 1841, affitta una grande stanza dove accoglie 12 persone anziane. Alcune giovani si uniscono a lei. Nel 1842, acquista - pur non avendo denaro - un vecchio convento in rovina dove ben presto saranno ospitati 40 anziani. Per far fronte al problema finanziario ed incoraggiata da un Fratello di San Giovanni di Dio, Jeanne si lancia sulle strade, cesto al braccio. Si fa mendicante per i poveri e fonda la sua opera sull'abbandono alla Provvidenza.

Nel 1845, le viene conferito il Premio Montyon che ogni anno ricompensava «un francese povero che durante l'anno aveva compiuto l'azione più virtuosa ». Seguono le fondazioni di Rennes e di Dinan nel 1846, quella di Tours nel 1847, di Angers nel 1850. Qui menzioniamo solo le fondazioni alle quali Jeanne ha partecipato, poiché molto rapidamente la Congregazione si estenderà in Europa, in America, in Africa del nord, poi poco tempo dopo la sua morte in Asia ed in Australia.

Ma questa fecondità è il frutto di uno spogliamento totale, radicale. Nel 1843, mentre Jeanne era appena stata rieletta superiora, inaspettatamente e di sua sola autorità, l'abate Le Pailleur, consigliere degli inizi, annulla l'elezione e nomina Marie Jamet (21 anni) al suo posto. Jeanne vede in ciò la volontà di Dio e si sottomette.

D'ora innanzi e fino al 1852, è attraverso la questua che sosterrà la sua opera, andando da una casa all'altra, incoraggiando con il suo esempio le giovani sorelle ancora inesperte, ottenendo le autorizzazioni ufficiali necessarie alla sopravvivenza dell'Istituto.

Nel 1852, il vescovo di Rennes riconosce ufficialmente la Congregazione e nomina l'abate Le Pailleur superiore generale del l'Istituto. Il primo gesto di quest'ultimo sarà quello di richiamare definitivamente Jeanne Jugan alla Casa madre per un ritiro che durerà 27 lunghi anni. Mistero di nascondimento. Alla fine della sua vita, le giovani sorelle non sapranno neanche più che lei è la fondatrice. Ma Jeanne, vivendo in mezzo alle novizie e postulanti sempre più numerose a causa dell'estensione della Congregazione, trasmetterà con la sua serenità, la sua saggezza ed i suoi consigli il carisma che la abita e che ha ricevuto dal Signore. E questo, in un costante spirito di lode. In verità poteva dire: « Siate piccole, piccole, piccole»; «È così bello essere poveri, non avere niente, attendere tutto dal buon Dio»; «Amate il buon Dio, è così buono. Affidiamoci a lui »; «Non dimenticate mai che il Povero è nostro Signore »; «Non rifiutate niente al buon Dio"; «Guardate il Povero con compassione e Gesù vi guarderà con bontà ».

Il 29 agosto 1879, si addormenta serenamente nel Signore dopo aver pronunciato queste ultime parole: «Padre eterno, aprite le vostre porte oggi alla più misera delle vostre figlie, che ha però tanto desiderio di vedervi!... O Maria, mia madre buona, venite a me. Sapete che vi amo e desidero tanto di vedervi ».

CAPPELLA PAPALE 
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI

 

ZYGMUNT SZCZĘSNY FELIŃSKI (1822 – 1895)
FRANCISCO COLL Y GUITART (1812 – 1875)
JOZEF DAMIAAN DE VEUSTER (1840 – 1889)
RAFAEL ARNÁIZ BARÓN (1911 – 1938)
MARIE DE LA CROIX (JEANNE) JUGAN (1792 – 1879)

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Domenica, 11 ottobre 2009

 

Cari fratelli e sorelle!

“Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Con questa domanda ha inizio il breve dialogo, che abbiamo ascoltato nella pagina evangelica, tra un tale, altrove identificato come il giovane ricco, e Gesù (cfr Mc 10,17-30). Non abbiamo molti dettagli circa questo anonimo personaggio; dai pochi tratti riusciamo tuttavia a percepire il suo sincero desiderio di giungere alla vita eterna conducendo un’onesta e virtuosa esistenza terrena. Conosce infatti i comandamenti e li osserva fedelmente sin dalla giovinezza. Eppure tutto questo, che è certo importante, non basta, - dice Gesù - manca una cosa soltanto, ma qualcosa di essenziale. Vedendolo allora ben disposto, il divino Maestro lo fissa con amore e gli propone il salto di qualità, lo chiama all'eroismo della santità, gli chiede di abbandonare tutto per seguirlo: “Vendi quello che hai e dallo ai poveri... e vieni e seguimi!” (v. 21).

“Vieni e seguimi!”. Ecco la vocazione cristiana che scaturisce da una proposta di amore del Signore, e che può realizzarsi solo grazie a una nostra risposta di amore. Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest'invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto. La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo. Così hanno fatto i cinque santi che oggi, con grande gioia, vengono posti alla venerazione della Chiesa universale: Zygmunt Szczęsny Feliński, Francisco Coll y Guitart, Jozef Damiaan de Veuster, Rafael Arnáiz Barón e Marie de la Croix (Jeanne) Jugan. In essi contempliamo realizzate le parole dell’apostolo Pietro: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito” (v. 28) e la consolante assicurazione di Gesù: “non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo , che non riceva già ora... cento volte tanto... insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà” (vv. 29-30)

Zygmunt Szczęsny Feliński, arcybiskup Warszawy, założyciel zgromadzenia Franciszkanek Rodziny Maryi, był wielkim świadkiem wiary i duszpasterskiej miłości w czasach bardzo trudnych dla narodu i Kościoła w Polsce. Gorliwie dbał o duchowy wzrost wiernych i pomagał ubogim i sierotom. W Akademii Duchownej w Petersburgu starał się o solidną formację przyszłych kapłanów. Jako arcybiskup warszawski zapalał wszystkich do wewnętrznej odnowy. Przed wybuchem powstania styczniowego ostrzegał przed niepotrzebnym rozlewem krwi. Jednak, gdy powstanie się rozpoczęło i gdy nastąpiły represje, odważnie stanął w obronie uciśnionych. Z rozkazu cara rosyjskiego spędził dwadzieścia lat na wygnaniu w Jarosławiu nad Wołgą. Nigdy już nie mógł powrócić do swojej diecezji. W każdej sytuacji zachował niewzruszoną ufność w Bożą Opatrzność i tak się modlił: „O Boże, nie od udręczeń i trosk tego świata nas ochraniaj... pomnażaj tylko miłość w sercach naszych i daj, abyśmy przy najgłębszej pokorze zachowali nieograniczoną ufność w pomoc i miłosierdzie Twoje”. Dziś jego ufne i pełne miłości oddanie Bogu i ludziom staje się świetlanym wzorem dla całego Kościoła.

[Zygmunt Szczęsny Feliński, Arcivescovo di Varsavia, fondatore della congregazione delle Francescane della Famiglia di Maria, è stato un grande testimone della fede e della carità pastorale in tempi molto difficili per la nazione e per la Chiesa in Polonia. Si preoccupò con zelo della crescita spirituale dei fedeli, aiutava i poveri e gli orfani. All’Accademia Ecclesiastica di San Pietroburgo curò una solida formazione dei sacerdoti. Come Arcivescovo di Varsavia infiammò tutti verso un rinnovamento interiore. Prima dell’insurrezione del gennaio 1863 contro l’annessione russa mise in guardia il popolo dall’inutile spargimento del sangue. Quando però scoppiò la sommossa e ci furono le repressioni, coraggiosamente difese gli oppressi. Per ordine dello zar russo passò vent’anni in esilio a Jaroslaw sul Volga, senza poter fare mai più ritorno nella sua diocesi. In ogni situazione conservò incrollabile la fiducia nella Divina Provvidenza, e così pregava: “Oh, Dio, proteggici non dalle tribolazioni e dalle preoccupazioni di questo mondo… solo moltiplica l’amore nei nostri cuori e fa che con la più profonda umiltà manteniamo l’infinita fiducia nel Tuo aiuto e nella Tua misericordia…”. Oggi il suo donarsi a Dio e agli uomini, pieno di fiducia e di amore, diventa un fulgido esempio per tutta la Chiesa.]

San Pablo nos recuerda en la segunda lectura que «la Palabra de Dios es viva y eficaz» (Hb 4,12). En ella, el Padre, que está en el cielo, conversa amorosamente con sus hijos de todos los tiempos (cf. Dei Verbum, 21), dándoles a conocer su infinito amor y, de este modo, alentarlos, consolarlos y ofrecerles su designio de salvación para la humanidad y para cada persona. Consciente de ello, San Francisco Coll se dedicó con ahínco a propagarla, cumpliendo así fielmente su vocación en la Orden de Predicadores, en la que profesó. Su pasión fue predicar, en gran parte de manera itinerante y siguiendo la forma de «misiones populares», con el fin de anunciar y reavivar por pueblos y ciudades de Cataluña la Palabra de Dios, ayudando así a las gentes al encuentro profundo con Él. Un encuentro que lleva a la conversión del corazón, a recibir con gozo la gracia divina y a mantener un diálogo constante con Nuestro Señor mediante la oración. Por eso, su actividad evangelizadora incluía una gran entrega al sacramento de la Reconciliación, un énfasis destacado en la Eucaristía y una insistencia constante en la oración. Francisco Coll llegaba al corazón de los demás porque trasmitía lo que él mismo vivía con pasión en su inte­rior, lo que ardía en su corazón: el amor de Cristo, su entrega a Él. Para que la semilla de la Palabra de Dios encontrara buena tierra, Francisco fundó la congregación de las Hermanas Dominicas de la Anunciata, con el fin de dar una educación integral a niños y jóvenes, de modo que pudieran ir descubriendo la riqueza insondable que es Cristo, ese amigo fiel que nunca nos abandona ni se cansa de estar a nuestro lado, animando nuestra esperanza con su Palabra de vida.

[San Paolo nella seconda lettura ci ricorda che "la Parola di Dio è viva, efficace" (Eb 4, 12). In essa, il Padre, che è in cielo, conversa amorevolmente con i suoi figli in ogni tempo (cfr. Dei Verbum, n. 22), facendo conoscere loro il suo infinito amore e, in tal modo, incoraggiarli, consolarli e offrire loro il suo disegno di salvezza per l'umanità e per ogni persona. Consapevole di ciò, san Francisco Coll si dedicò con impegno a diffonderla, compiendo così fedelmente la sua vocazione nell'Ordine dei Predicatori, nel quale emise la professione. La sua passione fu predicare, in gran parte in modo itinerante e seguendo la forma delle "missioni popolari", al fine di annunciare e di ravvivare nei paesi e nelle città della Catalogna la Parola di Dio, guidando così le persone all'incontro profondo con Lui. Un incontro che porta alla conversione del cuore, a ricevere con gioia la grazia divina e a mantenere un dialogo costante con Nostro Signore mediante la preghiera. Per questo, la sua attività evangelizzatrice includeva una grande dedizione al sacramento della Riconciliazione, un'enfasi particolare sull'Eucarestia e un'insistenza costante sulla preghiera. Francisco Coll giungeva al cuore degli altri perché trasmetteva quello che egli stesso viveva con passione nel suo intimo, quello che ardeva nel suo cuore:  l'amore a Cristo, il suo dono di sé a Lui. Affinché il seme della Parola di Dio trovasse un terreno buono, Francisco fondò la congregazione delle Suore Domenicane dell'Annunciazione, al fine di offrire un'educazione integrale ai bambini e ai giovani, di modo che potessero scoprire la ricchezza insondabile che è Cristo, questo amico fedele che non ci abbandona mai e non si stanca di stare al nostro fianco, animando la nostra speranza con la sua Parola di vita].

Jozef De Veuster, die de naam Damiaan verkreeg in de Congregatie van de Heilige Harten van Jezus en Maria, verliet zijn geboorteland Vlaanderen toen hij drie en twintig (23) jaar oud was, in achttienhonderd drie en zestig (1863), en wel om het Evangelie te verkondigen aan de andere kant van de wereld in de Hawaï-eilanden. Zijn missieactiviteit, die hem zoveel vreugde heeft verschaft, gaat zijn hoogtepunt vinden in de naastenliefde. Niet zonder vrees en weerzin, heeft hij ervoor gekozen naar het eiland Molokaï te gaan ten dienste van de melaatsen die zich daar bevinden, door iedereen verlaten; zo stelt hij zich bloot aan de ziekte waaronder ze lijden. Hij voelt zich bij hen thuis. De dienaar van het Woord is een lijdende dienaar geworden, melaats met de melaatsen gedurende de laatste vier jaar van zijn leven. Um Christus nachzufolgen, hat Pater Damian nicht nur seine Heimat verlassen, sondern auch seine eigene Gesundheit aufs Spiel gesezt: deshalb hat er - nach dem Wort, das Jesus uns heute im Evangelium verkündet - das ewige Leben bekommen (vgl. Mk 10,30). En ce 20ème anniversaire de la canonisation d’un autre saint belge, le Frère Mutien-Marie, l’Eglise en Belgique est unie une nouvelle fois pour rendre grâce à Dieu pour l’un de ses fils reconnu comme un authentique serviteur de Dieu. Nous nous souvenons devant cette noble figure que c’est la charité qui fait l’unité : elle l’enfante et la rend désirable. À la suite de saint Paul, saint Damien nous entraîne à choisir les bons combats (cf. 1 Tim 1, 18), non pas ceux qui portent la division, mais ceux qui rassemblent. Il nous invite à ouvrir les yeux sur les lèpres qui défigurent l’humanité de nos frères et appellent encore aujourd’hui, plus que notre générosité, la charité de notre présence servante.

[Jozef De Veuster, che nella Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria ha ricevuto il nome di Damiaan, quando aveva ventitré (23) anni, nel 1863, lasciò il suo Paese natale, le Fiandre, per annunciare il Vangelo all'altra parte del mondo, nelle Isole Hawaii. La sua attività missionaria, che gli ha dato tanta gioia, raggiunge il suo culmine nella carità. Non senza paura e ripugnanza, fece la scelta di andare nell'Isola di Molokai al servizio dei lebbrosi che si trovavano là, abbandonati da tutti; così si espose alla malattia della quale essi soffrivano. Con loro si sentì a casa. Il servitore della Parola divenne così un servitore sofferente, lebbroso con i lebbrosi, durante gli ultimi quattro anni della sua vita. 
Per seguire Cristo, il Padre Damiano non ha solo lasciato la sua patria, ma ha anche messo in gioco la sua salute: perciò egli - come dice la parola di Gesù che ci è stata annunciata nel Vangelo di oggi - ha ricevuto la vita eterna (cfr. Mc 10, 30) 
In questo ventesimo anniversario della canonizzazione di un altro santo belga, Fratel Mutien-Marie, la Chiesa in Belgio è riunita ancora una volta per rendere grazie a Dio per uno dei suoi figli, riconosciuto come un autentico servitore di Dio. Dinanzi a questa nobile figura ricordiamo che è la carità che fa l'unità: la genera e la rende desiderabile. Seguendo san Paolo, san Damiaan ci porta a scegliere le buone battaglie (cfr. 1 Tm 1, 18), non quelle che portano alla divisione, ma quelle che riuniscono. Ci invita ad aprire gli occhi sulle lebbre che sfigurano l'umanità dei nostri fratelli e chiedono, ancora oggi, più che la nostra generosità, la carità della nostra presenza di servitori.]

A la figura del joven que presenta a Jesús sus deseos de ser algo más que un buen cumplidor de los deberes que impone la ley, volviendo al Evangelio de hoy, hace de contraluz el Hermano Rafael, hoy canonizado, fallecido a los veintisiete años como Oblato en la Trapa de San Isidro de Dueñas. También él era de familia acomodada y, como él mismo dice, de “alma un poco soñadora”, pero cuyos sueños no se desvanecen ante el apego a los bienes materiales y a otras metas que la vida del mundo propone a veces con gran insistencia. Él dijo sí a la propuesta de seguir a Jesús, de manera inmediata y decidida, sin límites ni condiciones. De este modo, inició un camino que, desde aquel momento en que se dio cuenta en el Monasterio de que “no sabía rezar”, le llevó en pocos años a las cumbres de la vida espiritual, que él relata con gran llaneza y naturalidad en numerosos escritos. El Hermano Rafael, aún cercano a nosotros, nos sigue ofreciendo con su ejemplo y sus obras un recorrido atractivo, especialmente para los jóvenes que no se conforman con poco, sino que aspiran a la plena verdad, a la más indecible alegría, que se alcanzan por el amor de Dios. “Vida de amor... He aquí la única razón de vivir”, dice el nuevo Santo. E insiste: “Del amor de Dios sale todo”. Que el Señor escuche benigno una de las últimas plegarias de San Rafael Arnáiz, cuando le entregaba toda su vida, suplicando: “Tómame a mí y date Tú al mundo”. Que se dé para reanimar la vida interior de los cristianos de hoy. Que se dé para que sus Hermanos de la Trapa y los centros monásticos sigan siendo ese faro que hace descubrir el íntimo anhelo de Dios que Él ha puesto en cada corazón humano.

[Alla figura del giovane che esprime a Gesù il suo desiderio di fare qualcosa di più di adempiere semplicemente ai doveri che la legge impone, tornando al Vangelo di oggi, fa dà contrappunto fratel Rafael, oggi canonizzato, morto a ventisette anni come oblato nella trappa di San Isidro de Deuñas. Anche lui apparteneva a una famiglia agiata e, come egli stesso dice, era di "animo un po' sognatore", ma i suoi sogni non svaniscono dinanzi all'attaccamento ai beni materiali e ad altre mete che la vita del mondo a volte propone con grande insistenza. Disse sì alla proposta di seguire Gesù, in maniera immediata e decisa, senza limiti né condizioni. In tal modo, iniziò un cammino che, dal momento in cui nel monastero si rese conto che "non sapeva pregare", lo condusse in pochi anni sulla vetta della vita spirituale, che descrive con grande semplicità e naturalezza in numerosi scritti. Fratel Rafael, ancora vicino a noi, continua a offrirci con il suo esempio e con le sue opere un percorso attraente, soprattutto per i giovani che non si accontentano di poco, ma aspirano alla piena verità, alla più indicibile gioia, che si raggiungono solo attraverso l'amore di Dio. "Vita di amore... Ecco l'unica ragione per vivere", dice il nuovo santo. E insiste: "Dall'amore di Dio viene tutto". Che il Signore ascolti benigno una delle ultime preghiere di san Rafael Arnáiz, quando, nel donargli tutta la sua vita, lo supplicava:  "Prendi me e donati Tu al mondo". Che si doni per ravvivare la vita interiore dei cristiani di oggi! Che si doni affinché i suoi fratelli della trappa e i centri monastici continuino a essere quel faro che fa scoprire l'intimo anelito di Dio che Egli ha posto in ogni cuore umano].

Par son œuvre admirable au service des personnes âgées les plus démunies, Sainte Marie de la Croix est aussi comme un phare pour guider nos sociétés qui ont toujours à redécouvrir la place et l’apport unique de cette période de la vie. Née en 1792 à Cancale, en Bretagne, Jeanne Jugan a eu le souci de la dignité de ses frères et de ses sœurs en humanité, que l’âge a rendus vulnérables, reconnaissant en eux la personne même du Christ. « Regardez le pauvre avec compassion, disait-elle, et Jésus vous regardera avec bonté, à votre dernier jour ». Ce regard de compassion sur les personnes âgées, puisé dans sa profonde communion avec Dieu, Jeanne Jugan l’a porté à travers son service joyeux et désintéressé, exercé avec douceur et humilité du cœur, se voulant elle-même pauvre parmi les pauvres. Jeanne a vécu le mystère d’amour en acceptant, en paix, l’obscurité et le dépouillement jusqu’à sa mort. Son charisme est toujours d’actualité, alors que tant de personnes âgées souffrent de multiples pauvretés et de solitude, étant parfois même abandonnées de leurs familles. L’esprit d’hospitalité et d’amour fraternel, fondé sur une confiance illimitée dans la Providence, dont Jeanne Jugan trouvait la source dans les Béatitudes, a illuminé toute son existence. Cet élan évangélique se poursuit aujourd’hui à travers le monde dans la Congrégation des Petites Sœurs des Pauvres, qu’elle a fondée et qui témoigne à sa suite de la miséricorde de Dieu et de l’amour compatissant du Cœur de Jésus pour les plus petits. Que sainte Jeanne Jugan soit pour les personnes âgées une source vive d’espérance et pour les personnes qui se mettent généreusement à leur service un puissant stimulant afin de poursuivre et de développer son œuvre !

[Con la sua ammirevole opera al servizio delle persone anziane e più bisognose, Santa Marie de la Croix è a sua volta un faro che guida le nostre società, che devono sempre riscoprire il posto e il contributo unico di questo periodo della vita. Nata nel 1792 a Cancale, in Bretagna, Jeanne Jugan si preoccupò della dignità dei suoi fratelli e delle sue sorelle in umanità che l'età rendeva vulnerabili, riconoscendo in essi la persona stessa di Cristo. "Guardate il povero con compassione", diceva, "e Gesù vi guarderà con bontà, nel vostro ultimo giorno". Questo sguardo compassionevole verso le persone anziane, che veniva dalla sua profonda comunione con Dio, Jeanne Jugan l'ha mostrato nel suo servizio gioioso e disinteressato, esercitato con dolcezza e umiltà di cuore, volendo essere essa stessa povera fa i poveri. Jeanne ha vissuto il mistero di amore accettando, in pace, l'oscurità e la spoliazione fino alla sua morte. Il suo carisma è sempre attuale, poiché tante persone anziane soffrono di molteplici povertà e di solitudine, venendo a volte persino abbandonate dalle loro famiglie. Lo spirito di ospitalità e di amore fraterno, fondato su una fiducia illimitata nella Provvidenza, la cui sorgente Jeanne Jugan trovava nelle Beatitudini, ha illuminato tutta la sua esistenza. Questo slancio evangelico continua oggi in tutto il mondo nella Congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri, che fondò e che, sul suo esempio, rende testimonianza della misericordia di Dio e dell'amore compassionevole del Cuore di Gesù per i più piccoli. Che Santa Jeanne Jugan sia per le persone anziane una fonte viva di speranza e per le persone che si mettono generosamente al loro servizio un potente stimolo al fine di proseguire e di sviluppare la sua opera!].

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono della santità, che quest'oggi rifulge nella Chiesa con singolare bellezza. Mentre con affetto saluto ciascuno di voi - Cardinali, Vescovi, Autorità civili e militari, sacerdoti, religiosi e religiose, fedeli laici di varie nazionalità che prendete parte a questa solenne celebrazione eucaristica, - vorrei rivolgere a tutti l'invito a lasciarsi attrarre dagli esempi luminosi di questi Santi, a lasciarsi guidare dai loro insegnamenti perché tutta la nostra esistenza diventi un cantico di lode all'amore di Dio. Ci ottenga questa grazia la loro celeste intercessione e soprattutto la materna protezione di Maria, Regina dei Santi e Madre dell'umanità. Amen.

La Congregazione all'epoca contava 2400 Piccole Sorelle diffuse in 177 case in tre continenti. «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore, porta molto frutto ».

Il 13 luglio 1979, Giovanni Paolo II riconosce l'eroicità delle sue virtù e la beatifica nella Basilica di San Pietro, a Roma, il 3 ottobre 1982.

 SANTA MESSA PER LA PROCLAMAZIONE DI NOVE BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica di San Pietro, 3 ottobre 1982

 

Cari fratelli e sorelle!

1. Grande è la gioia della Chiesa per l’elevazione agli onori degli altari di alcuni luminosi suoi figli: il Beato Salvatore Lilli, dei Frati Minori, e la Beata Jeanne Jugan, Fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri. Un italiano ed una francese, al primo dei quali sono associati sette cristiani della Turchia Orientale (Armenia Minore), martiri della fede.

È significativo che la Beatificazione del Padre Salvatore Lilli, missionario francescano della Custodia della Terra Santa e parroco di Mujuk-Deresi, avvenga proprio oggi, vigilia della festa di san Francesco d’Assisi.

Nel settimo centenario della morte del Santo di Assisi, nel 1926, il mio predecessore Pio XI volle sottolineare l’unione che lega il Serafico san Francesco alla terra di Gesù, beatificando otto francescani della Custodia, uccisi a Damasco nel 1860. Oggi, nell’anno otto volte centenario della nascita di san Francesco, un altro suo figlio, anch’egli impegnato pastoralmente in terra d’Oriente, è elevato agli onori degli altari, insieme a sette suoi parrocchiani martiri.

2. La cronologia del beato Salvatore è semplice, ma ricca di fatti che attestano il suo grande amore a Dio ed ai fratelli; essa culmina col martirio che venne a coronare una vita di fedeltà alla vocazione francescana e missionaria. Dei sette Soci nel martirio conosciamo i nomi, le famiglie e l’ambiente di vita: erano umili contadini e ferventi cristiani, provenienti da una stirpe che ha conservato attraverso i secoli integra la propria fedeltà a Dio ed alla Chiesa, nonostante momenti difficili ed a volte anche drammatici.

Fra quella gente umile il giovane missionario si immerse con dedizione totale, realizzando in breve tempo quanto poteva sembrare impensabile agli altri. Fondò tre nuovi villaggi per riunire i nuclei familiari dispersi, allo scopo di meglio proteggerli ed istruirli; provvide all’acquisto di un vasto terreno per dare un lavoro ed un pane a chi ne era privo e promosse con tenacia l’istruzione dei giovani. Soprattutto impresse un ritmo più intenso alla vita religiosa dei suoi parrocchiani, che si sentivano trascinati dal suo esempio, dalla sua pietà e dalla sua generosità; i suoi preferiti erano gli ammalati, i poveri, i bambini.

Saggio consigliere e solerte promotore di opere sociali, era aperto a tutti: cattolici, ortodossi, musulmani ed a tutti sapeva offrire, col sorriso, il suo servizio; per questo era particolarmente amato dai suoi fedeli, stimato e rispettato dagli altri.

Durante poi l’imperversare del colera, il suo apostolato si illuminò di carità eroica: fu nello stesso tempo sacerdote e medico. Incurante del contagio, passava di casa in casa assistendo moralmente e materialmente gli ammalati. In questa circostanza scrisse alla sorella, religiosa Trinitaria: “Mi sentivo un tale coraggio che l’andare presso il coleroso, soccorrerlo, amministrargli medicine, ecc., mi sembravano cose ordinarie”. E ne indicava la chiara motivazione: il sacerdote pieno di fede in Dio non teme i pericoli e “corre ad alleviare il misero fratello che tante volte si trova abbandonato dai suoi più cari” (Lettera alla sorella Suor Maria Pia, religiosa Trinitaria, 4 dicembre 1890).

Quando insorsero con violenza i sintomi premonitori della tempesta che si avvicinava minacciosa, i confratelli esortarono il Padre Salvatore a riparare in luoghi più sicuri. Gli stessi abitanti della zona, preoccupati per la vita del loro Padre, insistettero perché si ponesse in salvo. La risposta di Padre Lilli fu calma e decisa: “Non posso abbandonare le mie pecorelle; preferisco morire con loro, se è necessario” (Positio super Martyrio, Summarium, teste III, ad art. 16, p. 36); e rimase nella stazione missionaria.

Il 19 novembre 1895, i militari entrarono nella casa parrocchiale e il comandante pose subito l’alternativa: o rinnegare Cristo, o morire. Chiara e ferma fu la risposta del sacerdote che dovette per questo subire una prima esplosione di violenza: alcuni colpi di baionetta che ne fecero scorrere il sangue.

Tre giorni dopo, il religioso e sette suoi parrocchiani furono condotti via dalla truppa; marciarono per due ore; vicino ad un torrente furono fatti fermare ed il colonnello propose per l’ultima volta di scegliere fra l’abiura e la morte: “All’infuori di Cristo non riconosco alcuno”, disse il Padre. Non meno nobile fu la risposta degli altri Martiri: “Uccideteci, ma non rinnegheremo la nostra religione” (Ivi., teste V, p. 53 ad 8).

Per primo fu ucciso il beato Salvatore, trafitto dalle baionette dei soldati: immediatamente dopo, gli altri sette subirono la medesima sorte.

3. Questo missionario francescano ed i suoi sette fedeli parlano con eloquenza incisiva al mondo di oggi: sono per tutti noi un salutare richiamo alla sostanza del cristianesimo. Quando le circostanze della vita ci pongono di fronte alle scelte fondamentali, fra valori terreni e valori eterni, gli otto Beati Martiri ci insegnano come si vive il Vangelo, anche nelle contingenze più difficili.

Il riconoscere Gesù Cristo come Maestro e Redentore implica l’accettazione piena di tutte le conseguenze che nella vita derivano da tale atto di fede. I Martiri, elevati oggi agli onori degli altari, vanno onorari imitandone l’esempio di fortezza e di amore a Cristo. La loro testimonianza e la grazia che li ha assistiti sono per noi motivo di coraggio e di speranza: ci assicurano che è possibile, di fronte alle più ardue difficoltà, seguire la legge di Dio e superare gli ostacoli che si incontrano nel viverla e metterla in pratica.

I nostri beati Martiri hanno vissuto in prima persona le parole rivolte da Gesù ai suoi discepoli: “Chiunque mi renderà testimonianza davanti agli uomini, gli renderò testimonianza davanti al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10,32). Il beato Salvatore ed i suoi compagni hanno subìto la morte per rendere la loro eroica testimonianza a Cristo di fronte al mondo: il Signore ha reso loro la sua testimonianza davanti al Padre con la vita eterna.

Questa lezione, insieme a quella della carità eroica della Beata Jeanne Jugan, sia di sprone a tutti i battezzati per una vita cristiana sempre più coerente e sempre più generosa al servizio del Signore, della Chiesa e dell’uomo.

 4. Et exaltavit humiles! Ces paroles bien connues du Magnificat remplissent mon esprit et mon cœur de joie et d’émotion, alors que je viens de proclamer bienheureuse la très humble fondatrice des Petites Sœurs des Pauvres. Je rends grâce au Seigneur d’avoir réalisé ce que le Pape Jean XXIII avait légitimement espéré et ce que Paul VI avait si ardemment désiré. Certes, on pourrait appliquer le texte cité tout à l’heure aux innombrables disciples du Christ béatifiés ou canonisés par l’autorité suprême de l’Eglise. Cependant, la lecture attentive de la Position sur les vertus de Jeanne Jugan, comme les récentes biographies consacrées à sa personne et à son épopée de charité évangélique, m’inclinent à dire que Dieu ne pouvait glorifier plus humble servante. Je ne crains pas, chers pèlerins, de vous encourager à lire ou à relire les ouvrages qui parlent si bien de l’héroïque humilité de la bienheureuse Jeanne, comme de l’admirable sagesse divine, qui dispose avec patience et discrétion les événements destinés à favoriser la germination d’une vocation exceptionnelle et l’éclosion d’une œuvre nouvelle, à la fois ecclésiale et sociale.

5. Cela dit, je voudrais méditer avec vous et pour vous sur l’actualité du message spirituel de la nouvelle bienheureuse. Jeanne nous invite tous – et je cite les termes de la Règle des Petites Sœurs – “à communier à la beatitude de la pauvreté spirituelle, acheminant vers le dépouillement total qui livre une âme à Dieu”. Elle nous y invite beaucoup plus par sa vie que par les quelques paroles conservées d’elle et marquées du sceau de l’Esprit Saint, telles que celles-ci: “C’est si beau d’être pauvre, de ne rien avoir, de tout attendre du Bon Dieu”. Consciente et joyeuse de sa pauvreté, elle compte totalement sur la divine Providence, qu’elle reconnaît à l’œuvre dans sa propre vie et dans celle des autres. Cette confiance absolue n’est pas pour autant inactive. Avec le courage et la foi qui caractérisent les femmes de son terroir natal, elle n’hésite pas à “mendier à la place des pauvres qu’elle accueille”. Elle se veut leur sœur, leur “Petite Sœur”. Elle veut s’identifier à tout ce monde des anciens souvent mal portants, parfois bien délaissés. N’est-ce pas l’Evangile à l’état pur?

N’est-ce pas la voie que le Tiers-Ordre de saint Jean Eudes lui avait enseignée: “... n’avoir qu’une vie, qu’un cœur, qu’une âme, qu’une volonté avec Jésus” pour rejoindre ceux que Jésus a toujours préférés: les petits et les pauvres? Grâce à ses exercices quotidiens de piété – longue oraison silencieuse, participation au Sacrifice eucharistique et communion au Corps du Christ plus fréquente que de coutume en cette époque, récitation méditée du rosaire qui ne la quittait pas, et cet agenouillement fervent devant les stations du chemin de la croix – l’âme de Jeanne était véritablement plongée dans le mystère du Christ Rédempteur, spécialement dans sa passion et sa croix. Son nom de religion – Sœur Marie de la Croix – en est le symbole réel et émouvant. Depuis le hameau natal des Petites-Croix (coïncidence ou présage?) jusqu’à son départ de ce monde, le 29 août 1879, la vie de cette fondatrice est comparable à un long et très fécond chemin de croix, vécu dans la sérénité et la joie selon l’Evangile. Comment ne pas souligner ici que, quatre ans après la naissance de l’Œuvre, Jeanne fut victime d’immixtions abusives et extérieures au groupe de ses premières compagnes? Elle se laissa dépouiller de sa charge de Supérieure, et un peu plus tard elle accepta de rentrer à la Maison-Mère pour une retraite qui durera vingt-sept années, sans la moindre protestation. En mesurant pareils événements, le mot d’héroïsme vient de lui-même à l’esprit. Saint Jean Eudes, son maître spirituel, disait: “La vraie mesure de la sainteté, c’est l’humilité”. En recommandant souvent aux Petites Sœurs: “Soyez petites, bien petites! Gardez l’esprit d’humilité, de simplicité! Si nous venions à nous croire quelque chose, la Congrégation ne ferait plus bénir le Bon Dieu, nous tomberions”, Jeanne livrait en vérité sa propre expérience spirituelle. Et dans sa longue retraite à la Tour Saint-Joseph, elle exerça certainement sur de nombreuses générations de novices et de Petites Sœurs une influence décisive, imprimant son esprit à la Congrégation par le rayonnement silencieux et éloquent de sa vie. A notre époque, l’orgueil, la recherche de l’efficacité, la tentation des moyens puissants ont facilement cours dans le monde et parfois, hélas, dans l’Eglise. Ils font obstacle à l’avènement du royaume de Dieu. C’est pourquoi la physionomie spirituelle de Jeanne Jugan est capable d’attirer les disciples du Christ et de remplir leurs cœurs de simplicité et d’humilité, d’espérance et de joie évangélique, puisées en Dieu et dans l’oubli de soi. Son message spirituel peut entraîner les baptisés et les confirmés à une redécouverte et à une pratique du réalisme de la charité qui est étonnamment efficace dans une vie de Petite Sœur ou de laïc chrétien lorsque le Dieu d’Amour et de Miséricorde y règne pleinement.

6. Jeanne Jugan nous a également laissé un message apostolique tout à tait d’actualité. On peut dire qu’elle avait reçu de l’Esprit comme une intuition prophétique des besoins et des aspirations profondes des personnes âgées: ce désir d’être respectees, estimées, aimées; cette appréhension de la solitude en même temps que le souhait d’un espace de liberté et d’intimité; cette nostalgie de se sentir encore utiles; et très souvent, une volonté d’approfondir les choses de la foi et d’en mieux vivre. J’ajouterais que, sans avoir lu et médité les beaux textes de “Gaudium et Spes”, Jeanne était déjà en accord secret avec ce qu’ils disent de l’établissement d’une grande famille humaine où tous les hommes se traitent comme des frères er partagent les biens de la création selon la règle de la justice, inséparable de la charité. Si les systèmes de sécurité sociale actuellement en vigueur ont supprimé les misères du temps de Jeanne Jugan, la détresse des personnes âgées se rencontre encore en maints pays où œvrent ses Filles. Et même dans les régions où ils existent, ces systèmes de prévoyatice ne procurent pas toujours aux anciens ce type de maisons vraiment familiales qui correspondraient à leur attente, comme à leurs besoins corporels et spirituels. On le voit: dans un monde où le nombre des personnes âgées va croissant – le récent Congrès international de Vienne s’en est préoccupé – l’actualité du message apostolique de Jeanne Jugan et de ses Filles est hors de doute. Dès les premières années, la fondatrice a voulu que sa Congrégation, loin de se limiter à l’ouest de la France, devienne un véritable réseau de maisons familiales, où chaque personne soit accueillie, honorée, et même – selon les possibilités individuelles – promue à un épanouissement de son existence. L’actualité de la mission inaugurée par la bienheureuse est si vraie que les demandes d’admission et de fondation ne cessent d’affluer. A sa mort, deux mille quatre cents Petites Sœurs étaient au service des personnes pauvres et âgées, en dix pays. Aujourd’hui, elles sont quatre mille quatre cents, réparties à travers trente nations et sur les cinq continents. L’Eglise tout entière et la société elle-même ne peuvent qu’admirer et applaudir la merveilleuse croissance de la toute petite semence évangélique jetée en terre bretonne, voici bientôt cent cinquante ans par la très humble Cancalaise, si pauvre de biens mais si riche de foi!

7. Puisse la béatification de leur très chère fondatrice apporter aux Petites Sœurs des Pauvres un nouvel élan de fidélité au charisme spirituel et apostolique de leur Mère! Puisse la répercussion de cet événement à travers toutes les fondations éclairer et décider de nombreuses jeunes filles à rejoindre les rangs des Petites Sœurs! Puisse la glorification de leur compatriote être pour les paroissiens de Cancale et pour tous les diocésains de Rennes un appel vigoureux à la foi et à la charité évangéliques! Puisse enfin cette béatification devenir pour les personnes âgées du monde entier une source tonifiante de joie et d’espérance, grâce au témoignage solennellement reconnu de celle qui les a tant aimés au nom de Jésus-Christ et de son Eglise!

Traduzione italiana del discorso pronunciato in lingua francese

4. “Et exaltavit humiles!” Queste parole molto conosciute del Magnificat riempiono il mio spirito e il mio cuore di gioia e di emozione, mentre ho appena proclamato beata l’umilissima fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri. Rendo grazia al Signore di aver potuto realizzare ciò che Papa Giovanni XXIII aveva legittimamente sperato e che Paolo VI aveva desiderato ardentemente. Certo, si potrebbe applicare il testo citato poc’anzi agli innumerevoli discepoli di Cristo beatificati o canonizzati dall’autorità suprema della Chiesa. Tuttavia, la lettura attenta della “Positio” sulle virtù di Jeanne Jugan, come le recenti biografie consacrate alla sua persona e alla sua epopea di carità evangelica, mi fanno dire che Dio non poteva glorificare una serva più umile. Non esito, cari pellegrini, ad incoraggiarvi a leggere o a rileggere le opere che parlano così bene dell’eroica umiltà della beata Jeanne, e dunque dell’ammirabile saggezza divina, che dispone con pazienza e discrezione gli avvenimenti destinati a favorire la nascita di una vocazione eccezionale e la fioritura di una nuova opera insieme ecclesiale e sociale.

5. Detto questo, vorrei meditare con voi e per voi sull’attualità del messaggio spirituale della nuova beata. Jeanne ci invita tutti – e cito le parole della Regola delle Piccole Sorelle – “a partecipare alla beatitudine della povertà spirituale, camminando verso la spoliazione totale che eleva l’anima a Dio”. Essa ci invita a questo ancor di più con la sua vita che mediante le sue parole conservate e segnate dal sigillo dello Spirito Santo, come queste: “È così bello essere poveri, non possedere nulla, attendersi tutto dal Buon Dio”. Cosciente e gioiosa della sua povertà, essa fa conto totalmente sulla Divina Provvidenza, che riconosce operante nella sua vita e in quella degli altri.

Questa fiducia assoluta non è pur tuttavia inattiva. Con il coraggio e la fede che caratterizzano le donne della sua terra natale, ella non esita a “mendicare al posto dei poveri che accoglie”. Vuole essere loro sorella, la loro “Piccola sorella”. Vuole identificarsi con tutti questi anziani spesso in cattiva salute, a volte del tutto abbandonati. Non è il Vangelo allo stato puro (cf. Mt 25,34-41)?

Non è la via che il Terzo ordine di San Jean Eudes le aveva insegnato “... non avere che una vita, che un cuore, che un’anima con Gesù” per raggiungere coloro che Gesù ha sempre preferito: i piccoli e i poveri? Grazie ai suoi esercizi quotidiani di pietà – lunga orazione silenziosa, partecipazione al sacrificio eucaristico e comunione al Corpo di Cristo più frequente di quanto fosse nell’uso dell’epoca, la recita meditata del Rosario, che non abbandonava mai, e l’inginocchiarsi fervente davanti alle stazioni della Via crucis – l’anima di Jeanne era veramente immersa nel mistero di Cristo Redentore, specialmente nella sua passione e croce. Il suo nome da religiosa – Suor Maria della Croce – ne è il simbolo reale e commovente. Dal piccolo borgo nativo di Petites Croix (coincidenza o presagio?) fino alla sua morte, avvenuta il 29 agosto 1879, la vita di questa fondatrice è paragonabile ad un lungo e fecondissimo cammino di croce, vissuto nella serenità e nella gioia secondo il Vangelo. Come non ricordare qui che, quattro anni dopo la nascita dell’Opera, Jeanne fu vittima di intromissioni indebite ed esterne al gruppo delle sue prime compagne? Essa si lasciò spogliare della sua carica di Superiora, e un po’ più tardi accetterà di rientrare alla Casa madre per un ritiro che durerà ventisette anni, senza la minima protesta.

Considerando simili avvenimenti, la parola eroismo viene spontanea al cuore. San Jean Eudes, suo maestro spirituale, diceva: “La vera misura della santità, è l’umiltà”. Raccomandando spesso alle Piccole Sorelle: “Siate piccole, molto piccole! Mantenete lo spirito di umiltà, di semplicità! Se pensiamo di essere qualcosa, la Congregazione non glorificherà più il Buon Dio, noi cadremmo”, Jeanne consegnava in verità la sua propria esperienza spirituale. E nel suo lungo ritiro alla Tour-Saint-Joseph, ella esercitò certamente su numerose generazioni di novizie e di Piccole Sorelle una influenza decisiva, imprimendo il suo spirito alla Congregazione attraverso l’irradiamento silenzioso ed eloquente della sua vita. Ai nostri giorni, l’orgoglio, la ricerca dell’efficacia, la tentazione di mezzi potenti hanno libero corso nel mondo e talvolta, purtroppo, anche nella Chiesa. Sono di ostacolo all’instaurazione del Regno di Dio. Ecco perché la fisionomia spirituale di Jeanne Jugan è in grado di attirare i discepoli di Cristo e di riempire il loro cuore di semplicità e di umiltà, di speranza e di gioia evangelica, attinte in Dio e nella dimenticanza di sé. Il suo messaggio spirituale può condurre i battezzati e i cresimati alla riscoperta e alla pratica del realismo della carità che è efficace in modo straordinario in una vita di Piccola Sorella o di laico cristiano quando il Dio d’Amore e di Misericordia vi regna pienamente.

6. Jeanne Jugan ci ha anche lasciato un messaggio apostolico di grande attualità. Si può dire che essa aveva ricevuto dallo Spirito come un’intuizione profetica dei bisogni e delle aspirazioni profonde delle persone anziane: quel desiderio di essere rispettate, stimate, amate; quella paura della solitudine insieme al bisogno di uno spazio di intimità e di libertà; quel desiderio di sentirsi ancora utili; e molto spesso, una volontà di approfondire le cose della fede e di viverle meglio.

Aggiungerei che, senza aver letto e meditato i bei testi della Gaudium et Spes, Jeanne era già in segreta sintonia con quello che essi dicono riguardo all’instaurazione di una grande famiglia umana, in cui tutti gli uomini si trattino come fratelli (cf. Gaudium et Spes, 24) e condividano i beni della creazione secondo la regola della giustizia, inseparabile dalla carità (cf. Ivi. 69). Se i sistemi di sicurezza sociale attualmente hanno eliminato la miseria dei tempi di Jeanne Jugan, l’avvilimento delle persone anziane si riscontra ancora in molti paesi in cui operano le sue Figlie. E anche nelle regioni in cui esistono, questi sistemi di previdenza non procurano sempre agli anziani quel tipo di casa veramente familiare che corrisponde alle loro attese e ai loro bisogni fisici e spirituali. Lo vediamo: in un mondo in cui il numero delle persone anziane è in continua crescita – il recente Congresso internazionale di Vienna se ne è preoccupato – l’attualità del messaggio apostolico di Jeanne Jugan e delle sue Figlie è fuor di dubbio. Fin dai primi anni, la Fondatrice ha voluto che la sua Congregazione, ben lungi dal limitarsi all’ovest della Francia, divenisse una vera rete di case familiari, in cui ogni persona venisse accolta, onorata e anche – secondo le possibilità individuali – aiutata al raggiungimento del pieno sviluppo della propria esistenza. L’attualità della missione inaugurata dalla beata è così vera che le domande di ammissione non cessano di affluire. Alla sua morte, duemilaquattrocento Piccole Sorelle erano al servizio di persone povere e anziane, in dieci paesi. Oggi, esse sono quattromilaquattrocento, divise in trenta nazioni sui cinque continenti. La Chiesa tutta intera e la società stessa non possono che ammirare e lodare la meravigliosa crescita del piccolo seme evangelico gettato in terra bretone, or sono circa centocinquanta anni dalla umilissima Cancalese, così povera di beni ma ricca di fede!

7. Possa la beatificazione della loro carissima Fondatrice apportare alle Piccole Sorelle dei Poveri un nuovo slancio di fedeltà al carisma spirituale e apostolico della loro Madre! Possa il riverbero di questo avvenimento attraverso tutte le fondazioni rischiarare e rendere decise numerose ragazze ad ingrossare le fila delle Piccole Sorelle! Possa la glorificazione della loro compatriota essere per i parrocchiani di Cancale e per tutti i diocesani di Rennes un appello vigoroso alla fede e alla carità evangelica! Possa infine questa beatificazione divenire per le persone anziane del mondo intero una sorgente tonificante di gioia e di speranza, grazie alla testimonianza solennemente riconosciuta di colei che li ha tanto amati in nome di Gesù Cristo e della sua Chiesa!