Martiri Albanesi

Martiri Albanesi

(†1945-1974)

Beatificazione:

- 05 novembre 2016

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 5 novembre

Vinçenc Prennushi (1885-1949), frate francescano, Arcivescovo di Durazzo e 37 compagni, sacerdoti professi dell’Ordine dei Frati Minori, martiri. Trentotto martiri: due vescovi, numerosi sacerdoti e religiosi, un seminarista e alcuni laici, vittime della durissima persecuzione del regime ateo. Essi preferirono subire il carcere, le torture e infine la morte, pur di rimanere fedeli a Cristo e alla Chiesa

  • Biografia
  • da l'osservatore romano
  • epistula
"Ora… posso… comprendere… il 'Mehr Licht' [Più luce!] di Goethe… questa luce… che il poeta cercava all’ora della sua morte… non era certamente la luce… che percepiamo con i nostri occhi di carne" (V. Prennushi)

 

Kolë Prennushi, nato a Scutari in Albania durante la dominazione ottomana, il 4 settembre 1885, fu alunno del collegio francescano della sua città.

Entrò nell’Ordine dei Frati Minori il 12 dicembre 1904 col nome di fra Vinçenc e fu ordinato sacerdote il 19 marzo 1908. Scrisse numerose opere di carattere letterario, politico e religioso. Dopo alcuni incarichi di rilievo nella Provincia francescana della SS. Annunziata, fu consacrato vescovo di Sappa e, il 26 giugno 1940, divenne arcivescovo titolare di Durazzo.

Mentre la persecuzione religiosa in Albania cresceva, cercò di essere uomo di pace come già durante le insurrezioni contro i turchi, nella sua giovinezza. Condotto al cospetto del presidente Enver Hoxha, rifiutò la sua proposta di essere a capo di una Chiesa nazionale albanese, staccata dalla Santa Sede.

Arrestato e condannato a vent’anni di reclusione, morì nel carcere di Durazzo in seguito ai maltrattamenti e alle torture il 19 marzo 1949, per non aver acconsentito alla richiesta del dittatore albanese Enver Hoxha di formare una Chiesa nazionale, fedele al regime comunista e non a quella di Roma.

La persecuzione, che si prolungò per oltre quaranta anni, venne condotta contro ogni tipologia e classe di credenti: clero, religiosi e laici, giovani e anziani, persone di varia estrazione sociale e culturale. Essi vennero ferocemente uccisi, umiliati con falsi processi pubblici, accusati di inesistenti cospirazioni.

Messo a capo dell’elenco dei 38 martiri albanesi, di cui fanno parte altri sei frati francescani, è stato beatificato il 5 novembre 2016 a Scutari.

Questi martiri sono:

1)    Il Primate di Albania Mons. (Vinçenc) Vincentius Prennushi, O.F.M., Arcivescovo di Durazzo Si oppose al tentativo di nazionalizzare la Chiesa, staccandola da Roma. Morì il 19 marzo 1949 nel carcere di Durazzo a causa dei maltrattamenti.

2)    Mons. (Frano) Franciscus Gjini, Vescovo e abate nullius di S. Alessandro di Orosh in Mirdita, protestò contro la politica antireligiosa del regime. Fu fucilato a Scutari l’11 marzo 1948, insieme ai francescani

3)    Padre (Çiprian) Ciprianus Nika, O.F.M., e

4)    Padre (Mati) Matthias Prendushi, O.F.M., Ministro Provinciale.

 

Il regime volle fin dall’inizio eliminare le personalità più in vista del mondo cattolico, dedite alla predicazione e alla formazione delle coscienze. Pertanto nel mese di marzo 1945, furono fucilati i due sacerdoti dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult,

5)     Don (Lazër) Lazarus Shantoja, e

6)     Don (Ndre) Andreas Zadeja.

 

Il 4 marzo 1946 affrontarono il martirio per fucilazione:

7)     Padre (Giovanni) Ioannes Fausti, S.J., Rettore del Pontificio Seminario Albanese in Scutari

8)     Padre Daniel Dajani, S.J., sacerdote;

9)     il francescano Padre (Gjon) Ioannes Shllaku, O.F.M.,

10)    il seminarista (Mark) Marcus Çuni;

11)     i due laici Gjelosh (intraducibile) Lulashi, e

12)    Qerim (intraducibile) Sadiku, l’unico coniugato tra i Servi di Dio.

 

A completare il numero di coloro che subirono la condanna per fucilazione in distinti momenti si annoverano:

13)     Don (Alfons) Alfonsus Tracki, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult (+ 18 luglio 1946);

14)     (Frano) Franciscus Mirakaj, laico padre di famiglia (+ settembre 1946);

15)     Don (Jozef) Iosephus Marxen, sacerdote dell’Arcidiocesi di Durazzo (+ 16 novembre 1946);

16)     Don (Luigj) Aloysius Prendushi, sacerdote della Diocesi di Sapë (+ 24 gennaio 1947);

17)     Don (Dedë) Dominicus Maçaj, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult (+ 28 marzo 1947);

18)     Don (Anton) Antonius Zogaj, sacerdote dell’Arcidiocesi di Tirana-Durazzo (+ 9 marzo 1948);

19)     Don (Dedë) Dominicus Malaj, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult (+ 12 maggio 1959);

20)    Don (Marin) Marinus Shkurti, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult (+ aprile 1969);

21)     Don (Shtjefën) Stephanus Kurti, sacerdote dell’Arcidiocesi di Tirana-Durazzo (+ 20 ottobre 1971);

22)    Don (Mikel) Michael Beltoja, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult (+ 10 febbraio 1974).

 

Morirono invece sotto le torture, o in conseguenza dei maltrattamenti:

23)    Padre (Bernardin) Bernardinus Palaj, O.F.M., in carcere a Scutari il 2 dicembre 1946;

24)    Padre (Serafin) Seraphinus Koda, O.F.M., sacerdote, in detenzione a Lezhë l’11 maggio 1947;

25)    Fratel (Gjon) Ioannes Pantalja S.J., religioso, a Scutari il 31 ottobre 1947;

26)    Don (Mark) Marcus Xhani (Gjani) sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult, sotto le torture a Shpal nel 1947; Don (Dedë) Dominicus Plani, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult, sotto le torture il 30 aprile 1948 a Scutari;

27)    Don Ejëll (intraducibile) Deda, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult, il 12 maggio 1948 a Scutari;

28)    Don (Anton) Antonius Muzaj, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult, nella primavera del 1948 a Scutari;

29)    Don (Pjetë) Petrus Çuni, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult, a Koplik il 31 luglio 1948 sotto le torture;

30)    Don (Lek Aleksandër) Alexander Sirdani, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult, il 26 dicembre 1948, affogato nella fogna nel carcere di Koplek (Scutari);

31)    Don (Josif) Iosephus Papamihali, sacerdote di Rito greco-cattolico albanese, il 26 ottobre 1948 a Maliq, sfinito dai lavori forzati;

32)    Don (Jak) Iacobus Bushati, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult, a causa delle torture il 12 settembre 1949 a Lezhë;

33)    Padre (GaspërCaspar Suma, O.F.M., il 16 aprile 1950 a Scutari;

34)    Don (Jul) Iulius Bonati, sacerdote dell’Arcidiocesi di Tirana-Durazzo, il 5 novembre 1951 a Durazzo;

35)    Don (Ndoc) Antonius Suma, sacerdote dell’Arcidiocesi di Scutari-Pult, il 22 aprile 1958 a Pistull.

36)    Singolare è poi il martirio del sacerdote francescano Padre (Karl) Carolus Serreqi, O.F.M., che non volle infrangere il sigillo confessionale, e morì di stenti nel carcere di Burrel il 4 aprile del 1954 e quello di

37)    (Marije) Maria Tuci, l’unica donna del gruppo, aspirante alla vita religiosa tra le Suore Francescane Stimmatine, morta il 24 ottobre 1950, sfigurata da un aguzzino che voleva offendere la sua purezza.

 

 

255Q06Z1 06/11/2016

A Scutari la beatificazione di trentotto martiri

Come querce secolari

 

«Di fronte al genocidio religioso della dittatura comunista del secolo scorso l’atteggiamento dei cattolici è quello di ricordare e perdonare». Lo ha raccomandato il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, durante la beatificazione del frate minore Vincenzo Prennushi, arcivescovo di Durazzo, e dei trentasette compagni martiri. Il rito, presieduto dal porporato, in rappresentanza di Papa Francesco, si è svolto sabato 5 novembre nella cattedrale di Scutari in Albania.

«Tribolazione, martirio, glorificazione — ha detto — è questa la sorte toccata ai martiri albanesi. I loro supplizi consegnano una pagina tragica della storia europea». Molti, ha aggiunto, in quella «tempesta di umiliazione e di sangue si chiedevano dove fosse Dio. Ma furono gli stessi martiri a rispondere che il Signore era con loro». Il ricordo di questo gruppo di martiri, ha aggiunto il cardinale, «serve per rafforzare l’invito di Gesù a perdonare i nemici, anzi ad amarli e a pregare per i persecutori». Perciò dai martiri i cattolici devono ereditare «non atteggiamenti di odio, di rancore e di divisione, ma sentimenti di amore, di fraternità e di concordia». Devono avvolgere «con il manto del perdono coloro che li hanno perseguitati, maltrattati». Questo è il dono che la Chiesa cattolica fa «al popolo albanese, affinché viva con animo riconciliato la convivenza con i fratelli». Del resto, ha sottolineato il porporato, la Chiesa dopo l’oppressione «è rinata più splendente di prima» anche perché la fede non è mai morta nel Paese. Quando mancavano i sacerdoti furono i genitori a battezzare i figli, a istruirli nella fede, a benedire i matrimoni. Anche la recita delle preghiere e del rosario fu intensificata. Infatti, ha ricordato, «si visitavano i musei per contemplare i crocifissi e le immagini sacre. Ci si recava nelle chiese abbandonate per pregare. Erano celebrate in clandestinità le solennità di Natale e Pasqua». E nonostante il divieto di usare i nomi cristiani, i bambini a scuola esibivano il nome secolare e a casa quello di battesimo. Si leggevano di nascosto la Bibbia e i libri religiosi. E «quando la nebbia del terrore si dissolse nel 1990 la gente ritornò ad augurarsi “Buona Pasqua”».

Il cardinale ha ricordato la messa celebrata il 4 novembre 1990 nella cappella del cimitero di Scutari con la partecipazione di cinquantamila fedeli. Il 25 aprile 1993 Giovanni Paolo II benedì la prima pietra del santuario della Madonna del Buon Consiglio, protettrice dell’Albania.

Il prefetto ha poi sottolineato come la Chiesa albanese, con i suoi vescovi, sacerdoti e fedeli, sia come «una quercia secolare, che non si lascia scuotere dai venti e dalle tempeste della storia, ma resta salda ben radicata nella fede in Cristo». Il prefetto ha anche fatto riferimento alla creazione a cardinale, nel prossimo Concistoro del 19 novembre, di don Ernest Simoni, sopravvissuto alla persecuzione.

 

 

254Q08C1 06/11/2016

In Albania saranno beatificati trentotto martiri della persecuzione comunista

La rivincita della storia

 

I trentotto martiri albanesi non sono stati sconfitti dalla storia e oggi sono proclamati addirittura vincitori davanti al loro popolo, aprendo anche strade nuove e orizzonti di speranza. Ecco la chiave di lettura della beatificazione di monsignor Vinçenc Prennushi, frate minore e arcivescovo di Durazzo, e dei suoi trentasette compagni martiri di Albania. È un evento che costituisce il sigillo, nell’ottica della fede, della dolorosa persecuzione che il Paese delle aquile ebbe a soffrire nel ventesimo secolo, per quasi cinquant’anni, a motivo del regime comunista. A presiedere il rito di beatificazione, sabato 5 novembre a Scutari, sarà il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, in rappresentanza di Papa Francesco.

Il 4 novembre 1990, con la celebrazione della messa presso il cimitero di Scutari, la Chiesa di Albania usciva dalle catacombe e riprendeva la pubblica professione della fede dopo i lunghi anni del doloroso silenzio. La viva memoria raccontata dai protagonisti, e l’inconfutabile verità dei documenti rinvenuti, hanno gettato luce sulle vicende di cui la Chiesa albanese era stata vittima.

In questo clima è maturata l’esigenza di onorare la memoria di coloro che erano stati uccisi in odium fidei, e di avviare la causa di beatificazione in vista del riconoscimento del loro martirio. La Conferenza episcopale albanese, il 25 aprile 2002, si è costituita parte attrice di un gruppo di trentotto servi di Dio. La lista comprende due vescovi, ventuno sacerdoti diocesani, dieci religiosi (tre gesuiti e sette francescani), quattro laici e un seminarista.

L’opzione di intitolare la causa a un arcivescovo metropolita è volta a sottolineare la dimensione corale del martirio della Chiesa albanese, di cui i trentotto martiri costituiscono una porzione significativa rispetto a un più ampio numero di vittime.

E così monsignor Vinçenc Prennushi (1885-1949), pur non essendo il primo in ordine cronologico ad aver dato la vita per Cristo, è stato posto idealmente a guida del gruppo dei martiri a motivo della sua dignità ecclesiastica di arcivescovo e di primate di Albania. Due volte ministro provinciale dei frati minori, è stato eletto vescovo di Sappa nel 1936. Trasferito nel 1940 alla sede di Durazzo, dal 1943 è stato anche amministratore apostolico dell’Albania meridionale. Prennushi rappresentava, dunque, in quel momento la massima autorità della Chiesa cattolica in Albania. La sua cattura e la sua condanna erano essenziali nella strategia di attacco al cattolicesimo da parte del regime comunista, tanto più che, insieme a monsignor Frano Gijni, si era opposto a ogni tentativo di nazionalizzare la Chiesa, staccandola da Roma. Arrestato e imprigionato a Durazzo il 19 maggio 1947, monsignor Prennushi venne condannato a vent’anni di detenzione. Anche in cella continuò a esercitare la carità. Morì il 19 marzo 1949 nel carcere di Durazzo per i maltrattamenti e le torture.

Monsignor Gjini, l’altro vescovo nella lista dei trentotto martiri, aveva inviato una lettera al primo ministro Enver Hoxha e a tutte le ambasciate a Tirana per protestare contro la politica antireligiosa del governo. Subì la condanna a morte per fucilazione a Scutari l’11 marzo 1948, insieme ai religiosi francescani Çiprian Nika e Mati Prendushi. Il pretesto per la cattura dei francescani fu la falsa accusa di aver nascosto armi nelle loro chiese.

Gli atti dei trentotto martiri si susseguono dal 1945 al 1974 con episodi di crudeltà. Cronologicamente parlando, la persecuzione ha colpito in un primo momento le personalità più in vista del mondo cattolico. Eliminandoli fisicamente si intendeva dare un duro colpo. Ma tutti hanno accettato in modo esemplare la loro ingiusta condanna: hanno accolto ogni sofferenza con spirito di pazienza, forza e autentica fede. Nel momento della morte hanno avuto sulle labbra parole di perdono per i persecutori e di affidamento a Dio.

Tra i nuovi martiri c’è anche una donna: Marije Tuci, una giovane maestra, venne arrestata perché aspirante alla vita religiosa tra le suore francescane stimmatine. Condannata a tre anni di detenzione, morì nel carcere a Scutari il 24 ottobre 1950 per i maltrattamenti subiti, anche per aver rifiutato le proposte di un suo aguzzino. Il suo martirio va ascritto perciò anche alla sua volontà di difendere la purezza dalla violenza di chi disprezzava in lei la decisione di consacrare la propria verginità al Signore.

A essere fucilati per primi, nel marzo 1945, furono don Lazër Shantoja e don Ndre Zadeja. Poi è toccato ai gesuiti Giovanni Fausti e Daniel Dajani, al frate minore Gjon Shllakum, al seminarista Mark Çuni e ai laici Gjelosh Lulashi e Qerim Sadiku, che era sposato.

A completare il numero di coloro che subirono la condanna per fucilazione in distinti momenti si annoverano don Alfons Tracki, Frano Mirakaj, laico e padre di famiglia, don Jozef Marxen, don Luigj Prendushi, don Dedë Maçaj, don Anton Zogaj, don Dedë Malaj, don Marin Shkurti, don Shtjefën Kurti e don Mikel Beltoja.

Sono morti, invece, sotto le torture o in conseguenza di maltrattamenti i frati minori Bernardin Palaj e Serafin Koda, il gesuita Gjon Pantalja, don Mark Xhani (Gjani), don Dedë Plani, don Ejëll Deda, don Anton Muzaj, don Pjetër Çuni, don Lek (Aleksandër) Sirdani, don Josif Papamihali, don Jak Bushati, il frate minore Gaspër Suma, don Jul Bonati e don Ndoc Suma.

E non mancano coloro che hanno qualificato il loro martirio in odium fidei con una ulteriore prerogativa virtuosa: il frate minore Karl Serreqi venne arrestato nel pieno esercizio del suo ministero pastorale per non aver voluto rivelare il contenuto della confessione ricevuta da un uomo in fin di vita, ferito dalla polizia comunista nel corso di una sparatoria. Per questo è stato sottoposto a torture e condannato all’ergastolo e ai lavori forzati. Morì nel carcere di Burrel, a causa del durissimo regime di vita, il 4 aprile 1954.

GIOVANGIUSEPPE CALIFANO, Postulatore generale dei frati minori

FRANCISCUS

EPISTULA DATA
FRANCISCO S.R.E. CARDINALI RODÉ, C.M.

 

Venerabili Fratri Nostro
FRANCISCO S.R.E. Cardinali RODÉ, C.M.
Praefecto olim Congregationis pro Institutis vitae consecratae
et Societatibus vitae apostolicae

Quingentesima et quinquagesima anniversaria memoria appropinquante adventus praeclarae imaginis Dominae Scodrensis in sacram aedem Genatiani, prope Romam, Matri Boni Consilii dicatam, fideles dilectae terrae Albaniae Beatam Mariam Virginem singulari cultu prosequuntur eaque intercedente Salvatori gratias agunt pro omnibus beneficiis saeculorum decursu acceptis. In archidioecesi potissimum Scodrensi-Pulatensi varia incepta suscipiuntur in praeparanda praecipua festivitate die XXVI mensis Aprilis celebranda. Mater Dei enim, cuius memorata icona peculiari splendore eminet, christifideles Albanienses difficilibus temporibus auxiliis est prosecuta apud Filium suum et Dominum nostrum divina dona efflagitans. De hac re sanctus Ioannes Paulus II clare est locutus qui in visitatione apostolica in Albaniam die XXV mensis Aprilis anno MCMXCIII in cathedrali Scodrensi lapidem benedixit novi sanctuarii aedificandi atque totum Albaniensem populum Matri Boni Consilii concredidit.

His rerum adiunctis diligenter consideratis Venerabilis Frater Angelus Massafra, O.F.M., Archiepiscopus Metropolita Scodrensis-Pulatensis atque Conferentiae Episcopalis Albaniensis Praeses, humanissime rogavit ut eminentem virum mitteremus, qui Nostras vices memorato die gereret Nostramque erga istum populum dilectionem manifestaret. Ad Te autem, Venerabilis Frater Noster, qui, Sloveniae clarus filius, olim pergrave munus Praefecti Congregationis pro Institutis vitae consecratae et Societatibus vitae apostolicae diligenter exercuisti, mentem Nostram vertimus atque Te hisce Litteris MISSUM EXTRAORDINARIUM NOSTRUM nominamus ad celebrationem quae die XXVI huius mensis Aprilis apud Sanctuarium Nationale Scodrense agetur.

Sollemni ibidem praesidebis Eucharistiae atque Archiepiscopum Metropolitam aliosque sacros Praesules, sacerdotes, religiosos viros mulieresque, publicas auctoritates atque universos christifideles Nostro salutabis nomine. Optamus etiam ut de pondere Marialis cultus in historia Ecclesiae quae est in Albania loquens, omnes adstantes sermone tuo ad diligentiore usque modo viam per Mariam ad Iesum prosequendam cohortaberis.

Nos autem Te, Venerabilis Frater Noster, in tua missione implenda precibus comitabimur intercessionem ipsius Dominae Scodrensis invocantes atque beatorum martyrum Albaniensium Vincentii Prennushi et XXXVII Sociorum. Denique Benedictionem Nostram Apostolicam libentes Tibi impertimur, signum Nostrae erga Te benevolentiae et caelestium donorum pignus, quam omnibus celebrationis participibus rite transmittes.

Ex Aedibus Vaticanis, die XXII mensis Aprilis, anno MMXVII, Pontificatus Nostri quinto.

 

FRANCISCUS