Martiri Coreani (prima generazione)
(†1791-1884)
- 29 maggio
Paul Yun Ji-Chung e 123 compagni, martiri: uccisi in epoche e maniere differenti, spesso dopo torture indicibili, non rinnegarono mai la verità che avevano trovato nella loro nuova religione; tutti figli di una Chiesa sorta unicamente grazie all’interessamento dei laici: essi possono essere considerati infatti la "prima generazione" di martiri coreani
«Nonostante i loro corpi siano coperti di sangue, non si lamentano neanche. Rifiutano di rinunciare alla loro fede […]. Hanno detto che è un grande onore morire per Dio sotto la lama di un coltello».
Queste parole, scritte dal governatore che eseguì la sentenza di morte dei Servi di Dio Paolo Yun Ji-chung e Giacomo Kwon Sang-yeon, sono la più efficace testimonianza della fortezza evangelica che caratterizzò i due martiri nella persecuzione e nella morte. Analoghe attestazioni accompagnarono anche la morte degli altri 122 Servi di Dio coreani che, in differenti luoghi e date nell’arco di circa un secolo, versarono il sangue per la loro fedeltà a Cristo.
Il Servo di Dio Paolo Yun Ji-chung nacque nel 1759 da una famiglia nobile e molto nota di Janggu-dong, a Jinsan. Intelligente e vivace, sin da piccolo decise di dedicarsi agli studi. Da un suo cugino sentì parlare della fede cristiana. Decise, perciò, di leggere alcuni libri e, convinto, iniziò un percorso di conversione. Venne battezzato nel 1787 e assunse il nome di Paolo. In seguito parlò della fede anche alla madre, al fratello Francesco e al cugino Giacomo Kwon Sang-yeon; anzi prese sempre più consapevolezza dell’esigenza di annunziare il vangelo a tutti.
Nel 1790, quando il vescovo di Pechino emanò il decreto che proibiva la pratica dei riti ancestrali, Paolo bruciò le antiche tavole collegate alla fede animista. Ma proprio questo fatto lo mise in cattiva luce agli occhi del re. Al magistrato di Jinsan arrivò l’ordine di arrestarlo insieme con il cugino. I due si nascosero, ma, al posto di Paolo, il magistrato per vendetta ordinò l’arresto dello zio: i due cugini, venuti a conoscenza del fatto, uscirono dai loro nascondigli e si consegnarono al magistrato. Questi, in un primo momento, cercò di convincerli ad abbandonare la fede cristiana, ma, di fronte al loro coraggioso rifiuto, li inviò dal governatore di Jeonju. Anche alla presenza di quest’ultimo i due non vennero meno alla loro fede e rifiutarono di rivelare i nomi degli altri cattolici che conoscevano. Il governo, infatti, nel frattempo aveva emanato un decreto che definiva il cristianesimo “un culto malvagio” e aveva ordinato di estirparlo con tutti i mezzi. I due arrestati difesero con determinazione il proprio credo. Paolo Yun, in particolare, sottolineò energicamente l’irrazionalità dei riti ancestrali confuciani alla luce della dottrina della fede cattolica. Questa confutazione fece ulteriormente infuriare il governatore, che decise di punirli con severità, demandandoli alla Corte. Anche questa ultima tappa del loro calvario vide i due giovani saldi nella loro fede. Il re allora ordinò la loro esecuzione capitale.
Gli orrori della persecuzione coreana furono perpetrati in odium fidei. In questo clima avvelenato, appare solidamente fondata la violenza estrema operata dal regno coreano contro i cattolici e l’atto materiale della uccisione del Servo di Dio e dei suoi Compagni. Paolo e Giacomo vennero trascinati fuori dalle loro celle e portati presso una porta della città. Essi sembravano felici e lungo il cammino continuavano a spiegare la dottrina cristiani agli astanti. L’8 dicembre 1791 (il 13 novembre secondo il calendario locale, basato sulle fasi lunari) i due vennero decapitati, mentre invocavano Gesù Cristo e la Vergine Maria. L’eliminazione fisica di Paolo Yun Ji-Chung e di Giacomo Kwon Sang-yeon è uno degli episodi di una lunga storia di atti ostili da parte delle autorità coreane, che avevano lo scopo di intimorire la popolazione al fine di evitarne l’adesione al cristianesimo.
La ragione fondamentale della condanna a morte del Servo di Dio e dei diversi Compagni fu la fede in Cristo. Le testimonianze, anche dei persecutori, mettono in risalto la profonda serenità di Paolo e di Giacomo di fronte al martirio e la fermezza e l’amore con cui seppero rispondere all’odio e alla persecuzione.
Alcuni nobili, altri magistrati e mercanti, altri ancora gente del popolo, tutti questi versarono il loro sangue per il Signore, Via Verità e Vita.
I loro nomi sono:
1. Paolo Yun Ji-chung, di 32 anni, ucciso l’8 dicembre 1791 a Jeonju.
2. Giacomo Kwon Sang-yeon, di 40 anni, ucciso l’8 dicembre 1791 a Jeonju.
3. Pietro Won Si-jang, di 61 anni, ucciso il 28 gennaio 1973 a Hongju.
4. Paolo Yun Yu-il, di 35 anni, ucciso il 28 giugno 1795 a Seoul.
5. Mattia Choe In-gil, di 30 anni, ucciso il 28 giugno 1795 a Seoul.
6. Saba Ji Hwang, di 28 anni, ucciso il 28 giugno 1795 a Seoul.
7. Paolo Yi Do-gi, di 55 anni, ucciso il 24 luglio 1798 a Jeongsan.
8. Francesco Bang, ucciso il 21 gennaio 1799 a Hongju.
9. Lorenzo Pak Chwi-deuk, di 30 anni, ucciso il 3 aprile 1799 a Hongju.
10. Giacomo Won Si-bo, di 69 anni, ucciso il 17 aprile 1799 a Cheongju.
11. Pietro Jeong San-pil, di 50 anni, ucciso nel 1799 a Deoksan.
12. Francesco Bae Gwan-gyeom, di 60 anni, ucciso il 7 gennaio 1800 a Cheongju.
13. Martino In Eon-min, di 63 anni, ucciso il 9 gennaio 1800 a Haemi.
14. Francesco Yi Bo-hyeon, di 27 anni, ucciso il 9 gennaio 1800 a Haemi.
15. Pietro Jo Yong-sam, ucciso il 27 marzo 1801 a Gyeonggido.
16. John Choe Chang-hyeon, di 42 anni, ucciso l’8 aprile 1801 a Seoul.
17. Agostino Jeong Yak-jong, di 41 anni, ucciso l’8 aprile 1801 a Seoul.
18. Francesco Xavier Hong Gyo-man, di 63 anni, ucciso l’8 aprile 1801 a Seoul.
19. Tommaso Choe Pil-gong, di 57 anni, ucciso l’8 aprile 1801 a Seoul.
20. Luca Hong Nak-min, di 50 anni, ucciso l’8 aprile 1801 a Seoul.
21. Marcellino Choe Chang-ju, di 52 anni, ucciso il 25 aprile 1801 a Yeoju.
22. Martino Yi Jung-bae, di 50 anni, ucciso il 25 aprile 1801 a Yeoju.
23. Giovanni Won Gyeong-do, di 27 anni, ucciso il 25 aprile 1801 a Yeoju.
24. Giacomo Yun Yu-o, , ucciso il 27 aprile 1801 a Yanggeun.
25. Pietro Choe Pil-je, di 31 anni, ucciso il 14 maggio 1801 a Seoul.
26. Lucia Yun Un-hye, uccisa il 14 maggio 1801 a Seoul.
27. Candida Jeong Bok-hye, uccisa il 14 maggio 1801 a Seoul.
28. Taddeo Jeong In-hyeok, ucciso il 14 maggio 1801 a Seoul.
29. Carlo Jeong Cheol-sang, ucciso il 14 maggio 1801 a Seoul.
30. Barbara Sim A-gi, di 18 anni, uccisa il 1 aprile 1801 a Seoul.
31. Giacomo Zhou Wen-mo, di 49 anni, ucciso il 31 maggio 1801 a Seoul.
32. Colomba Kang Wan-suk, di 40 anni, uccisa il 2 luglio 1801 a Seoul.
33. Susanna Kang Gyeong-bok, di 39 anni, uccisa il 2 luglio 1801 a Seoul.
34. Matteo Kim Hyeon-u, di 26 anni, ucciso il 2 luglio 1801 a Seoul.
35. Viviana Mun Yeong-in, di 25 anni, uccisa il 2 luglio 1801 a Seoul.
36. Giuliana Lim Yeon-i, uccisa il 2 luglio 1801 a Seoul.
37. Antonio Yi Hyeon, ucciso il 2 luglio 1801 a Seoul.
38. Ignazio Choe In-cheol, ucciso il 2 luglio 1801 a Seoul.
39. Agata Han Sun-ae, uccisa il 2 luglio 1801 a Yanggeun.
40. Barbara Jeong Sun-mae, di 24 anni, uccisa il 3 luglio 1801 a Yeoju.
41. Barnaba Kim I-u, ucciso nel maggio del 1801 a Seoul.
42. Paolo Yi Guk-seung, di 29 anni, ucciso alla fine del maggio 1801 a Gongju.
43. Andrea Kim Gwang-ok, di 60 anni, ucciso il 25 agosto 1801 a Yesan.
44. Pietro Kim Jeong-deuk, ucciso il 25 agosto 1801 a Daecheung.
45. Stanislao Han Jeong-heum, di 45 anni, ucciso il 25 agosto 1801 a Gimje.
46. Andrea Kim Cheon-ae, di 41 anni, ucciso il 27 agosto 1801 a Jeonju.
47. Mattia Choe Yeogyeom, di 38 anni, ucciso il 27 agosto 1801 a Mujang
48. Francesco Kim Jong-gyo, di 47 anni, ucciso il 4 ottobre 1801 a Seoul.
49. Filippo Hong Pil-ju, di 27 anni, ucciso il 4 ottobre 1801 a Seoul.
50. Agostino Yu Hang-geom, di 45 anni, ucciso il 24 ottobre 1801 a Jeonju.
51. Francesco Yun Ji-heon, di 37 anni, ucciso il 24 ottobre 1801 a Jeonju.
52. Giovanni Yu Jung-cheol, di 22 anni, ucciso il 4 novembre 1801 a Jeonju.
53. Giovanni Yu Mun-seok, di 17 anni, ucciso il 4 novembre 1801 a Jeonju.
54. Florus Hyeon Gye-eum, di 38 anni, ucciso il 10 dicembre 1801 a Seoul.
55. Francesco Kim Sa-jip, di 58 anni, ucciso il 25 gennaio 1802 a Cheongju.
56. Gervasio Son Gyeong-yun, di 42 anni, ucciso il 29 gennaio 1802 a Seoul.
57. Carlo Yi Gyeong-do, di 22 anni, ucciso il 29 gennaio 1802 a Seoul.
58. Simone Kim Gye-wan, ucciso il 29 gennaio 1802 a Seoul.
59. Barnaba Jeong Gwang-su, ucciso il 29 gennaio 1802 a Yeoju.
60. Antonio Hong Ik-man, ucciso il 29 gennaio 1802 a Seoul.
61. Tommaso Han Deok-un, di 50 anni, ucciso il 30 gennaio 1802 a Gwangju.
62. Simone Hwang Il-gwang, di 45 anni, ucciso il 30 gennaio 1802 a Hongju.
63. Leone Hong In, di 44 anni, ucciso il 30 gennaio 1802 a Pocheon.
64. Sebastiano Kwon Sang-mun, di 33 anni, ucciso il 30 gennaio 1802 a Yanggeun.
65. Lutgarda Yi Sun-i, di 20 anni, uccisa il 31 gennaio 1802 a Jeonju.
66. Matteo Yu Jung-seong, di 18 anni, ucciso il 31 gennaio 1802 a Jeonju.
67. Pio Kim Jin-hu, di 75 anni, ucciso il 1 dicembre 1814 a Haemi.
68. Magdalena Kim Yun-deok, di 50 anni, uccisa alla fine di aprile del 1815 a Daegu.
69. Alessio Kim Si-u, di 33 anni, ucciso poco dopo il 21 ottobre 1816 a Daegu.
70. Francesco Choe Bong-han, di 30 anni, ucciso nel maggio del 1815 a Daegu.
71. Andrea Seo Seok-bong, ucciso poco dopo il 21 ottobre 1816 a Daegu.
72. Simone Kim Gang-i, di 50 anni, ucciso il 5 dicembre 1815 a Wonju.
73. Francesco Kim Hui-seong, di 51 anni, ucciso 19 dicembre 1816 a Daegu.
74. Barbara Ku Seong-yeol, di 40 anni, uccisa il 19 dicembre 1816 a Daegu.
75. Anna Yi Si-im, di 34 anni, uccisa il 19 dicembre 1816 a Daegu.
76. Pietro Ko Seong-dae, ucciso il 19 dicembre 1816 a Daegu.
77. Giuseppe Ko Seong-un, ucciso il 19 dicembre 1816 a Daegu.
78. Andrea Kim Jong-han, ucciso il 19 dicembre 1816 a Daegu.
79. Giacomo Kim Hwa-chun, ucciso il 19 dicembre 1816 a Daegu.
80. Pietro Jo Suk, di 33 anni, ucciso il 10 agosto 1819 a Seoul.
81. Teresa Kwon Cheon-rye, di 36 anni, uccisa il 10 agosto 1819 a Seoul.
82. Paolo Yi Gyeong-eon, di 35 anni, ucciso il 27 giugno 1827 a Jeonju.
83. Paolo Pak Gyeong-hwa, di 70 anni, ucciso il 15 novembre 1827 a Daegu.
84. Ambrogio Kim Se-bak, di 67 anni, ucciso il 3 dicembre 1828 a Daegu.
85. Riccardo An Gun-sim, di 61 anni, ucciso nel 1835 a Daegu.
86. Andrea Yi Jae-haeng, di 63 anni, ucciso il 26 maggio 1839 a Daegu.
87. Andrea Pak Sa-ui, di 47 anni, ucciso il 26 maggio 1839 a Daegu.
88. Andrea Kim Sa-geon, di 45 anni, ucciso il 26 maggio 1839 a Daegu.
89. Job Yi Il-eon, di 72 anni, ucciso il 29 maggio 1839 a Jeonju.
90. Pietro Sin Tae-bo, di 71 anni, ucciso il 29 maggio 1839 a Jeonju.
91. Pietro Yi Tae-gwon, di 57 anni, ucciso il 29 maggio 1839 a Jeonju.
92. Paolo Jeong Tae-bong, di 43 anni, ucciso il 29 maggio 1839 a Jeonju.
93. Pietro Kim Dae-gwon, ucciso il 29 maggio 1839 a Jeonju.
94. Giovanni Choe Hae-song, di 28 anni, ucciso il 6 settembre 1839 a Wonju.
95. Anastasia Kim Jo-i, di 50 anni, uccisa nell’ottobre 1839 a Jeonju.
96. Barbara Sim Jo-i, di 26 anni, uccisa l’11 novembre 1839 a Jeonju.
97. Anastasia Yi Bong-geum, di 12 anni, uccisa il 5 dicembre 1939 a Jeonju.
98. Brigida Choe, di 56 anni, uccisa l’8 dicembre 1839 a Wonju.
99. Protasio Hong Jae-yeong, di 60 anni, ucciso il 4 gennaio 1840 a Jeonju.
100. Barbara Choe Jo-i, di 50 anni, uccisa il 4 gennaio 1840 a Jeonju.
101. Magdalena YI Jo-I, di 32 anni, uccisa il 4 gennaio 1840 a Jeonju.
102. Giacomo Oh Jong-rye, di 19 anni, ucciso il 4 gennaio 1840 a Jeonju.
103. Maria Yi Seong-rye, di 30 anni uccisa il 31 gennaio 1840 a Seoul.
104. Paolo Oh Ban-ji, di 53 anni, ucciso il 26 marzo 1866 a Cheongju.
105. Marco Sin Seok-bok, di 38 anni, ucciso il 31 marzo a Daegu.
106. Stefano Kim Won-jung, ucciso il 16 dicembre 1866 a Gongju.
107. Tommaso Jang, di 51 anni, ucciso nel 1866 a Cheongju.
108. Taddeo Ku Han-seon, di 22 anni, ucciso nel 1866 a Haman.
109. Antonio Jeong Chan-mun, di 45 anni, ucciso il 25 gennaio 1867 a Jinju.
110. Felice Pietro Kim Gi-ryang, di 52 anni, ucciso nel gennaio 1867 a Tongyeong.
111. Mattia Pak Sang-geung, di 30 anni, ucciso nel 1867 a Sangju.
112. Benedetto Song, di 69 anni, ucciso nel 1867 a Seoul.
113. Pietro Song, di 46 anni, ucciso nel 1867 a Seoul.
114. Anna Yi, di 26 anni, uccisa nel 1867 a Seoul.
115. Giovanni Yi Jeong-sik, di 73 anni, ucciso nel settembre 1868 a Pusan.
116. Martino Yang Jae-hyeon, di 41 anni, ucciso nel settembre 1868 a Pusan.
117. Pietro Yi Yang-deung, ucciso il 14 settembre 1868 a Ulsan.
118. Luca Kim Jong-ryun, di 49 anni, ucciso il 14 settembre 1868 a Ulsan.
119. Giacomo Heo In-baek, di 46 anni, ucciso il 14 settembre 1868 a Ulsan.
120. Francesco Pak Gyeong-jin, di 33 anni, ucciso il 28 settembre 1868 a Juksan.
121. Margherita Oh, uccisa il 28 settembre 1868 a Juksan.
122. Vittorino Pak Dae-sik, di 56 anni, ucciso il 12 ottobre 1868 a Daegu.
123. Giuseppe Yun Bong-mun, di 36 anni, ucciso il 1° aprile 1888 a Jinju.
SANTA MESSA DI BEATIFICAZIONE DI
PAUL YUN JI-CHUNG E 123 COMPAGNI MARTIRI
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Porta di Gwanghwamun (Seoul)
Sabato, 16 agosto 2014
«Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» (Rm 8,35). Con queste parole san Paolo ci parla della gloria della nostra fede in Gesù: non soltanto Cristo è risorto dai morti ed è asceso al cielo, ma ci ha uniti a sé, rendendoci partecipi della sua vita eterna. Cristo è vittorioso e la sua vittoria è la nostra!
Oggi celebriamo questa vittoria in Paolo Yun Ji-chung e nei suoi 123 compagni. I loro nomi si aggiungono a quelli dei Santi Martiri Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e compagni, ai quali poc’anzi ho reso omaggio. Tutti vissero e morirono per Cristo ed ora regnano con Lui nella gioia e nella gloria. Con san Paolo ci dicono che, nella morte e risurrezione del suo Figlio, Dio ci ha donato la vittoria più grande di tutte. Infatti, «né morte né vita, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Gesù Cristo, nostro Signore» (Rm 8,38-39).
[T]
La vittoria dei martiri, la loro testimonianza resa alla potenza dell’amore di Dio continua a portare frutti anche oggi in Corea, nella Chiesa che riceve incremento dal loro sacrificio. La celebrazione del beato Paolo e dei suoi compagni ci offre l’opportunità di ritornare ai primi momenti, agli albori della Chiesa in Corea. Invita voi, cattolici coreani, a ricordare le grandi cose che Dio ha compiuto in questa terra e a custodire come tesoro il lascito di fede e di carità a voi affidato dai vostri antenati.
Nella misteriosa provvidenza di Dio, la fede cristiana non giunse ai lidi della Corea attraverso missionari; vi entrò attraverso i cuori e le menti della gente coreana stessa. Essa fu stimolata dalla curiosità intellettuale, dalla ricerca della verità religiosa. Attraverso un iniziale incontro con il Vangelo, i primi cristiani coreani aprirono le loro menti a Gesù. Volevano conoscere di più su questo Cristo che ha sofferto, è morto ed è risorto dai morti. L’apprendere qualcosa su Gesù condusse presto ad un incontro con il Signore stesso, ai primi battesimi, al desiderio di una vita sacramentale ed ecclesiale piena, e agli inizi di un impegno missionario. Ha portato inoltre i suoi frutti in comunità che traevano ispirazione dalla Chiesa primitiva, nella quale i credenti erano veramente un cuore solo e un’anima sola, senza badare alle tradizionali differenze sociali, ed avevano ogni cosa in comune (cfr At 4,32).
[T]
Questa storia ci dice molto sull’importanza, la dignità e la bellezza della vocazione dei laici! Rivolgo il mio saluto ai tanti fedeli laici qui presenti, in particolare alle famiglie cristiane che ogni giorno mediante il loro esempio educano i giovani alla fede e all’amore riconciliatore di Cristo. In maniera speciale saluto i molti sacerdoti presenti; attraverso il loro generoso ministero trasmettono il ricco patrimonio di fede coltivato dalle passate generazioni di cattolici coreani.
Il Vangelo odierno contiene un importante messaggio per tutti noi. Gesù chiede al Padre di consacrarci nella verità e di custodirci dal mondo. Anzitutto, è significativo che, mentre Gesù chiede al Padre di consacrarci e di custodirci, non gli chiede di toglierci dal mondo. Sappiamo che invia i suoi discepoli perché siano lievito di santità e di verità nel mondo: il sale della terra, la luce del mondo. In questo, i martiri ci indicano la strada.
[T]
Qualche tempo dopo che i primi semi della fede furono piantati in questa terra, i martiri e la comunità cristiana dovettero scegliere tra seguire Gesù o il mondo. Avevano udito l’avvertimento del Signore, e cioè che il mondo li avrebbe odiati a causa sua (Gv 17,14); sapevano il prezzo dell’essere discepoli. Per molti ciò significò la persecuzione e, più tardi, la fuga sulle montagne, dove formarono villaggi cattolici. Erano disposti a grandi sacrifici e a lasciarsi spogliare di quanto li potesse allontanare da Cristo: i beni e la terra, il prestigio e l’onore, poiché sapevano che solo Cristo era il loro vero tesoro.
Oggi molto spesso sperimentiamo che la nostra fede viene messa alla prova dal mondo, e in moltissimi modi ci vien chiesto di scendere a compromessi sulla fede, di diluire le esigenze radicali del Vangelo e conformarci allo spirito del tempo. E tuttavia i martiri ci richiamano a mettere Cristo al di sopra di tutto e a vedere tutto il resto in questo mondo in relazione a Lui e al suo Regno eterno. Essi ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa per cui saremmo disposti a morire.
[T]
L’esempio dei martiri, inoltre, ci insegna l’importanza della carità nella vita di fede. Fu la purezza della loro testimonianza a Cristo, manifestata nell’accettazione dell’uguale dignità di tutti i battezzati, che li condusse ad una forma di vita fraterna che sfidava le rigide strutture sociali del loro tempo. Fu il loro rifiuto di dividere il duplice comandamento dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo che li portò ad una così grande sollecitudine per le necessità dei fratelli. Il loro esempio ha molto da dire a noi, che viviamo in società dove, accanto ad immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la più abbietta povertà; dove raramente viene ascoltato il grido dei poveri; e dove Cristo continua a chiamare, ci chiede di amarlo e servirlo tendendo la mano ai nostri fratelli e sorelle bisognosi.
Se seguiamo l’esempio dei martiri e crediamo nella parola del Signore, allora comprenderemo la sublime libertà e la gioia con la quale essi andarono incontro alla morte. Inoltre vedremo che la celebrazione odierna abbraccia gli innumerevoli martiri anonimi, in questo Paese e nel resto del mondo, i quali, specie nell’ultimo secolo, hanno offerto la propria vita per Cristo o hanno sofferto pesanti persecuzioni a causa del suo nome.
[T]
Oggi è un giorno di grande gioia per tutti i coreani. L’eredità del beato Paolo Yun Ji-chung e dei suoi Compagni – la loro rettitudine nella ricerca della verità, la loro fedeltà ai sommi principi della religione che hanno scelto di abbracciare, nonché la loro testimonianza di carità e di solidarietà verso tutti – tutto ciò fa parte della ricca storia del popolo coreano. L’eredità dei martiri può ispirare tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad operare in armonia per una società più giusta, libera e riconciliata, contribuendo così alla pace e alla difesa dei valori autenticamente umani in questo Paese e nel mondo intero.
Possano le preghiere di tutti i martiri coreani, in unione con quelle della Madonna, Madre della Chiesa, ottenerci la grazia di perseverare nella fede e in ogni opera buona, nella santità e nella purezza di cuore, e nello zelo apostolico di testimoniare Gesù in questa amata Nazione, in tutta l’Asia e sino ai confini della terra. Amen.