Manuel Ruiz e 7 Compagni, e Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki

Manuel Ruiz e 7 Compagni, e Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki

(† 1860)

Beatificazione:

- 10 ottobre 1926

- Papa  Pio XI

Canonizzazione:

- 20 ottobre 2024

- Papa  Francesco

-

Ricorrenza:

- 10 luglio

Sono detti «Martiri di Damasco» perché trucidati insieme, nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1860, presso il convento francescano di San Paolo a Damasco, nel contesto della persecuzione contro i cristiani che, a partire dalla primavera di quell’anno, si era estesa dal Libano fino alla Siria. Otto di essi appartenevano all’Ordine dei Frati Minori, sei sacerdoti e due religiosi professi. Ad eccezione di uno soltanto, tutti provenivano dalla Spagna e giunsero a Damasco dopo avere svolto un ministero nella Terra di Gesù. Quella sera si erano attardati nel convento anche tre fedeli laici, cristiani maroniti, fratelli fra loro, anch’essi poi barbaramente uccisi in quella irruzione

  • Biografia
  • Omelia
  • lettera apostolica
“Lo sceicco Abdallah può prendere il denaro che gli ho prestato e può anche prendere la mia vita; ma nessuno può farmi rinnegare la mia fede. Io sono un cristiano maronita e nella fede di Cristo morirò”

 

VITA  E  MARTIRIO

 

L’evento martiriale che riguarda gli undici Santi si colloca in un contesto di persecu­zione contro i cristiani ad opera dei Drusi sciiti, che a partire dalla primavera del 1860 andò allargandosi dal Libano fino alla Siria. Il 9 luglio 1860 la folla fanatica dei persecutori invase il popoloso quartiere cristiano di Damasco che contava circa 3.800 abitazioni, e diede inizio ad ogni sorta di violenza, avendo previamente chiuso tutte le vie di fuga. Quella stessa notte, un comando di rivoltosi animato da un radicato odio religioso riuscì a penetrare attraverso una porta nascosta indicata da un traditore, nel convento francescano di San Paolo: qui furono barbaramente trucidati otto Frati Minori – sette di nazionalità spagnola e uno di nazionalità austriaca – e tre cristiani laici maroniti. Fin dall’epoca dei fatti apparve a tutti evidente che si trattava di una morte martiriale: alle undici vittime, infatti, prima di infliggere brutalmente i colpi mortali, gli aggressori chiesero di rinunziare alla fede cristiana e di abbracciare l’Islam, invito che fu decisamente rifiutato. Gli eroici testimoni della fede sono i seguenti:

 

Otto religiosi dell’Ordine dei Frati Minori

1. Manuel Ruiz López, superiore del convento, nato nel 1804 a San Martín de las Ollas, Burgos, Spagna. Entrato nel 1825 tra i Frati Minori, fu ordinato sacerdote nel 1830. L’anno successivo fu inviato in Terra Santa ove, dopo aver appreso le lingue locali, svolse un fecondo apostolato. Costretto nel 1847 a tornare in Europa per motivi di salute, ritornò in Terra Santa nel 1858. La notte del­l’eccidio, non appena i rivoltosi penetrarono in convento, corse in chiesa per consu­mare le Specie Eucaristiche, venendo ucciso ai piedi dell’altare.

2. Carmelo Bolta Bañuls, parroco, nato nel 1803 a Real de Gandía, Valencia, Spagna. Nel 1825 fu accolto tra i Frati Minori e nel 1829 venne ordinato sacerdote. Nel 1831 partì alla volta della Terra Santa dove risiedette nei conventi di Giaffa, Damasco e Ain Karem, nel Santuario della Visitazione. Nel 1851 fu trasferito a Damasco con l’incarico di parroco e insegnante di lingua araba.

3. Engelbert Kolland, vicario parrocchiale, nato nel 1827 a Ramsau, Salzburg, Austria. Entrò tra i Frati Minori nel 1847 e fu ordinato sacerdote nel 1851. Raggiunse la Terra Santa nell’aprile 1855. Svolse il suo apostolato missionario prima nel convento del Santo Sepolcro, quindi a Damasco, dove fu molto amato dalla popolazione. La notte della strage fu l’unico dei religiosi a morire fuori del convento.

4. Nicanor Ascanio Soria, nato nel 1814 a Villarejo de Salvanés, Madrid, Spagna. Nel 1830 entrò tra i Frati Minori. A motivo della soppressione religiosa fu ordinato sacerdote nel clero diocesano. Con la riapertura del Collegio per le Missioni di Priego di Cuenca poté rientrare tra i Frati Minori nel 1858. Giunse in Terra Santa nel febbraio 1859 e fu destinato al convento di Damasco. La disponibilità al martirio fu una nota costante della sua spiritualità.

5. Nicolás María Alberca Torres, nato nel 1830 ad Aguilar de la Frontera, Córdoba, Spagna. Già religioso tra i Fratelli dell’ospedale Jesús Nazareno di Cordoba, fu accolto tra i Frati Minori nel 1856 e ordinato sacerdote nel 1858. Chiamato alla vita missionaria, giunse in Terra Santa nel 1859 e fu destinato al convento di Damasco per l’apprendimento della lingua araba.

6. Pedro Nolasco Soler Méndez, nato nel 1827 a Lorca, Murcia, Spagna. Dopo alcune esperienze lavorative fu accolto a ventinove anni tra i Frati Minori nel 1856 e ordinato sacerdote nel 1857. L’anno successivo inoltrò richiesta per la missione della Custodia di Terra Santa, ove giunse il 20 febbraio 1859. Destinato al convento di San Paolo a Damasco, vi trascorse poco più di un anno.

7. Francisco Pinazo Peñalver, nato nel 1802 nel villaggio di El Chopo di Alpuente, Valencia, Spagna. Fu ammesso al noviziato dei Frati Minori nel 1831. Come fratello laico svolse l’ufficio di sagrestano fino al 1835, anno della soppressione religiosa in Spagna. Per poter riabbracciare la vita comunitaria optò per la Custodia di Terra Santa, dove giunse nell’ottobre 1843. Per circa 17 anni esercitò le mansioni di cuoco e di sarto in vari conventi. Nel convento di Damasco, al momento del martirio fungeva da sacrestano.

8. Juan Jacob Fernández, nato nel 1808 nella località di Moire, Ourense, Spagna. Nel 1831 entrò come fratello laico tra i Frati Minori. Purtroppo, la soppressione del 1835 interruppe per alcuni anni la sua esperienza di vita conventuale. Nel 1858 chiese di essere associato alla Custodia di Terra Santa. Nel 1859 prese stanza nel convento di Damasco in qualità di cuoco.

 

Tre laici Maroniti, fratelli

9. Francesco Massabki, cristiano maronita, mercante di seta, era ben conosciuto a Damasco e stimato come uomo probo e pio. Sposato e padre di otto figli, tutti educati secondo i valori cristiani, dava ovunque esempio di grande generosità, soprattutto verso i poveri e i bisognosi. Era legato ai frati francescani per i quali fungeva da procuratore. Insieme ai fratelli Mooti e Raffaele si trovava presso il convento di San Paolo nell’ora del martirio.

10. Mooti Massabki, viveva con la moglie e i suoi cinque figli nella medesima casa del fratello maggiore Francesco. Frequentava quotidianamente il convento di San Paolo, sia per la preghiera che per svolgere l’attività didattica nella locale scuola dei ragazzi. Pronto a versare il suo sangue per Cristo, come insegnava nelle lezioni di catechismo, non esitò ad offrire la sua vita in nome della fede.

11. Raffaele Massabki, fratello minore di Francesco e di Mooti, celibe, prestava volentieri il suo aiuto ai frati e ai propri familiari; era molto devoto della Madonna e si soffermava a lungo in preghiera nella chiesa del convento. Era ancora presente tra le mura conventuali di San Paolo nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1860, quando irruppero i Drusi, dai quali fu ucciso insieme ai suoi due fratelli.

I corpi dei martiri, pietosamente recuperati alcuni giorni dopo la strage, furono sepolti in una tomba comune che, con la riedifi­cazione e la consacrazione della chiesa conventuale nel 1866, divenne meta di devozione da parte dei cristiani di Damasco.

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

In vista della Beatificazione

L’iter per la glorificazione di questo gruppo di undici martiri si presenta alquanto singolare nella particolare modalità attuata in occasione della Beatificazione e nella ripresa della Causa verso la Canonizzazione.

L’Ordine dei Frati Minori nel 1872 si attivò per avviare la Causa di riconoscimento di martirio dei solo otto religiosi appartenenti alla Custodia di Terra Santa, i Servi di Dio Manuel Ruiz ed i sette compagni, uccisi nel convento di San Paolo di Damasco la notte tra il 9 e il 10 luglio 1860.

Il Processo Informativo fu istruito a Damasco dal Patriarca di Gerusalemme negli anni 1872-1873. Fece seguito il Processo Apostolico, celebrato negli anni 1921-1923. Trasmessi gli Atti alla Congregazione dei Riti si giunse, secondo l’antica procedura, alla celebrazione della Congregazione Generale il 27 aprile 1926 che spianava la strada alla beatificazione. Il 2 maggio 1926 fu emesso il Decreto super martyrio.

Intanto, il 30 aprile 1926, tre giorni dopo la Congregazione Generale, l’Arcivescovo maronita di Damasco segnalava al Papa Pio XI il nominativo di due fedeli laici maroniti anch’essi massacrati nel convento dei Frati Minori la notte tra il 9 e il 10 luglio 1860, cioè Francesco e Mooti Massabki, chiedendo che anch’essi fossero associati alla imminente Beatificazione. Accogliendo l’istanza il Papa dispose la celebrazione di un’Inchiesta suppletiva in Siria. Pertanto, nel mese di settembre 1926 furono raccolte nuove testimo­nianze e prove documentali circa il martirio dei fratelli Massabki e si poté appurare con certezza che i candidati alla Beatificazione erano in realtà tre e non due: ai Servi di Dio Francesco e Mooti era da associarsi anche Raffaele, il più giovane dei fratelli, anch’egli vittima dell’odium fidei dei persecutori nel convento di Damasco.

Consegnati gli Atti dell’Inchiesta suppletiva a Roma, fu celebrata il 5 ottobre 1926 la Congregazione Generale An tuto procedi posse ad beatificationem anche per i tre Fratelli Maroniti. La solenne Beatificazione fu celebrata nella Basilica di San Pietro in Vaticano il 10 ottobre 1926, nel contesto del settimo centenario della morte di San Francesco d’Assisi (1226-1926).

 

In vista della Canonizzazione

La ripresa della Causa è stata recentemente determinata dalla constatazione della sempre crescente fama di martirio e del sempre maggior numero di segni attribuiti all’intercessione degli undici Martiri di Damasco, nonché dalla diffusione del loro culto. A ciò veniva associata la certezza che una loro Canonizzazione potesse costituire un messaggio di dialogo, di pace e di unità nel contesto medio-orientale, sempre meno sereno e sempre piú agitato da venti di guerra.

A questo scopo il Santo Sinodo dei Vescovi Maroniti nell’anno 2022 invocò presso Papa Francesco la Canonizzazione dei Beati Martiri Massabki, eroici esponenti della santità laicale maronita. Alla supplica si associarono anche i Superiori Maggiori dell’Ordine dei Frati Minori, Ministro Generale e Custode di Terra Santa, chiedendo l’attuazione di una procedura straordinaria con dispensa dallo studio di un miracolo per l’intero gruppo degli undici Martiri di Damasco, sottolineando le summenzionate opportunità pastorali ed in onore dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi, 1226-2026. Papa Francesco il 23 marzo 2023 autorizzò l’iter speciale. Ricevute le necessarie indicazioni del Dicastero delle Cause dei Santi, la Postulazione generale dell’Ordine dei Frati Minori e la Procura della Chiesa Maronita in Roma hanno redatto la peculiare Positio che raccoglie le ragioni a sostegno dell’auspicata Canoniz­zazione.

Gli Eminentissimi Padri Cardinali, gli Eccellentissimi Arci­vescovi e Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi, riuniti in Sessione Ordinaria il 21 maggio 2024, esaminata la Positio super Canonizatione hanno espresso il loro favorevole giudizio, che fu poi ratificato dal Santo Padre.

 

Cappella Papale con il Rito di Canonizzazione dei Beati:

 

Manuel Ruiz López e Sette Compagni;

Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki;

Giuseppe Allamano;

Marie-Léonie Paradis;

Elena Guerra.

 

Alle ore 10.30 di questa mattina, XXIX Domenica del Tempo Ordinario, sul Sagrato della Basilica di San Pietro, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica e il Rito della Canonizzazione dei Beati: Manuel Ruiz López e Sette Compagni; Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki; Giuseppe Allamano; Marie-Léonie Paradis; Elena Guerra.

Alla Santa Messa erano presenti le seguenti Delegazioni ufficiali: Il Presidente della Repubblica Italiana, S.E. il Sig. Sergio Mattarella, e Seguito; Sua Altezza Em. il Principe e Gran Maestro Fra’ John Dunlap, e Seguito; Il Ministro della Presidenza di Spagna, S.E. il Sig. Félix Bolaños García, e Seguito; Il Vice Governatore della Regione del Tirolo - Austria, Josef Geisler con la Consorte, e Seguito; Il Deputato Federale di Sherbrooke - Canada, On. Élisabeth Brière con il Consorte, e Seguito.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione al Vangelo:

 

OMELIA DEL SANTO PADRE

 

AR  - ES  - FR  - IT  - PL  - PT ]

 

A Giacomo e Giovanni, Gesù chiede: «Cosa volete che io faccia per voi?» (Mc 10,36). E subito dopo li incalza: «Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?» (Mc 10,38). Gesù pone domande e, proprio così, ci aiuta a fare discernimento, perché le domande ci fanno scoprire ciò che è dentro di noi, illuminano quello che portiamo nel cuore e che a volte noi non sappiamo.

Lasciamoci interrogare dalla Parola del Signore. Immaginiamo che chieda a noi, a ciascuno di noi: «Che cosa vuoi che io faccia per te?»; e la seconda domanda: «puoi bere il mio stesso calice?»

Attraverso queste domande, Gesù fa emergere il legame e le attese che i discepoli hanno verso di lui, con le luci e le ombre tipiche di ogni relazione. Infatti, Giacomo e Giovanni, sono legati a Gesù ma hanno delle pretese. Essi esprimono il desiderio di stare vicino a Lui, ma solo per occupare un posto d'onore, per rivestire un ruolo importante, per «sedere, nella sua gloria, alla destra e alla sinistra» (Mc 10,37). Evidentemente pensano a Gesù come Messia, un Messia vittorioso, glorioso e da Lui si aspettano che condivida la sua gloria con loro. Vedono in Gesù il Messia, ma lo immaginano secondo la logica del potere.

Gesù non si ferma alle parole dei discepoli, ma scende in profondità, ascolta e legge il cuore di ognuno di loro e anche di ognuno di noi. E, nel dialogo, attraverso due domande, cerca di fare emergere il desiderio che c’è dentro a quelle richieste.

Dapprima chiede: «Cosa volete che io faccia per voi?»; e questa domanda svela i pensieri del loro cuore, mette in luce le attese nascoste e i sogni di gloria che i discepoli coltivano segretamente. É come se Gesù chiedesse: “Chi vuoi che io sia per te?” e, così, smaschera quello che essi desiderano davvero: un Messia potente, un Messia vittorioso che dia loro un posto di onore. E a volte nella Chiesa viene questo pensiero: l’onore, il potere…

Poi, con la seconda domanda, Gesù smentisce questa immagine di Messia e in questo modo li aiuta a cambiare sguardo, cioè a convertirsi: «Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». In questo modo, svela a loro che Egli non è il Messia che essi pensano; è il Dio dell’amore, che si abbassa per raggiungere chi è in basso; che si fa debole per rialzare i deboli, che opera per la pace e non per la guerra, che è venuto per servire e non per essere servito. Il calice che il Signore berrà è l’offerta della sua vita, è la sua vita donata a noi per amore, fino alla morte e alla morte di croce.

E, allora, alla sua destra e alla sua sinistra staranno due ladroni, appesi come Lui alla croce e non accomodati nei posti di potere; due ladroni inchiodati con Cristo nel dolore e non seduti nella gloria. Il re crocifisso, il giusto condannato si fa schiavo di tutti: costui è davvero il Figlio di Dio! (cf. Mc 15,39). Vince non chi domina, ma chi serve per amore. Ripetiamo: vince non chi domina, ma chi serve per amore. Ce lo ha ricordato anche la Lettera agli Ebrei: «Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi» (Eb 4,15).

A questo punto, Gesù può aiutare i discepoli a convertirsi, a cambiare mentalità: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono» (Mc 10,42). Ma non deve essere così, per chi segue un Dio che si è fatto servo per raggiungere tutti col Suo amore. Chi segue Cristo, se vuole essere grande deve servire, imparando da Lui.

Fratelli e sorelle, Gesù svela pensieri, svela desideri e proiezioni del nostro cuore, smascherando talvolta le nostre attese di gloria, di dominio, di potere, di vanità. Egli ci aiuta a pensare non più secondo i criteri del mondo, ma secondo lo stile di Dio, che si fa ultimo perché gli ultimi vengano rialzati e diventino i primi. E queste domande di Gesù, con il suo insegnamento sul servizio, spesso sono incomprensibili, incomprensibili per noi come lo erano per i discepoli. Ma seguendo Lui, camminando alla Sua sequela e accogliendo il dono del Suo amore che trasforma il nostro modo di pensare, possiamo anche noi imparare lo stile di Dio: lo stile di Dio, il servizio. Non dimentichiamo le tre parole che fanno vedere lo stile di Dio per servire: vicinanza, compassione e tenerezza. Dio si fa vicino per servire; si fa compassionevole per servire; si fa tenero per servire. Vicinanza, compassione e tenerezza…

A questo dobbiamo anelare: non al potere, ma al servizio. Il servizio è lo stile di vita cristiano. Non riguarda un elenco di cose da fare, quasi che, una volta fatte, possiamo ritenere finito il nostro turno; chi serve con amore non dice: “adesso toccherà qualcun altro”. Questo è un pensiero da impiegati, non da testimoni. Il servizio nasce dall’amore e l’amore non conosce confini, non fa calcoli, si spende e si dona. L’amore non si limita a produrre per portare risultati, non è una prestazione occasionale, ma è qualcosa che nasce dal cuore, un cuore rinnovato dall’amore e nell’amore.

Quando impariamo a servire, ogni nostro gesto di attenzione e di cura, ogni espressione di tenerezza, ogni opera di misericordia diventano un riflesso dell’amore di Dio. E così tutti noi - e ognuno di noi - continuiamo l’opera di Gesù nel mondo.

In questa luce possiamo ricordare i discepoli del Vangelo, che oggi vengono canonizzati. Lungo la storia tormentata dell’umanità, essi sono stati servi fedeli, uomini e donne che hanno servito nel martirio e nella gioia, come fra Manuel Ruiz Lopez e i suoi compagni. Sono sacerdoti e consacrate ferventi, e ferventi di passione missionaria, come don Giuseppe Allamano, suor Paradis Marie Leonie e suor Elena Guerra. Questi nuovi santi hanno vissuto lo stile di Gesù: il servizio. La fede e l’apostolato che hanno portato avanti non ha alimentato in loro desideri mondani e smanie di potere ma, al contrario, essi si sono fatti servi dei fratelli, creativi nel fare il bene, saldi nelle difficoltà, generosi fino alla fine.

Chiediamo fiduciosi la loro intercessione, perché anche noi possiamo seguire il Cristo, seguirlo nel servizio e diventare testimoni di speranza per il mondo.

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta Beatificatione

 

PIUS  PP. XI

ad perpetuam rei memoriam

 

Contingit ex auspicato ut hoc anno, his quidem diebus quibus, in universo terrarum orbe, in honorem Sancti Francisci Assisiensis septimo exeunte saeculo ab ipsius obitu, centenariae festivitates habentur, octo inclyti eiusdem Sancti alumni, qui hac nostra aetate pro Christi fide asserenda sanguinem effuderunt, ad Beatorum Martyrum honores sollemni ritu promoveantur. Invicti ipsi heroes anno MDCCCLX in coenobio Damasceno, Custodiae Terrae Sanctae spirituali foedere adiuncto, a barbaris Turcarum cohortibus in odium Fidei necati, gloriosum in conspectu Domini martyrium fecerunt. Horum primus Emmanuel Ruiz, natione Hispanus, anno MDCCCXXV religiosum Francisci sagum susceperat, et sacerdos, ad infidelibus praedicandum Christi verbum se vocatum persentiens, ad Terrae Sanctae Missiones venerat et post exantlatos uberrimo cum fructu plures per annos apostolicos labores, singulari prudentia ac sanctitatis opinione, Damascenum coenobium moderabatur. Alter Carmelus Volta, Hispanus et ipse, in Valentina provincia, eodem anno MDCCCXXV, Minorum Fratrum Ordinem ingressus, atque in Palaestinam missus, uti arabicae linguae scitissimus, iuvenum Missionariorum magister Damasci renuntiatus fuerat. Tertius Engelbertus Kolland e provincia Tirolensi, tam eximiae sanctitatis morumque innocentiae, quam acris ingenii vir, qui diuturni voti compos factus, Damascum ad sacras Missiones venerat, praefati Emmanuelis in pastorali munere indefessus adiutor. Quartus Nicanor Ascanius, ab Arabis compellatus Ioseph, e provincia Castellana qui viginti post annos actuosi in Hispania sacerdotalis ministerii, utpote disertissimus divini Verbi praeco, venerat in Palaestinam, ut etiam ibidem praedivitem meteret in agro Dominico segetem. Quintus ac sextus fuerunt Nicolaus Alberca ex Andalusia, Petrus Soler e provincia Murciana, eximiae virtutis viri, alter anno MDCCCXXX natus, alter anno MDCCCXXVII, qui, florente iuventute Minoriticum Ordinem professi, et Palaestinae Missiones nacti, ad arabicae linguae studium Damasci incumbebant. Hos inclytos sacerdotes duo laici fratres comitantur, Franciscus Pinazo d’Arpuentes et Ioannes Iacobus Fernandez, Hispani ambo, qui, pietate non minus quam humilitatis spiritu fulgentes, in coenobio Damasceno famulatui addicti, officii sui partes diligentissime ac singulari obedientia implebant. Hos omnes, consuetis piis operibus intentos, teterrima illa intercepit adversus christianos insectatio, quae die X m. Iulii anno MDCCCLX ab infensis Christi Fidei hostibus excitata, Damasci ex improviso exarsit, et immanes ruinas, incendia, rapinas caedesque intulit. Etenim efferatae Turcarum turmae in coenobium irrumpunt et primum in Emmanuelem Ruiz saeviunt, qui de imminenti clade monitus, sacramentali absolu­tione firmatis ad constantiam sociis, venerat in ecclesiam ad sacras species sumendas, «ne canibus rabidis proderet caelestia membra». Ipse ante aram principem flexis genibus orans, ut a Fide descisceret frustra excitatus, ferro obtruncatur. Carmelus Volta, et ipse ut Mahometanam religionem amplecteretur iterum iterumque invitatus, clava percussus conficitur. Petrus Soler, dum se christianum profitetur, gladio transverberatur. Nicolaus Alberca, postquam aperte declaraverat se millies mori malle quam desciscere a Fide, igneae ballistae ictu interficitur. Engelbertus Kolland, qui a religiosa domo aufugerat, seque primo caedis discrimini eripere potuerat, ab insecta­toribus comprehensus, atque ad apostasiam incassum tentatus, securi percussus iacuit. Tandem Ascanius Nicanor in superiore coenobii contignatione detectus et caesus, et ipse parem cum sociis martyrii sortem invenit. Duo vero fratres laici Franciscus Pinazo et Ioannes Iacobus Fernandez, qui in turrim campanariam confugerant, a satellitibus fustibus ac ferro petiti, elatis ad caelum manibus orarunt, donec praecipiti lapsu a turris fastigio deiecti, gloriosa Martyrum palma potiti sunt. At non solum octo ipsis S. Francisci filiis contigit illa die pro Christo mortem oppetere; Turcarum enim furor in germanos etiam fratres Franciscum, Mootium, et Raphaelem Massabki, catholicos viros Maronitas, exarsit. Eorumdem primus, septuaginta annos natus, Franciscus, conspicuo divitiarum non minus quam christianarum virtutum patrimonio abundabat, proptereaque apud omnes Damasci cives optima existimatione florebat. Alter, Mootius, integerrimus paterfamilias sicut frater Franciscus, relicta merca­tura, quam honeste iam exercuerat, pietatis operibus deditus, in Franciscalis coenobii schola arabicam linguam tradebat. Tertius denique, Raphaël, caelebs, se totum orationi tradens vitamque asceticam agens, cotidie templum Fratrum Franciscanorum celebrabat. Idem ne patres Franciscales in periculo desererent, primo tumultus sonitu ad coenobium accurrunt, ibique, Eucharisticis dapibus refecti, una cum Religiosis ante aram orantes, natorum reique familiaris immemores, mortem fortiter exspectarunt. Comprehensi a Mahumetanis in ecclesiam irrumpentibus se Christianos esse et pro Christi Fide ultro morituros profitentur, et continuo, ante maioris altaris gradus ipsius templi, ferreis clavis mactati sunt. Post horrendam hanc caedem Mahumetanorum ferociae victimae Servi Dei tamquam Christi Martyres in odium Fidei perempti haberi coepti sunt; quapropter primus causa inchoata est de Beatorum Martyrum honoribus decernendis octo Minoriticae familiae alumnis, et Decessor Noster rec. me. Leo PP. XIII, die XVII m. Decembris an. MDCCCLXXXV introductionis Causae Commissionem sua manu obsignavit. Postea cum penes Sacrorum Rituum Congregationem proposita quaestio sit de martyrio martyriique causa nec non de signis sive miraculis, et profecto constiterit eorundem octo Servorum Dei e Franciscali familia internecionem apprime evenisse in odium christiani nominis, et sola Fidem fuisse causam illius, Nos sollemni decreto, sexto nonas maias anno millesimo nongentesimo vicesimo sexto, de martyrio et causa martyrii Emmanuelis Ruiz et septem sociorum constare declaravimus. Super signis sive miraculis de more dispensatum est. Cum igitur de martyrio martyriique causa constaret, illud supererat ut Sacrorum Rituum Cardinales et Consultores rogarentur an tuto procedi posse censerent ad sollemnem eorundem octo Servorum Dei Beatificationem. Hoc praestitit venerabilis frater Noster Ianuarius Granito Pignatelli di Belmonte, Episcopus Albanesis, Causae Relator, in generali Sacrorum Rituum coetu coram Nobis in Vaticanis aedibus habito duodevicesima die m. iunii volventis anni, omnesque tum Cardinales tum qui aderant Patres Consultores affirmative respon­derunt. Nos vero die tantum Pentecostes pervigilio, nempe undecimo calendas iulias huius anni, eucharistico Sacro rite litato, accitis adstantibusque VV. FF. NN. Antonio Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinali Vico, Episcopo Portuensi ac Sanctae Rufinae, Sacrorum Rituum Congregationis Praefecto, et Ianuario Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinali Granito di Belmonte, Episcopo Albanensi, Causae Relatore, una cum dilectis filiis Angelo Mariani, ipsius Sacrorum Rituum Congregationis a secretis, et Carolo Salotti, Sanctae Fidei Promotore generali, sollemniter ediximus tuto procedi posse ad ipsorum octo seraphicae familiae alumnorum Beatifica­tionem.

Cum igitur esset de eorundem prolatum iudicium, venerabilis frater Bechara Chemali, Archiepiscopus Maronitarum Damascenus, vota quoque exprimens Patriarcharum Episcoporumque Orienta­lium, Nos enixis precibus flagitavit ut etiam tribus germanis Massabki, una eademque ac praefati Religiosi Franciscales caede, in odium Fidei peremptis, Beatorum caelitum honores decernerentur. Nos autem hisce votis concedere volentes, etiam de trium Dei eorundem Famulorum martyrio iuridicum Damasci processum institui iussimus; cumque de martyrio martyriique causa constitisset, praeviis decreto Sacrae Rituum Congregationis solito, die V huius mensis dato, nec non dispensatione a signis uti de iure, die tandem septima vertentis octobris ipsis quoque tribus Dei Famulis Beatorum caelitum honores tribuendo tuto decrevimus. Quae cum ita sint, Nos, precibus permoti universae Minorum Ordinis Fratrum religiosae familiae, simulque Archiepiscopi Damasceni ceterorumque Antistitum Orientalium, clerique et fidelium Maronitarum, apostolica Nostra auctorititae, praesentium vi, facultatem facimus un Venerabiles Servi Dei Emmanuel Ruiz, Carmelus Volta, Engelbertus Kolland, Nicanor Ascanius, Nicolaus Alberca et Petrus Soler, sacerdotes, Franciscus Pinazo d’Arpuentes et Ioannes Iacobus Fernandez, Fratres laici, ex Ordine Minorum, itemque tres germani fratres maronitae Franciscus, Mooti, et Raphaël Massabki Beati in posterum appel­lentur, eorumque corpora et relliquiae, si exstant, non tamen in sollemnibus supplicationibus deferenda, pubblicae fidelium venera­tioni proponantur, atque imagines eorumdem radiis decorentur. Insuper, eadem Nostra auctoritate, concedimus ut de illis recitetur Officium et Missa celebretur de communi Martyrum iuxta Rubricas Missalis, et Breviarii Romani. Eiusmodi vero Officii recitationem et Missae celebrationem fieri dumtaxat concedimus in dioecesibus in quibus iidem Servi Dei respective nati sunt, pariterque intra fines archidiocesis Damascenae Maronitarum atque in omnibus templis ac sacellis, ubique terrarum sitis, coenobiis adiectis, quae ad Minorum Fratrum familiam pertineant, ab ominibus fidelibus tam saecularibus quam regularibus, qui Horas canonicas recitare teneantur, et, quod ad Missas attinet, a sacerdotibus confluentibus ad templa in quibus Beatorum ipsorum Martyrum festum celebratur. Denique largimus ut sollemnia Beatificationis eorundem Famulorum Dei peragantur cum Officio et Missa duplicis maioris ritus: idque fieri concedimus in praedictis dioecesibus ac templis sive oratoriis, quae nominavimus, die per Ordinarium designando, intra annum postquam eadem sollemnia in Patriarchali Basilica Vaticana celebrata fuerint. Non obstantibus Constitutionibus et ordinationibus Apostolicis, nec non decretis de non cultu editis ceterisque contrariis quibuslibet. Volumus autem un harum Litterarum exemplis etiam impressis, dum­modo manu Secretarii Sacrorum Rituum Congregationis subscripta, et Praefecti sigillo munita sint, in disceptationibus etiam iudicialibus eadem prorsus fides adhibeatur, quae Nostrae voluntatis significa­tioni his ostensis Litteris haberetur.

Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die X m. octobris an. MCMXXVI, Pontificatus Nostri quinto.

 

Petrus Card. Gasparri

a Secretis Status