Martiri della Chiesa greco-cattolica di Romania

Martiri della Chiesa greco-cattolica di Romania

(† 1950-1970)

Beatificazione:

- 02 giugno 2019

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 2 giugno

Valeriu Traian Frenţiu, Vasile AftenieIoan Suciu, Tit Liviu Chinezu, Ioan Bălan, Alexandru Rusu Iuliu Hossu, Vescovi presuli che donarono la propria vita per stare accanto alla loro gente negli anni più bui della dittatura

  • Biografia
  • Decreto sul Martirio
“Figure illustri di discepoli di Cristo, vittime di un regime che, ostile a Dio per il suo ateismo, calpestò anche l’uomo, fatto a immagine di Dio" (San Giovanni Paolo II)

 

    Ci sono notti più nere delle altre, notti che sembrano più buie e più lunghe e in cui ci sentiamo più soli. Fu una notte così, quella tra il 28 e il 29 ottobre 1948, quando in molti furono prelevati dalle loro case e incarcerati nella prigione di Sighet. Per lo più erano religiosi o fedeli professi, tra cui i 7 nuovi Beati di oggi, allora tutti vescovi della Chiesa greco-cattolica di Romania. Mons. Vasile Aftenie, vescovo di Ulpiana e ausiliare dell’Arcieparchia di Alba Iulia e Făgăraş; mons. Valeriu Traian Frenţiu, vescovo di Oradea; mons. Ioan Suciu, amministratore apostolico dell’Arcieparchia di Alba Iulia e Făgăraş; mons. Tit Liviu Chinezu, vescovo ausiliare dell’Arcieparchia di Alba Iulia e Făgăraş; mons. Ioan Bălan, vescovo di Lugoj; mons. Alexandru Rusu, vescovo di Maramureş; mons. Iuliu Hossu, vescovo di Cluj Gherla.

    Le stelle del loro martirio, però, brillano di una luce potente, capace di illuminare il nostro cammino verso il Cielo e quello di tutta la Chiesa. “Dove c’è morte per amore dei propri ideali – spiega il card. Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – gli ideali stessi diventano luce per gli altri. Così anche allora, si pensava che tutto fosse finito, invece la giornata di oggi dimostra che non è così. Si rinnova la logica del mistero pasquale: Gesù, sconfitto, da Risorto diventa salvezza per l’umanità”. 

    Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la Romania diventa uno Stato comunista nell’orbita del Patto di Varsavia. Con l’abdicazione del re e l’instaurazione della Repubblica popolare romena, tra il 1947 e il 1948, di fatto si stabilisce un regime “satellite” di quello di Mosca durante il quale, per oltre 40 anni, si attuerà la più sanguinosa persecuzione anticattolica di tutto il Novecento.

    “La Chiesa greco-cattolica è una chiesa di rito orientale ma in comunione con la Chiesa di Roma e quindi con il Papa – spiega il porporato – il Papa dai comunisti veniva visto come rappresentante dell’Imperialismo e le sue parole e le sue azioni come l’ingerenza di una potenza straniera nella sovranità nazionale”. Come in un’escalation dell’orrore, la persecuzione si svolse in tre tempi: il tentativo di persuasione, l’arresto, l’eliminazione dei religiosi. Ai sacerdoti e ai vescovi appartenenti alla Chiesa greco-cattolica veniva chiesto di rompere con la Santa Sede; come in una sorta di crudele spoil system che svilisce la grandezza della fede, venivano loro offerte cariche all’interno della Chiesa ortodossa.

    Il comunismo romeno voleva costruire “l’uomo nuovo”, che non aveva bisogno di nessuno, neppure di Dio, invece gli uomini nuovi in Romania erano proprio uomini di Dio, tra cui i sette nuovi Beati.  “Il martirio è il seme della conversione – aggiunge il cardinale – anche Gesù ha detto che se il seme non muore non porta frutto”. E martiri come “seme di nuovi cristiani” li aveva definiti già Giovanni Paolo II nel discorso ai vescovi romeni durante il suo viaggio in Romania il 7 maggio 1999: “Figure illustri di discepoli di Cristo vittime di un regime che, ostile a Dio per il suo ateismo, calpestò anche l’uomo, fatto a immagine di Dio”.

    Tutti e 7 furono imprigionati e torturati; solo 3 di loro morirono in un lager. “La nostra fede è la nostra vita!”, rispondevano quando veniva loro chiesto di abiurare e di rinnegare la fedeltà al Papa. Vasile Aftenie era professore di teologia a Blaj; Valeriu Frenţiu era molto attivo nell’apostolato; Ioan Suciu, il più giovane, pubblicò un’ottima versione del catechismo per i giovani; Tit Liviu Chinezu era cappellano nelle scuole; Ioan Bălan fu nella commissione per la codifica del diritto nelle Chiese Orientali; Alexandru Rusu era direttore del giornale cristiano “Unirea”. E poi c’era Iuliu Hossu, un simbolo della lotta contro l’ateismo in clandestinità.

    È forse la figura più nota tra i 7 nuovi Beati: Iuliu Hossu fu cappellano militare durante la Grande Guerra, poi nominato vescovo di Gherla. Famoso per il suo impegno pastorale in favore della Transilvania, fu arrestato insieme agli altri in odio alla fede cattolica quell’orrenda notte. Dopo la prima liberazione dal carcere di Sighet, continuò a esortare i fedeli a professare la propria fede con coraggio e cercò di riorganizzare, seppur in segreto, le strutture soppresse della Chiesa cattolica. Costretto dalle autorità al domicilio coatto, la sua storia giunse alle orecchie di Paolo VI, che nel 1969 lo creò cardinale in pectore: “Quando le circostanze non consentono al Papa di pubblicare il nome di un nuovo cardinale – conclude il card. Becciu – egli tiene il suo nome nel cuore”. Di fatto era per Hossu un’occasione di lasciare un Paese per lui molto pericoloso e rifugiarsi a Roma, ma questi rifiutò per restare accanto al suo popolo. Le sue ultime parole prima di morire, nel 1970, provato dagli eventi, furono per il vescovo Todea: “La mia lotta finisce, la tua continua”.    

 

CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM

 

FAGARASIENSIS ET ALBAE JULIENSIS ROMENORUM

 

Beatificationis seu Declarationis Martyrii

Servorum Dei

Valerii Traiani Frențiu et VI Sociorum

Episcoporum

 

(†1950-1970)

_____________________

 

DECRETO SUL MARTIRIO

 

    «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8, 34-35).

 

    Le parole del Signore riportate nel Vangelo furono vissute e testimoniate in prima persona dai sette Servi di Dio, vescovi della Chiesa Greco-Cattolica di Romania. Con l’ingresso del paese nella sfera d’influenza sovietica, alla fine della seconda guerra mondiale, questa Chiesa fu sottoposta ad una crudele persecuzione, pianificata ed eseguita da parte delle autorità comuniste con lo scopo della sua “liquidazione”.  I sette vescovi greco-cattolici hanno vissuto “il Calvario della Chiesa” e la “via delle Beatitudini”, offrendo le loro vite per preservare la fede e la comunione col Successore di Pietro e lottando fino all’ultimo momento per rafforzare la speranza dei fedeli e difendere la loro Chiesa.

    Il Servo di Dio Valeriu Traian Frențiu, il decano d’età nell’episcopato, nacque il 25 aprile 1875 a Reșița, figlio di un sacerdote greco-cattolico. Dopo gli studi di teologia presso il Seminario Centrale di Budapest fu ordinato sacerdote a Lugoj il 20 settembre 1898. Nominato vescovo di Lugoj, ricevette l’ordinazione episcopale il 14 gennaio 1913 e guidò l’eparchia fino al 1922, quando fu trasferito come vescovo dell’Eparchia di Oradea Mare. Tra gli anni 1941-1947 fu anche Amministratore Apostolico della Provincia Metropolitana di Blaj e, nel 1948, venne nominato arcivescovo ad personam da Papa Pio XII. Come decano per età dei presuli romeni uniti, rappresentò la Chiesa Romena Unita presso le autorità e condusse così la resistenza di questa Chiesa di fronte all’attacco dei nemici. Fu arrestato nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 1948, come gli altri vescovi greco-cattolici, in seguito al piano del regime comunista di sopprimere la Chiesa Greco-Cattolica. Tutti furono portati nel lager organizzato a Dragoslavele, nella villa del patriarca ortodosso, poi nel campo di prigionia presso il monastero ortodosso di Căldărușani; nel 1950 furono trasferiti nella prigione di Sighet, in regime di sterminio. Il Servo di Dio si ammalò gravemente a causa delle condizioni inumane di vita e, senza alcuna cura medica, morì l’11 luglio 1952, circondato dai suoi fratelli nell’episcopato. Fu sepolto in segreto durante la notte nel cimitero della città.

    Il Servo di Dio Vasile Aftenie nacque il 14 luglio 1899 a Lodroman, in Transilvania. Entrato nel seminario di Blaj, fu inviato a Roma, dove, nel 1925, ottenne la laurea in teologia presso la Propaganda Fide. Ordinato sacerdote a Blaj il 1 gennaio 1926, fu nominato professore presso la locale Accademia di Teologia. Nel 1934 ricevette la carica di protopresbitero di Bucarest. Nel 1937 fu nominato canonico del Capitolo di Blaj e poi, nel 1939, assunse il rettorato dell’Accademia Teologica della stessa città. Consacrato vescovo ausiliare dell’Arcieparchia di Alba-Iulia e Făgăraş il 6 giugno 1940, fu incaricato come vicario generale per Bucarest e il territorio del Vecchio Regno della Romania. Arrestato nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 1948, venne rinchiuso insieme agli altri presuli romeni greco-cattolici nel lager di Dragoslavele, poi nel campo di prigionia di Căldărușani. Nel tentativo di allestire la messinscena di un processo politico, fu sottoposto a duri interrogatori da parte della polizia segreta. Le sue dichiarazioni manoscritte rilasciate durante le inchieste mostrano che non accettò il compromesso, rimase saldo nella fede cattolica e morì nella notte tra il 9 e il 10 maggio 1950 nell’ospedale-prigione di Văcăreşti, avendo subito qualche settimana prima un ictus cerebrale al termine di un periodo di dieci mesi di durissimi maltrattamenti. Fu il primo vescovo greco-cattolico che ha donato la vita per la sua fede sotto il regime comunista.

    Il Servo do Dio Ioan Suciu, figlio di un sacerdote greco-cattolico, nacque il 3 dicembre 1907 a Blaj, in Transilvania. Dopo le lauree in filosofia e teologia a Roma, ricevette l’ordinazione sacerdotale il 29 novembre 1931 e tornò a Blaj, dove insegnò all’Accademia di Teologia e si affermò come uno dei più grandi oratori della Chiesa e come “l’apostolo della gioventù”. Nominato vescovo ausiliare di Oradea, fu ordinato il 20 luglio 1940; poi, dal 1947, fu nominato Amministratore Apostolico di Blaj. In questa veste rafforzò lo zelo del clero e del popolo con numerose iniziative pastorali e spirituali e con le sue omelie, dove confermava nella fede il popolo, già sottoposto alle pressioni per abbandonare la Chiesa Romena Unita (Greco-Cattolica). Molto popolare tra i fedeli e temuto dalle autorità comuniste, fu arrestato per due volte nel mese di settembre 1948: ogni volta si trovava in una visita pastorale. Fu arrestato per la terza volta il 27 ottobre 1948 in odio alla fede cattolica e alla comunione con la Sede Apostolica. Dal lager di Căldărușani, fu portato al Ministero degli Interni a Bucarest, dove subì durissimi interrogatori nel tentativo, fallito, di coinvolgerlo in un processo politico. Fu trasferito nel mese di ottobre del 1950 nella prigione di Sighet. Soffrendo di colite cronica, non ricevette cibo adatto né alcuna cura medica e morì di fame a Sighet, consegnando la sua vita al Signore il 27 giugno 1953. Fu sepolto nel “Cimitero dei poveri” di Sighet.

     Il Servo di Dio Tit Liviu Chinezu, figlio di un sacerdote greco-cattolico, nacque a Iernuțeni presso Reghin il 22 dicembre 1904. Inviato per studiare a Roma, conseguì la laurea in filosofia e la licenza in teologia e ricevette l’ordinazione sacerdotale il 18 gennaio 1931. Tornato in patria, fu nominato professore di teologia e dal 1940 al 1945 assunse la carica di rettore dell’Accademia di Teologia di Blaj. Nominato protopresbitero di Bucarest nel 1946, fu considerato dalla polizia segreta “uno dei più fermi oppositori” all’azione del governo di “liquidare” la Chiesa Greco-Cattolica. Arrestato nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 1948, fu rinchiuso insieme agli altri presuli e sacerdoti romeni greco-cattolici. Nel lager di Căldărușani fu ordinato clandestinamente vescovo il 25 aprile 1949 con il mandato segreto della Nunziatura Apostolica; in un biglietto autografo indirizzato al Nunzio affermò: “Offro la mia vita per servire Pietro con tutta la schiettezza e sincerità”. Nel mese di maggio del 1950 fu portato nella prigione di Sighet, dove, ammalatosi gravemente a causa del durissimo regime di vita, non ricevette alcun trattamento medico; prima di morire fu isolato in una cella, dove rese l’anima a Dio il 15 gennaio 1955. Fu sepolto nel “Cimitero dei poveri” di Sighet.

    Il Servo di Dio Ioan Bălan nacque il 12 febbraio 1880 a Teiuș, in Transilvania. Dopo gli studi di teologia presso il Seminario Centrale di Budapest fu ordinato sacerdote il 24 giugno 1903 a Blaj, poi continuò all’Istituto Augustineum di Vienna, dove conseguì la laurea in teologia nel 1906. Tornato in patria, fu nominato nel 1909 parroco della comunità greco-cattolica di Bucarest, poi nel 1911 protopresbitero di Bucarest; in seguito, nel 1921, assunse la carica di rettore dell’Accademia di Teologia di Blaj. Nel 1929 fu nominato membro nella Commissione Pontificia per la Codificazione del Diritto della Chiesa Orientale. Pubblicò importanti saggi di teologia e tradusse in romeno il Nuovo Testamento. Fu consacrato vescovo di Lugoj il 18 ottobre 1936. Arrestato in odio alla fede cattolica e alla comunione con la Sede Apostolica il 29 ottobre 1948, venne incarcerato con gli altri vescovi greco-cattolici nel lager di Dragoslavele, poi nel campo di prigionia di Căldărușani e, tra il 1950 e il 1955, passò nella prigione con regime di sterminio di Sighet, cui sopravvisse. Da quest’ultima prigione nel 1955 venne trasferito in vari domicili coatti, da dove non mancò di incoraggiare i fedeli greco-cattolici a dichiarare pubblicamente la loro confessione e appoggiò la riorganizzazione in clandestinità delle strutture della Chiesa Greco-Cattolica. Dall’agosto 1956 fu soggetto al domicilio coatto presso il Monastero ortodosso di Ciorogârla, dove trascorse gli ultimi tre anni di vita. Là venne sottoposto fino alla fine dei suoi giorni ad incessanti pressioni per rinnegare la comunione col Successore di Pietro e la fede cattolica. Rifiutando un trattamento medico di specialità a prezzo del tradimento della sua Chiesa, morì il 4 agosto 1959.

    Il Servo di Dio Alexandru Rusu, figlio di un sacerdote greco-cattolico, nacque il 22 novembre 1884 a Şăulia de Câmpie, in Transilvania. Alunno del Seminario Centrale di Budapest, si laureò in teologia nel 1910 e venne ordinato sacerdote nello stesso anno a Blaj. Professore di teologia, direttore del giornale cristiano Unirea di Blaj, sostenitore dei diritti della Chiesa, fu rettore dell’Accademia di Teologia di Blaj dal 1925 fino al 1930, quando venne nominato vescovo della nuova Eparchia greco-cattolica di Maramureș e consacrato il 30 gennaio 1931. Fu arrestato il 29 ottobre 1948 e rinchiuso nei lager di Dragoslavele e Căldărușani insieme agli altri presuli greco-cattolici; tra gli anni 1950-1955 fu incarcerato, senza condanna, nella prigione di Sighet. Sopravvisse al regime di sterminio di quella prigione e, nel 1955, fu portato in vari domicili coatti, da dove continuò a sostenere i fedeli greco-cattolici e la riorganizzazione in clandestinità delle strutture della Chiesa Greco-Cattolica. Dall’agosto 1956 fu soggetto al domicilio coatto presso il Monastero ortodosso di Cocoș. Arrestato ancora una volta il 30 dicembre 1956, venne sottoposto alle inchieste della polizia segreta e condannato dal tribunale militare di Cluj “a dura prigione a vita”, per falsi motivi politici. Durante sei anni e mezzo passò di nuovo per varie prigioni a regime severo e morì il 9 maggio 1963 nel carcere di Gherla per una setticemia, dopo quindici anni di vita nei lager, prigioni e domicili coatti, a causa della fedeltà verso il Successore di Pietro. Venne sepolto nel cimitero della prigione di Gherla.

    Il Servo di Dio Iuliu Hossu, figlio di un sacerdote greco-cattolico, nacque il 31 gennaio 1885 a Milașu Mare in Transilvania. Inviato a Roma, conseguì la laurea in filosofia (1906) e teologia (1910) presso la Propaganda Fide e fu ordinato sacerdote il 27 marzo 1910. Tornato in patria, svolse vari servizi nella curia di Lugoj e, durante la prima guerra mondiale, fu cappellano militare. Nel 1917 venne nominato vescovo di Gherla. È stato figura di spicco dell’Unione della Transilvania con il Regno di Romania nel 1918. Per il suo impegno ecclesiale e coinvolgimento nella vita delle parrocchie fu soprannominato “vescovo delle visite canoniche”. Dopo l’instaurazione del regime comunista, insieme a tutti gli altri vescovi greco-cattolici, respinse senza paura le manovre delle autorità comuniste che miravano ad annientare la Chiesa Greco-Cattolica Romena. Preparò i fedeli per i giorni difficili che si profilavano all’orizzonte. Fu arrestato in odio alla fede cattolica e alla comunione con la Sede Apostolica nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 1948 e rinchiuso nei lager di Dragoslavele e Căldărușani insieme agli altri presuli greco-cattolici romeni. Tra il 1950-1955 fu portato nella dura prigione di Sighet, cui sopravvisse. Quindi fu sottoposto a vari domicili coatti. Negli ultimi quattordici anni di vita fu soggetto al domicilio coatto presso il Monastero ortodosso di Căldărușani. Là venne sottoposto fino alla fine dei suoi giorni a incessanti pressioni e umiliazioni per rinnegare la comunione col Successore di Pietro e la fede cattolica. Fu fatto cardinale in pectore nel 1969 da Papa Paolo VI, rifiutando però di lasciare il paese per recarsi a Roma. Ammalatosi gravemente, fu trasferito in ritardo in un ospedale a Bucarest, dove morì qualche giorno dopo, il 28 maggio 1970.

    La fama di martirio dei sette Servi di Dio si diffuse immediatamente dopo la loro morte in modo sempre crescendo, ma durante il comunismo, la Chiesa Greco-Cattolica essendo soppressa, non poteva aprire una causa canonicamente valida per il loro martirio. Così, soltanto dopo la caduta del regime comunista, la Chiesa Greco-Cattolica della Romania ha potuto avviare la Causa del riconoscimento del martirio dei suoi vescovi. La fase eparchiale del processo fu istruita nel periodo 16 gennaio 1999 - 10 marzo 2009 e ottenne il riconoscimento della validità giuridica da questa Congregazione delle Cause dei Santi con decreto del 18 febbraio 2011. Preparata la Positio, l’8 gennaio 2019 si celebrò il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi, che espresse il parere favorevole. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 5 marzo 2019, presieduta da me Card. Angelo Becciu, hanno riconosciuto che i suddetti Servi di Dio hanno subito la morte per la loro fedeltà a Cristo e alla Chiesa.

    Presentata, dunque, al Santo Padre Francesco un’accurata relazione di tutte queste fasi da parte del sottoscritto Cardinale Prefetto, lo stesso Santo Padre, ratificando i voti della Congregazione delle Cause dei Santi, in data odierna ha dichiarato: Consta il martirio e la sua causa dei Servi di Dio Valeriu Traian Frențiu, Iuliu Hossu, Alexandru Rusu, Ioan Bălan, Ioan Suciu, Vasile Aftenie e Tit Liviu Chinezu, Vescovi, per il caso e l’effetto di cui si tratta.

    Infine ha ordinato che questo Decreto sia pubblicato e trascritto negli Atti della Congregazione delle Cause dei Santi.

 

    Dato a Roma, il 19 marzo dell’anno del Signore 2019.

 

ANGELO Card. BECCIU

Prefetto

 

                                            + MARCELLO BARTOLUCCI

                                            Arcivescovo tit. Bevagna

                                        Segretario