Narcisa de Jesús Martillo Morán

Narcisa de Jesús Martillo Morán

(1832-1869)

Beatificazione:

- 25 ottobre 1992

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 12 ottobre 2008

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 8 dicembre

Laica, vergine, che, rimasta orfana e priva di mezzi di sussistenza, dopo molte difficoltà trovò accoglienza in un cenobio, dove visse in orazione continua e in aspra penitenza

  • Biografia
  • Omelia
  • una vita di santità
  • omelia di beatificazione
Aveva fatto voto privato di verginità perpetua, di povertà, obbedienza, clausura, vita eremitica, digiuno a pane ed acqua, comunione quotidiana, confessione, mortificazione e preghiera

 

Narcisa de Jesús Martillo Morán nacque nel 1832, nel borgo San Giuseppe di Nobol, Daule, Ecuador. Era figlia di Pietro Martillo e Giuseppina Morán, proprietari terrieri, gente semplice e profondamente credente.

Suo padre, dotato di un’intelligenza vivace e gran lavoratore, raggiunse una apprezzabile agiatezza. Era molto devoto della futura Santa Marianna di Gesù e di San Giacinto di Polonia che si venera con fervore in tutta la provincia del Guayas. Ebbero nove figli che crebbero sani e robusti. Narcisa era la sesta.

Nel 1838, quando aveva sei anni, morì sua madre. Con l’aiuto di un’insegnante e di sua sorella maggiore, apprese a leggere a scrivere, cantare, suonare la chitarra, cucire — arte che giunse a eseguire con vera maestria — tessere, ricamare, cucinare. Aveva grandi qualità, con una predisposizione particolare per la musica. Con frequenza la sua preghiera si faceva canto, e il suo canto era intimo e pio, raggiungendo il cuore a Chi ben lo meritava, come diceva una canzone che amava cantare quando era giovane.

Ebbe una chiara percezione della sua chiamata alla santità, specialmente a partire dal sacramento della cresima, che ricevette all’età di sette anni il 16 settembre 1839. Prese l’abitudine di ritirarsi con frequenza in un piccolo bosco vicino alla casa per darsi liberamente alla contemplazione delle realtà divine. L’albero di Guayabo vicino al quale pregava, è oggi meta di numerosi pellegrinaggi.

Trasformò in cappella una piccola camera della sua casa. Si propose di imitare Santa Marianna di Gesù, identificandosi con la vocazione di vittima. Assunse un cammino arduo di penitenza per unirsi più intimamente a Cristo sofferente e collaborare alla redenzione del mondo. Collaborava nei lavori domestici e in quelli del campo. Era una giovane riflessiva, amabile, allegra, di carattere dolce e pacifica, estremamente buona e obbediente, caritatevole, compassionevole con i poveri, molto pia, amata da tutti i vicini. Giovane molto bella, bionda con gli occhi azzurri, alta, forte e agile.

Si manifestò un’eccellente catechista. Non poteva fare a meno di trasmettere il fuoco dell’amore divino ai suoi e ai bimbi del vicinato.

Nel gennaio del 1852 morì il suo buon padre. Narcisa che aveva 19 anni si trasferì a Guayaquil presso una famiglia molto conosciuta che abitava vicino alla cattedrale. In questa città rimase fino al 1868 eccettuati alcuni mesi che visse nella città di Cuenca. Cambiò varie volte dimora per preservare la sua intimità e dedicarsi con maggiore libertà alla preghiera e alla penitenza, vivendo del lavoro di sarta.

Aiutava i poveri e i malati. Fu docile alle direttive dei suoi direttori spirituali e condivise ideali e a volte la casa, con la beata Mercedes di Gesù Molina.

Spinta da un desiderio di maggiore perfezione e consigliata da un religioso francescano, si imbarcò nel giugno del 1868 per Lima, Perù, e visse come secolare interna nel convento domenicano del Patrocinio, fondato nel 1688, nei luoghi donde era solito portare a pascolare il gregge San Giovanni Macías. Il Signore la favoriva con doni straordinari, e le mostrava quanto gradita era la sua vita, anche in mezzo alle prove dello spirito.

Verso la fine del settembre 1869 le vennero delle forti febbri. Poco poterono fare i rimedi medici, però continuò con il suo ritmo la vita normale, e così fino a terminare la novena e celebrare con gran gioia, vestita di bianco l’Eucarestia, nella solennità della Immacolata Concezione di Maria l’8 dicembre 1869, lo stesso giorno nel quale il Beato Pio IX apriva in Roma il Concilio Vaticano I. Al fine della giornata salutò le sorelle, dicendo che andava a fare un viaggio molto lontano. Fu preso come uno scherzo, però dopo un poco una delle suore, incaricata di benedire le celle, notò uno splendore e un odore speciale in quella di Narcisa. Si radunò la comunità e videro che era morta. Aveva 37 anni d’età.

CAPPELLA PAPALE
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI

Gaetano Errico (1791-1860)
Maria Bernada (Verena) Bütler (1848-1924)
Alfonsa dell’Immacolata Concezione (Anna Muttathupadathu) (1910-1946)
Narcisa de Jesús Martillo Morán (1832-1869)  

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro
Domenica, 12 ottobre 2008

 

 

Cari fratelli e sorelle,

quattro nuove figure di Santi vengono oggi proposte alla venerazione della Chiesa universale: Gaetano Errico, Maria Bernarda Bütler,Alfonsa dell’Immacolata Concezione e Narcisa di Gesù Martillo Morán. La liturgia ce le presenta con l’immagine evangelica degli invitati che prendono parte al banchetto rivestiti dell’abito nuziale. Quella del banchetto è immagine che troviamo anche nella prima Lettura e in varie altre pagine della Bibbia: è immagine gioiosa perché il banchetto accompagna una festa di nozze, l’Alleanza d’amore tra Dio e il suo Popolo. Verso quest’Alleanza i profeti dell’Antico Testamento hanno costantemente orientato l’attesa di Israele. E in un’epoca segnata da prove di ogni genere, quando le difficoltà rischiavano di scoraggiare il Popolo eletto, ecco levarsi la parola rassicurante del profeta Isaia: "Preparerà il Signore degli eserciti - egli afferma - per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande … di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati" (25,6). Iddio porrà fine alla tristezza e alla vergogna del suo Popolo, che potrà finalmente vivere felice in comunione con Lui. Dio non abbandona mai il suo Popolo: per questo il profeta invita alla gioia: "Ecco il nostro Dio, in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; … rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza" (v. 9).

Se la prima Lettura esalta la fedeltà di Dio alla sua promessa, il Vangelo con la parabola del banchetto nuziale ci fa riflettere sulla risposta umana. Alcuni invitati della prima ora hanno rifiutato l’invito, perché attratti da diversi interessi; altri hanno persino disprezzato l’invito del re provocando un castigo che s’è abbattuto non solo su di loro, ma sull’intera città. Il re però non si scoraggia e invia i suoi servi a cercare altri commensali per riempire la sala del suo banchetto. Così il rifiuto dei primi ha come effetto l’estensione dell’invito a tutti, con una predilezione speciale per i poveri e i diseredati. E’ quanto è avvenuto nel Mistero pasquale: lo strapotere del male è sconfitto dall’onnipotenza dell’amore di Dio. Il Signore risorto può ormai invitare tutti al banchetto della gioia pasquale, fornendo Egli stesso ai commensali la veste nuziale, simbolo del dono gratuito della grazia santificante.

Alla generosità di Dio deve però rispondere la libera adesione dell’uomo. E’ proprio questo il cammino generoso che hanno percorso anche coloro che oggi veneriamo come santi. Nel battesimo essi hanno ricevuto l’abito nuziale della grazia divina, lo hanno conservato puro o lo hanno purificato e reso splendido nel corso della vita mediante i Sacramenti. Ora prendono parte al banchetto nuziale del Cielo. Della festa finale del Cielo è anticipazione il banchetto dell’Eucaristia, a cui il Signore ci invita ogni giorno e al quale dobbiamo partecipare con l’abito nuziale della sua grazia. Se capita di sporcare o addirittura lacerare col peccato questa veste, la bontà di Dio non ci respinge né ci abbandona al nostro destino, ma ci offre con il sacramento della Riconciliazione la possibilità di ripristinare nella sua integrità l’abito nuziale necessario per la festa.

Il ministero della Riconciliazione è pertanto un ministero sempre attuale. Ad esso il sacerdote Gaetano Errico, fondatore della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, si è dedicato con diligenza, assiduità e pazienza, senza mai rifiutarsi né risparmiarsi. Egli si inscrive così tra le figure straordinarie di presbiteri che, instancabili, hanno fatto del confessionale il luogo per dispensare la misericordia di Dio, aiutando gli uomini a ritrovare se stessi, a lottare contro il peccato e a progredire nel cammino della vita spirituale. La strada e il confessionale furono i luoghi privilegiati dell’azione pastorale di questo nuovo santo. La strada gli permetteva di incontrare le persone alle quali rivolgeva un suo abituale invito: "Dio ti vuole bene, quando ci vedremo?", e nel confessionale rendeva loro possibile l’incontro con la misericordia del Padre celeste. Quante ferite dell’anima egli ha così sanato! Quante persone ha portato a riconciliarsi con Dio mediante il Sacramento del perdono! In tal modo san Gaetano Errico è diventato un esperto nella "scienza" del perdono, e si è preoccupato di insegnarla ai suoi missionari raccomandando loro: "Dio, che non vuole la morte del peccatore, è sempre più misericordioso dei suoi ministri; perciò siate misericordiosi quanto potete esserlo, perché troverete misericordia presso Dio".

Maria Bernarda Bütler, die in Auw im Schweizer Kanton Aargau geboren wurde, hat schon sehr früh die Erfahrung einer tiefen Liebe zum Herrn gemacht. Wie sie sagte, „ist es fast unmöglich, dies anderen zu erklären, die es selbst nicht so verspürt haben". Diese Liebe führte Verena Bütler, wie sie damals hieß, zum Eintritt in das Kapuzinerinnenkloster Maria Hilf in Altstätten, wo sie mit 21 Jahren ihre Gelübde ablegte. Im Alter von 40 Jahren empfing sie ihre missionarische Berufung und machte sich auf den Weg nach Ecuador und dann nach Kolumbien. Aufgrund ihres Lebens und ihres Einsatzes für ihre Mitmenschen hat sie mein verehrter Vorgänger Johannes Paul II. am 29. Oktober 1995 als Selige zur Ehre der Altäre erhoben.

[Maria Bernarda Bütler, nata ad Auw nel cantone svizzero di Aargau, fece molto presto l'esperienza di un profondo amore per il Signore. Come disse ella stessa:  "È quasi impossibile spiegarlo a chi non ha vissuto la stessa cosa". Questo amore portò Verena Bütler, come si chiamava allora, a entrare nel convento delle cappuccine di Maria Hilf ad Altstätten, dove emise i voti perenni a 21 anni. A 40 anni ricevette la chiamata missionaria e si recò in Ecuador e poi in Colombia. Il 29 ottobre 1995, il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II l'ha elevata agli onori degli altari per la sua vita e il suo impegno verso il prossimo.]

La Madre María Bernarda, una figura muy recordada y querida sobre todo en Colombia, entendió a fondo que la fiesta que el Señor ha preparado para todos los pueblos está representada de modo muy particular por la Eucaristía. En ella, el mismo Cristo nos recibe como amigos y se nos entrega en la mesa del pan y de la palabra, entrando en íntima comunión con cada uno. Ésta es la fuente y el pilar de la espiritualidad de esta nueva Santa, así como de su impulso misionero que la llevó a dejar su patria natal, Suiza, para abrirse a otros horizontes evangelizadores en Ecuador y Colombia. En las serias adversidades que tuvo que afrontar, incluido el exilio, llevó impresa en su corazón la exclamación del salmo que hemos oído hoy: "Aunque camine por cañadas oscuras, nada temo, porque tú vas conmigo" (Ps 22, 4). De este modo, dócil a la Palabra de Dios siguiendo el ejemplo de María, hizo como los criados de que nos habla el relato del Evangelio que hemos escuchado: fue por doquier proclamando que el Señor invita a todos a su fiesta. Así hacía partícipes a los demás del amor de Dios al que ella dedicó con fidelidad y gozo toda su vida.

[Madre Maria Bernarda, una figura molto ricordata e amata soprattutto in Colombia, comprese a fondo che la festa che il Signore ha preparato per tutti i popoli è rappresentata in modo molto particolare dall'Eucaristia. In essa Cristo stesso ci riceve come amici e si dona a noi nella mensa del pane e della parola, entrando in intima comunione con ognuno. Sono la fonte e il pilastro della spiritualità della nuova santa, come pure del suo impulso missionario che la portò a lasciare il suo paese natale, la Svizzera, per aprirsi ad altri orizzonti evangelizzatori in Ecuador e in Colombia. Nelle serie avversità che dovette affrontare, incluso l'esilio, portò impressa nel cuore l'esclamazione del salmo che abbiamo ascoltato oggi:  "Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me" (Sal 22, 4). In tal modo, docile alla Parola di Dio, seguendo l'esempio di Maria, fece come i servi di cui ci parla il racconto del Vangelo che abbiamo ascoltato:  andò ovunque proclamando che il Signore ci invita tutti alla sua festa. Così rendeva partecipi gli altri dell'amore di Dio al quale dedicò con fedeltà e gioia tutta la sua vita.]

"He will swallow up death for ever, and the Lord God will wipe away tears from all faces" (Is 25:8). These words of the prophet Isaiah contain the promise which sustained Alphonsa of the Immaculate Conception through a life of extreme physical and spiritual suffering. This exceptional woman, who today is offered to the people of India as their first canonized saint, was convinced that her cross was the very means of reaching the heavenly banquet prepared for her by the Father. By accepting the invitation to the wedding feast, and by adorning herself with the garment of God’s grace through prayer and penance, she conformed her life to Christ’s and now delights in the "rich fare and choice wines" of the heavenly kingdom (cf. Is 25:6). She wrote, "I consider a day without suffering as a day lost". May we imitate her in shouldering our own crosses so as to join her one day in paradise.

["Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto" (Is 25, 8). Queste parole del profeta Isaia contengono la promessa che ha sostenuto Alfonsa dell'Immacolata Concezione nel corso di una vita di estrema sofferenza fisica e spirituale. Questa donna eccezionale, che oggi è offerta al popolo dell'India come sua prima santa, era convinta che la sua croce fosse proprio lo strumento per raggiungere il banchetto celeste approntato per lei dal Padre. Accettando l'invito alla festa nuziale, e adornandosi con il vestito della grazia di Dio attraverso la preghiera e la penitenza, ha conformato la propria vita a quella di Cristo e ora partecipa con gioia al banchetto di grasse vivande e di vini eccellenti (cfr Is 25, 6). Scrisse:  "Considero un giorno senza dolore un giorno perso". Che possiamo imitarla nel portare le nostre croci per poterci unire a lei in paradiso.]

La joven laica ecuatoriana Narcisa de Jesús Martillo Morán nos ofrece un ejemplo acabado de respuesta pronta y generosa a la invitación que el Señor nos hace a participar de su amor. Ya desde una edad muy temprana, al recibir el sacramento de la Confirmación, sintió clara en su corazón la llamada a vivir una vida de santidad y de entrega a Dios. Para secundar con docilidad la acción del Espíritu Santo en su alma, buscó siempre el consejo y la guía de buenos y expertos sacerdotes, considerando la dirección espiritual como uno de los medios más eficaces para llegar a la santificación. Santa Narcisa de Jesús nos muestra un camino de perfección cristiana asequible a todos los fieles. A pesar de las abundantes y extraordinarias gracias recibidas, su existencia transcurrió con gran sencillez, dedicada a su trabajo como costurera y a su apostolado como catequista. En su amor apasionado a Jesús, que la llevó a emprender un camino de intensa oración y mortificación, y a identificarse cada vez más con el misterio de la Cruz, nos ofrece un testimonio atrayente y un ejemplo acabado de una vida totalmente dedicada a Dios y a los hermanos.

[La giovane laica ecuadoriana Narcisa di Gesù Martillo Morán ci offre un esempio completo di risposta pronta e generosa all'invito che il Signore ci fa a partecipare al suo amore. Già in tenera età, nel ricevere il sacramento della Confermazione, udì chiaramente nel suo cuore la chiamata a vivere una vita di santità e di dedizione a Dio. Per assecondare con docilità l'azione dello Spirito Santo nella sua anima, cercò sempre il consiglio e la guida di sacerdoti buoni ed esperti, considerando la direzione spirituale uno dei mezzi più efficaci per giungere alla santificazione. Santa Narcisa di Gesù ci mostra un cammino di perfezione cristiana accessibile a tutti i fedeli. Nonostante le abbondanti e straordinarie grazie ricevute, la sua esistenza trascorse con grande semplicità, dedita al lavoro come sarta e all'apostolato come catechista. Nel suo amore appassionato per Gesù, che la portò a intraprendere un cammino di intensa preghiera e di mortificazione,  e a identificarsi sempre più con il mistero della Croce, ci offre una testimonianza attraente e un esempio completo di una vita totalmente dedita a Dio e ai fratelli.]

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono della santità, che quest’oggi rifulge nella Chiesa con singolare bellezza. Gesù invita ciascuno di noi a seguirlo, come questi Santi, nel cammino della croce, per avere poi in eredità la vita eterna di cui Egli morendo ci ha fatto dono. I loro esempi ci siano di incoraggiamento; gli insegnamenti ci orientino e confortino; l’intercessione ci sostenga nelle fatiche del quotidiano, perché anche noi possiamo giungere un giorno a condividere con loro e con tutti i santi la gioia dell’eterno banchetto nella Gerusalemme celeste. Ci ottenga questa grazia soprattutto Maria, la Regina dei Santi, che in questo mese di ottobre veneriamo con particolare devozione. Amen.

Si seppe dopo che aveva fatto voto privato di verginità perpetua, di povertà, obbedienza, clausura, vita eremitica, digiuno a pane ed acqua, comunione quotidiana, confessione, mortificazione e preghiera. Tutti questi voti mantenne fedelmente. Viveva in continua unione con Gesù Cristo. Le sue mortificazioni furono molto severe.

Portava costantemente sul suo corpo i segni della crocifissione del Signore. Aveva una fede ferma e una ammirabile speranza. I medici si meravigliavano che avesse potuto vivere con tanto poco cibo.

Il suo corpo rimase durante molto tempo flessibile ed emanava un buon profumo, e davanti ad esso avvennero molte grazie. Lima l’acclamò come Santa e lo stesso fecero la gente di Guayaquil e Nobol. Le sorelle domenicane del Patrocino custodirono la memoria delle sue virtù e il sepolcro con grande venerazione, fino a che il suo corpo, praticamente incorrotto, fu trasferito a Guayaquil nel 1955.

Il processo diocesano di canonizzazione fu consegnato alla Congregazione per le Cause dei Santi nel 1964. Il Papa Giovanni Paolo II la beatificò il 25 ottobre del 1992.

Il 22 agosto del 1998 dedicarono un Santuario in suo onore in Nobol, dove attualmente si conserva il suo corpo incorrotto. La devozione alla «Niña Narcisa» denota la spontanea identificazione del popolo semplice con questa donna della costa ecuatoriana. L’esempio della sua vita pura e pia, lavoratrice e apostolica, trasmette un messaggio molto attuale.

BEATIFICAZIONE DI 122 MARTIRI SPAGNOLI E DI UNA LAICA ECUADORIANA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 25 ottobre 1992

 

1. “Ho combattuto la buona battaglia . . . ho conservato la fede” (2 Tm 4, 7). Così è detto nella Seconda Lettera a Timoteo. La Chiesa, rileggendo queste parole nell’odierna domenica, le applica ai martiri spagnoli del tempo della guerra civile. Ecco coloro che “hanno conservato la fede” nel nostro secolo - coloro che “hanno combattuto la buona battaglia”: i testimoni (martyres) di Cristo Crocifisso e Risorto. “Hanno conservato la fede”. Non si sono spaventati davanti alle minacce e alle persecuzioni. Sono stati pronti a suggellare con la vita la Verità che professavano con le labbra. Sono stati pronti a “dare la vita”: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita” (Gv 15, 13). Al santissimo martirio dello stesso Figlio di Dio hanno associato il loro martirio di fede, di speranza e di amore. E questo martirio, cioè questa testimonianza ha attraversato tutta l’Europa, che nel ventesimo secolo in modo particolare s’è arricchita della testimonianza di molti martiri: dall’Atlantico fino agli Urali.

 2. Los beatos Braulio María Corres, Federico Rubio y 69 compañeros, todos ellos Religiosos de la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios, la mayoría españoles, “Combatieron bien su combate, corrieron hasta la meta y mantuvieron su fe”.  Por tratarse de personas consagradas de nuestro tiempo, estos mártires son conocidos y recordados todavía en sus lugares de origen o donde ejercieron su apostolado. En efecto, asiste a esta solemne Beatificación un nutrido grupo de parientes cercanos y numerosos paisanos. No falta tampoco un pequeño grupo de Religiosos compañeros de los mismos mártires, de los cuales recibieron un ejemplo inolvidable.

Especial mención merecen los siete Hermanos hospitalarios de Colombia, por ser los primeros hijos de esa querida Nación que llegan al honor de los altares. Ellos se encontraban en España completando su formación religiosa y técnica cuando el Señor los llamó a dar este testimonio de su fe. Hoy, en coincidencia con el V Centenario de la Evangelización de América, reconocemos públicamente su martirio y los presentamos como una primicia de la Iglesia colombiana.

Todos estos Hermanos, – perseverando en su consagración a Dios en el abnegado servicio a los enfermos y en fidelidad a los valores del carisma y misión hospitalaria que practicaban – dieron su vida por la fe y como prueba suprema de amor. Su martirio sigue los pasos de Cristo, misericordioso y buen samaritano, tan cercano al hombre que sufre al entregar la vida por la salvación del género humano. No hay duda de que tenían muy presente una exhortación de su fundador, San Juan de Dios: “Si mirásemos cuán grande es la misericordia de Dios, nunca dejaríamos de hacer bien mientras pudiésemos”.  Estos mártires son ejemplo y estímulo para todos, pero particularmente para vosotros, Religiosos de la Orden Hospitalaria, y también para cuantos dedicáis vuestra vida al cuidado y servicio de los enfermos, especialmente los más pobres y marginados. En vuestro apostolado tratad de ser siempre instrumentos del Señor, que “está cerca de los atribulados y salva a los abatidos”, como hemos cantado en el salmo responsorial.

2. I beati Braulio Maria Corres, Federico Rubio e 69 compagni, tutti Religiosi dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, in maggioranza spagnoli, “Hanno combattuto la buona battaglia, hanno terminato la loro corsa e hanno conservato la loro fede” (cf. 2 Tm 4, 7). Trattandosi di persone consacrate della nostra epoca, questi martiri sono conosciuti e ricordati ancora nei loro luoghi di origine o dove esercitarono il loro apostolato. Effettivamente assiste a questa solenne Beatificazione un folto gruppo di parenti prossimi e numerosi concittadini. Non manca neppure un piccolo gruppo di Religiosi compagni degli stessi martiri, che ricevettero da loro un esempio indimenticabile. Meritano una menzione speciale i sette fratelli Ospedalieri della Colombia, poiché sono i primi figli di questa amata Nazione a giungere agli onori degli altari. Essi si trovavano in Spagna per completare la propria formazione religiosa e tecnica, quando il Signore li chiamò per dare questa testimonianza di fede. Oggi, in coincidenza con il V Centenario dell’Evangelizzazione dell’America, riconosciamo pubblicamente il loro martirio e li presentiamo come una primizia della Chiesa colombiana. Tutti questi fratelli, perseverando nella loro consacrazione a Dio e nella dedizione al servizio dei malati e nella fedeltà ai valori del carisma e della missione ospedaliera che praticavano, hanno dato la loro vita per la fede e come prova suprema di amore. Il loro martirio segue i passi di Cristo, misericordioso e buon samaritano, così vicino all’uomo che soffre dando la vita per la salvezza del genere umano. Non vi è dubbio che avessero ben presente un’esortazione del loro fondatore, San Giovanni di Dio: “Se vedessimo quanto è grande la misericordia di Dio, non smetteremmo mai di fare il bene finché potessimo” (1 Lettera alla Duchessa di Sesa). Questi martiri “sono esempio e stimolo per tutti”, ma particolarmente per voi, Religiosi dell’Ordine Ospedaliero, e anche per quanti dedicano la loro vita alla cura e all’assistenza degli infermi, specialmente i più poveri e gli emarginati. Nel vostro apostolato cercate di essere sempre strumenti del Signore, che “è vicino a chi ha il cuore ferito, egli salva gli spiriti affranti”, come abbiamo cantato nel salmo responsoriale.

3. “Yo estoy a punto de ser sacrificado Y el momento de mi partida es inminente”.  Estas palabras de San Pablo, que acabamos de escuchar, parecen inspirar los mensajes dejados por los mártires Felipe de Jesús Munárriz y 50 compañeros Misioneros Hijos del Corazón Inmaculado de María. Todos ellos, también de nuestro tiempo, pertenecían a la Comunidad–Seminario de la ciudad aragonesa de Barbastro.

Es todo un Seminario el que afronta con generosidad y valentía su ofrenda martirial al Señor. La entereza espiritual y moral de esos jóvenes nos ha llegado a través de testigos oculares y también por sus escritos. A este respecto son bien elocuentes los testimonios personales que los jóvenes seminaristas nos han transmitido. Uno de ellos escribiendo a su familia dice: “Al recibir estas líneas canten al Señor por el don tan grande y señalado como es el martirio que el Señor se digna concederme”. Otro escribía también: “¡Viva el Corazón Inmaculado de María! Nos fusilan únicamente por ser religiosos” y añade en su lengua materna: “No ploreu per mi. Soc màrtir de Jesucrist”.

Estos mártires expresaban su firme decisión de dedicarse al ministerio sacerdotal en los siguientes términos: “Ya que no podemos ejercer el sagrado ministerio en la tierra, trabajando por la conversión de los pecadores, haremos como Santa Teresita: pasaremos nuestro cielo haciendo bien en la tierra”.

Todos los testimonios recibidos nos permiten afirmar que estos Claretianos murieron por ser discípulos de Cristo, por no querer renegar de su fe y de sus votos religiosos. Por eso, con su sangre derramada nos animan a todos a vivir y morir por la Palabra de Dios que hemos sido llamados a anunciar.

Los mártires de Barbastro, siguiendo a su fundador San Antonio María Claret, que también sufrió un atentado en su vida, sentían el mismo deseo de derramar la sangre por amor de Jesús y de María, expresada con esta exclamación tantas veces cantada: “Por ti, mi Reina, la sangre dar”. El mismo Santo había trazado un programa de vida para sus religiosos: “Un hijo del Corazón Inmaculado de María es un hombre que arde en caridad y que abrasa por donde pasa; que desea eficazmente y procura, por todos los medios, encender a todo el mundo en el fuego del divino amor”. 

3. “Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele” (2 Tm 4, 6). Queste parole di San Paolo, che abbiamo appena ascoltato, sembrano ispirare i messaggi lasciati dai martiri Filippo de Jesús Munárriz e 50 suoi compagni Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria. Tutti loro anche quelli della nostra epoca appartenevano alla Comunità-Seminario della città aragonese di Barbastro. È tutto un seminario ad affrontare con generosità e coraggio la loro offerta di sacrificio al Signore. L’integrità spirituale e morale di questi giovani è giunta sino a noi attraverso testimoni diretti e anche attraverso i loro scritti. A tale proposito sono eloquenti le testimonianze personali che ci hanno lasciato i giovani seminaristi. Uno di essi, scrivendo alla sua famiglia dice: “Quando riceverete queste poche righe lodate il Signore per il dono tanto grande e prezioso del martirio che il Signore si degna di concedermi”. Un altro scriveva inoltre: “Viva il Cuore Immacolato di Maria! Ci fucilano solo perché siamo religiosi”. E aggiunge nella propria lingua materna: “No ploreu per mi. Soc màrtir de Jesucrist”. Questi martiri esprimevano la loro ferma decisione di dedicarsi al ministero sacerdotale in questo modo: “Poiché non possiamo esercitare il sacro ministero sulla terra, operando per la conversione dei peccatori, faremo come Santa Teresina: passeremo al cielo facendo il bene sulla terra”. Tutte le testimonianze che abbiamo ricevuto ci permettono di affermare che questi Clarettiani morirono perché erano discepoli di Cristo, perché non volevano rinnegare la propria fede e i propri voti religiosi. Per questo, versando il loro sangue ci esortano tutti a vivere e morire per la Parola di Dio che siamo stati chiamati ad annunciare. I Martiri di Barbastro, seguendo il loro fondatore sant’Antonio Maria Claret, che aveva anch’egli subito un attentato durante la sua vita, sentivano lo stesso desiderio di versare il proprio sangue per amore di Gesù e di Maria, espresso con questa esclamazione tanto spesso cantata: “Per te, mia Regina, offrire il proprio sangue”. Il Santo stesso aveva tracciato un programma di vita per i suoi religiosi: “Un figlio del Cuore Immacolato di Maria è un uomo che ferve in carità e fa ardere i luoghi in cui passa; che desidera con decisione e cerca, con ogni mezzo di fare ardere tutto il mondo con il fuoco del divino amore” (Biografia, cap. 34).

4. Aunque no sea con la misma aureola del martirio, Narcisa de Jesús Martillo Morán, joven laica nacida el siglo pasado en Nobol (Ecuador), es presentada hoy por la Iglesia como un modelo de virtud, especialmente para tantas mujeres de América Latina que, como Narcisa, tie nen que emigrar del campo a la ciudad en busca de trabajo y sustento.

Una característica singular de esta Beata fue la fuerte unión con Dios a través de la oración, a la que dedicaba ocho horas diarias en soledad y silencio. Por las noches pasaba también otras cuatro, usando instrumentos de penitencia como una corona de espinas y apoyándose sobre una cruz con clavos. Algunos testigos afirman haberla visto varias veces en éxtasis, en los cuales Narcisa se sentía confortada por la presencia de Jesús.

En esta joven ecuatoriana, que sólo vivió 37 años entre continuas mortificaciones y duras penitencias corporales, encontramos la aplicación constante de la sabiduría de la Cruz en cada circunstancia de la vida. Ella estaba firmemente persuadida de que el camino de la santidad pasa por la humillación y la abnegación, es decir, por el sentirse crucificada con Cristo. Ciertamente podemos poner en labios de la Beata las palabras del salmista: “Bendigo al Señor en todo momento, su alabanza está siempre en mi boca; mi alma se gloría en el Señor, que los humildes lo escuchen y se alegren”. 

La espiritualidad de Narcisa de Jesús está basada en el escondimiento a los ojos del mundo, viviendo en la más profunda humildad y pobreza, ofreciendo al Señor sus penitencias como holocausto para la salvación de los hombres. pero hoy se cumplen verdaderamente para la Beata las palabras que hemos escuchado en el Evangelio: “El que se humilla será enaltecido”. 

4. Anche se non ha la stessa aureola del martirio, Narcisa de Jesús Martillo Morán, giovane laica nata nel secolo scorso a Nobol (Ecuador) viene presentata oggi dalla Chiesa come esempio di virtù, specialmente per tante donne dell’America Latina che, come Narcisa devono emigrare dalla campagna alla città in cerca di lavoro e di guadagno. Una particolare caratteristica di questa Beata è stata la forte unione con Dio attraverso la preghiera, cui dedicava otto ore al giorno in solitudine e silenzio. Durante la notte pregava per altre quattro ore, usando strumenti di penitenza, come la corona di spine, e appoggiandosi su una croce con i chiodi. Alcuni testimoni affermano di averla vista varie volte in estasi, durante le quali Narcisa si sentiva confortata dalla presenza di Gesù. In questa giovane ecuadoriana, che visse solo trentasette anni tra continue mortificazioni e dure penitenze corporali, troviamo la costante attuazione della saggezza della Croce in ogni circostanza della vita. Essa era fermamente convinta che la via della santità passa attraverso l’umiliazione e l’abnegazione, vale a dire il sentirsi crocifissa con Cristo. Sicuramente possiamo porre sulle labbra della Beata le parole del salmista: “Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore, ascoltino gli umili e si rallegrino” (Sal 34, 2-3). La spiritualità di Narcisa de Jesús si fonda sul nascondersi agli occhi del mondo, vivendo nella più profonda umiltà e povertà, offrendo al Signore le sue penitenze come sacrificio per la salvezza degli uomini. Ma oggi si compiono realmente per la Beata le parole che abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Chi si umilia sarà esaltato” (Lc 18, 14).

5. Unánime es el testimonio de que, tanto los Hermanos de San Juan de Dios como los Misioneros Claretianos, murieron dando gloria a Dios y perdonando a sus asesinos. Varios de ellos, en el momento del martirio, repiten las mismas palabras de Cristo: “Padre, perdónalos, porque no saben lo que hacen”.  Todos prefieren la muerte antes que renegar de la fe y de su vida religiosa. Caminan hacia el suplicio contentos por el don del martirio, del que no se sienten dignos, no obstante en el corazón de todos, especialmente de los jóvenes, se fraguaran grandes ideales apostólicos de anunciar el Evangelio a los hombres; unos, con el cuidado de los enfermos; los otros, con el ministerio de la predicación como misioneros.

En el momento supremo de la prueba todos manifiestan un gran amor a su Instituto y también a su familia natural, en cuyo seno han recibido la semilla de la fe, dando los primeros y sólidos pasos en la vida cristiana que les llevaría a descubrir la semilla de su vocación religiosa, apoyados por el desprendimiento y generosidad de los propios padres.

El testimonio de estos Beatos es un ejemplo vivo y cercano para todos, pero particularmente para vosotros, Hermanos de San Juan de Dios y Misioneros Claretianos. Al ser jóvenes y estudiantes de teología la mayoría de ellos, su vida es como una llamada directa a vosotros, novicios y seminaristas, a reconocer la validez permanente de una adecuada formación y preparación intensa, basada en una sólida piedad, en la fidelidad a la vocación y en la pertenencia gozosa a la Iglesia, sirviéndola a través de la propia Congregación; en una vida abnegada de comunidad; en la perseverancia y testimonio de la propia identidad religiosa. Sin todos estos presupuestos, nuestros Beatos no habrían podido alcanzar la gracia del martirio.

Todos estos mártires nos han dejado, de palabra o por escrito, un mensaje particular: el perdón de los enemigos. Toca a cada uno de nosotros poner en práctica ese perdón. Con San Pablo podemos repetir: “Que Dios les perdone”,  pero al mismo tiempo cada cristiano debe plantar en el propio ambiente esta semilla del perdón. No cabe duda de que nuestros Mártires, con su constante intercesión y protección, la harán crecer en copiosos frutos de reconciliación.

5. Unanime è la testimonianza che, sia i fratelli di San Giovanni di Dio che i Missionari Clarettiani, morirono glorificando Dio e perdonando i loro carnefici. Molti di loro nel momento del martirio, ripetono le stesse parole di Cristo: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). Tutti preferirono morire piuttosto che rinnegare la propria fede e la propria vita religiosa. Si avviarono al sacrificio contenti per il dono del martirio, del quale non si sentivano degni, nonostante nel cuore di tutti, specialmente dei giovani, vi fossero i grandi ideali apostolici dell’annuncio del Vangelo agli uomini; gli uni con l’assistenza agli infermi; gli altri con il ministero della predicazione come missionari. Nel momento supremo della prova manifestarono tutti un grande amore per il proprio Istituto e anche per la loro famiglia di origine in seno alla quale avevano ricevuto la semente della fede, compiendo i primi e saldi passi nella vita cristiana che li avrebbe condotti alla scoperta della semente della loro vocazione religiosa, sostenuti dall’altruismo e dalla generosità dei propri padri. La testimonianza di questi Beati costituisce un esempio vivo e vicino per tutti, ma particolarmente per voi, fratelli di San Giovanni di Dio e Missionari Clarettiani. Essendo la maggior parte di loro giovani e studenti di teologia, la loro vita è come un appello diretto a voi, novizi e seminaristi, un appello a riconoscere la validità permanente di un’adeguata formazione e preparazione intensa, basata su una solida pietà, sulla fedeltà alla vocazione e sull’appartenenza gioiosa alla Chiesa, servendola attraverso la propria Congregazione, in una vita di sacrificio in comunità, nella perseveranza e nella testimonianza della propria identità religiosa. Senza tutti questi presupposti, i nostri Beati non avrebbero potuto raggiungere la grazia del martirio. Tutti questi Martiri ci hanno lasciato con parole o con scritti, un messaggio particolare: il perdono dei nemici. Spetta a ciascuno di noi mettere in pratica questo perdono. Con San Paolo possiamo ripetere: “Che Dio li perdoni” (2 Tm 4, 16), ma allo stesso tempo ogni cristiano deve spargere nel proprio ambiente questo seme del perdono. Non vi è dubbio che i nostri Martiri con la loro costante intercessione e protezione lo faranno crescere in copiosi frutti di riconciliazione.

6. “Il Signore . . . mi è stato vicino” - scrive l’Autore della Seconda Lettera a Timoteo. “Il Signore . . . mi è stato vicino e mi ha dato forza” (2 Tm 4, 17). Oggi rendiamo grazie per questa forza che è diventata anche la forza dei martiri in terra di Spagna. La forza della fede, della speranza e dell’amore, che si è mostrata più forte della violenza. È stata vinta la crudeltà dei plotoni di esecuzione e l’intero sistema dell’odio organizzato. Cristo, che s’è fatto presente accanto ai martiri, è venuto a loro con la forza della sua morte e del suo martirio. Nello stesso tempo, è venuto a loro con la forza della sua risurrezione. “Non temere! . . . Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1, 17-18). Il martirio è una particolare rivelazione del mistero pasquale, che continua a operare e si offre agli uomini nei vari momenti della loro vocazione cristiana.

7. “Il Signore . . . mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio (del Vangelo) e potessero sentirlo tutti i Gentili” (2 Tm 4, 17).

Alla fine del ventesimo secolo la Chiesa iscrive nel suo martirologio tutti coloro che in questo secolo critico e davanti alle crudeltà e ai gulag, alle carceri e ai campi di concentramento hanno reso la testimonianza della fede, della speranza e dell’amore in modo eroico.

“Sanguis martyrum - semen christianorum”. Non dimentichiamo che questo sangue è stato versato in diverse regioni d’Europa: sanguis martyrum.

Possiamo dubitare della semente di questo martirio? Se sembrano crescere - sotto diverse forme - le forze che cercano di sradicare il “semen christianorum” dalle anime umane, noi non possiamo dimenticare la forza del Vangelo.

La parola di Dio mette sempre nuove radici. Su queste radici noi dobbiamo crescere.

“Perché per nostro mezzo si compia la proclamazione del Vangelo e possano sentirlo tutte le nazioni”.