Rafael Guízar Valencia

Rafael Guízar Valencia

(1878-1938)

Beatificazione:

- 29 gennaio 1995

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 15 ottobre 2006

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 6 giugno

Vescovo di Veracruz, Messico, in tempo di persecuzione, benché esule e clandestino, esercitò con coraggio l’ufficio episcopale

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
"A un Vescovo possono mancare la mitra, il pastorale e persino la cattedrale, ma non può mancargli il seminario, poiché dal seminario dipende il futuro della sua Diocesi"

 

Rafael Guízar Valencia nació en Cotija, estado de Michoacán y diócesis de Zamora, Méjico, el 26 de abril de 1878.

Sus padres, Prudencio y Natividad, fervientes cristianos, dieron a sus 11 hijos una esmerada educación religiosa.

Huérfano de madre a los nueve años, Rafael hizo sus primeros estudios en la escuela parroquial y en un colegio regentado por los padres jesuitas. Maduró durante esos años su vocación al sacerdocio y decidió seguir la llamada de Dios. En 1891 ingresó en el seminario menor de Cotija y en 1896 pasó al seminario mayor de Zamora. El primero de junio de 1901, a la edad de 23 años, fue ordenado sacerdote.

En los primeros años de ministerio sacerdotal, se dedicó con gran celo a dar misiones en la ciudad de Zamora y por diferentes regiones de Méjico. Nombrado en 1905 misionero apostólico y director espiritual del seminario de Zamora, trabajó incansablemente para formar a los alumnos en el amor de la Eucaristía y la devoción tierna y filial a la Virgen.

En 1911, para contrarrestar la campaña persecutoria contra la Iglesia, fundó en la ciudad de Méjico un periódico religioso, que fue pronto cerrado por los revolucionarios. Perseguido a muerte, vivió durante varios años sin domicilio fijo, pasando toda especie de privaciones y peligros. Para poder ejercer su ministerio, se disfrazaba de vendedor de baratijas, de músico, de médico homeópata. Podía así acercarse a los enfermos, consolarlos, administrarles los sacramentos y asistir a los moribundos.

Acosado por los enemigos, no pudiendo permanecer más tiempo en Méjico por el inminente peligro de ser capturado, pasó a finales del 1915 al sur de los Estado Unidos y al año siguiente a Guatemala donde dio un gran número de misiones. Su fama de misionero llegó a Cuba, donde fue invitado para predicar misiones populares. Su apostolado en esa isla fue fecundo, y ejemplar fue también su caridad con las víctimas de una peste que diezmó en 1919 a los cubanos.

El primero de agosto de 1919, mientras realizaba en Cuba su apostolado misionero, fue preconizado obispo de Veracruz. Consagrado en la catedral de La Habana el 30 de noviembre de 1919, tomó posesión de su diócesis el 9 del año siguiente. Los dos primeros años los dedicó a visitar personalmente el vasto territorio de la diócesis, convirtiendo sus visitas en verdaderas misiones y en obra de asistencia a los damnificados de un terrible terremoto que había provocado destrucción y muerte entre la pobre gente de Veracruz: predicaba en las parroquias, enseñaba la doctrina, legitimaba uniones, pasaba horas en el confesionario, ayudaba a los que habían sido víctimas del terremoto.

Una de sus principales preocupaciones era la formación de los sacerdotes. En 1921 logró rescatar y renovar el viejo seminario de Jalapa, que había sido confiscado en 1914, pero el gobierno le incautó otra vez el edificio apenas renovado. El obispo trasladó entonces la institución a la ciudad de Méjico, donde funcionó clandestinamente durante 15 años. Fue el único seminario que estuvo abierto durante esos años de persecución, llegando a tener 300 seminaristas.

De los dieciocho años que regentó la diócesis, nueve los pasó en el exilio o huyendo porque lo buscaban para matarlo. Dio sin embargo muestras de gran valor llegando a presentarse personalmente a uno de sus perseguidores y a ofrecerse como víctima personal a cambio de la libertad de culto.

En diciembre de 1937, mientras predicaba una misión en Córdoba, sufrió un ataque cardíaco que lo postró para siempre en cama. Desde el lecho del dolor dirigía la diócesis y especialmente su seminario, mientras preparaba su alma al encuentro con el Señor, celebrando todos los días la santa misa.

Murió el 6 de junio de 1938 en la ciudad de Méjico. Al día siguiente fueron trasladados sus restos mortales a Jalapa. El cortejo fúnebre fue un verdadero triunfo: todos querían ver por última vez al «santo Obispo Guízar».

Fue beatificado por S. S. Juan Pablo II el 29 de enero de 1995 en la Basílica de San Pedro. El pasado 28 de abril de 2006 el Santo Padre Benedicto XVI ordenó que se promulgara el Decreto «super miraculo » para proceder a la canonización. Es el primer obispo de Latinoamérica canonizado.

Sepultado en la catedral de Jalapa, su sepulcro es meta de peregrinación de miles de peregrinos que piden su intercesión.

CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 4 BEATI

 RAFAEL GUÍZAR VALENCIA (1878 – 1938)
FILIPPO SMALDONE (1848 – 1923) 
ROSA VENERINI (1656 – 1728) 
THÉODORE GUÉRIN (1798 – 1856)

 

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro
Domenica, 15 ottobre 2006

 

Cari fratelli e sorelle!

Quattro nuovi Santi vengono oggi proposti alla venerazione della Chiesa universale: Rafael Guízar y ValenciaFilippo SmaldoneRosa Venerini e Théodore Guérin. I loro nomi saranno ricordati per sempre. Per contrasto, viene subito da pensare al "giovane ricco", di cui parla il Vangelo appena proclamato. Questo giovane è rimasto anonimo; se avesse risposto positivamente all'invito di Gesù, sarebbe diventato suo discepolo e probabilmente gli Evangelisti avrebbero registrato il suo nome. Da questo fatto si intravede subito il tema della Liturgia della Parola di questa domenica: se l'uomo ripone la sua sicurezza nelle ricchezze di questo mondo non raggiunge il senso pieno della vita e la vera gioia; se invece, fidandosi della parola di Dio, rinuncia a se stesso e ai suoi beni per il Regno dei cieli, apparentemente perde molto, in realtà guadagna tutto. Il Santo è proprio quell'uomo, quella donna che, rispondendo con gioia e generosità alla chiamata di Cristo, lascia ogni cosa per seguirlo. Come Pietro e gli altri Apostoli, come Santa Teresa di Gesù che oggi ricordiamo, e innumerevoli altri amici di Dio, anche i nuovi Santi hanno percorso questo esigente, ma appagante itinerario evangelico ed hanno ricevuto "il centuplo" già nella vita terrena insieme con prove e persecuzioni, e poi la vita eterna.

Gesù, dunque, può veramente garantire un'esistenza felice e la vita eterna, ma per una via diversa da quella che immaginava il giovane ricco: non cioè mediante un'opera buona, una prestazione legale, bensì nella scelta del Regno di Dio quale "perla preziosa" per la quale vale la pena di vendere tutto ciò che si possiede (cfr Mt 13, 45-46). Il giovane ricco non riesce a fare questo passo. Malgrado sia stato raggiunto dallo sguardo pieno d'amore di Gesù (cfr Mc 10, 21), il suo cuore non è riuscito a distaccarsi dai molti beni che possedeva. Ecco allora l'insegnamento per i discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!" (Mc 10, 23). Le ricchezze terrene occupano e preoccupano la mente e il cuore. Gesù non dice che sono cattive, ma che allontanano da Dio se non vengono, per così dire, "investite" per il Regno dei cieli, spese cioè per venire in aiuto di chi è nella povertà.

Comprendere questo è frutto di quella sapienza di cui parla la prima Lettura. Essa - ci è stato detto - è più preziosa dell'argento e dell'oro, anzi della bellezza, della salute e della stessa luce, "perché non tramonta lo splendore che ne promana" (Sap 7, 10). Ovviamente, questa sapienza non è riducibile alla sola dimensione intellettuale. È molto di più; è "la Sapienza del cuore", come la chiama il Salmo 89. È un dono che viene dall'alto (cfr Gc 3, 17), da Dio, e si ottiene con la preghiera (cfr Sap 7, 7). Essa infatti non è rimasta lontana dall'uomo, si è fatta vicina al suo cuore (cfr Dt 30, 14), prendendo forma nella legge della Prima Alleanza stretta tra Dio e Israele mediante Mosè. Nel Decalogo è contenuta la Sapienza di Dio. Per questo Gesù afferma nel Vangelo che per "entrare nella vita" è necessario osservare i comandamenti (cfr Mc 10, 19). È necessario, ma non sufficiente! Infatti, come dice San Paolo, la salvezza non viene dalla legge, ma dalla Grazia. E San Giovanni ricorda che la legge l'ha data Mosè, mentre la Grazia e la Verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo (cfr Gv 1, 17). Per giungere alla salvezza bisogna dunque aprirsi nella fede alla grazia di Cristo, il quale però a chi gli si rivolge pone una condizione esigente: "Vieni e seguimi" (Mc 10, 21). I Santi hanno avuto l'umiltà e il coraggio di rispondergli "sì", e hanno rinunciato a tutto per essere suoi amici. Così hanno fatto i quattro nuovi Santi, che oggi particolarmente veneriamo. In essi ritroviamo attualizzata l'esperienza di Pietro: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito" (Mc 10, 28). Il loro unico tesoro è in cielo: è Dio.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci aiuta a comprendere la figura di San Rafael Guízar y Valencia, Vescovo di Veracruz nell'amata nazione messicana, come un esempio di colui che ha lasciato tutto per "seguire Gesù". Questo Santo fu fedele alla parola divina, "viva ed efficace", che penetra nel più profondo dello spirito (cfr Eb 4, 12). Imitando Cristo povero rinunciò ai suoi beni e non accettò mai i doni dei potenti, oppure li ridonava subito. Per questo ricevette "cento volte tanto" e poté così aiutare i poveri, anche nelle "persecuzioni" senza tregua (cfr Mc 10, 30). La sua carità vissuta in grado eroico fece sì che lo chiamassero il "Vescovo dei poveri". Nel suo ministero sacerdotale e poi episcopale, fu un instancabile predicatore di missioni popolari, il modo più adeguato a quel tempo per evangelizzare le genti, usando il suo Catechismo della dottrina cristiana. Essendo la formazione dei sacerdoti una delle sue priorità, riaprì il seminario, che considerava "la pupilla dei suoi occhi" e per questo era solito dire: "A un Vescovo possono mancare la mitra, il pastorale e persino la cattedrale, ma non può mancargli il seminario, poiché dal seminario dipende il futuro della sua Diocesi". Con questo profondo senso di paternità sacerdotale affrontò nuove persecuzioni ed esilî, ma garantendo sempre la preparazione degli studenti. Che l'esempio di San Rafael Guízar y Valencia sia una chiamata per i fratelli Vescovi e sacerdoti a considerare come fondamentale nei programmi pastorali, oltre allo spirito di povertà e dell'evangelizzazione, la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose, e la loro formazione secondo il cuore di Gesù!

San Filippo Smaldone, figlio del Meridione d'Italia, seppe trasfondere nella sua vita le migliori virtù proprie della sua terra. Sacerdote dal cuore grande, nutrito di costante preghiera e di adorazione eucaristica, fu soprattutto testimone e servo della carità, che manifestava in modo eminente nel servizio ai poveri, in particolare ai sordomuti, ai quali dedicò tutto se stesso. L'opera che egli iniziò prosegue grazie alla Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori da lui fondata, e che è diffusa in diverse parti d'Italia e del mondo. Nei sordomuti San Filippo Smaldone vedeva riflessa l'immagine di Gesù, ed era solito ripetere che, come ci si prostra davanti al Santissimo Sacramento, così bisogna inginocchiarsi dinanzi ad un sordomuto. Raccogliamo dal suo esempio l'invito a considerare sempre indissolubili l'amore per l'Eucaristia e l'amore per il prossimo. Anzi, la vera capacità di amare i fratelli ci può venire solo dall'incontro col Signore nel sacramento dell'Eucaristia.

Santa Rosa Venerini è un altro esempio di fedele discepola di Cristo, pronta ad abbandonare tutto per compiere la volontà di Dio. Amava ripetere: "Io mi trovo tanto inchiodata nella divina volontà, che non m'importa né morte, né vita: voglio vivere quanto egli vuole, e voglio servirlo quanto a lui piace e niente più" (Biografia Andreucci, p. 515). Da qui, dal suo abbandono in Dio, scaturiva la lungimirante attività che svolgeva con coraggio a favore dell'elevazione spirituale e dell'autentica emancipazione delle giovani donne del suo tempo. Santa Rosa non si accontentava di fornire alle ragazze un'adeguata istruzione, ma si preoccupava di assicurare loro una formazione completa, con saldi riferimenti all'insegnamento dottrinale della Chiesa. Il suo stesso stile apostolico continua a caratterizzare ancor oggi la vita della Congregazione delle Maestre Pie Venerini, da lei fondata. E quanto attuale ed importante è anche per l'odierna società il servizio che esse svolgono nel campo della scuola e specialmente della formazione della donna!

"Andate e vendete tutto ciò che avete e offrite il ricavato ai poveri... poi venite, seguitemi". Nel corso della storia della Chiesa queste parole hanno ispirato innumerevoli cristiani a seguire Cristo in una vita di povertà radicale, confidando nella Divina Misericordia. Fra questi generosi discepoli di Cristo c'è stata una donna francese che senza riserve ha risposto alla chiamata del divino Maestro. Madre Théodore Guérin entrò nella Congregazione delle Suore della Provvidenza nel 1823 e si dedicò all'opera di insegnamento nelle scuole. Poi, nel 1839, i suoi Superiori le chiesero di recarsi negli Stati Uniti per dirigere una comunità nell'Indiana. Dopo un lungo viaggio per terra e per mare, le sei suore arrivarono a St. Mary-of-the-Woods. In mezzo alla foresta trovarono un'umile cappella di legno. Si inginocchiarono di fronte al Santissimo Sacramento e resero grazie, chiedendo a Dio di guidarle nella nuova fondazione. Con grande fiducia nella Divina Provvidenza, Madre Théodore superò molte sfide e perseverò nell'opera che il Signore l'aveva chiamata a compiere. Quando morì, nel 1856, le suore gestivano scuole e orfanotrofi in tutto lo Stato dell'Indiana. Come ella stessa affermò: "Quanto bene è stato fatto dalle Suore di Saint Mary-of-the-Wood! Quanto bene ulteriore potranno fare se resteranno fedeli alla loro santa vocazione!".

Madre Théodore Guérin è una bella figura spirituale e un modello di vita cristiana. Fu sempre disponibile per le missioni che la Chiesa le affidava, e trovava la forza e l'audacia per metterle in pratica nell'Eucaristia, nella preghiera e in un'infinita fiducia nella Divina Provvidenza. La sua forza interiore la portava a rivolgere un'attenzione particolare ai poveri, e soprattutto ai bambini.

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono della santità, che quest'oggi rifulge nella Chiesa con singolare bellezza. Gesù invita anche noi, come questi Santi, a seguirlo per avere in eredità la vita eterna. La loro esemplare testimonianza illumini e incoraggi specialmente i giovani, perché si lascino conquistare da Cristo, dal suo sguardo pieno d'amore. Maria, Regina dei Santi, susciti nel popolo cristiano uomini e donne come San Rafael Guízar y Valencia, San Filippo Smaldone, Santa Rosa Venerini e Santa Théodore Guérin, pronti ad abbandonare tutto per il Regno di Dio; disposti a far propria la logica del dono e del servizio, l'unica che salva il mondo. Amen!

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER LA BEATIFICAZIONE
DI UN VESCOVO MESSICANO, DI UNA SUORA SPAGNOLA
E DI DUE RELIGIOSI ITALIANI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 29 gennaio 1995

 

1. “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo...” (Ger 1, 5). Così parla il Signore a Geremia, chiamandolo a diventare “profeta delle nazioni” (Ger 1, 5). Così Iddio dice, in senso più generale, a ciascun uomo che viene al mondo. Ogni persona è pensata e voluta da Lui con un atto eterno di amore, amore che “non avrà mai fine” (1 Cor 13, 8). L’uomo, ricorda il Concilio, “in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa” (Gaudium et Spes, 24).

“Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo...”. La conoscenza che Dio ha di ogni essere umano è una chiamata nei suoi confronti. Egli chiama l’uomo a conoscerlo ed amarlo, a diventare santo e immacolato nell’amore (cf. Ef 1, 4), come Egli stesso è. In questo senso universale e insieme personalissimo il Signore ha conosciuto fin dal grembo materno Rafael Guízar Valencia, Modestino di Gesù e Maria, Genoveva Torres Morales, Grimoaldo della Purificazione, i quattro nuovi Beati che oggi ho la gioia di elevare agli onori degli altari. Ciascuno di essi ha corrisposto con la propria esistenza all’amore di Dio. Ciascuno di essi ha vissuto aspirando al carisma più grande, seguendo la via migliore di tutte (cf. 1 Cor 12, 31): la via della carità.

 2. En este camino de la caridad entró con paso firme el Obispo Rafael Guízar Valencia.

Ejerció su apostolado como sacerdote y como Obispo casi siempre perseguido o en situaciones peligrosas. Por muchos años no tuvo domicilio fijo, sin que las dificultades le impidieran desempeñar su acción misionera, repitiendo “Yo daría mi vida por la salvación de las almas”, al estilo del Buen Pastor. Quienes le conocieron pudieron afirmar que no había fuerza o contrariedad que debilitase su afán evangelizador. La enseñanza del catecismo y las misiones populares fueron los polos sobre los que centró su actividad. Así, su México natal, los Estados Unidos, Guatemala y Cuba se beneficiaron de su celo pastoral.

Su espiritualidad estaba basada en la devoción eucarística y en el amor a la Virgen María. El fomento de las vocaciones sacerdotales, la administración de los sacramentos, particularmente la penitencia y el matrimonio, regularizando así muchas uniones de hecho; la predicación de la Palabra de Dios, además de una dedicación asidua a la oración, hicieron también de él un hombre de fe y de acción, preocupado por la salvación de las almas.

La nueva evangelización, a la que he convocado en repetidas ocasiones a toda la Iglesia y en la cual está comprometida también la Iglesia en América, encuentra en figuras como Rafael Guízar Valencia, un modelo a seguir. A su intercesión queremos confiar el trabajo apostólico por la extensión del Reino que realizan tantos hombres y mujeres, en todas partes y aún en medio de situaciones difíciles, como las que vivió el nuevo Beato.

Ecco le parole del Santo Padre in una nostra traduzione in lingua italiana.

2. In questa via della carità entrò con passo fermo il Vescovo Rafael Guízar Valencia.

Esercitò il suo apostolato come sacerdote e come Vescovo quasi sempre perseguitato e in situazioni pericolose. Per molti anni non ebbe un domicilio fisso, ma le difficoltà non gli impedirono di svolgere la sua azione missionaria; ripeteva: “Io darei la vita per la salvezza delle anime”, sull’esempio del Buon Pastore. Coloro che lo conobbero poterono affermare che non vi era forza o contrarietà in grado di indebolire il suo slancio evangelico. L’insegnamento del catechismo e le missioni popolari furono i poli sui quali incentrò la sua attività. In tal modo il suo Messico, gli Stati Uniti, il Guatemala e Cuba beneficiarono del suo zelo pastorale.

La sua spiritualità si fondava sulla devozione eucaristica e sull’amore per la Vergine Maria. La promozione delle vocazioni sacerdotali, l’amministrazione dei sacramenti, in particolare della penitenza e del matrimonio, con la conseguente regolarizzazioni di molte unioni di fatto, la predicazione della Parola di Dio, oltre a una dedizione assidua alla preghiera, fecero di lui un uomo di fede e di azione, preoccupato per la salvezza delle anime.

La nuova evangelizzazione, alla quale ho chiamato in numerose occasioni tutta la Chiesa e nella quale è impegnata anche la Chiesa in America, trova in figure come quella di Rafael Guízar Valencia un modello da seguire. Alla sua intercessione desideriamo affidare il lavoro apostolico, volto ad estendere il Regno, che svolgono tanti uomini e donne, in ogni luogo e anche in situazioni difficili, come quelle che sperimentò il nuovo Beato.

3. “Sei tu, Signore, la mia speranza, / la mia fiducia fin dalla mia giovinezza” (Salmo resp.) (Sal 71, 5). Così canta la Chiesa, vivificata costantemente dal soffio dello Spirito Santo. Così ripete oggi il Beato Modestino di Gesù e Maria, presbitero, dell’Ordine Francescano dei Frati Minori, singolare testimone della misericordia di Dio e artefice di speranza nel Meridione d’Italia, nella prima metà del secolo scorso.

A lui, Dio Padre si compiacque di rivelare, fin dagli anni della fanciullezza, i misteri del Regno dei cieli (Canto al Vangelo) (cf. Mt 11, 25), facendogli scoprire il valore autentico della persona, che si attua nell’adesione generosa a Cristo povero e crocifisso nel dono di sé agli altri.

Vissuto in una società segnata dall’emarginazione e dalla sofferenza morale, Padre Modestino seppe condividere in pieno le attese e le angosce dei più deboli, rispondendo al profondo bisogno di Dio presente nei fratelli assetati di giustizia e di amore. Divenne così fermento di rinnovamento e segno vivo di speranza. Veramente la mano del Signore era sopra di lui rendendolo, per ogni categoria sociale, ministro di misericordia e di consolazione, soprattutto attraverso l’assidua e paziente celebrazione del sacramento della Riconciliazione.

Padre Modestino fu autentico “fratello universale”: su di lui ognuno poteva contare, trovando ascolto, accoglienza, condivisione. Questo amore lo accompagnò fino al dono di se stesso, quando non esitò ad esporsi al pericolo della morte pur di assistere i fratelli colpiti da un’epidemia di colera. Ne condivise in effetti la sorte fino in fondo, cadendo vittima di carità.

 4. “No tengas miedo – hemos escuchado en la primera lectura de la liturgia de la Palabra –. Yo te convierto en plaza fuerte, en columna de hierro, en muralla de bronce... Yo estoy contigo para librarte”.  Al profeta se le promete una especial asistencia divina capaz de hacer fronte a los impedimentos, de modo que pueda llevarse a cabo el plan de Dios. Vemos realizadas estas palabras en la nueva Beata Genoveva Torres Morales, que demostró una fortaleza heroica, tanto en su actividad humana como en su labor apostólica. Habiendo sufrido de joven la amputación de una pierna, hubo de caminar siempre apoyada en muletas, pero eso no le impidió discernir y cumplir, con paso firme, la voluntad del Señor.

Mujer humilde, tanto por su origen como por su cultura, poseyó la ciencia del amor divino, aprendido en su intensa devoción al Corazón de Jesucristo. Solía repetir: “Todo lo vence el amor”. Este amor la movió a consagrar su vida al servicio de las mujeres jubiladas, a remediar el desamparo y necesidad en que se encontraban muchas de ellas, atendiéndolas material y espiritualmente en un verdadero hogar, estando a su lado como “Ángel de la soledad”. Con este fin fundó en Valencia el Instituto de las Hermanas del Sagrado Corazón de Jesús y de los Santos Ángeles.

Su obra sigue siendo hoy de gran actualidad, pues la soledad y el abandono, con los consiguientes peligros que conllevan, están entre los males más dolorosos de todas las épocas. A ellos quiso hacer frente la Beata Genoveva Torres y a ella pedimos que siga impulsando almas generosas que, fieles al carisma que recibió del Espíritu, trabajen para imitar su ejemplo y para continuar su obra.

Ecco le parole del Santo Padre in una nostra traduzione in lingua italiana.

4. “Non spaventarti – abbiamo ascoltato nella prima lettura della liturgia della Parola –. Io faccio di te come una fortezza, come un muro di bronzo... io sono con te per salvarti” (Ger 1, 17-19). Al profeta viene promessa una particolare assistenza divina capace di far fronte agli ostacoli, affinché si possa portare a termine il piano di Dio. Vediamo realizzate queste parole nella nuova Beata Genoveva Torres Morales, che dimostrò una fermezza eroica, sia nella sua attività umana sia nella sua opera apostolica. Avendo subito da giovane l’amputazione di una gamba, dovette camminare sempre appoggiandosi a delle stampelle, tuttavia ciò non le impedì di discernere e di compiere, con decisione, la volontà del Signore.

Donna umile, sia per la sua origine sia per la sua cultura, possedette la scienza dell’amore divino, appreso nella sua profonda devozione al Cuore di Gesù Cristo. Era solita ripetere: “L’amore vince tutto”. Questo amore la spinse a consacrare la sua vita al servizio delle donne giubilate, a porre rimedio all’abbandono e al bisogno in cui si trovavano molte di esse, assistendole materialmente e spiritualmente in un vero focolare domestico, stando al loro fianco come “Angelo della solitudine”. A tale fine fondò a Valenza l’Istituto delle Suore del Sacro Cuore di Gesù e dei Santi Angeli.

La sua opera continua ad essere oggi di grande attualità, poiché la solitudine e l’abbandono, con tutti i pericoli che ne conseguono, sono tra i mali più dolorosi di tutti i tempi. Ad essi volle far fronte la Beata Genoveva Torres e noi le chiediamo che continui a incoraggiare anime generose che, fedeli al carisma che essa ricevette dallo Spirito, si adoperino per imitare il suo esempio e per continuare la sua opera.

5. “... ancora oggi proclamo i tuoi prodigi” (Salmo resp.). Così testimonia dinanzi al mondo il Beato Grimoaldo della Purificazione, al secolo Ferdinando Santamaria. Giovane Passionista, nel corso della sua breve esistenza s’ispirò costantemente ad alcune linee programmatiche che restano significative anche per noi: dare a Dio il primo posto; manifestare a Gesù Crocifisso costante gratitudine mediante opere concrete di penitenza e di umiltà; perseverare nel bene anche a costo di grandi sacrifici; vivere con austerità e accontentarsi in tutto; essere sempre disponibile per gli altri.

Secondo il carisma della Famiglia Passionista, egli sentiva di dover completare in sé le sofferenze di Cristo a vantaggio dell’intero suo corpo mistico (cf. Col 1, 24). Amava ripetere: “Penso sempre a Gesù quando salì il Calvario, e alla sua santissima Madre che andava appresso al Signore, e io voglio seguire le loro sofferenze”.

I biografi lo ricordano allegro anche nelle umiliazioni, nelle contrarietà e nelle difficoltà degli studi. I compagni notavano che, pure non facendo cose diverse da loro, Grimoaldo le compiva con straordinaria e crescente intensità di amore. In lui i giovani di oggi e di domani possono scorgere un modello di spiritualità semplice e generosa, fortemente ancorata al mistero pasquale di Cristo.

6. “Benedetto sei tu, Padre, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno dei cieli” (Canto al Vangelo).

Carissimi Fratelli e Sorelle! L’odierna celebrazione liturgica ci spinge ad elevare riconoscenti il nostro pensiero al Signore. Egli continua nei secoli a rivelare i misteri del suo amore ai “piccoli”. È Lui la fonte della saggezza vera del vivere, il saldo sostegno d’ogni imperituro progetto umano.

Nell’Eucaristia la Chiesa loda il Padre che ha fatto “ogni cosa con sapienza e amore” a tutti venendo incontro perché coloro che lo cercano lo possano trovare. Lo loda e lo ringrazia soprattutto perché ha mandato nel mondo l’“unico Figlio come Salvatore” e lo “Spirito Santo, primo dono ai credenti... a compiere ogni santificazione” (Preghiera eucaristica, IV).

I Santi, i Beati, ed in particolare coloro che oggi presentiamo alla venerazione di tutti i credenti, rendono testimonianza a quest’eterna verità. Proclamano la fedeltà di Dio, ne testimoniano l’amore, sorgente di vita e di santità.

7. “Benedetto sei tu, Padre!”. Diciamolo anche noi, carissimi Fratelli e Sorelle, insieme a Rafael Guízar Valencia, vescovo, a Modestino di Gesù e Maria, presbitero dell’Ordine Francescano dei Frati Minori, a Genoveva Torres Morales, vergine fondatrice delle Suore del Sacro Cuore di Gesù e dei Santi Angeli, a Grimoaldo della Purificazione Santamaria, religioso, della Congregazione della Passione.

Preghiamo perché anche noi possiamo adorare Dio con tutta l’anima ed amare i fratelli nella carità di Cristo (cf. Colletta).

È questa la strada della santità: la via dell’amore, della divina carità, che “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”.

Questa carità “non avrà mai fine” (1 Cor 13, 7-8).

Signore, facci comprendere che queste sono “le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità” (1 Cor 13, 13).

Rivelaci, Padre, i misteri del tuo Regno!

Donaci, o Cristo, con la potenza dello Spirito Santo, la tua carità.

Amen!  

Al termine dell’omelia della Messa per le Beatificazioni di ieri il Santo Padre improvvisa le seguenti parole. 

Carissimi, non posso concludere senza tornare a due settimane fa; era domenica come oggi. Due settimane fa a Manila si celebrava la Giornata Mondiale della Gioventù. È stata un’esperienza unica. Speriamo che si possa continuare questa esperienza con i giovani delle diverse parti del mondo. Non posso che ringraziare Dio e ringraziare il Signore per questa esperienza, che mi è stato dato di vivere insieme ai miei fratelli e sorelle nelle Filippine, a Manila e anche insieme ai miei giovani amici.

E non posso non ringraziare il Signore per le Beatificazioni che si sono susseguite dopo Manila: a Port Moresby, nella Papua Nuova Guinea, un beato catechista, Pietro To Rot, primo Beato di questo Paese missionario; poi in Australia, a Sydney, la Beata Mary MacKillop, la prima beata del grande continente Australiano; e finalmente nello Sri Lanka, il Beato Padre Joseph Vaz, primo Beato di quest’Isola, e di questa cultura tanto ricca e tanto profondamente religiosa.

Io vorrei oggi, stando qui a San Pietro, in questa Basilica, ricordarli tutti e aggiungere questi tre nuovi Beati, che sono Prototestimoni delle loro terre, delle loro Chiese, al nostro canto, per cantare la Gloria di Dio sino ai confini della terra. Non solamente qui in Roma, sulla Tomba di San Pietro, ma fino ai confini della terra, dove c’era stata tanta attesa per la beatificazione dei Prototestimoni di Papua Nuova Guinea, di Australia, di Sri Lanka. Cantiamo insieme a loro la nostra lode a Dio che è fonte di ogni santità attraverso i secoli, attraverso i popoli e le generazioni e che con questi santi e beati ci porta a vivere la grande comunione dei santi che è il nostro futuro nella Chiesa.

Amen. Sia lodato Gesù Cristo.