Sant'Ireneo di Lione “Doctor unitatis”

Sant'Ireneo di Lione “Doctor unitatis”

(130/140 - 202)

Ricorrenza:

- 28 giugno

Sant’Ireneo di Lione, venuto dall’Oriente, ha esercitato il suo ministero episcopale in Occidente: egli è stato un ponte spirituale e teologico tra cristiani orientali e occidentali. Il suo nome, Ireneo, esprime quella pace che viene dal Signore e che riconcilia, reintegrando nell’unità

(Papa Francesco)

  • Biografia
  • da l'osservatore romano
  • Il Relatore Generale

 

Circa la Concessione del Titolo di

Dottore della Chiesa

a Sant’Ireneo di Lione

 

 

1.    Cenni biografici

 

    Sant’Ireneo nacque tra il 130 e il 140 probabilmente a Smirne (attuale Turchia), dove trascorse i suoi anni giovanili. Fu discepolo di San Policarpo, il quale a sua volta era stato formato alla scuola degli Apostoli e proprio da San Giovanni, apostolo ed evangelista, venne insediato sulla cattedra vescovile di Smirne. Insieme alla formazione religiosa, Sant’Ireneo acquisì una buona cultura classica e filosofica. Non sono noti con certezza né il tempo, né i motivi per cui Ireneo fu inviato a Lione dove, nella prima metà del II secolo, esisteva una numerosa presenza cristiana all’interno di una popolazione emigrata dall’Asia Minore.

    Nel 177, l’anziano Vescovo di Lione Potino incaricò Sant’Ireneo di recarsi a Roma per consegnare a Papa Eleuterio alcune lettere sulla situazione della Chiesa lionese, allora esposta non solo alla persecuzione dell’Imperatore Marco Aurelio, ma anche alle infiltrazioni eterodosse dei discepoli di Montano. Il viaggio a Roma sottrasse Ireneo alla persecuzione, che causò a Lione quarantotto vittime, tra cui il Vescovo Potino, allora novantenne, morto di maltrattamenti in carcere. Come suo successore fu designato proprio Ireneo  che, in breve tempo, con la sua predicazione, rese cristiana tutta la città di Lione.

    Verso l’anno 190, Sant’Ireneo intervenne in relazione alla controversia sulla data della Pasqua, celebrata in alcune comunità in Oriente il 14 nīsān, mentre in tutte le altre Chiese la domenica successiva.

    Morì nel 202, ma non è certo il martirio. Nel secolo IV San Girolamo, e due secoli dopo Gregorio di Tours affermarono che Ireneo “terminò la sua vita con il martirio”, cosa che sarebbe avvenuta nel corso di una sanguinosa persecuzione, molto probabilmente quella di Settimio Severo, scoppiata tra gli anni 202-203.

 

2.    Richiesta

 

    Nel corso dei secoli spesso fu attribuito a Sant’Ireneo il titolo di Dottore della Chiesa. In un sinassario armeno del secolo XIII egli veniva definito “un prélat revêtu de Dieu et docteur de l’Église”. In un messale del 1737 veniva presentato, oltre che come patrono della Diocesi lionese, anche come “Docteur de l’église éminent”. Negli anni successivi, anche a ridosso del Concilio Vaticano II, la qualifica che normalmente gli viene attribuita è quella di “Docteur”, qualifica che viene ripresa anche nel Proprio liturgico della Diocesi, approvato il 7 agosto 1975, ove si parla chiaramente di “Saint Irénée, évêque de Lyon et docteur de l’église”. Documenti ufficiali della Chiesa lionese hanno sempre presentato il suo Vescovo come “doctor eximius, maximus, praeclarus”.

    Il 28 giugno 2017, il Card. Philippe Barbarin, Arcivescovo di Lione, chiese al Santo Padre che Sant’Ireneo fosse insignito del titolo di Dottore della Chiesa universale. Successivamente numerosi esponenti della Gerarchia Ecclesiastica e di Istituzioni culturali indirizzarono al Papa petizioni simili. Fra questi il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il Patriarca di Babilonia dei Caldei, l’Università Cattolica di Lione, l’Institut Catholique di Parigi, l’Università Cattolica di Lille, l’Università Cattolica di Pernambuco (Brasile), le Conferenze Episcopali di Francia, Germania, Italia, Spagna, Canada e Stati Uniti d’America, la Federazione Protestante di Francia.

    Venendo incontro a tali richieste, il 21 febbraio 2018 il Papa ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a dare inizio al relativo iter canonico. Interpellata da questo Dicastero, la Congregazione per la Dottrina della Fede, con lettera del 1° giugno 2021, ha comunicato il giudizio positivo circa l’eminens doctrina di Sant’Ireneo.

    Sant’Ireneo fu innanzitutto un uomo di fede e un Pastore. Del buon Pastore ebbe il senso della misura, la ricchezza della dottrina e l’ardore missionario. Come scrittore, perseguì un duplice scopo: difendere la vera dottrina dagli assalti degli eretici, ed esporre con chiarezza le verità della fede.

    Due sue opere sono giunte a noi: Smascheramento e confutazione della falsa gnosi, meglio conosciuta come Adversus Haereses, e Dimostrazione della predicazione apostolica, testo riscoperto tra il 570 e il 590. Questa seconda opera, articolata in cento brevi capitoli, è una sorta di catechismo che presenta la fede cattolica in modo divulgativo. Altre opere risultano perdute: Lettere a Florino, Dio non è autore del male e sull’Ogdoade; il Trattato Sulla Pasqua; Trattati vari; Lettera a Blasto, Sullo scisma; il Trattato Sulla conoscenza. A lui vennero attribuite anche altre opere spurie.

    Il desiderio di tutelare l’unità della Chiesa e l’amore per la Verità caratterizzano l’opera pastorale e teologica di Sant’Ireneo. Egli procedette non attraverso una semplice confutazione delle dottrine gnostiche ma con un’esposizione sistematica delle verità di fede. Visse la diversità di due mondi, asiatico e occidentale, come composizione delle differenze nell’unicità della fede, ancorata alla dottrina della Chiesa, guidata dalla Scrittura e dalla Tradizione apostolica. Convinto che l’unità della fede è convergenza dinamica, elaborò un metodo teologico attraverso il quale l’unità progredisce evitando le giustapposizioni (aut – aut) e favorendo le dinamiche unitive (et- et). Il principio dinamico dell’unità spinge a cercare soprattutto la coerenza globale della fede, a riconoscere i kairòi che ritmano l’economia salvifica, a saper comporre la polifonia come educazione dell’umano e a ridisegnare il senso della storia. La rilevanza di questo approccio è posta in evidenza dal continuo ricorso alla teologia di Sant’Ireneo nel corso dei secoli ed oggi acquista ulteriore importanza anche nelle delicate questioni che toccano la visione dell’uomo e del creato nello scenario culturale, economico e scientifico.

    Il Concilio Vaticano II, in vari documenti, lo pone come riferimento fondativo. Il magistero postconciliare, a più riprese, attinge ai suoi scritti e al suo valore testimoniale, sia nei contenuti, sia nel metodo teologico.

'Osservatore Romano, 28 giugno 2022

Dinamica convergenza

 

Ora che è stato aggiornato il “passaporto” di sant’Ireneo di Lione di cui oggi, 28 giugno, ricorre la memoria liturgica — Papa Francesco, il 21 gennaio scorso, lo ha dichiarato dottore della Chiesa con il titolo di doctor unitatis — l’umanità intera dispone sull’esempio del suo spirito: tutela dell’unità della Chiesa e sconfinato amore per la Verità, di uno speciale lasciapassare, dove tutti i popoli sono uniti dallo stesso cielo e non divisi da barriere artificiali, muri o filo spinato. «È venuto dall’Oriente e ha esercitato il suo ministero episcopale in Occidente», ha spiegato il Pontefice al gruppo ortodosso-cattolico intitolato a sant’Ireneo, durante l’udienza del 7 ottobre 2021 nella Sala Clementina: «È stato un grande ponte spirituale e teologico tra cristiani orientali e occidentali. Il suo nome, Ireneo, porta impressa la parola pace. Sappiamo che la pace del Signore non è una pace “negoziale”, frutto di accordi per tutelare interessi, ma una pace che riconcilia, che reintegra nell’unità. Questa è la pace di Gesù Cristo — scrive l’Apostolo Paolo — [è la nostra pace, [...] colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione, cioè l’inimicizia] (Efesini, 2, 14)».

Il nome del tenace Ireneo s’innesta nella radice greca eirenaios, che significa appunto “pacifico”, “pacificatore”, “serafico”. E in un tempo come l’attuale, con governanti e amministratori indifferenti alla logica di un Dio Abbà, lacerato da oltre cento conflitti militari in corso nell’intero pianeta e altri pronti ad attecchire, è bene guardare oggi la figura di Ireneo perché possa interrompere e dissuadere la forsennata mania, obsoleta, vetusta, antiumana, di conquista territoriale. «Sono dunque sciocchi e davvero sfortunati coloro che non vogliono vedere delle cose così evidenti e chiare, ma fuggono la luce della verità» (Ireneo, Contro le eresie, V , 13, 2). Non si esagera nel dire che Ireneo è stato ed è un gigante della teologia, tant’è che rappresenta una delle vette della riflessione ortodossa antenicena: «Ebbe il grande merito di essere il primo autore che espresse in termini dogmatici l’insieme della dottrina cristiana» (Johannes Quasten, Patrologia, Marietti, 1980, volume I , pagina 263), e questo nonostante non avesse fatto grandi scoperte teologiche; anzi era persino incline a sospettare di una scienza che guardasse all’indagine speculativa. «Sarebbe meglio non sapere assolutamente nulla, neppure una sola delle ragioni per le quali è stata fatta la più piccola delle cose della creazione, ma credere in Dio e perseverare nell’amore, piuttosto che inorgogliti da conoscenze di questo genere, decadere da quell’amore che è la vita dell’uomo. È meglio non cercare altra conoscenza che Gesù Cristo, Figlio di Dio, crocifisso per noi, piuttosto che, per sottigliezze e cavilli, cadere nell’empietà» (Contro le eresie, II , 26, 1).

Partendo dall’assimilazione degli insegnamenti del vescovo di Smirne, Policarpo, egli procedette non attraverso una semplice confutazione delle dottrine gnostiche ma con un’esposizione sistematica delle verità di fede, secondo il principio unitario del lionese vale a dire della ricapitolazione. «Ireneo vede tutta la storia compendiata in Cristo, che è l’essere perfetto, bontà e verità […]. Per Ireneo la storia salvifica, il passato, il presente e il futuro è in tutta la Bibbia» (Storia della teologia, Casale Monferrato, Piemme, 1993, volume I , pagina 174). Visse la diversità di due mondi, l’asiatico e l’occidentale, come composizione delle differenze nell’unicità della fede, ancorata alla dottrina della Chiesa, guidata dalla sacra Scrittura e dalla Tradizione apostolica. Convinto che l’unità della fede è convergenza dinamica, elaborò un metodo teologico attraverso il quale l’unità progredisce evitando le giustapposizioni (aut aut) e favorendo le dinamiche unitive (et et). «Il principio dinamico dell’unità spinge a cercare soprattutto la coerenza globale della fede, a riconoscere i kairòi che ritmano l’economia salvifica, a saper comporre la polifonia come educazione dell’umano e a ridisegnare il senso della storia. La rilevanza di questo approccio è posta in evidenza dal continuo ricorso alla teologia di sant’Ireneo nel corso dei secoli e oggi acquista ulteriore importanza anche nelle delicate questioni che toccano la visione dell’uomo e del creato nello scenario culturale, economico e scientifico» (http://www.causesanti.va/it/santi-e-beati/sant-ireneo-vescovo-di-lione.html). Non solo, il Concilio Vaticano II , in vari documenti, lo pone come riferimento fondativo. Il magistero postconciliare, a più riprese, attinge ai suoi scritti e al suo valore testimoniale, sia nei contenuti, sia nel metodo teologico.

«E se noi non siamo in grado di trovare la soluzione di tutte le questioni sollevate dalle Scritture, non per questo ci cerchiamo un altro Dio al di fuori di colui che è: sarebbe l’empietà più grande di tutte. Dobbiamo invece abbandonare tali questioni a Dio che ci ha creato, sapendo bene che le Scritture sono perfette, dato che sono state annunciate dal Verbo di Dio e dal suo Spirito» (Ireneo, Contro le eresie, II , 28, 2). Gli uomini devono riconquistare la consapevolezza che l’umanità senza un suo centro (dove tutto trova senso e dignità, come ha insegnato sant’Ireneo) rischia di continuare a vagare rincorrendo vane e vacue speranze di salvezza, perché «così si allontanano dalla verità e il loro pensiero si allontana dal vero Dio» (ibidem, III , 16, 6).

di ROBERTO CUTAIA

 

SANT’IRENEO DOTTORE DELLA CHIESA

Ponte spirituale e culturale tra Oriente e Occidente

 

    Nel corso dei secoli è stato spesso associato al nome di Ireneo di Lione il titolo di Dottore della Chiesa. Come emerge dalle pagine di questa Positio, in un sinassario armeno del secolo XIII egli veniva definito “un prélat revêtu de Dieu et docteur de l’Église” (Positio, 417). Lo stesso Ireneo in un messale del 1737 veniva presentato, oltre che come patrono della Diocesi lionese, anche come “Docteur de l’église éminent” (Positio 29-30, 37-38). Negli anni successivi, anche a ridosso del Concilio Vaticano II, la qualifica che normalmente gli viene attribuita è quella di “Docteur” (Positio 39), qualifica che viene ripresa anche nel Proprio liturgico della Diocesi, approvato il 7 agosto 1975, ove si parla chiaramente di “Saint Irénée, évêque de Lyon et docteur de l’église” (Positio, 39), mentre documenti ufficiali della Chiesa lionese hanno sempre presentato il suo Vescovo come “doctor eximius, maximus, praeclarus” (Positio, 40). Lo stesso titolo si incontra anche in alcuni contributi bibliografici (cf. Positio, 84, 162).

    Il desiderio che tale titolo fosse ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa ha costituito recentemente oggetto di numerosi interventi presso il Santo Padre da parte di numerosi esponenti della Gerarchia Ecclesiastica e di Istituzioni culturali. Il primo a rivolgersi a Papa Francesco fu il Card. Philippe Barbarin, che il 28 giugno 2017 cosí scriveva: “Très Saint Père. C’est aujourd’hui la fête de Saint Irénée. Depuis longtemps, j’ai le désir que cette grande figure de l’Église, considérée comme le père de tous les Pères de l’Église tant d’Orient que d’Occident, soit proclamée d’une manière particulière Docteur de l’Unité” (Arch. Congr. Cause Santi). Nei mesi successivi furono indirizzati al Santo Padre numerose petizioni simili, per citarne alcune, da parte del Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani, del Patriarca di Babilonia dei Caldei, dell’Arcieparca di Costantinopoli degli Armeni Cattolici, dell’Arcivescovo di Wellington e del Vescovo di Tortosa, ai quali si aggiunsero il Patriarca di Mosca, l’Arcivescovo Maggiore della Chiesa Greco-Cattolica di Ucraina, il Vescovo dei Copti Ortodossi, i Superiori Generali dei Domenicani e quelli Provinciali del Belgio e il Consiglio Mondiale delle Chiese. Per quanto riguarda le Istituzioni culturali, si rivolsero al Santo Padre con le stesse suppliche l’Università Cattolica di Lione, l’Institut Catholique di Parigi, l’Università cattolica di Lilla, l’Institut Catholique di Tolosa, e l’Università Cattolica di Pernambuco in Brasile. A tali aspirazioni si sono aggiunti i consensi espressi dalle Conferenze Episcopali di Francia, Germania, Italia, Spagna, Canada e Stati Uniti d’America, oltre che dalla Federazione Protestante di Francia (ivi).

    Venendo incontro a tali richieste, il Santo Padre ha concesso il suo beneplacito (cf. L’Osservatore Romano, 7 ottobre 2021, p. 8), autorizzando cosí la Congregazione delle Cause dei Santi a intraprendere la procedura prevista, il cui primo passo è costituito dall’elaborazione e dalla stesura della presente Positio super Ecclesiae Doctoratu per Sant’Ireneo, che esplicita ulteriormente e approfondisce su base teologico-documentaria il pensiero e la dottrina del Vescovo di Lione, a partire soprattutto dagli scritti superstiti del Vescovo di Lione, e in particolare dall’Adversus haereses e dalla Demonstratio apostolicae praedicationis.

    A questo scopo, su indicazione del Postulatore della Causa, Mons. Denis Baudot, è stata costituita un’équipe di ricercatori e docenti, che ha portato a termine in brevissimo tempo l’intero lavoro. Coordinatore e principale estensore della Positio è Fr. Elie Ayroulet, professore e ricercatore di storia e teologia patristica presso la Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica di Lione. Con lui hanno collaborato nella stesura della presente Positio il Prof. Guillaume Bady, ricercatore al Centre National de la Recherche Scientifique di Lione e direttore della Collana delle Sources Chrétiennes; la Prof.ssa Agnès Bastit-Kalinowska, docente emerita di letteratura cristiana antica all’Università di Loraine; la Prof.ssa Marie Laure Chaieb, docente e ricercatrice in Patristica presso la Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica di Lione; il Prof. Bruno Martin, docente di Storia della Chiesa presso la Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica di Lione; il Prof. Maxime Yevadian, esperto della recezione del pensiero di Ireneo nella teologia e nella tradizione armena; la Prof. Elisabeth Bastit, esperta di iconografia e responsabile della sezione iconografica di Ireneo di Lione.

 

Breve profilo biografico

 

    Non si conosce con certezza la data di nascita di Ireneo, cosí come è incerto il luogo in cui egli venne alla luce. L’anno di nascita dovrebbe essere fissata tra il 130 e il 140, mentre il luogo dovrebbe essere molto probabilmente la città di Smirne, nella Turchia attuale, o una città vicina. È certo che trascorse i suoi anni giovanili a Smirne e fu discepolo di San Policarpo, il quale a sua volta era stato formato alla scuola degli Apostoli e proprio da San Giovanni, apostolo ed evangelista, era stato insediato sulla cattedra vescovile di Smirne. Lo stesso Ireneo, in una lettera al suo condiscepolo Florino, parzialmente conservata nella Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, scriveva: “Io ti conobbi quando ero ragazzo, ed è stato nell’Asia Minore presso Policarpo, di cui tu cercavi la stima […]. Le cose di allora le ricordo meglio di quelle recenti, perché ciò che si apprende nella fanciullezza forma un tutt’uno con la nostra vita e si sviluppa e cresce con essa. Io ti potrei dire ancora il luogo dove il beato Policarpo era solito sedersi per parlare, e come esordiva, e come entrava in argomento; quale vita conduceva, quale era l’aspetto della sua persona, i discorsi che teneva al popolo, come ci discorreva degli intimi rapporti da lui avuti con Giovanni e con gli altri, che avevano visto il Signore, dei quali rammentava le parole e le cose da loro udite intorno al Signore, ai suoi miracoli e alla sua dottrina” (St. Eccl. V, 20, 5-6).

    Insieme alla formazione religiosa, Ireneo acquisí in gioventú una buona cultura classica e filosofica, come viene espressamente riconosciuto da Tertulliano, che presenta il Vescovo di Lione come “un accuratissimo investigatore di ogni sorta di dottrine” (Adv. Valent., 5). Non sono noti con certezza né il tempo, né i motivi per cui Ireneo fu inviato da Smirne a Lione, ove tra l’altro nella prima metà del II secolo esisteva una numerosa presenza cristiana all’interno una popolazione ivi emigrata e proveniente dall’Asia Minore; cosí come rimane in dubbio, pur essendo molto probabile, un suo passaggio per Roma, città da lui elogiata per aver “dato pace al mondo, e noi, senza paura, andiamo per terra e per mare dove vogliamo” (Adv. haer. IV, 30, 3).

    È certo comunque che negli anni Settanta del II secolo troviamo Ireneo a Lione, dove era attiva una Chiesa bene organizzata, presieduta da un anziano Vescovo, Potino, e tra i cui presbiteri era annoverato anche Ireneo. Fu lui ad essere prescelto nell’anno 177 – e forse si tratta dell’unico riferimento cronologico sicuro nella vita di Ireneo – di recarsi a Roma per consegnare alcune lettere a Papa Eleuterio (171-185) sulla situazione della Chiesa lionese, allora esposta non solo alla persecuzione dell’imperatore Marco Aurelio, ma anche alle infiltrazioni eterodosse dei discepoli di Montano, “che cominciavano proprio allora a godere, presso molti in Frigia, fama di profeti” (St. Eccl. V, 3, 4). Nelle lettere si diceva espressamente: “Ancora e sempre, padre Eleuterio, facciamo voti che tu stia bene in Dio. Abbiamo incaricato il nostro fratello e compagno Ireneo di portarti queste notizie e ti preghiamo di prenderlo in considerazione, poiché è zelatore del testamento di Cristo. Se fossimo convinti che uno è reso giusto dalla sua posizione, te lo avremmo raccomandato sopra tutti come presbitero della Chiesa, quale infatti è” (St. Eccl. V, 4, 2).

    Il viaggio a Roma sottrasse Ireneo alla persecuzione, che causò a Lione quarantotto vittime, tra cui il Vescovo Potino, allora novantenne, morto di maltrattamenti in carcere. Come suo successore fu designato proprio Ireneo. Se è nota la sua attività di scrittore attraverso le opere da lui composte mentre era presule lionese, non conosciamo specificamente la sua azione pastorale nella diocesi a lui affidata. Sappiamo però da San Gregorio di Tours, che era diacono a Lione nel 563 e dieci anni dopo fu eletto Vescovo di Tours, che Ireneo “succedette al martire Potino nell’episcopato e in breve spazio di tempo, con la sua predicazione, rese cristiana tutta la città di Lione” (PL LXXI, 174).

    Del tutto sicuro è un suo intervento, attuato verso l’anno 190, in relazione alla controversia sulla data della Pasqua, celebrata in alcune comunità in Oriente il 14 nīsān, mentre in tutte le altre Chiese la festa era trasferita alla domenica successiva. Si trattava di una controversia di lunga data, già affrontata e purtroppo non risolta a Roma negli anni Cinquanta del II secolo tra Papa Aniceto e Policarpo di Smirne, e successivamente di nuovo emersa. In tale occasione Papa Vittore (186-197) – come racconta Eusebio di Cesarea – “stava per decidere di staccare dalla comunione ecclesiastica le comunità di tutta l’Asia”. Molti vescovi – e tra questi anche Ireneo, a nome delle Chiese della Gallia da lui presiedute – scrissero al Papa, “esortandolo ad avere cura della pace, dell’unione e della carità”. Ed Eusebio conclude: “Ireneo, il cui nome significa pacificatore, fu tale anche nella sua condotta” (St. Eccl. V, 24, 18).

    L’anno di morte di Ireneo di Lione viene normalmente fissato al 202, ma non è certo che egli sia morto come martire. Eusebio, che è la fonte principale della vita e dell’attività di Ireneo, non ne parla. Lo presenta invece martire alla fine del secolo IV san Girolamo, e due secoli dopo Gregorio di Tours affermava che Ireneo “terminò la sua vita con il martirio” (PL LXXI, 174-175), cosa che sarebbe avvenuta nel corso di una sanguinosa persecuzione, molto probabilmente quella di Settimio Severo, scoppiata appunto tra gli anni 202-203.

 

Ireneo “Doctor unitatis”

 

    Ireneo di Lione non è un teologo speculativo, limitato quindi al solo spazio teorico, ma è fondamentalmente un pastore di anime, saldamente ancorato alla dottrina della Chiesa, guidato dalla Scrittura e dalla tradizione apostolica, preoccupato di mettere in guardia e di salvaguardare il gregge di Cristo dalle eresie del suo tempo, in particolare lo gnosticismo e il docetismo. Per lui è fondamentale il messaggio predicato dagli Apostoli, proclamato dal magistero della Chiesa, garantito dalla successione ininterrotta dei vescovi e del sommo pontefice, che possono contare sull’assistenza dello Spirito Santo che vive e opera nella Chiesa. “Questa fede, come prezioso liquore conservato in ottimo vaso, sotto l’azione dello Spirito ringiovanisce continuamente e comunica la sua giovinezza al vaso che la contiene” (Adv. haer. III, 24, 1).

    Nella dottrina del Vescovo di Lione acquista una speciale importanza il tema della ricapitolazione in Cristo dell’intera storia dell’umanità, tema che egli media da San Paolo (cf. spec. Ef. 1, 9-12), opponendolo al mito gnostico della reintegrazione degli eletti nel pleroma. Di grande valore dottrinale sono anche le sue testimonianze sull’Eucaristia (Adv. haer. IV, 17, 5; IV, 18, 4-5; V, 2, 2.3), sulla Madonna e sul suo ruolo nella ricapitolazione (Adv. haer. III, 22, 2-4; V, 19, 1; Demonstr. 33), sulla tradizione apostolica presente nelle chiese e specialmente in quella di Roma (Adv. haer. III, 3, 1-5, spec. 2: “Ad hanc enim Ecclesiam [di Roma], propter potentiorem principalitatem necesse est omnem convenire Ecclesiam, hoc est eos qui sunt undique fideles, in qua semper ab his qui sunt undique conservata est quae est ab apostolis traditio”). Si tratta di tematiche che Ireneo individua nella vita e nel magistero della Chiesa, di cui la sua opera costituisce un’autorevole e decisa testimonianza.

    Un aspetto particolare del contributo teologico di Ireneo riguarda la constatazione che Ireneo rappresenta un ponte spirituale e culturale tra Oriente ed Occidente, tanto da giustificare pienamente l’appellativo di Doctor unitatis, come chiedeva già alcuni anni fa il Card. Philippe Barbarin; si può affermare a ragione che il tema dell’unità giustifica e sostiene tutto il pensiero e a tutta la dottrina di Ireneo di Lione.

    Come principio di base Ireneo afferma l’unità di Dio, l’unità dell’uomo, l’unità della creazione, in opposizione al dualismo gnostico, partendo dai punti basilari della Scrittura, della Tradizione e della Chiesa fondata sull’insegnamento trasmesso dagli Apostoli. Come metodo si può dire che il concetto di unità costituisce un filo rosso che permea e attraversa l’intera dottrina teologica di Ireneo, centrata sull’armonia e sulla coerenza globale della fede e sempre in confronto critico con le dottrine ereticali del suo tempo, da lui perfettamente conosciute e refutate. Come fine il tema dell’unità viene regolarmente percepito a partire dalle varie tradizioni in ambito geo-teologico e religioso, che testificano e irradiano la stessa unità di Ireneo come luogo di riflessione da evidenziare e mettere a frutto. La conclusione a questo riguardo è chiara: “Irénée est donc bien le premier théologien de l’unité, d’une unité qui, dans la disponibilité à l’Esprit, permet de tenir à la fois de la colonne et du souffle, de l’un et du varié, du stable et du vivant”. Questa unità sostenuta da Ireneo deve continuare ad essere proposta per animare la teologia contemporanea, per rinvigorire l’ecclesiologia dopo il Vaticano II, per rafforzare le basi dottrinali del dialogo tra le Chiese, mirando sempre al compimento di quanto Cristo stesso auspicava, cioè il raggiungimento di “un solo ovile e un solo pastore” (Gv 10, 16).

 

Vincenzo Criscuolo ofmcap.

Relatore Generale

 

P.S. – Secondo la costituzione apostolica Pastor bonus, art. 73, spetta alla Congregazione per la Dottrina della Fede, in relazione al conferimento del “titolo di dottore da attribuire ai santi”, formulare un giudizio specifico “per quanto riguarda l’eminente dottrina”. Come espressione di tale giudizio è l’officio inviato il 1° giugno 2021 dal Card. Luis Ladaria al prefetto di questo Dicastero, Card. Marcello Semeraro, in cui si afferma che “gli scritti di S. Ireneo, Padre della Chiesa, risultano non solo ortodossi ma anche illuminanti per la fede cristiana”, giudizio che tra l’altro era stato già espresso dalla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1986 e nel 2006, quando si era constatata “una concordia unanime sulla sua eccellenza e attualità, sia per il metodo teologico […] che per l’importanza dei temi da lui trattati”. Il Card. Ladaria quindi conclude: “Non sembra pertanto necessario realizzare un nuovo studio in proposito”.