Teodoro Illera Del Olmo e 15 compagni

Teodoro Illera Del Olmo e 15 compagni

(†1936-1937)

Beatificazione:

- 10 novembre 2018

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 6 novembre

Sacerdote professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, e 15 Compagni, uccisi in odio alla Fede durante la persecuzione religiosa in Spagna nel 1936 e nel 1937, martiri

  • Biografia
  • Il martirio
  • omelia di beatificazione
"Non nascondo la croce, così sapranno che sono cristiano, e se mi uccidono in montagna, non voglio morire come un cane"

 

Cirilo Illera del Olmo nacque il 29 marzo 1883 a Las Quintanillas, presso Burgos. Visse con uno zio sacerdote, vicino al quale orientò i propri passi verso la vita religiosa. Arrivato a Barcellona, professò nella Congregazione di San Pietro in Vincoli nel 1901, col nome di fratel Teodoro.

Dopo i suoi studi di Magistero, Filosofia e Teologia, fu ordinato sacerdote a Burgos nel 1914. Esercitò il sacerdozio e svolse le funzioni di educatore e superiore locale. Nel 1931 fu eletto consigliere generale.

Di lui si conserva, presso la Segreteria Generale della sua congregazione, abbondante corrispondenza derivata dai suoi incarichi. Nel 1936 era superiore della casa di Sant Feliu de Llobregat, presso Barcellona. Fedele fino al fine nel compimento dei suoi obblighi, fu catturato perché tornò a Sant Feliu per assistere i ragazzi della scuola annessa alla casa dei religiosi. Venne quindi incarcerato e fucilato, insieme a quattro confratelli, alle tre di notte del 27 luglio 1936, nel vicino paese di Pallejà.

Padre Teodoro è stato messo a capo di un gruppo di sedici martiri, in gran parte suoi confratelli, con i quali è stato beatificato il 10 novembre 2018 a Barcellona, sotto il pontificato di papa Francesco. La sua memoria liturgica cade il 6 novembre, giorno in cui tutte le diocesi spagnole ricordano i Martiri del XX secolo.

Sono 9 i sacerdoti della Congregazione che trovarono la morte per mano dei miliziani nel 1936. Tutto cominciò con l’assalto del 20 luglio all’Asilo Toribio Durán, la sede di Barcellona della Congregazione di San Pietro in Vincoli: in questa vennero giustiziati padre Teodoro Del Olmo – che molti conoscevano come Cirilo – il Superiore locale, e altri quattro sacerdoti, dopo una breve detenzione non priva di interrogatori e torture, a San Feliu de Llobregat. Erano tutti originari dell’area di Burgos. Di padre Teodoro restano a testimonianza dei suoi tanti incarichi, molte lettere in cui emerge lo spirito da educatore del Beato. Seguirono la sorte del loro superiore anche Joaquín Gómez Peña, noto come padre Jacinto, religioso fedele e uomo d’azione in cui tutti avevano fiducia; Máximo Franco Ruiz – padre José – caratterizzato da un grande senso di responsabilità e un altrettanto grande amore per la Vergine, ottima guida per i suoi allievi; Bernardo Puente González (padre Emilio) giovane ma con una fede assai forte, riflessivo e compassionevole, studioso e cordiale. L’ultimo sacerdote a seguire la sorte degli altri fu Joaquín José Puente González, fratello di sangue di Bernardo, che si trovava nella loro casa in visita e che venne prelevato assieme agli altri. La sua agonia prima di morire fu particolarmente lunga: dopo ben quattro ore dall’esecuzione fu “finito” annegato nel fiume.     

Ci sono poi altri quattro sacerdoti della Congregazione di San Pietro in Vincoli che riuscirono a fuggire all’attacco del luglio 1936 e dovettero subire una lunga detenzione da parte della dittatura militare prima di essere uccisi “in odium fidei”. Tra loro padre Ismael, cioè Estanislao de Kostka Tajadura Marcos, che per la sua sensibilità e dedizione era stato assegnato all’assistenza dei malati: stava tentando di scappare quando fu riconosciuto come religioso e perciò ucciso il 18 settembre. Poi, Angel de la Iglesia Ocina, umile e intelligente, faceva onore al nome che portava- Angelo – rinchiuso a lungo prima di essere giustiziato, il 15 febbraio 1937, e gettato in una fossa comune. E in una fossa comune finì anche padre Albino, al secolo Ricardo Guerra Villaizán, religioso virtuoso e comprensivo, che tutti descrivevano come il prototipo del buon educatore. Infine Acacio Maria Calleja Santamaría, arrestato dopo un lungo periodo in cui rimase nascosto in casa di amici: tutti lo ricorderanno come amante della propria vocazione e fraterno nella vita comunitaria. 

Aveva 15 anni la futura Madre Carlota de la Visitación Duque Belloso, che ancora si chiamava Baudelia, quando avvertì la chiamata di Dio alla vita religiosa. La persecuzione anticattolica la sorprese nella casa collegio di Vilanova de Bellpuig a Lérida, da cui le suore furono espulse. Trovò rifugio in casa di amici a Barcellona, ma poi qualcuno fece la spia e la arrestarono. Prima di morire scrisse una bellissima Vita della Beata Madre Carmen, in cui si possono leggere le sue riflessioni e approfondire lo spirito della Congregazione delle Francescane del Sacro Cuore a cui apparteneva. Erano invece dell’Istituto delle Cappuccine della Madre del Divino Pastore, le altre tre sorelle Beate che celebriamo oggi e che furono uccise dopo essere state prelevate dalla loro comunità di Premià del Mar. Sorella Andrea Solans Ballesté, fine educatrice innamorata della Madonna, proprio da Maria ricevette la forza di vivere amando e morire perdonando, mentre la pratica quotidiana dell’Eucaristia le infuse il coraggio necessario di soffrire con Cristo. Assieme a lei, il 31 luglio 1936 morì anche Suor María Auxilio Noguera Manubens, originaria di Manresa, anche lei educatrice, le cui alunne ricordano quanto tenesse che ognuna di loro fosse protagonista della propria istruzione. Entrambe le religiose furono identificate da morte solo attraverso il numero di registro che avevano in Congregazione e poi sepolte in una fossa comune. Infine, ma non per ultima, trovò la morte mentre prestava servizio in incognito in un ospedale, sorella Patrocinio Vilanova Alsina, che conduceva una vita modesta e umile, semplice e perfetta nelle attività missionarie che la congregazione le affidava.  

Ci sono anche tre laici tra i nuovi Beati, ricordati dal Papa all'Angelus domenicale, a mostrarci la via della santità. Innanzitutto Gregorio Díez Blanco e sua sorella Camila, che ne educò i quattro figli dopo la morte della moglie Paulina. Quando s’instaurò la dittatura e iniziarono le caccie all’uomo contro sacerdoti e monache, non esitarono ad accogliere di nascosto in casa loro i religiosi che ne avevano bisogno: ci riuscirono per oltre sette mesi, correndo grandi pericoli e recandosi alla prigione di Sant Feliu per chiedere la liberazione dei membri della Congregazione di San Pietro in Vincoli. Destati i sospetti dei militari che li tenevano sotto sorveglianza, furono da questi sorpresi nella notte del 15 febbraio 1937 in casa propria, dove tutti gli oggetti religiosi furono distrutti. Con loro si trovava anche il giovane Eliseo Moradillo García, venuto a Barcellona in cerca di lavoro e che fu ospite per un po’ nella casa della Congregazione. Una volta sopraggiunte le persecuzioni, si diede molto da fare per aiutare i sacerdoti che lo avevano accolto: con fede e pietà, dunque, partecipò alla sorte degli altri martiri, diventando martire egli stesso.  

Nell’elenco che segue, se i martiri hanno cambiato nome con l’ingresso nelle rispettive congregazioni, questo è riportato in italiano. Il nome proprio, invece, è segnato in spagnolo tra parentesi.

97768 - Padre Teodoro (Cirilo) Illera del Olmo, sacerdote professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, 53 anni
97780 - Fratel Gioacchino (Jacinto) Gómez Peña, religioso professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, 41 anni
97771 - Fratel Massimo (José) Franco Ruiz, religioso professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, 30 anni
97782 - Fratel Gioacchino (Joaquín José) Puente González, religioso professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, 20 anni
† Pallejà, Barcellona, 27 luglio 1936

97778 - Fratel Bernardo (Emilio) Puente González, chierico professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, 25 anni
† Barcellona, 27 luglio 1936 

97774 - Suor Patrocinio (Maria Magdalena) Vilanova Alsina, religiosa professa delle Suore Cappuccine della Madre del Divin Pastore, 58 anni
† Barcellona, 31 luglio 1936
 
97781 - Suor Andrea (Ramona) Solans Ballester, religiosa professa delle Suore Cappuccine della Madre del Divin Pastore, 61 anni
97772 - Suor Maria Ausilio (Margarita Josefa) Noguera Manubens, religiosa professa delle Suore Cappuccine della Madre del Divin Pastore, 66 anni
† L’Hospitalet de Llobregat, 31 luglio 1936

97775 - Fratel Stanislao Kostka (Ismael) Tajadura Marcos, religioso professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, 34 anni
† Alcañiz, 18 settembre 1936

97770 - Suor Carlotta della Visitazione (Baudelia Duque Belloso), religiosa professa delle Suore Francescane dei Sacri Cuori, 64 anni
† Barcellona, tra l’11 e il 14 novembre 1936
 
97777 - Fratel Angelo de la Iglesia Ocina, religioso professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, 23 anni
97773 - Fratel Riccardo (Albino) Guerra Villazan, religioso professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, 23 anni
97776 - Fratel Acacio (Acacio Maria) Calleja Santamaría, religioso professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, 21 anni
97769 - Gregorio Díez Blanco, vedovo della diocesi di Barcellona (fratello di Camila Díez Blanco), 37 anni
97767 - Camila Díez Blanco, laica della diocesi di Barcellona (sorella di Gregorio Díez Blanco), 47 anni
97779 - Eliseo Moradillo García, laico della diocesi di Barcellona, 31 anni
† Barcellona, 15 febbraio 1937

 

(Fonte: santiebeati.it)

Omelia del Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi nel corso della Messa di Beatificazione di Teodoro Illera Del Olmo e 15 compagni martiri a Barcellona

10 novembre 2018

 

Cari fratelli e sorelle,

questa è la domanda posta dall’apostolo Paolo nella sua lettera ai cristiani di Roma. Aveva allora davanti agli occhi le sofferenze e le persecuzioni della prima generazione di discepoli, testimoni di Cristo. Le parole di tribolazione, angoscia, fame, nudità, pericolo, persecuzione, supplizio, massacro «come pecore da macello» (v.36) descrivevano una realtà di sofferenza e di martirio che sarebbe poi diventata l’esperienza di molti di coloro che si erano uniti a Cristo e che avevano accolto nella fede il suo amore. E oggi la Chiesa che è in Barcellona, guardando ai Beati Teodoro Illera Del Olmo e 15 compagni martiri, si domanda a sua volta «chi ci separerà dall’amore di Cristo?».

San Paolo si affretta a dare una risposta certa a questa domanda: «Niente ci separerà dall’amore di Cristo che è in Gesù Cristo nostro Signore», niente, neppure la morte, né le forze misteriose del mondo, né l’avvenire, né alcuna creatura (cfr vv. 38-39). Poiché Dio ha mandato il suo unico Figlio nel mondo, e questo Figlio ha dato la sua vita per noi, un tale amore non verrà mai meno. È più forte d’ogni cosa e custodisce nella vita eterna coloro che hanno amato Dio al punto da dare la loro vita per lui. I regimi di persecuzione passano, ma questa gloria dei martiri rimane.

Questi nostri fratelli Beati sono uomini e donne, consacrati e laici che furono uccisi in luoghi, circostanze e date diverse, nello stesso episodio martiriale. I tredici religiosi appartengono a tre diversi Istituti: la Congregazione di San Pietro in Vincoli, la Congregazione delle Suore Cappuccine della Madre del Divino Pastore; la Congregazione delle Suore Francescane dei Sacri Cuori. Nella specificità dei rispettivi carismi e delle distinte prospettive apostoliche, questi testimoni della fede hanno vissuto con generosità e coraggio i valori della vita religiosa che suscitarono l’accanimento dei persecutori, decisi a distruggere la Chiesa in Spagna. I tre fedeli laici uccisi a La Rabassada, hanno vissuto coerentemente la loro vocazione cristiana alla carità, diventando apostoli di aiuto fraterno e ospitalità premurosa nei confronti dei religiosi della Congregazione di S. Pietro in Vincoli, e furono associati nella stessa condanna a morte. Questi nostri fratelli e sorelle, oggi ci dicono: «Noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati» (Rm 8, 37).

Questa è la vittoria che essi hanno riportato nel periodo segnato da un clima di persecuzione nei confronti di tutti coloro che si professavano membri della Chiesa cattolica, fossero essi consacrati o fedeli laici. I nuovi Beati erano fedeli alla Chiesa e per questo spargevano il bene sia nelle parrocchie, sia nei collegi dove insegnavano e in altre attività attinenti al loro stato di vita. Nel momento supremo della loro esistenza, quando dovevano confessare la propria fede, non ebbero paura: hanno accettato la morte poiché non negarono la loro identità di religiosi, religiose o di laici impegnati. Il movente della loro uccisione è prettamente religioso, determinato dall’odio degli oppressori nei confronti della fede e della Chiesa cattolica, presa di mira in quel contesto storico che viveva la Spagna. L’odio verso la Chiesa ebbe il sopravvento e oppresse la dignità umana e i principi di libertà e di democrazia.

Nonostante questo clima di intolleranza e di caccia ai cristiani, il Beato Teodoro Illera Del Olmo e i 15 compagni martiri furono determinati a restare fedeli - a rischio della loro vita - a ciò che la loro fede esigeva. Pur consapevoli dei pericoli incombenti, non arretrarono e vissero la detenzione e la morte con grande fiducia in Dio e nella vita eterna. Imitarono così i sette fratelli martiri maccabei e la loro madre, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, che sopportavano «tutto serenamente per le speranze poste nel Signore» (2Mac 7,20). Nei Beati che oggi celebriamo, la cui vita fu sigillata dal martirio in odium fidei, la Chiesa riconosce un modello da imitare perché i credenti di tutti i tempi camminino più speditamente verso quella Gerusalemme celeste che loro già abitano.

La similitudine di Gesù che abbiamo ascoltato nel Vangelo, sintetizza bene l’esistenza dei nuovi Beati: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Per portare frutto, il chicco di grano deve morire. Questi nostri fratelli e sorelle, che oggi sono stati proclamati Beati, in ogni loro scelta furono “chicco” perché accettarono di morire poco alla volta nel quotidiano spendendosi al servizio del Vangelo, fino al gesto eroico finale. La fecondità di ogni annuncio e di ogni servizio nella Chiesa si misura nella disponibilità di essere chicco di grano caduto in terra, come Gesù che ha portato molto frutto quando è morto. Come la caduta nella terra è la condizione della fecondità del grano di frumento, così con la morte, Gesù, innalzato da terra, attira tutta l’umanità al Padre.

Anche oggi, in questa nostra società frammentata, segnata da divisioni e chiusure, chi vuole crescere ed essere utile al prossimo e alla società, è chiamato a testimoniare la logica del chicco di frumento. Quanti vogliono rendere feconda la propria vita, devono compiere scelte nella logica di un impegno che richiede sacrificio, non escluso il sacrificio della vita. Il senso della fecondità del sacrificio di noi stessi per il bene della collettività ce lo spiega ancora Gesù, il quale avverte: «Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna» (v.25). La strada percorsa dal divino Maestro è la stessa che deve percorrere ogni discepolo. Gesù non ci chiede di perdere la vita materiale per avere quella spirituale, ma di vivere la nostra esistenza non nella conservazione e nell’attaccamento di noi stessi ma nel dono e nell’amore verso gli altri. Solo chi dona totalmente se stesso per amore porta frutto e si apre alla vera vita. «Se uno mi vuol servire mi segua» (v.26) ci dice ancora Gesù. Il servizio è la vera strada della sequela. Solo chi è capace di servire può dire di essere sulla strada che Gesù sta percorrendo, di essere suo discepolo.

L’odierna beatificazione è una tappa nuova per la Chiesa che è in Barcellona, per le Famiglie religiose e per le parrocchie cui appartenevano i nuovi Beati. È per tutti voi una gioia profonda sapere presso Dio coloro che facevano parte delle vostre comunità, poter ammirare la fede e il coraggio di questi confratelli e consorelle. Ma questi martiri ci invitano anche a pensare alla moltitudine di credenti che vengono perseguitati anche oggi, nel mondo, in modo nascosto, lacerante, perché comporta la mancanza di libertà religiosa, l’impossibilità di difendersi, l’internamento, la morte civile: la loro prova ha punti in comune con quella dei nostri nuovi Beati. Infine, dobbiamo domandare per noi stessi il coraggio della fede, della completa fedeltà a Gesù Cristo, alla sua Chiesa, nel momento della prova come nella vita quotidiana. Il nostro mondo troppo spesso indifferente o inconsapevole attende dai discepoli di Cristo una testimonianza inequivocabile, cioè, come quella dei martiri celebrati oggi: Gesù Cristo è vivo; la preghiera e l’Eucaristia ci sono essenziali per vivere della sua vita; il nostro attaccamento alla Chiesa è tutt’uno con la nostra fede; l’unità fraterna è il segno per eccellenza dei cristiani; la vera giustizia, la purezza, l’amore, il perdono e la pace sono frutti dello Spirito di Gesù; l’ardore missionario fa parte di questa testimonianza; noi non possiamo tenere nascosta la lampada accesa della nostra fede.

Questi nuovi Beati, in quanto martiri, hanno annunciato il Vangelo dando la vita per amore: con la forza della loro sofferenza sono il segno di quell’amore più grande che racchiude ogni altro valore. Sono anche una denuncia silenziosa, ma quanto mai eloquente, della discriminazione, del razzismo e degli abusi verso la libertà religiosa, la quale, come ha recentemente detto il Santo Padre Francesco, “è un bene sommo da tutelare, un diritto fondamentale, baluardo contro le pretese totalitariste” (Discorso alla delegazione dei Rabbini del Caucaso, 5 novembre 2018). Con la loro fedeltà con la quale hanno saputo essere eroici, essi ci insegnano a cercare incessantemente la volontà di Dio nel compimento del nostro dovere quotidiano. Sono una testimonianza viva di come in mezzo alle tribolazioni e alle ostilità, il discepolo di Cristo è chiamato a conservare pazienza e mansuetudine, unite ad una capacità di perdono, come Cristo sulla croce.

Questa beatificazione possa ravvivare così la nostra fede, la nostra testimonianza cristiana, la nostra vita! Oggi è col sangue dei nostri Beati che sono scritte per noi le ispirate parole del Salmista «Benedirò il Signore in ogni tempo. Ho cercato il Signore e mi ha risposto, da ogni paura mi ha liberato» (Sal 33). Sia così anche per noi. Per questo invochiamo l’intercessione dei nuovi Beati e ripetiamo insieme:

Beato Teodoro Illera Del Olmo e quindici compagni martiri, pregate per noi!