Teresa di Gesù Bambino (di Lisieux)
(1873-1897)
- 1 ottobre
Religiosa, vergine e dottore della Chiesa: entrata ancora adolescente nel Carmelo di Lisieux in Francia, divenne per purezza e semplicità di vita maestra di santità in Cristo, insegnando la via dell’infanzia spirituale per giungere alla perfezione cristiana e ponendo ogni mistica sollecitudine al servizio della salvezza delle anime e della crescita della Chiesa. Concluse la sua vita il 30 settembre, all’età di soli 25 anni
Thérèse Françoise Marie Martin nasce Alençon il 2 gennaio 1873 da una coppia di commercianti in oreficeria, molto credenti, “degni più del cielo che della terra”, come li definiva Teresina.
Ultima di otto figli, tre dei quali morti bambini. Orfana di madre all’età di quattro anni, rivive il dramma dell’abbandono per il progressivo ingresso in Carmelo delle quattro sorelle, ricevendo in compenso l’affetto particolare del padre, che la chiama “piccola Regina di Francia e di Navarra” e anche “l’orfanella della Beresina”.
Entra a sua volta nel Carmelo di Lisieux a soli 15 anni, per uno speciale permesso di papa Leone XIII, che Teresa stessa era andata a supplicare, a Roma: “Se Dio vorrà, ci entrerai” era stata la risposta del pontefice.
Il desiderio della ragazza era “salvare le anime” e soprattutto “pregare in aiuto dei sacerdoti”. Suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo è il nome assunto al momento della professione dei voti.
Su suggerimento della superiora, inizia subito a tenere un diario sul quale annota le tappe della sua vita interiore. Scrive nel 1895: “Il 9 giugno, festa della Santissima Trinità, ho ricevuto la grazia di capire più che mai quanto Gesù desideri essere amato”.
Nella Francia di fine Ottocento si sta diffondendo il pensiero positivista, incoraggiato dal moltiplicarsi di grandi invenzioni e sostenuto da spinte anticlericali e ateistiche.
Per questo, assume particolare importanza l’elaborazione, da parte di Teresa, di una originalissima spiritualità, chiamata anche “teologia della piccola via" o dell'infanzia spirituale, che fonda la pratica dell’amore per Dio non nelle grandi azioni, ma negli atti quotidiani pur apparentemente insignificanti.
Scrive Teresa nella sua autobiografia “Non c’è che una cosa da fare: gettare a Gesù i fiori dei piccoli sacrifici”. E altrove: “Io voglio insegnare i piccoli modi che mi sono riusciti”.
Nella stesura originale, questo diario porta il sottotitolo “Storia primaverile di un fiorellino bianco”. Ma sotto l’apparente romanticismo si nasconde in realtà un cammino duro verso la santità segnato da una forte risposta all’amore di Dio per l’uomo.
Non compresa dalle sorelle del Carmelo, Teresa dichiara di aver ricevuto “più spine che rose”, ma accetta con pazienza ingiustizie e persecuzioni come pure dolori e fatiche derivanti dalla malattia, offrendo tutto “per i bisogni della Chiesa”, “per gettare rose su tutti, giusti e peccatori”.
Per Giovanni Paolo II e Benedetto XVI lo specifico della sua spiritualità è la totale apertura all’invasione dell’amore di Dio, la capacità di rispondere a questo amore anche nella “notte” dello spirito: sorella in questo dei peccatori, dei lontani, degli atei, dei disperati e per questo dichiarata patrona dei missionari.
Dopo nove anni di vita religiosa, Teresa muore a soli 24 anni, il 30 settembre del 1897, a causa della tubercolosi: già nel 1923 viene beatificata da Papa Pio XI che la considera la “stella del suo pontificato”, quindi canonizzata nel 1925.
CELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN ONORE DI
SANTA TERESA DEL BAMBIN GESÙ
BENEDICTUS DEUS
OMELIA DI SUA SANTITÀ PIO XI
Domenica, 17 maggio 1925
Venerabili Fratelli, diletti Figli.
« Sia benedetto Dio, Padre del Signore Nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione » [1], il quale, fra le tante sollecitudini dell’apostolico ufficio, Ci donò questa consolazione, cioè di ascrivere per prima all’albo dei Santi quella Vergine che pure per prima, dopo l’inizio del Pontificato, elevammo all’onore dei Beati. Si tratta di colei che si fece infante nello spirito: di quella infanzia che non è possibile separare dalla grandezza d’animo ma la cui gloria, secondo le stesse promesse di Gesù Cristo, è assolutamente degna di essere consacrata nella Gerusalemme celeste e presso la Chiesa militante.
Parimenti siamo grati a Dio in quanto oggi Ci è consentito, come Vicario del suo Unigenito, di ripetere e di inculcare a voi tutti, da questa Cattedra di verità e durante i solenni riti, un monito molto salutare del divino Maestro. Avendolo i discepoli interrogato chi ritenesse maggiore nel regno dei cieli, Egli, « chiamando un bambino, lo pose in mezzo a loro » e proferì quelle memorabili parole: « In verità vi dico, se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli » [2].
Teresa, la nuova Santa, avendo vivamente assorbito questa dottrina evangelica, la tradusse nella pratica della vita quotidiana; anzi con la parola e con l’esempio insegnò alle novizie del suo monastero questa via dell’infanzia spirituale, e a tutti gli altri per mezzo dei suoi scritti: scritti che, diffusi in tutto il mondo, nessuno legge senza volerli rileggere più e più volte, con massima gioia dell’animo e con vantaggio. Infatti, questa candidissima fanciulla, che fiorì nell’orto chiuso del Carmelo, avendo aggiunto al proprio nome quello del Bambino Gesù, ne espresse al vivo in se stessa l’immagine; quindi si deve dire che chiunque venera Teresa, venera e loda il divino esempio, che ella ricopiò in sé.
Oggi pertanto speriamo che negli animi dei fedeli s’instauri un certo desiderio di praticare questa infanzia spirituale, la quale consiste in questo: che tutto ciò che il fanciullo pensa e fa per natura, anche noi lo pensiamo e lo facciamo per esercizio di virtù. Infatti, come i fanciulli, non macchiati da nessuna colpa e non impediti da nessuno sforzo di passione, riposano sicuri nel possesso della propria innocenza (e privi affatto di ogni inganno e doppiezza esprimono sinceramente i loro pensieri e agiscono rettamente mostrandosi esternamente quali di fatto sono), così Teresa apparve di natura angelica più che umana, e acquistò la semplicità del fanciullo, secondo le leggi della verità e della giustizia.
Poiché nella memoria della vergine di Lisieux erano ben impressi gl’inviti e le promesse dello Sposo divino: « Chi è piccolo venga a me [3]. Sarete portati sul seno e sarete vezzeggiati sulle ginocchia. Come la madre accarezza qualcuno, così io vi consolerò » [4], così Teresa, consapevole della propria fragilità, si affidò fiduciosa alla divina Provvidenza affinché, appoggiandosi unicamente sul suo aiuto, potesse raggiungere la perfetta santità della vita, pur attraverso asperrime difficoltà, avendo deciso di tendere ad essa con la totale e gioiosa abdicazione della propria volontà.
Non stupisce quindi che nella santa suora si sia realizzato quanto disse Cristo: « Chiunque si farà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli » [5]. Alla benevolenza divina piacque infatti arricchirla con il dono di una sapienza pressoché singolare. Avendo attinto largamente la vera dottrina della fede dall’istruzione del Catechismo, l’ascetica dall’aureo libro dell’Imitazione di Cristo e la mistica dai volumi del suo Padre Giovanni della Croce, alimentando inoltre la sua mente e il suo cuore nell’assidua lettura delle Sacre Scritture, lo Spirito di verità le comunicò e manifestò ciò che suole nascondere « ai sapienti ed ai prudenti » e rivelare « ai piccoli »; infatti, ella — secondo la testimonianza del Nostro Predecessore — fu dotata di tanta scienza delle cose celesti da indicare agli altri la via certa della salvezza. E da questa partecipazione così doviziosa della divina luce e della divina grazia divampò in Teresa un incendio così grande di carità che, portandola continuamente quasi fuori dal corpo, infine la consumò, tanto che, poco prima di lasciare la vita, poté candidamente dichiarare che « non aveva dato a Dio nient’altro che amore ». Risulta parimenti che per questa forza di ardente carità, nella giovane di Lisieux esistettero il proposito e l’impegno « di lavorare per amore di Gesù, unicamente per piacergli, per consolare il suo Sacratissimo Cuore e per promuovere la salvezza eterna delle anime, le quali poi amassero Cristo per sempre »: che ciò ella abbia cominciato a fare e ad ottenere appena giunse nella patria celeste si comprende facilmente da quella mistica pioggia di rose, che per divina concessione, come da viva aveva ingenuamente promesso, ha già sparso in terra e continua a spargere.
Perciò, Venerabili Fratelli e diletti Figli, vivamente desideriamo che tutti i cristiani si rendano degni di partecipare a questa larghissima effusione di grazie, patrocinata dalla piccola Teresa; ma molto più vivamente desideriamo che guardino a lei con diligenza per imitarla, comportandosi come fanciulli, perché, se non saranno tali, secondo quanto dice Cristo, verranno esclusi dal regno dei cieli. Se da tutti verrà percorsa questa via dell’infanzia spirituale, tutti vedranno quanto facilmente si potrà realizzare quella correzione della società umana che abbiamo proposto fin dagl’inizi del Nostro Pontificato e soprattutto indicendo il Giubileo Massimo.
Perciò facciamo Nostra quella preghiera con cui la nuova santa Teresa del Bambino Gesù, concluse la sua preziosa autobiografia: «Ti supplichiamo, o buon Gesù, di riguardare al grande numero delle piccole anime e di sceglierti sulla terra una legione di vittime, che siano degne della tua carità ». Così sia.
[1] Ep. II ad Cor., I, 3.
[2] Matth., XVIII, 2-3.
[3] Prov., IX, 4.
[4] Is., LXVI, 12-13.
[5] Matth., XVIII, 4.
Negli anni cinquanta del secolo scorso l’abbé André Combes, teologo all’Institut Catholique, alla Sorbona di Parigi e alla Lateranense, scoprì le manipolazioni che erano state compiute in buona fede sul Diario di Teresa, dalle stesse sorelle, inclini a considerarla la piccola di casa; la dottrina spirituale e teologale dell’”infanzia spirituale” non si limita però a uno sfondo psicologistico e sentimentale fatto solo di attenzione alle piccole cose. Il cuore della sua spiritualità risiede piuttosto nella consapevolezza che l’uomo, pur nella sua piccolezza, finisce divinizzato dalla Grazia.
In questo Teresa risponde ai “maestri del sospetto” come Feuerbach, Marx, Freud, Nietzsche. L’uomo-creatura che si lascia divinizzare dall’invasione dell’amore di Dio, è tutt’altro che “alienato”. Cristologia e antropologia vanno così di pari passo: Teresa anticipa di quasi un secolo alcuni testi del Vaticano II, di Paolo VI e in particolare alcuni passaggi della Caritas in Veritate di Benedetto XVI.
La sua dottrina ed il suo esempio di santità sono stati recepiti da ogni ceto di fedeli di questo secolo con un grande entusiasmo, anche fuori della Chiesa cattolica e del cristianesimo.
Molte Conferenze Episcopali in occasione del Centenario della sua morte hanno chiesto al Papa che fosse proclamata Dottore della Chiesa, per la solidità della sua sapienza spirituale, ispirata al Vangelo, per l'originalità delle sue intuizioni teologiche, nelle quali risplende la sua eminente dottrina, per l'universalità della recezione del suo messaggio spirituale accolto in tutto il mondo e diffuso con la traduzione delle sue opere in una cinquantina di lingue diverse.
Accogliendo questi desideri, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha voluto che fosse studiata la convenienza di dichiarare Teresa di Lisieux Dottore della Chiesa universale dalla competente Congregazione delle Cause dei Santi, con il voto della Congregazione per la Dottrina della Fede per quanto riguarda la sua eminente dottrina.
Il 24 agosto 1997, al momento della preghiera dell'« Angelus », alla presenza di centinaia di Vescovi e davanti ad una sterminata folla di giovani di tutto l'orbe, radunata a Parigi per la XII Giornata Mondiale della Gioventù, Giovanni Paolo II ha annunziato il suo proposito di proclamare Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto Dottore della Chiesa universale, il 19 ottobre 1997, nella Domenica in cui si celebra la Giornata Mondiale delle Missioni.