Vincenzo Grossi
(1845-1917)
- 7 novembre
Sacerdote diocesano, che, mentre attendeva al suo ufficio di parroco, fondò l’Istituto delle Figlie dell’Oratorio, perché si dedicasse, in stretta collaborazione con i parroci, alla educazione e formazione della gioventù femminile dei paesi di campagna e delle periferie delle città
VITA E OPERE
Vincenzo Grossi nasce a Pizzighettone (Cremona) il 9 marzo 1845 da Baldassarre e Maddalena Cappellini, nono e penultimo figlio. Il padre svolge l’attività di mugnaio e la madre si dedica alla cura e alla educazione dei figli. Vincenzo ha l’occasione di vivere in un contesto familiare sano dove i genitori, cristiani sinceri e praticanti, con l’insegnamento e l’esempio lo avviano alla fede e ad uno stile di vita laborioso ed onesto.
Le testimonianze presentano Vincenzo come un fanciullo ubbidiente e docile. Decisivo per lui è l’incontro con Gesù Eucaristia. Il giorno della Prima Comunione, a undici anni, determina una svolta significativa verso una vita cristiana più impegnata. Diversi anni più tardi, infatti, egli stesso confiderà: “Mi sono formato il mio metodo di vita dopo la Prima Comunione e sono stato esatto nell’osservarlo. Il Signore benedice coloro che sono fedeli nell’osservare quello che promettono”. Vincenzo, ragazzo vivace, allegro ed intelligente, dopo questo evento diviene più riflessivo e ancor più fedele nel ricevere i sacramenti.
Inizia anche a percepire l’attrattiva verso il sacerdozio.
Dopo una iniziale opposizione da parte della famiglia, con il consenso del padre e l’aiuto di un sacerdote del paese si dedica, insieme al lavoro nel mulino, allo studio delle materie del ginnasio. Una doppia fatica animata dal desiderio di entrare un giorno in Seminario.
Nel frattempo anche la parrocchia ha un grande ruolo nella formazione di Vincenzo. Per lui è il luogo della preghiera e dell’apostolato attivo, soprattutto a favore dei più giovani che attira animando il gioco, la catechesi, l’esortazione al bene.
Dopo un lungo tirocinio, Vincenzo può entrare in Seminario. Il 4 novembre 1864, a diciannove anni, inizia gli studi di teologia. Gli anni del Seminario sono particolarmente difficili per la presenza di difficoltà economiche e, soprattutto, per la situazione particolare della Diocesi di Cremona. Il diffondersi di idee poco in sintonia con il Magistero determina in questo territorio numerosi abbandoni di sacerdoti e, in pochi anni, provoca la netta riduzione del numero dei seminaristi.
In questo clima, Vincenzo rafforza la propria identità vocazionale scegliendo la linea che lo guiderà per tutta la vita: decisa adesione al Papa e al suo insegnamento. Accoglie volentieri l’insegnamento di quei formatori che si pongono su questa linea e ne fa tesoro.
L’ordinazione sacerdotale avviene il 22 maggio 1869.
Svolge il suo ministero come coadiutore a Gera di Pizzighettone, a Sesto Cremonese, a Ca’ de’ Soresini e quindi come parroco prima a Regona (una frazione di Pizzighettone) e per trentaquattro anni a Vicobellignano.
Secondo un linguaggio oggi molto consueto, potremmo dire che Don Vincenzo ha trascorso tutta la sua missione sacerdotale “nelle periferie”, nell’ambiente rurale lombardo di fine Ottocento e dei primi del Novecento, dove frequenti erano la povertà, l’analfabetismo, il divario sociale e i fenomeni di ingiustizia.
Fin dalle prime battute, Don Vincenzo dà alla propria vita sacerdotale alcune connotazioni che manterrà costanti: primato della vita spirituale, fatta di preghiera fedele e amore all’Eucaristia; diffusione del Vangelo; amore al Papa e all’ortodossia di fronte ai tumulti dottrinali; condivisione con i più bisognosi fino a diventare egli stesso modestissimo nello stile di vita; dedizione formativa ed educativa soprattutto verso le giovani generazioni, sia come promozione sociale, sia come formazione cristiana che dà consapevolezza della dignità di figli di Dio.
Si dedica intensamente al ministero della Confessione, alla direzione spirituale e alla predicazione, anche al di fuori dell’ambito parrocchiale e diocesano. Affronta viaggi faticosi pur di diffondere la Parola di Dio. Le numerose conferenze ed omelie, che Don Vincenzo ha lasciato, stanno a testimoniare l’impegno profuso e, in particolare, il desiderio di arginare l’ignoranza religiosa.
Favorisce la fraternità sacerdotale, come sostegno vicendevole e occasione formativa per costruire una solida fedeltà dottrinale di fronte alla confusione ideologica; gusta l’amicizia con altri sacerdoti come impegno nell’edificazione, collaborazione nel compiere il bene e ambito nel quale esprimere senso dell’umorismo e gioia.
Don Vincenzo svolge la maggior parte del proprio ministero durante l’Episcopato di Mons. Geremia Bonomelli, che definisce Don Grossi “giovane istruito, zelante, di massime eccellenti” e, come nota di stima, lo sceglie per diventare parroco di Vicobellignano, ambiente particolarmente difficile a causa della presenza di una comunità protestante e per l’indifferenza religiosa della popolazione.
Attraverso la sua esperienza feriale di pastore e l’assiduità nell’impegno del confessionale e della direzione spirituale, Don Vincenzo giunge a quella intuizione che lo guida gradualmente a gettare le basi dell’Istituto Figlie dell’Oratorio, per venire incontro ai bisogni religiosi e morali delle varie popolazioni, specialmente rurali.
A partire dal 1885 circa nascono piccole comunità in alcune zone del cremonese e del lodigiano formate da giovani, interiormente consacrate, ma che, per espressa volontà del Fondatore, si presentano con un abito semplice e popolare, uniforme, molto simile a quello delle donne del tempo. Don Vincenzo a loro raccomanda modi semplici e affabili, per avvicinare con più facilità le bambine e le ragazze e far loro il maggior bene possibile attraverso la catechesi, la scuola di lavoro, il gioco, le attività oratoriane.
Alle nuove consacrate raccomanda la collaborazione con i parroci e dà la chiesa parrocchiale come luogo di preghiera con e per il popolo di Dio. Il loro stile comunitario deve essere connotato dalla sobrietà e dalla povertà.
Il riferimento primo è l’imitazione di Cristo nel suo mistero di oblazione al Padre, per il bene della gioventù e la santificazione dei sacerdoti. La nuova esperienza di vita consacrata viene affidata a Maria SS.ma Immacolata e posta sotto il patrocinio di san Filippo Neri, l’ardente amante di Cristo. Da ciò nasce anche il nome di Figlie dell’Oratorio, ufficialmente dato alla nuova famiglia religiosa, che nel frattempo è andata arricchendosi di nuovi membri.
Il Beato segue personalmente le proprie “figlie”, ne cura la formazione, che vuole solida e sicura, visita le comunità, si preoccupa dei problemi, favorisce l’accordo e la riconciliazione.
Nel 1901 vengono approvate ufficialmente dal Vescovo di Cremona Mons. Bonomelli le Costituzioni, redatte dal Fondatore; il 20 maggio 1915 il Decreto di lode dà nuovo vigore ed incoraggiamento, quindi nel 1926 giunge l’approvazione pontificia dell’Istituto.
Intanto il 7 novembre 1917 Don Vincenzo conclude la propria vita terrena dopo un repentino e doloroso aggravamento delle sue condizioni di salute. Muore povero e in sereno abbandono alla volontà di Dio. Le sue ultime parole sono: “La via è aperta: bisogna andare” e divengono il motto dell’Istituto da lui fondato.
"ITER" DELLA CAUSA
a) In vista della Beatificazione
Il 23 ottobre 1947 si è aperto a Cremona il Processo Informativo. L’8 settembre 1952 si ottenne il Nulla Osta della Santa Sede ed il 9 novembre 1959 il decreto di validità del Processo.
Il 21 novembre 1972 si è svolto con esito favorevole il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi “super virtutibus”. Dopo la Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi del Dicastero del 27 marzo 1973, è stato promulgato il Decreto sulla eroicità delle virtù il 10 maggio 1973.
Successivamente la Congregazione delle Cause dei Santi ha preso in esame, secondo la normativa del tempo, due guarigioni: una avvenuta il 25 dicembre 1945, la seconda verificatasi il 4 luglio 1949.
Ritenute entrambe scientificamente inspiegabili ed attribuite all’intercessione di Vincenzo Grossi, il loro riconoscimento formale da parte del Dicastero ha portato alla promulgazione del relativo Decreto del 23 maggio 1975.
La cerimonia di Beatificazione avvenne a Roma il 1° novembre 1975.
b) In vista della Canonizzazione
In vista della Canonizzazione, si è costituito il Tribunale Diocesano a Cremona, per l’indagine su un presunto miracolo: la guarigione, attribuita al Beato, è avvenuta nel 1990 a favore di una bambina da «grave anemia diseritropoietica congenita di tipo II».
L’Inchiesta diocesana ebbe luogo dal 2 maggio 2007 al 13 maggio 2010.
Nella Consulta Medica, che si è tenuta il 20 novembre 2014, i Periti ritennero la guarigione della bambina non spiegabile scientificamente alla luce delle attuali conoscenze scientifiche.
Il Congresso peculiare dei Consultori teologi ha avuto luogo il 5 febbraio 2015. I Padri Cardinali e Vescovi riuniti in Sessione Ordinaria il 14 aprile 2015 hanno ritenuto la guarigione come un vero miracolo da attribuirsi all’intercessione del Beato.
Il Santo Padre Francesco il 5 maggio 2015 ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto sul miracolo.
SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEI BEATI:
- VINCENZO GROSSI
- MARIA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
- LUDOVICO MARTIN E MARIA AZELIA GUÉRIN
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Piazza San Pietro
XXIX Domenica del Tempo Ordinario, 18 ottobre 2015
Le Letture bibliche ci presentano oggi il tema del servizio e ci chiamano a seguire Gesù nella via dell’umiltà e della croce.
Il profeta Isaia delinea la figura del Servo di Jahwé (53,10-11) e la sua missione di salvezza. Si tratta di un personaggio che non vanta genealogie illustri, è disprezzato, evitato da tutti, esperto nel soffrire. Uno a cui non attribuiscono imprese grandiose, né celebri discorsi, ma che porta a compimento il piano di Dio attraverso una presenza umile e silenziosa e attraverso il proprio patire. La sua missione, infatti, si realizza mediante la sofferenza, che gli permette di comprendere i sofferenti, di portare il fardello delle colpe altrui e di espiarle. L’emarginazione e la sofferenza del Servo del Signore, protratte fino alla morte, si rivelano feconde, al punto tale da riscattare e salvare le moltitudini.
Gesù è il Servo del Signore: la sua vita e la sua morte, interamente nella forma del servizio (cfr Fil 2,7), sono state causa della nostra salvezza e della riconciliazione dell’umanità con Dio. Il kerigma, cuore del Vangelo, attesta che nella sua morte e risurrezione si sono adempiute le profezie del Servo del Signore. Il racconto di san Marco descrive la scena di Gesù alle prese con i discepoli Giacomo e Giovanni, i quali – supportati dalla madre – volevano sedere alla sua destra e alla sua sinistra nel regno di Dio (cfr Mc10,37), rivendicando posti d’onore, secondo una loro visione gerarchica del regno stesso. La prospettiva in cui si muovono risulta ancora inquinata da sogni di realizzazione terrena. Gesù allora dà un primo “scossone” a quelle convinzioni dei discepoli chiamando il suo cammino su questa terra: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete … ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato (vv. 39-40). Con l’immagine del calice, Egli assicura ai due la possibilità di essere associati fino in fondo al suo destino di sofferenza, senza tuttavia garantire i posti d’onore ambiti. La sua risposta è un invito a seguirlo sulla via dell’amore e del servizio, respingendo la tentazione mondana di voler primeggiare e comandare sugli altri.
Di fronte a gente che briga per ottenere il potere e il successo, per farsi vedere, di fronte a gente che vuole siano riconosciuti i propri meriti, i propri lavori, i discepoli sono chiamati a fare il contrario. Pertanto li ammonisce: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore» (vv. 42-44). Con queste parole indica il servizio quale stile dell’autorità nella comunità cristiana. Chi serve gli altri ed è realmente senza prestigio esercita la vera autorità nella Chiesa. Gesù ci invita a cambiare mentalità e a passare dalla bramosia del potere alla gioia di scomparire e servire; a sradicare l’istinto del dominio sugli altri ed esercitare la virtù dell’umiltà.
E dopo aver presentato un modello da non imitare, offre sé stesso quale ideale a cui riferirsi. Nell’atteggiamento del Maestro la comunità troverà la motivazione della nuova prospettiva di vita: «Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (v. 45). Nella tradizione biblica il Figlio dell’uomo è colui che riceve da Dio «potere, gloria e regno» (Dn 7,14). Gesù riempie di nuovo senso questa immagine e precisa che Egli ha il potere in quanto servo, la gloria in quanto capace di abbassamento, l’autorità regale in quanto disponibile al totale dono della vita. È infatti con la sua passione e morte che Egli conquista l’ultimo posto, raggiunge il massimo di grandezza nel servizio, e ne fa dono alla sua Chiesa.
C’è incompatibilità tra un modo di concepire il potere secondo criteri mondani e l’umile servizio che dovrebbe caratterizzare l’autorità secondo l’insegnamento e l’esempio di Gesù. Incompatibilità tra ambizioni, arrivismi e sequela di Cristo; incompatibilità tra onori, successo, fama, trionfi terreni e la logica di Cristo crocifisso. C’è invece compatibilità tra Gesù “esperto nel patire” e la nostra sofferenza. Ce lo ricorda la Lettera agli Ebrei, che presenta Cristo come il sommo sacerdote che condivide in tutto la nostra condizione umana, eccetto il peccato: «Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato» (4,15). Gesù esercita essenzialmente un sacerdozio di misericordia e di compassione. Egli ha fatto l’esperienza diretta delle nostre difficoltà, conosce dall’interno la nostra condizione umana; il non aver sperimentato il peccato non gli impedisce di capire i peccatori. La sua gloria non è quella dell’ambizione o della sete di dominio, ma è la gloria di amare gli uomini, assumere e condividere la loro debolezza e offrire loro la grazia che risana, accompagnarli con tenerezza infinita, accompagnarli nel loro tribolato cammino.
Ognuno di noi, in quanto battezzato, partecipa per parte propria al sacerdozio di Cristo; i fedeli laici al sacerdozio comune, i sacerdoti al sacerdozio ministeriale. Pertanto, tutti possiamo ricevere la carità che promana dal suo Cuore aperto, sia per noi stessi sia per gli altri: diventando “canali” del suo amore, della sua compassione, specialmente verso quanti sono nel dolore, nell’angoscia, nello scoraggiamento e nella solitudine.
Coloro che oggi sono stati proclamati Santi, hanno costantemente servito con umiltà e carità straordinarie i fratelli, imitando così il divino Maestro. San Vincenzo Grossi fu parroco zelante, sempre attento ai bisogni della sua gente, specialmente alle fragilità dei giovani. Per tutti spezzò con ardore il pane della Parola e divenne buon samaritano per i più bisognosi.
Santa Maria dell’Immacolata Concezione, attingendo dalle sorgenti della preghiera e della contemplazione, visse in prima persona con grande umiltà il servizio agli ultimi, con una attenzione particolare ai figli dei poveri e agli ammalati.
I santi coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin hanno vissuto il servizio cristiano nella famiglia, costruendo giorno per giorno un ambiente pieno di fede e di amore; e in questo clima sono germogliate le vocazioni delle figlie, tra cui santa Teresa di Gesù Bambino.
La testimonianza luminosa di questi nuovi Santi ci sprona a perseverare sulla strada del servizio gioioso ai fratelli, confidando nell’aiuto di Dio e nella materna protezione di Maria. Dal cielo ora veglino su di noi e ci sostengano con la loro potente intercessione.
SOLENNE RITO DI BEATIFICAZIONE DI CINQUE SERVI DI DIO
OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI
Solennità di tutti i Santi
1° novembre 1975
I. La Chiesa ancora una volta esulta per cinque suoi eroici figli. In questo Anno Santo rifulge in modo particolare la nota della santità della Chiesa: «l'universale vocazione alla santità», posta in luce dal Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, 39-42) per tutte le categorie della Chiesa - vescovi, sacerdoti, religiosi, laici di ogni condizione e stato - viene stupendamente confermata da queste figure, forti, umili, sconosciute finora ai più, eppure ricchissime di esempi mirabili, di richiami validissimi, che ce le rendono vicine, simili, imitabili, e ci scuotono col loro impegno di dedizione operosa a Dio e ai fratelli. Ancora una volta, in questi Beati, Dio viene glorificato; la Chiesa non cessa di generargli figli che diffondono il suo Nome mediante la loro testimonianza concreta e suadente delle virtù teologali. La Chiesa dispiega davanti al mondo il suo segreto più profondo e vitale, la corrente santificatrice che tutta la permea, scaturendo dal cuore stesso di Dio Uno e Trino. Ma anche il genere umano viene da essi nobilitato e abbellito, perché continua ad esprimere dal suo grembo campioni di umanità completa di fedeltà alla grazia, i quali ci dicono che, nonostante tutto, il bene c'è, il bene lavora, il bene si diffonde, sia pure silenzioso, e supera in definitiva con i suoi benèfici influssi il rumore assordante, ma sterile e deprimente, del male.
II. Abbiamo cinque figure che onorano l'età moderna, diverse nelle loro esperienze, e pur simili per il loro comune denominatore di anime consacrate a Dio nel sacerdozio o nella vita religiosa. Esse hanno tutte qualcosa da dirci nella loro vita, che richiederebbe, per ciascuna, una trattazione a sé.
1. El primero de los nuevos Beatos es Ezequiel Moreno, religioso y obispo, una gloria más de la España católica. Nacido en Alfaro (Logroño) el año 1848, ingresa luego en la familia de los Agustinos Recoletos, llevando su celo más allá de las fronteras de la Patria: primero en las Filipinas, donde es ordenado sacerdote y desarrolla su apostolado en Manila, en las islas Palawan, en Imus. Después, en el Colegio-Noviciado de Monteagudo (Navarra); como primer Vicario Apostólico de Casanare, en Colombia, y como Obispo de Pasto, siempre en Colombia. Su celo se demuestra siempre infatigable en el anuncio de la Palabra de Dios, en el ministerio del sacramento de la Penitencia, en el cuidado de los enfermos por el día y por la noche, en la firme defensa de su grey contra los errores del tiempo, pero mostrando un gran amor y delicadeza para con las personas equivocadas. Merecería un discurso especial su amor a la cruz, como se reflejó durante la dolorosa enfermedad que lo condujo a la muerte en el año 1906. ¡Ejemplo vivo de santidad para los Obispos, quienes «son dotados de la gracia sacramental, con la que, orando, ofreciendo el sacrificio y predicando, por medio de todo tipo de preocupación episcopal y de servicio, puedan cumplir perfectamente el cargo de la caridad pastoral. No teman entregar su vida por las ovejas, y, hechos modelo para su grey (Cfr. 1 Petr. 5, 3), estimulen a la Iglesia, con su ejemplo, a una santidad cada día mayor»! (Lumen Gentium, 41)
2. Gaspare Bertoni, sacerdote veronese, fondatore della Congregazione degli Stimmatini (1777-1853)! Giovane sacerdote formato alla scuola ignaziana, egli si prodiga per il bene dei concittadini curando le piaghe lasciate dalla guerra franco-austriaca; e avendo avvertito l'urgente necessità di curare la gioventù, che vedeva in balìa di se stessa, priva di formazione, egli nella povertà e nell'umiltà più assoluta raccoglie ragazzi e giovani nel suo primo oratorio, che sorge col nome di Coorte mariana. L'istituzione si diffonde nel nome di Maria per dare ai giovani una formazione completa: scolastica, umanistica, e soprattutto spirituale, con gli insostituibili mezzi della direzione spirituale e della pietà eucaristica e mariana. Nasce così, nel 1816, presso la chiesa delle Stimmate, la Congregazione dei Missionari apostolici (detti appunto Stimmatini) che, in epoca non ben disposta verso gli Ordini religiosi, doveva attendere all'opera di educazione giovanile mediante le scuole gratuite. Confessore esperto, dedica cure particolarissime alle vocazioni, sostiene col suo incoraggiamento opere nascenti, tra cui quelle della Marchesa di Canossa e della Naudet; e la sua vita è una continua immolazione, fino all'estrema purificazione della malattia: «ho bisogno di patire», furono le sue ultime parole. Vediamo in questa mite e preveggente figura l'apostolo dei giovani, che anche oggi indica la via da seguire per un avvenire sicuro della società.
3. Vincenzo Grossi, sacerdote cremonese, fondatore delle Figlie dell'Oratorio (1845-1917): ecco un altro apostolo della gioventù e un esempio sereno e suadente per i sacerdoti direttamente impegnati nella cura d'anime, i nostri ottimi Parroci di tutto il mondo, che trovano in lui un nuovo modello di santificazione e di zelo. Fu infatti Parroco per 44 anni, con tutti gli impegni che una tal vita comporta, dalla predicazione aggiornata e viva alla delicata premura per gli infermi, dalle cure spirituali a quelle amministrative. La dedizione che in lui era accesa dalla profonda fede lo spinge soprattutto a pensare alla fanciullezza e adolescenza, a cui dedica le sue sollecitudini, e per la quale fonda l'Istituto delle Figlie dell'Oratorio, che in particolare si occupa del catechismo nelle parrocchie: semplice, grande, insostituibile apostolato, senza il quale non si pone nessun fondamento solido nella vita cristiana! Don Grossi fu così: nella solidità delle sue generose virtù, nascoste nel silenzio, purificate dal sacrificio e dalla mortificazione, raffinate dall'obbedienza, egli ha lasciato un solco profondo nella Chiesa, che oggi lo propone a modello e lo prega come intercessore.
4. Una misteriosa e continua chiamata alla sofferenza: ecco sintetizzata la vita, breve e intensa, di Anna Michelotti, Giovanna Francesca della Visitazione, nata ad Annecy nel 1843, e morta a Torino nel 1888, a 44 anni; la spiritualità salesiana l'accompagna in questa traiettoria, segnata dalla povertà, dall'umiltà, dalle incomprensioni, dalle croci. I suoi amori, fin dalla fanciullezza, inculcati poi alle sue Piccole Serve del S. Cuore di Gesù, furono: il tabernacolo e gli ammalati poveri, per i quali fondo la sua Congregazione. E una luce di amore che brilla e si accende nei tuguri della grande città, che spesso ignora chi soffre; questa luce indica a noi tutti il puro amore di Dio che si immola per i più poveri e abbandonati.
5. Und schließlich ehrt die Kirche heute noch eine andere junge Ordensfrau, die Schwester Maria vom göttlichen Herzen Droste zu Vischering. Sie ist ein Ruhm für Deutschland, wo sie in Münster (1863) geboren wurde, wie auch für Portugal, wo sie später als Oberin im Konvent der Schwestern vom Guten Hirten in Porto unter schwierigsten Umständen so segensreich gewirkt hat und im Alter von 36 Jahren 1899 gestorben ist. Sie Stammt aus einer angesehenen Adelsfamilie. Zu noch höheren Ehren gelangte sie jedoch durch die außergewöhnlichen Gnaden, deren Gott sie teilhaftig werden ließ: durch die glühende Verehrung zum Heiligsten Herzen Jesu und durch die Liebe, die sie dazu drängte, sich der gefährdeten Jugend und der Armen anzunehmen. In gleicher Weise galt ihr unermüdlicher apostolischer Eifer der Förderung von Priesterberufen. Durch schweres und froh erduldetes Leiden für das Heil der Seelen selber ein wahres Abbild des ewigen Guten Hirten, wurde Schwester Maria vom göttlichen Herzen zur demütigen Botin einer Sendung, die unser Vorgänger Leo XIII. durch die Weihe des Menschengeschlechtes an das Heiligste Herz Jesu bestätigen sollte. Diese wurde wenige Tage vor dem Tode unserer neuen Seligen mit der Enzyklika «Annum sacrum» (vom 25. Mai 1899) angekündigt. Die Botschaft dieser verehrungswürdigen Dienerin Gottes unterstreicht ebenso wie die der seligen Michelotti in gegenwärtigen Internationalen Jahr der Frau die besondere Bedeutung, die der Frau in der Kirche als wirksamer Mitarbeiterin im göttlichen Heilsplan zukommt.
É falar também de Portugal, em particular, evocar a figura da nova Beata Maria do Divino Coração Droste zu Vischering. Aos numerosos peregrinos portugueses, pois, vindos com OS seus Bispos da pátria adoptiva da nova Bern-aventurada, pátria que ela tanto amou, e onde foi e é tanto amada, especialmente aos do Porto, onde a irmã Maria do Divino Coração passou Parte da sua vida e se 1209 guarda o seu corpo, um cordial saudar, na alegria desta assembleia e da Igreja inteira.
III. Il messaggio che ci fanno giungere i nuovi Beati è quello comune a tutti coloro che hanno preso sul serio il Vangelo: amore a Dio «con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente» (Matth. 22, 37), e amore al prossimo, come e più di se stessi. È la via regale alla santità, fuori della quale non si costruisce nulla di valido per il Regno di Dio. I Beati Moreno, Bertoni, Grossi, Michelotti e Droste hanno veramente amato così il Signore e i fratelli: e nelle espressioni pur differenziate della loro pietà come della loro vita, si ritrovano i lineamenti comuni della santità cristiana. Ma essi ci dicono, insieme, anche qualcosa di particolare: cioè la cura dei giovani; l'amore alla Croce e ai sofferenti; l'amore alla Madonna.
1. Le souci des jeunes: dans la diversité des initiatives et des œuvres, ces bienheureux ont tous perçu, avec une clairvoyance qui nous frappe, la nécessité de suivre les jeunes, parce qu'ils étaient certains que ces jeunes portent l'avenir de l'Eglise et de la société. Avertissement sérieux pour notre temps! Il doit faire réfléchir les Evêques, les prêtres, les religieux et religieuses. Il invite à se consacrer davantage et toujours mieux aux merveilleuses énergies de la jeunesse, capables d'assurer la vitalité de la communauté chrétienne, la santé des familles, la continuité des vocations, l'engagement généreux pour un avenir meilleur.
2. Our new Beati still speak to us about the love of the Cross, for all of them have suffered and desired to suffer even to the heights. of heroism. And this heroism has been all the greater in that it has been concealed in detachment, in poverty, in difficulties, in misunderstandings, in sickness and in a hidden life - just like a grain that falls into the earth and dies in order to produce much fruit (Cfr. Io. 12, 24). And with this same dedication they have loved those who more than anyone else have been marked by the Cross: the poor and the sick; for they have discovered in them the disfigured countenance of Christ. This is indeed a relevant lesson today, when the wave of hedonism, the search for comfort at any cost, and deafness to the needs of others are threatening to make people forget that the greater part of humanity suffers from material and spiritual ills. The civilization of a people is measured by its sensitivity in the face of suffering and its capacity to relieve it!
3. Die neuen Seligen sprechen zu uns ferner von ihrer Liebe zur heiligen Jungfrau Maria, die ihr Apostolat ständig beseelt und als leuchtendes Vorbild begleitet hat. Als Mutter Gottes und Mutter der Kirche wirkt Maria «in mütterlicher Liebe bei der Geburt und der Erziehung der Gläubigen mit» (Lumen Gentium, 63). Deshalb ist sie in einer besonderen Weise in dem verborgenen Leben der Heiligen gegenwärting. Wir wollen damit schließn, daI wir unsere Gedanken auf sie richten. Sie ist die Königin aller Heiligen, die wir heute verehren, und der Ruhm des Paradieses in der jungfräulichen Schönheit ihres verklärten Leibes, der der Tempel des menschgewordenen Gotteswortes wurde, wie auch im Glanz der unvergleichlichen Heiligkeit ihrer Seele, voil der Gnade.
Al elevar hoy Nuestro pensamiento reverente hacia la Santísima Virgen, guiado por el ejemplo de los nuevos Beatos, no podemos menos de poner de relieve una feliz coincidencia: Hace precisamente veinticinco años, en este mismo día y lugar, Nuestro Predecesor Pío XII proclamaba solemnemente la Asunción de María a los cielos, en una explosión de júbilo para la Iglesia: «todas las generaciones me llamarán bienaventurada» (Luc. 1, 48). A Ella encomendamos nuestras vidas, las vicisitudes diversas del mundo actual, la Iglesia entera. Que María nos asista, nos guíe, nos encuentre dispuestos y dóciles, como los nuevos Beatos, a consagrarnos con Ella y con ellos, como Ella y como ellos, a la gloria del Padre, del Hijo, del Espíritu Santo.
LITTERAE APOSTOLICAE
de peracta Beatificatione
PAULUS PP. VI
ad perpetuam rei memoriam
Quantum studii venerabilis Dei famulus Vincentius Grossi, Cremonensis dioecesis presbyter, ad suam tuendam sacerdotalem dignitatem contulerit, quantum ad pastoralia obeunda munera operae dederit constanter et fideliter, e vita eius tota, seu e virtutibus sanctae exercitis ex absolutisque operibus luculenter infertur. Plane enim sibi persuasum habens alterum Christum hic in terris esse sacerdotem, summa ut Iesus in paupertate vixit, humilitatem coluit, terrenis rebus non adhaesit, ad caelestes omnino intentus. Officiis praeterea paroecialibus diligenter functus, creditum sibi populum maxima diligentia et sapientia gubernavit; Christum item secutus est, qui pastorum est Pastor (S. Aug. Serm. 138, 6), sanctorumque presbyterorum exempla. Putantes propterea Nos haud parvos sanctae Ecclesiae evenire posse fructus, si tantum Dei virum imitandum praesertim proponeremus aetatis huius nostrae presbyteris, fidelium curae addictis, eum hodie in Beatorum Caelitum albo inscripsimus.
Vincentius natus est in pago Italico vulgo appellato «Pizzighettone» d. IX m. Martii a. MDCCCXLV, eodemque die baptismatis aquis ablutus.
Optimis moribus educatus, ad sacerdotium capessendum a prima aetate inclinavit; ob peculiares tamen difficultates nonnisi viginti circiter annos natus Cremonense seminarium adiit, atque post emensum quattuor annorum spatium sacerdos ordinatus est, d. XXII m. Maii a. MDCCCLXIX, coepitque statim se totum pro christiani populi utilitate impendere. Etsi erat iuvenis, paroeciae vulgo «Regona» nuncupatae primum curam habuit; deinde in pagum «Vicobellignano» missus est, in quo ad exitum usque vitae degit, de hoc unice sollicitus, ut sibi creditos fideles ad optima quaeque induceret optanda et persequenda. Praecipuam scilicet curam habuit, ut a peccatorum illecebris populum omnimode arceret eumque per adsiduam Sacramentorum participationem ad rectam vitam adhortaretur; ut pueros et iuvenes religiose informaret, quippe quos et familiae et civilis societatis et sanctae Ecclesiae spem merito putaret; ut Dei verbum impiger annuntiaret; ut aegrotis assisteret, egenis subveniret. Methodistarum autem, ut appellantur, prae-sentiam et operam, qui pastorali eius navitati impedimento erant, mira prudentia et caritate superavit. Quo praeterea aptius tum pueris religiose edocendis provideretur tum maxime puellis iuvenibusque mulieribus, Institutum condidit Filiarum ab Oratorio, hac nempe de causa, ut per sacratas Deo virgines non solum pastorales sacerdotum labores levarentur, verum etiam efficaciores evaderent. Magnum sane et generosum propositum, superna Dei gratia potius quam hominum voluntate comprobatum. Religiosam huiusmodi Congregationem, in urbem Laudem Pompeiam prope Mediolanum stabiliter translatam, Sedes Apostolica «decreto laudis» honestavit, d. XX m. Maii a. MCMXV. Ardens autem Vincentii animarum quaerendarum studium eo usque processit, ut etiam extra paroeciae suae fines operari contenderet, frequenter a sodalibus presbyteris invitatus, libenter et perattente a christianis fidelibus auditus. Qui erga alios magna fuit pastorali sollicitudine, idem maiore etiam studio laboravit, ut ipsemet religiosarum virtutum exemplo esset. Quo impulsus proposito die noctuque orabat, ex augustissimo praecipue Eucharistiae sacramento robur abunde hauriens et lumen; debitam Episcopo reverentiam et oboedientiam praestabat, tamquam Abraham contra spem in spem credens (cfr. Rom. 4, 18); evangelico caritatis praecepto obsecutus, paterna dilectione et inimicos amplectebatur; vultus hilaritate omnes excipiebat verborumque gratia; vir summa integritate morumque innocentia, non cessabat tamen corpus cohibere vigiliis, ieiuniis, macerationibus; humanas dignitates naturali quadam inclinatione contemnens, plane eas semper recusavit; superna denique in Deum fide et spe fretus, adversa quaeque silentio semper tulit, animi afflictiones hisce solitus revelare verbis: «crux in terris, in caelis gaudium, semper et ubique amor». Senex iam cum esset duorum et septuaginta annorum, e terrena ad caelestem vitam migravit, d. VII m. Novembris a. MCMXVIII. Quem vero patrem habuerunt amantissimum, eum mortuum omnes complorarunt, quasi eorum in mentibus Pauli resonarent verba illa: «Volebamus tradere vobis non solum Evangelium Dei, sed etiam animas nostras, quoniam carissimi nobis facti estis» (1 Thess. 2, 8). Eius sanctitudinis fama ita post obitum crevit, ut de eodem ad Beatorum honores evehendo causa agitari coepta sit. Servatis igitur de iure servandis, ab anno MCMLV ad MCMLVIII processus apostolici instructi sunt et perfecti, in dioecesanis Curiis Laudensi et Cremonensi, de virtutibus a famulo Dei exercitis; quorum probata validitate, eadem perpensa est quaestio primum apud S. Congregationem, quae tunc a Ritibus appellabatur, deinde, d. XXVII m. Martii a. MCMLXXIII, in plenario coetu feliciter absoluta apud interim constitutam S. Congregationem pro Causis Sanctorum. Nos autem Ipsi peculiari decreto ediximus plane constare de virtutibus theologalibus et cardinalibus a famulo Dei Vincentio Grossi heroum in modum exercitis; quod factum est d. X m. Maii, eodem anno. In peculiaribus praeterea Congregationis conventibus perdiligenter disceptatum est de duobus miraculis, quae famulo Dei intercedente a Deo ferebantur patrata. De quibus disceptationibus edocti, eas probavimus deque miris sanationibus decretum edi iussimus. Id hoc ipso anno evenit, d. III m. Octobris. Die denique statuto ut, cum aliis quattuor Dei famulis in Beatorum album Vincentius Grossi referretur, Nos in Petriano ante Vaticanam Basilicam patente foro sollemni ritu litavimus haecque verba divini Sacrificii initio protulimus: «Nos, vota multorum Fratrum Nostrorum Episcoporum, sodalium Ordinis Augustinianorum Recollectorum, Congregationis a Sanctis Stigmatibus Domini nostri Iesu Christi, Sororum Filiarum Oratorii, Parvarum Sororum Filiarum a Sacro Corde Iesu, Sororum a Caritate Boni Pastoris, pluriumque christifidelium explentes; Sacrae Congregationis pro Causis Sanctorum praehabito consulto; matura interposita deliberatione et superna luce pie implorata; vi et auctoritate Nostra apostolica venerabiles Dei servos Ezechielem Moreno Diaz, episcopum; Gasparem Bertoni, Vincentium Grossi, presbyteros; Ioannam Franciscam Michelotti a Visitatione S. Mariae, Mariam Droste zu Vischering a Divino Corde Iesu, religiosas, in album Beatorum adscribimus, facultatem facientes ut eorundem festum die ipsorum natali, in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit: Ezechielis Moreno Diaz, die undevicesimo mensis Augusti; Gasparis Bertoni, die decimo secundo mensis Iunii; Vincentii Grossi, die septimo mensis Novembris; Ioannae Franciscae Michelotti a Visitatione S. Mariae, die primo mensis Februarii; Mariae Droste zu Vischering a Divino Corde Iesu, die octavo mensis Iunii. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti». Quae his Litteris scripsimus firma esse et fore volumus, contrariis non obstantibus.
Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, d. I mensis Novembris, anno universalis Iubilaei MCMLXXV, Pontificatus Nostri tertio decimo.
De mandato Summi Pontificis
Ioannes Card. Villot
Secretarius Status
Loco Sigilli
In Secret. Status tab., n. 290.899