Wincenty Frelichowski
(1913-1945)
- 23 febbraio
Sacerdote e martire che, durante la guerra, deportato in varie carceri, mai venne meno alla fede o al suo ministero pastorale e, colpito da malattia mentre prestava assistenza ai malati, dopo lunghe sofferenze giunse alla visione della pace eterna
Stefan Wincenty Frelichowski nacque il 22 gennaio 1913 a Chelmza, nel nord della Polonia.
A 18 anni entrò in Seminario e venne ordinato sacerdote il 4 marzo 1937. L'anno seguente venne inviato come vicario nella parrocchia di Torun, dove svolse il servizio pastorale per meno di otto anni, dando testimonianza leggibile del suo donarsi a Dio e agli uomini.
Vivendo di Dio, sin dai primi anni del sacerdozio, con la ricchezza del suo carisma sacerdotale andava ovunque c’era bisogno di portare la grazia della salvezza. Apprendeva i segreti dell’animo umano e adattava i metodi della pastorale alle necessità di ogni uomo che incontrava. Tale capacità egli l’aveva attinta dalla scuola dello scautismo da cui aveva acquisito una particolare sensibilità ai bisogni altrui e costantemente la sviluppava nello spirito della parabola del buon Pastore che cerca le pecore smarrite ed è disposto a dare la propria vita per salvarle (cfr Gv 10, 1-21).
Come sacerdote sempre aveva la consapevolezza di essere testimone di una grande Causa, e al contempo serviva gli uomini con una profonda umiltà. Grazie alla bontà, alla mitezza e alla pazienza guadagnò molti a Cristo, anche nelle tragiche circostanze della guerra e dell’occupazione.
Nel dramma della guerra egli inscriveva in un certo senso un susseguirsi di capitoli del servizio della pace. Il cosiddetto Forte VII, Stutthof, Grenzdorf, Oranienburgo-Sachsenhausen, infine Dachau, sono le progressive stazioni della sua via dolorosa, sulla quale rimase sempre lo stesso: intrepido nell’adempimento del ministero sacerdotale. Andava con esso specialmente da coloro che ne avevano più grande bisogno, a quanti in massa morivano di tifo, del quale alla fine egli stesso cadde vittima il 23 febbraio 1945.
ATTO DI DEVOZIONE AL SACRO CUORE DI GESÙ
E BEATIFICAZIONE DEL VEN. P. FRELICHOWSKI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Spianata dell'Aeroclub (Toruń)
Domenica, 7 giugno 1999
1. “Cuore di Gesù, nostra pace e riconciliazione, abbi pietà di noi”.
Ci inchiniamo con fede davanti al grande mistero dell’amore del Divin Cuore e vogliamo rendergli onore e gloria. Ave, Gesù, ave Cuore Divino del Figlio dell’uomo, che ha tanto amato gli uomini.
Rendo grazie a Dio perché oggi mi viene dato di visitare la giovane diocesi di Torun e lodare, insieme a voi, il Sacratissimo Cuore del Salvatore. Ringrazio con gioia la Divina Provvidenza per il dono di un nuovo beato, sacerdote e martire Stefan Wincenty Frelichowski, testimone eroico dell’amore di cui è capace un pastore. Saluto cordialmente tutti i presenti a questa funzione del mese di giugno. Saluto in modo particolare il vescovo Andrzej - Pastore della Chiesa di Torun, il vescovo ausiliare Jan, il clero, le persone consacrate e tutto il Popolo di Dio di questa terra. Saluto Torun, città cara al mio cuore e la bella Pomerania sulla Vistola. Sono lieto di essermi potuto recare nella vostra città, resa famosa da uno dei più grandi astronomi del mondo, Nicolò Copernico. Torun è conosciuta anche grazie agli sforzi intrapresi nel corso della storia a favore della pace. Fu proprio qui che si riuscì per due volte a concludere i trattati di pace, che nella storia ricevettero il nome di Pace di Torun. Anche in questa città ebbe luogo l’incontro dei rappresentanti dei cattolici, dei luterani e dei calvinisti di tutta l’Europa, che ricevette il nome di Colloquium Charitativum, cioè “Colloquio Fraterno”. Un’eloquenza particolare acquistano qui le parole del Salmista: “Per il bene dei miei fratelli e i miei amici io dirò: «Su di te sia pace!». Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene” (Sal 121 [122], 8-9).
2. “Cuore di Gesù, nostra pace e riconciliazione”.
Ecco il Cuore del Salvatore - segno leggibile del suo invincibile amore e fonte inesauribile di una vera pace. In Lui “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2, 9). La pace portata sulla terra da Cristo, proviene proprio da questa Pienezza e da quest’Amore. E’ dono di un Dio che ama, che ha amato l’uomo nel Cuore dell’unigenito Figlio. “Egli è la nostra pace” (cfr Fil 2, 14) - esclama San Paolo. Sì, Gesù è la pace, è la nostra riconciliazione. E’ stato Lui ad annientare l’inimicizia, nata dopo il peccato dell’uomo ed a riconciliare con il Padre tutti gli uomini, mediante la morte in Croce. Sul Golgota il Cuore di Cristo fu trafitto da una lancia in segno di totale dono di sé, di quell'amore oblativo e salvifico con cui egli “ci amò sino alla fine” (cfr Gv 13, 1), gettando il fondamento all’amicizia di Dio con gli uomini.
Ecco perché la pace di Cristo è diversa da quella immaginata dal mondo. Nel Cenacolo, prima della sua morte, rivolgendosi agli Apostoli, Cristo disse chiaramente: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14, 27). Mentre gli uomini intendevano la pace prima di tutto a livello temporale ed esteriore, Cristo dice che essa scaturisce dai beni soprannaturali, è il risultato dell’unione con Dio nell’amore.
La Chiesa vive incessantemente del Vangelo della pace. L’annunzia a tutti i popoli e a tutte le nazioni. Instancabilmente indica le vie della pace e della riconciliazione. Introduce la pace abbattendo le mura di pregiudizi e di ostilità tra gli uomini. Lo fa prima di tutto tramite il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione: portando la grazia della divina misericordia e del perdono, arriva alle radici stesse delle angosce umane, guarisce le coscienze ferite dal peccato, in modo che l’uomo provi conforto interiore e diventi portatore di pace. La Chiesa condivide anche la pace che essa stessa sperimenta ogni giorno nell’Eucaristia. L’Eucaristia è il culmine della nostra pace. In essa si compie il sacrificio della riconciliazione con Dio e con i fratelli, risuona la parola di Dio che annuncia la pace, si eleva senza mai cessare la preghiera: “Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi”. Nell’Eucaristia riceviamo il dono di Cristo stesso, che si offre e diventa la nostra pace. Allora, con una particolare chiarezza sperimentiamo il fatto che tale pace non la può dare il mondo, perché non la conosce (cfr Gv 14, 27).
Lodiamo oggi la pace del nostro Signore Gesù Cristo; la pace che egli ha concesso a tutti coloro che si incontrarono con Lui, durante la sua vita terrena. La pace con la quale salutò gioiosamente i discepoli dopo la sua resurrezione.
3. “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9).
Così ci dice Cristo nel discorso della montagna. Dal profondo del suo Cuore che ama, esprime il desiderio della nostra felicità. Cristo sa che somma felicità è l’unione con Dio che fa dell’uomo un figlio di Dio. Tra le varie vie che conducono alla pienezza della felicità, egli indica anche quella che passa attraverso l’operare a favore della pace e il condividerla con altri. Gli uomini di pace sono degni del nome di figli di Dio. Gesù chiama felici le persone di questo genere.
“Beati gli operatori di pace”. La dignità di tale qialifica spetta giustamente a Don Stefan Wincenty Frelichowski, elevato oggi alla gloria degli altari. Tutta la sua vita infatti è quasi come uno specchio in cui si riflette lo splendore di quella filosofia di Cristo, secondo la quale la vera felicità raggiunge solo colui che, in unione con Dio, diventa un uomo di pace, che è operatore di pace e porta la pace agli altri. Questo sacerdote di Torun, che svolse il servizio pastorale per meno di otto anni, ha dato una testimonianza leggibile del suo donarsi a Dio e agli uomini. Vivendo di Dio, sin dai primi anni del sacerdozio, con la ricchezza del suo carisma sacerdotale andava ovunque c’era bisogno di portare la grazia della salvezza. Apprendeva i segreti dell’animo umano e adattava i metodi della pastorale alle necessità di ogni uomo che incontrava. Tale capacità egli l’aveva attinta dalla scuola dello scautismo da cui aveva acquisito una particolare sensibilità ai bisogni altrui e costantemente la sviluppava nello spirito della parabola del buon Pastore che cerca le pecore smarrite ed è disposto a dare la propria vita per salvarle (cfr Gv 10, 1-21). Come sacerdote sempre aveva la consapevolezza di essere testimone di una grande Causa, e al contempo serviva gli uomini con una profonda umiltà. Grazie alla bontà, alla mitezza e alla pazienza guadagnò molti a Cristo, anche nelle tragiche circostanze della guerra e dell’occupazione.
Nel dramma della guerra egli inscriveva in un certo senso un susseguirsi di capitoli del servizio della pace. Il cosiddetto Forte VII, Stutthof, Grenzdorf, Oranienburgo-Sachsenhausen, infine Dachau, sono le progressive stazioni della sua via dolorosa, sulla quale rimase sempre lo stesso: intrepido nell’adempimento del ministero sacerdotale. Andava con esso specialmente da coloro che ne avevano più grande bisogno, a quanti in massa morivano di tifo, del quale alla fine egli stesso cadde vittima. Donò la sua vita sacerdotale a Dio e agli uomini, portando la pace alle vittime della guerra. Condivideva la pace generosamente con gli altri, perché la sua anima attingeva la forza dalla pace di Cristo. E fu una forza così grande, che perfino la morte da martire non riuscì ad annientarla.
4. Cari Fratelli e Sorelle, senza il rinnovamento interiore e senza l'impegno di sconfiggere il male e il peccato nel cuore, e specialmente senza l’amore, l’uomo non conquisterà la pace interiore. Essa è in grado di sopravvivere soltanto quando è radicata nei valori più alti, quando è basata sulle norme morali ed è aperta a Dio. Non può invece resistere, se è stata elevata sul terreno paludoso dell’indifferenza religiosa e di un arido pragmatismo. La pace interiore nasce nel cuore dell’uomo e nella vita della società dall’ordine morale, dall’ordine etico, dall’osservanza dei comandamenti di Dio.
Condividiamo con altri questa pace di Dio, come lo faceva il beato sacerdote e martire Wincenty Frelichowski. Diventeremo così un germoglio di pace nel mondo, nella società, nell’ambiente in cui viviamo e lavoriamo. Mi rivolgo con quest’appello a tutti senza alcuna eccezione, e in modo particolare a voi, cari sacerdoti. Siate testimoni dell’amore misericordioso di Dio. Annunciate con gioia il Vangelo di Cristo, dispensando il perdono di Dio nel Sacramento della Riconciliazione. Mediante il vostro servizio cercate di avvicinare tutti a Cristo - datore della pace.
Rivolgo queste parole anche a voi, cari genitori, che siete i primi educatori dei vostri figli. Siate per essi l’immagine dell’amore e del perdono divino, cercando con tutte le forze di costruire una famiglia unita e solidale. Famiglia, proprio a te è stata affidata una missione di primaria importanza: devi partecipare alla costruzione della pace, del bene che è indispensabile per lo sviluppo e per il rispetto della vita umana.
Chiedo a voi, educatori, che siete chiamati ad inculcare nella giovane generazione i valori autentici della vita: insegnate ai bambini e ai giovani la tolleranza, la comprensione e il rispetto per ogni uomo; educate le giovani generazioni in un clima di vera pace. E’ loro diritto. E’ vostro dovere.
Voi, giovani, che portate nel cuore grandi aspirazioni, imparate a vivere nella concordia e nel reciproco rispetto, aiutandovi con solidarietà gli uni verso gli altri. Sostenete nei vostri cuori l’aspirazione al bene e il desiderio della pace (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 01.01.1997, n° 8).
Le società e le nazioni hanno bisogno di uomini di pace, autentici seminatori della concordia e del rispetto reciproco. Uomini, che colmino i propri cuori con la pace di Cristo e la portino nelle case, negli uffici e nelle istituzioni, nei luoghi di lavoro, nel mondo intero. La storia e i nostri giorni dimostrano che il mondo non può dare la pace. Il mondo è impotente. Perciò occorre indicargli Gesù Cristo, che mediante la morte in croce ha lasciato la sua pace agli uomini, garantendo per noi la sua presenza per tutti i secoli (cfr Gv 14, 7-31). Quanto sangue innocente è stato versato nel XX° secolo in Europa e in tutto il mondo, perché alcuni sistemi politici e sociali hanno abbandonato i principi di Cristo che garantiscono una giusta pace. Quanto sangue innocente si sta versando davanti ai nostri occhi. Gli ultimi mesi lo hanno dimostrato in modo drammatico. Siamo testimoni del come la gente invoca e desidera la pace.
Pronuncio queste parole in una terra che nella sua storia sperimentò i tragici effetti della mancanza di pace, divenendo vittima di guerre crudeli e rovinose. Il ricordo della seconda guerra mondiale è sempre vivo, le ferite di quel cataclisma della storia avranno bisogno di molto tempo per essere completamente rimarginate. Che il grido di pace raggiunga da questo luogo tutti nel mondo intero. Voglio ripetere le parole che ho pronunciato quest’anno nel Messaggio Pasquale Urbi et Orbi: “La pace è possibile, la pace è doverosa, la pace è primaria responsabilità di tutti! Possa l’alba del terzo millennio vedere il sorgere d’una nuova era in cui il rispetto per ogni uomo e la fraterna solidarietà tra i popoli sconfiggeranno, con l’aiuto di Dio, la cultura dell’odio, della violenza e della morte”.
5. Accogliamo con grande riconoscenza la testimonianza della vita del beato Wincenty Frelichowski l’eroe dei nostri tempi, sacerdote e uomo di pace, come una chiamata per la nostra generazione. Voglio affidare il dono di questa beatificazione in modo particolare alla Chiesa di Torun, perché custodisca e diffonda la memoria delle grandi opere di Dio, compiutesi nella breve vita di questo sacerdote. Affido questo dono soprattutto ai sacerdoti di questa diocesi e di tutta la Polonia. Don Frelichowski scrisse già all’inizio del suo cammino sacerdotale: “Devo essere un sacerdote secondo il Cuore di Cristo”. Se questa beatificazione è un grande rendimento di grazie a Dio per il suo sacerdozio, è anche una lode di Dio per le meraviglie della sua grazia, che si compiono attraverso le mani di tutti i sacerdoti - anche attraverso le vostre mani. Voglio rivolgermi anche a tutta la famiglia degli scout polacchi, alla quale il neo beato era profondamente legato. Diventi il vostro patrono, maestro di nobiltà d’animo e intercessore di pace e di riconciliazione.
Tra pochi giorni cade il centesimo anniversario della consacrazione dell’umanità al Sacratissimo Cuore di Gesù. Ciò fu fatto in tutte le diocesi per opera del Papa Leone XIII, il quale a questo fine pubblicò l’Enciclica Annum sacrum. Scrisse in essa: “Il Divin Cuore è simbolo e viva immagine dell’infinito amore di Gesù Cristo, che ci sollecita a ricambiarlo a nostra volta con l’amore” (n. 2). Poc’anzi abbiamo rinnovato insieme l’atto di consacrazione al Sacratissimo Cuore di Gesù. In questo modo abbiamo espresso il sommo omaggio, e anche la nostra fede in Cristo - Redentore dell’uomo. Egli è “l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine” (Ap 21, 6), a Lui appartiene questo mondo e il suo destino.
Oggi, mentre adoriamo il suo Sacratissimo Cuore, preghiamo con ardore per la pace. Prima di tutto per la pace nei nostri cuori, ma anche per la pace nelle nostre famiglie, nella nostra nazione e in tutto il mondo.
Cuore di Gesù, nostra pace e riconciliazione, abbi pietà di noi!