Wincenty Lewoniuk e 12 compagni

(†1874)

Beatificazione:

- 06 ottobre 1996

- Papa  Giovanni Paolo II

Ricorrenza:

- 24 gennaio

Wincenty Lewoniuk (1849-1874) e 12 compagni, martiri di Pratulin, irremovibili di fronte a minacce e lusinghe, non vollero separarsi dalla Chiesa cattolica e inermi furono uccisi o feriti a morte per essersi rifiutati di consegnare le chiavi della loro parrocchia

  • Biografia
  • la storia
  • omelia di beatificazione
Il Dio della pace sarà con voi

 

I tredici beati martiri polacchi erano fedeli laici cattolici della Chiesa cosiddetta uniate, nata nel 1596 dall’Unione di Brest. Questa unione porto all’unita della Chiesa ortodossa in Polonia con la Chiesa Cattolica ed il Romano Pontefice.

Wincenty Lewoniuk ed i suoi compagni erano semplici contadini come tanti altri, divenuti inaspettatamente famosi a motivo della fede coraggiosa dimostrata durante la persecuzione della Chiesa Cattolica da parte della Russia, particolarmente sanguinosa e ben organizzata, al tempo della spartizione della Polonia.

Di seguito alcune brevi informazioni su ciascuno dei tredici martiri di Pratulin, dei quali è disponibile anche una buona iconografia sia dei singoli che dell’intero gruppo.

Vincenzo (Wincenty) Lewoniuk, nato a Krzyczew (Polonia) nel 1849, sposato, di anni 25. Uomo pio e di buona reputazione. Fu il primo a dare la vita per la difesa della chiesa e ciò gli meritò di essere posto a capo del presente gruppo.

Daniele (Daniel) Karmasz, nato a Przedmiecie Pratulin (Polonia) il 22 dicembre 1826, sposato, di 48 anni. Dalla testimonianza di suo figlio sappiamo che era un uomo di sentimenti religiosi e timorato di Dio. Presidente della confraternita parrocchiale, durante la difesa della chiesa si mise a capo fila della gente portando una croce che ancora oggi viene conservata a Pratulin.

Luca (Lukasz) Bojko, nato a Zaczopki (Polonia) il 29 ottobre 1852, celibe, di 22 anni. Suo fratello testimoniò che fu un uomo onesto, religioso e di buona reputazione. Durante la difesa della chiesa suonava le campane.

Costantino (Konstanty) Bojko, nato a Derlo (Polonia) il 25 agosto 1825, sposato, di 45 anni. Uomo buono e pio. Ferito gravemente durante la difesa della chiesa, morì a casa il giorno successivo, lasciando la moglie Irene e sette figli.

Costantino (Konstanty) Lukaszuk, nato a Zaczopki (Polonia) nel 1829, sposato, di 45 anni. Fu ferito nella difesa della chiesa e ciò comportò per lui la morte.

Aniceto (Anicet) Hryciuk, nato a Zaczopki (Polonia) nel 1855, celibe, di 19 anni. Giovane buono, religioso ed educato all’amore verso la chiesa. Uscendo da casa con il cibo per i difensori della chiesa a Pratulin, disse a sua madre: “Forse anch’io sarò degno di dare la vita per la fede”. Fu infatti ucciso presso la chiesa il 24 gennaio nelle ore pomeridiane.

Filippo (Filip) Geryluk, nato a Zaczopki (Polonia) il 26 novembre 1830, sposato, di 44 anni. Dalla testimonianza di suo nipote risultò essere un buon padre di famiglia, pio ed onesto. Presso la chiesa incoraggiò gli altri alla perseveranza e lui stesso diede la vita per la fede.

Onofrio (Onufry) Wasyluk, nato a Zaczopki (Polonia) nel 1853, di 21 anni. Buon cattolico ed uomo giusto, stimato da tutti.

Bartolomeo (Bartlomiej) Osypiuk, nato a Bohukaly (Polonia) il 3 settembre 1843, di 30 anni. Sposato con Natalia, aveva due figli. Rispettato da tutti nel villaggio per la sua onestà, avvedutezza e religiosità. Gravemente ferito, fu trasportato a casa, ove morì pregando per i persecutori.

Ignazio (Ignacy) Franczuk, nato a Derlo (Polonia) nel 1824, di 50 anni. Sposato con Elena da cui ebbe sette figli. Da suo figlio sappiamo che educò i figli nel timore di Dio. La fedeltà a Dio fu per lui il valore più importante. Preparandosi ad andare a Pratulin per difendere la chiesa, indossò un abito pulito affermando che tutto avrebbe potuto succedere, anche che egli non fosse più tornato. Dopo la morte di Daniel Karmasz prese la sua croce e si mise in prima fila con i difensori.

Giovanni (Jan) Andrzejuk, nato a Drelów (Polonia) il 9 aprile 1848, di 26 anni. Sposato con Marina da cui ebbe due figli. Stimato da tutti quale uomo buono e prudente. Mentre si avviò a Pratulin per difendere la chiesa, si congedò da tutti presupponendo che potesse essere l’ultima volta. Gravemente ferito fu trasportato a casa, dove morì durante la notte.

Massimo (Maksym) Hawryluk, nato a Bohukaly (Polonia) il 2 maggio 1840, di 34 anni. Sposato con Domenica, stimato dalla gente quale uomo buono e onesto. Gravemente ferito presso la chiesa, morì il giorno seguante.

Michele (Michal) Wawryszuk, nato a Derlo (Polonia) nel 1853, celibe, di 21 anni. Lavorava nella tenuta di Paolo Pikula a Derło. Godeva buona fama. Gravemente ferito presso la chiesa, morì il giorno dopo a Derło.

Gli zar russi iniziarono gradualmente l’abolizione del cattolicesimo proprio dalla distruzione della Chiesa uniate. Nel 1794 Caterina II abolì la Chiesa uniate ucraina. Nel 1839 poi fu ufficialmente abolita dallo zar Nicola I la Chiesa uniate nella Bielorussia e nella Lituania. Questo fu l’attuazione del vecchio principio “cuius regio eius religio”, in base al quale i sudditi dovevano professare la medesima religione del loro sovrano. La Russia temette che la Chiesa Cattolica si rivelasse di ostacolo alla russificazione ed alla degradazione dell’uomo così significativi per il suo governo.

Già nella seconda meta del XIX secolo, sul territorio occupato dalla Russia, la Chiesa uniate rimaneva solo più nella diocesi polacca di Chelm. L’amministrazione dello zar progettò l’abolizione di questa Chiesa ed Alessandro II diede l’autorizzazione a procedere. Nel gennaio 1874 avrebbe quindi dovuto entrare in vigore la liturgia ortodossa nelle chiese uniate. L’accettazione di essa da parte degli uniati era stata giudicata dal governo russo come l’ingresso della parrocchia a far parte dell’ortodossia. Il governo aveva infatti rimosso il vescovo ed i sacerdoti che non avevano accettato le riforme finalizzate alla rottura dell’unità della Chiesa universale. Per la loro fedeltà essi pagarono con la deportazione in Siberia, l’incarcerazione o la rimozione dalla parrocchia. Molti laici, privati dei loro parroci, scelsero di difendere da soli la loro chiesa, la liturgia e la fedeltà al Santo Padre, spesso anche a costo della propria vita.

Il 24 gennaio 1874 arrivarono a Pratulin le truppe zariste e gli uniati erano ben consci che la difesa della chiesa avrebbe potuto costare loro la vita. Nonostante ciò andarono in chiesa pronti a tutto per difendere la loro fede. Congedatisi dalle loro famiglie, si vestirono in modo festivo come di consuetudine per occuparsi delle cose sacre.

Non riuscendo a persuadere gli uniati a lasciare la chiesa né con le minacce, né con le lusinghe delle grazie dello zar, il comandante ordinò di sparare sulla gente. Avendo udito che l’esercito aveva ricevuto l’ordine di uccidere coloro che avessero opposto resistenza, gli uniati si inginocchiarono nel cimitero presso la chiesa e con il canto si prepararono a spargere il loro sangue per la fede. Morirono ricolmi di pace con preghiere sulle labbra, senza rivoltarsi contro i persecutori in quanto, come dicevano, “dolce è la morte per la fede”.

I tredici martiri di Pratulin erano tutti uomini di età compresa tra 19 e 50 anni, dei quali però non sono state tramandate molte notizie sulla loro vita personale. Alla luce delle testimonianze paiono però uomini caratterizzati da una fede matura. La difesa della chiesa circondata dalle truppe armate non fu dunque un effetto dello zelo momentaneo o della temerarietà irresponsabile, ma la logica conseguenza della loro profonda fede. Essi credettero che il dare la vita per Cristo non significhi perderla, bensì conquistarne la pienezza. I martiri di Pratulin per molti aspetti ricordano i primi martiri del cristianesimo, quando molti semplici fedeli vennero uccisi per il solo fatto di confessare coraggiosamente la loro fede in Gesù Cristo.

I tredici martiri furono sepolti dai soldati russi senza rispetto, senza la partecipazione neppure dei più stretti familiari e senza lasciare alcun segno sulla loro tomba. I parrocchiani di Pratulin fortunatamente non dimenticarono i loro fratelli martiri ed a partire dal 1918, quando la Polonia riconquistò la libertà, la tomba cominciò ad essere oggetto di venerazione. Le spoglie dei martiri vennero poi infine traslate nella chiesa parrocchiale il 18 maggio 1990.

Il caso verificatosi a Pratulin non fu in realtà un atto sporadico. Particolarmente dal gennaio 1874 ogni parrocchia uniate in Polonia scrisse la sua storia di martirio. Lo zar abolì ufficialmente la diocesi uniate di Chelm nel 1875 e gli uniati, contro la loro volontà, vennero unificati alla Chiesa Ortodossa Russa. Gli uniati però non accettarono ciò e per la loro fedeltà alla Chiesa cattolica pagarono molte volte con la morte o con varie pene. Rimasti senza pastori sotto il potere russo, talvolta gli uniati ricevettero l’aiuto pastorale dei sacerdoti cattolici delle zone polacche rimaste sotto il potere austriaco e tedesco. La grande fede degli uniati e l’aiuto solidale ricevuto dalla Chiesa Cattolica permisero di superare le persecuzioni e di giungere finalmente alla liberta religiosa, ufficializzata il 30 aprile 1905 dal santo zar Nicola II. Proprio in tale occasione molti uniati in Podlachia e nella diocesi di Lublino si aggregarono alle parrocchie romano-cattoliche, essendo ormai smantellate le strutture della Chiesa uniate.

Essendo i martiri di Pratulin quelli relativamente ai quali si sono conservate un maggior numero di testimonianze, nonché la tomba, il vescovo della diocesi di Podlachia Enrico Przeździecki scelse proprio essi nel 1938 come candidati alla beatificazione in rappresentanza di tutti quei martiri che diedero la vita per la fede e per l’unità della Chiesa. Al loro martirio resero omaggio quasi tutti i papi a partire dal beato Pio IX, ma fu con il loro connazionale Giovanni Paolo II che si giunse alla beatificazione il 6 ottobre 1996 in San Pietro. Egli giudicò i martiri di Podlachia quale grande capitolo della storia della Polonia e rivelò perciò di portare la loro memoria nel suo cuore.

Questi beati potrebbero essere anche considerati oggi quali patroni dell’apostolato dei laici, esempi pratici di impegno nella vita della Chiesa e di responsabilità per la costruzione di una società fondata sulla legge di Dio.

RITO DI BEATIFICAZIONE DI DIVERSI BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 6 ottobre 1996

 

1. « La vigna del Signore è il suo popolo » (Sal. Resp.).

La Parola di Dio dell'odierna Domenica ci propone il tema biblico della vigna: tema caro ai profeti, presente nei salmi e ripreso da Cristo, che lo ha portato a compimento nel mistero della sua Persona, giungendo addirittura a definire se stesso come «la vera vite », di cui il Padre è il vignaiolo (Gv 15, 1). La Liturgia mette in risalto il drammatico contrasto tra la fedeltà di Dio e l'infedeltà dell'uomo, ma sottolinea al tempo stesso il provvidenziale disegno divino che tutti chiama alla santità. Nel «Cantico della vigna» del profeta Isaia (Is 5, 7) abbiamo ascoltato la stupenda allegoria dell'amore appassionato e non ricambiato di Dio per i1 suo popolo. Egli ha dedicato mille attenzioni alla sua vigna, ma essa purtroppo ha prodotto frutti cattivi. Cocente è pertanto la delusione del Signore, che minaccia di abbandonare la vigna alla rovina.

2. Fa eco alla prima Lettura il Vangelo di Matteo, nel quale Gesù mette i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo di fronte alle loro responsabilità. Come i loro antenati che hanno ucciso i profeti, essi tramano ora di uccidere Lui, inviato di Dio.

Sembra così vincere il male ed invece trionfa la misericordia divina. Infatti, con il suo sacrificio Gesù sconfiggerà definitivamente l'odio e il peccato. « La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d'angolo » (Mt 21, 42). È su Gesù Cristo, roccia di salvezza, che viene ricostruita la «vigna del Signore degli eserciti », «la sua piantagione preferita».

Piantagione preferita di Dio, carissimi fratelli e sorelle, sono stati coloro che oggi ho la gioia di proclamare Beati. Si tratta di persone uomini e donne - che hanno dato testimonianza di incrollabile fedeltà al Padrone della vigna. Non lo hanno deluso, ma rimanendo uniti a Cristo come i tralci alla vite hanno portato i frutti sperati di conversione e di santità. Hanno perseverato, anche a costo del sacrificio supremo.

3. « ( . . .) Rolnicy chwycili jego sługi i jednego obili, drugiego zabili, trzeciego zaś kamieniami obrzucili».

Czyż ten sam los nie stał sic udziałem Wincentego Lewoniuka i jego towarzyszy, męczenników z Podlasia? Jako wierni «słudzy» Pana, pełni ufności w moc Jego łaski, dali świadectwo swojej przynależności do Kościoła Katolickiego w wierności własnej tradycji wschodniej. Uczynili to z pełną świadomością i nie zawahali się złożyć ofiary z życia na potwierdzenie swego oddania Chrystusowi.

Nie szcęzedząc siebie, męczennicy z Pratulina bronili nie tylko świątyni, przed którą ponieśli śmierć, ale także Kościoła, który Chrystus zawierzył apostołowi Piotrowi.. Tego Kościoła », którego czuli się częścią, jako żywe kamienie. Przelali swą krew zjednoczeni, Bożym Synem, wyrzuconym z winnicy i zabitym dla zbawienia i pojednania człowieka z Bogiem. Wyniesieni dzisiaj na ołtarze Wincenty Lewoniuk i jego dwunastu towarzyszy, przez swój przykład i wstawiennictwo, zapraszają nas wszystich, abyśmy mężnie kontynuowali wędrówkę ku pełnej jedności całej rodziny uczniów Chrystusa w duchu wskazań ekumenicznych Soboru Watykańskiego II.

4. Blessed Edmund Ignatius Rice is a shining example of the fruitfulness of the Christian life when, as St Paul writes to the Philippians , we "fill our minds with `erg that is true, noble, good and pure". Here we have an outstanding model of a true lay apostle and a deeply committed religious. The love which he first gave to his young wife and which, after her untimely death, he always showed for his daughter, blossomed into a host of spiritual and corporal works of mercy, as he helped the clergy of his parish meet the pressing needs of his fellow citizens oppressed by poverty and the weight of anti-Catholic legislation.

The Spirit eventually led him to the total consecration of himself and his companions in the religious life. Today, his spiritual sons, the Christian Brothers and the Presentation Brothers, continue his mission: a mission which he himself described in this simple and clear intention: "Trusting in God's help, I hope to be able to educate these boys to be good Catholics and good citizens". Who will ever measure all the good that has come from the spiritual insight, warm heart and determined faith of Blessed Edmund Ignatius Rice? Once more Ireland has given the Church and the world a striking testimony of complete fidelity to Christ: "Keep doing all the things that you have been taught by him . . . Then the God of peace will be with you"

5. La alegoría de la viña nos habla del amor entrañable de Dios por sus hijos. A este amor supo responder generosamente la Madre Maria Ana Mogas Fontcuberta, y dar así abundantes frutos. Ella, renunciando a una posición social acomodada, forjó, junto al sagrario y a la Cruz, su espiritualidad inspirada en el Corazón de Cristo y basada en la entrega a Dios y al prójimo con «amor y sacrificio ». Fiel al ideal franciscano, mostró su preferencia por los pobres, la capacidad de perdonar y olvidar las ingratitudes e injurias, así como la dedicación a la educación de la infancia, la atención a los enfermos y a los que padecían alguna carencia. De ese modo respondió a la llamada del Señor a trabajar en su viña, con un estilo tan auténtico, que su santidad no impedía quo fuera tan jovial».

Este es el estilo que transmitió a sus hijas, las Franciscanas Misioneras de la Madre del Divino Pastor, expresado en su última exhortación: « Amaos unas a otras como yo os he amado y sufríos Como yo os he sufrido. Caridad, caridad verdadera, Amor y sacrificio ».

6. « Kto trwa we Mnie, a Ja w nim, ten przynosi owoc obfity ».W dniu dzisiejszym Kościół raduje się z wyniesienia na ołtarze Błogosławionej Marceliny Darowskiej, Współzałożycielki Zgromadzenia Sióstr Niepokalanego Poczęcia Najświętszej Maryi Panny. Całe życie Błogosławionej Marceliny było nieustannym trwaniem w Bogu poprzez modlitwę i wierne naśladowanie Jezusa Chrystusa, który «do końca umiłował człowieka ».

« Szerzyć Królestwo Boże w duszach ludzkich i wprowadzać je w świat» oto program jej apostolskiej działalności, zrodzony w ciszy rozmodlonego serca. Chciała uczynić wszystko, aby prawda, miłość i dobro mogły zwyciężać w życiu ludzi i przemieniać oblicze umiłowanego narodu, Mozolne dzieło budowy Królestwa Chrystusowego prowadziła wielkodusznie ze wspólnotą, niepokalańską, zwracając szczególną uwagę na religijną formację młodego pokolenia, zwłaszcza dziewcząt, na rozwój katechizacji i pracę wychowawczą. Szczególną, rolę w życiu społeczeństwa przypisywała chrześcijańskiej kobiecie, jako « żonie, matce i obywatelce kraju». Z wielką, gorliwością, troszczyła się o rozwój Królestwa Bożego w rodzinie, ponieważ tylko rodzina zdrowa i święta, rodzina, s która stoi na Bogu» - jak mówiła może być fundamentem nowego społeczeństwa. Nowa Błogosławiona jest przykładem wiary apostolskiej, która tworzy nowe formy obecności Kościoła w świecie, kształtuje społeczeństwo bardziej sprawiedliwe i ludzkie, które « trwa i owocuje» w Chrystusie ».

7. «Il Dio della pace sarà con voi ».

Carissimi fratelli e sorelle, « il Dio della pace » é certamente con i nuovi Beati che oggi contempliamo nella gloria del Paradiso. Il Dio della pace sarà anche con noi se imiteremo il loro esempio e la loro coraggiosa fedeltà.

Noi siamo la « vigna di Dio », il popolo per il quale Cristo ha dato tutto se stesso. Accogliamo l'invito della Liturgia e lasciamoci attrarre dall'esempio luminoso di questi fratelli e sorelle nella fede che oggi rifulgono di splendida luce.

Con Maria, regina dei Martiri e dei Santi, che in questo mese del Rosario vogliamo invocare con particolare devozione, avanziamo fiduciosi verso Cristo glorioso senza mai lasciarci abbattere dalle difficoltà. Egli è con noi oggi e sempre.

Amen.