Władysław Bukowiński

Władysław Bukowiński

(1904 - 1974)

Venerabilità:

- 22 gennaio 2015

- Papa  Francesco

Beatificazione:

- 11 settembre 2016

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 3 dicembre

Sacerdote diocesano e parroco, pregava, fra i tormenti dei gulag sovietici, con un Rosario che si era fatto con le molliche di pane. Perseguitato per la sua fede, nella sua vita ha dimostrato sempre grande amore ai più deboli e bisognosi. La sua vita fu un caratterizzata da dolorosi passaggi (i processi, le detenzioni, i lavori forzati nelle miniere di rame, le messe clandestine e gli aiuti ai più poveri nei villaggi kazaki) ma anche di una fede profonda, solida e incrollabile

  • Biografia
  • Angelus
“Spesso i sacerdoti mi domandano: come si può fare opera pastorale senza una chiesa? Io rispondo: si può”

 

Vladislav-Antonij Kiprijanovič Bukovinskij nacque il 22 dicembre 1904 a Berdyczów, vicino Kiev (Ucraina), in una famiglia cattolica di nobili origini. Dopo la “Rivoluzione di Ottobre”, la sua famiglia si trasferì in Polonia, dove il Servo di Dio proseguì il suo cursus studiorum, che concluse nel 1925 con il Diploma in Scienze Politiche, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Jaghellonica di Cracovia. Nel 1926 entrò nel Seminario della medesima città e fu ordinato presbitero il 28 giugno 1931 dall’Arcivescovo Adam Stefan Sapieha. Durante i primi anni di sacerdozio svolse il ministero pastorale come docente di religione presso il ginnasio di Rabka (Polonia) e come viceparroco a Sucha (Polonia). Nel 1938 fece richiesta di poter svolgere l’apostolato nella Diocesi di Łuck (confine orientale della Polonia, attualmente in Ucraina) che, a causa dell’occupazione sovietica, soffriva per la persecuzione del regime comunista.

Nel 1939, nominato parroco della Cattedrale di Łuck, chiese di poter essere incardinato in tale Diocesi. Qui si dimostrò un eccellente catechista nei ginnasi, insegnante in Seminario e grande promotore di attività caritative. Dopo circa un anno di intenso lavoro pastorale, venne arrestato dai sovietici e rinchiuso in prigione. Provvidenzialmente evitò la morte quando i carcerieri sovietici eseguirono una fucilazione di massa dei detenuti. Uscito da prigione dopo lo scoppio della guerra sovietico-tedesca del 1941, riprese il servizio pastorale, prendendosi, di nascosto, cura dei fedeli, in particolare dei bambini che si preparavano alla Prima Comunione, dei poveri, dei prigionieri di guerra e degli ebrei. Nella notte tra il 3 e 4 gennaio 1945, venne nuovamente arrestato dai bolscevichi e imprigionato nel carcere di Kiev. Accusato di tradimento dell’autorità sovietica per conto del Vaticano e di attività pastorale, venne condannato senza giudizio a dieci anni di lavori forzati. Pur in tali condizioni, continuò ad esercitare il ministero sacerdotale, celebrando la S. Messa quotidianamente all’alba, quando ancora tutti dormivano, sfruttando ogni occasione per fare apostolato, visitando i malati nell’ospedale del carcere, rafforzando nella fede e nella speranza coloro che erano imprigionati con lui, impartendo i sacramenti e tenendo Esercizi Spirituali. Nel 1954 fu deportato a Karagandà (Kazakhstan), dove lavorò come guardiano presso un cantiere edile e, contemporaneamente, svolgendo nel nascondimento, un servizio pastorale nelle case dei credenti, sebbene fosse proibito dalla legge. Presso le famiglie egli amministrava i battesimi, preparava ai sacramenti della comunione e della confessione, e celebrava i matrimoni. Nel 1955 rifiutò la proposta di rientrare in Polonia, decidendo di diventare cittadino dell’Unione Sovietica, per rimanere stabilmente in Kazakhstan e dedicarsi all’apostolato tra i cattolici e i greco-cattolici di diversa provenienza nazionale. In seguito all’aggravamento delle condizioni di salute a causa del diabete, dopo aver ricevuto il sacramento dell’Unzione degli Infermi, impartito dal suo Vescovo, morì il 3 dicembre 1974 a Karagandà (Kazakhstan).

 

INCHIESTA DIOCESANA

L’Inchiesta diocesana si svolse presso la Curia ecclesiastica di Cracovia (Polonia), dal 19 giugno 2006 all’8 marzo 2008, in ottantanove Sessioni, con l’escussione di ottantasei testi, di cui sette ex officio.

La validità giuridica dell’Inchiesta fu riconosciuta con il Decreto del 6 febbraio 2009.

 

CONGRESSO DEI CONSULTORI TEOLOGI

Si tenne l’8 aprile 2014. I Consultori sottolinearono che la vita del Beato attraversò i periodi più bui del secolo scorso, segnati dalle due guerre mondiali e dal regime totalitario comunista dell’Unione Sovietica. In tale contesto, egli si prodigò per aiutare le persone in difficoltà, in particolare i cattolici perseguitati dal comunismo e per salvare dei bambini ebrei.

La sua missione sacerdotale fu caratterizzata dall’offerta quotidiana della vita a Dio e al Suo popolo. A causa della situazione di persecuzione in cui si trovò ad operare, la sua missione ministeriale fu definita un “martirio bianco”, che egli accettò per amore di Cristo e della Chiesa. Sacerdote saggio e prudente, fortificato dalla Grazia, seppe essere lungimirante anche negli anni più oscuri del regime. Egli amava ripetere spesso: “Non sono io che lavoro, ma la Grazia di Dio lavora in me”. Più volte arrestato e internato nei gulag comunisti, nonostante le durissime condizioni di vita, cercò di infondere fiducia e speranza negli altri prigionieri, mettendosi a loro disposizione per la celebrazione dei sacramenti. Testimone di Cristo, era convinto che contro i persecutori occorresse una risposta misericordiosa e cristiana e invitava i fedeli ad unirsi a lui in tale atteggiamento.

Al termine del dibattito, i Consultori si espressero unanimemente con voto affermativo circa il grado eroico delle virtù, la fama di santità e di segni.

 

SESSIONE ORDINARIA DEI CARDINALI E VESCOVI

Si riunì il 13 gennaio 2015. Il Ponente, dopo aver riassunto la storia della Causa ed il profilo biografico del  Beato, ne sottolineò l’esercizio virtuoso delle virtù teologali e cardinali. Sia negli avvenimenti quotidiani, come nel periodo della prigionia, difese con coraggio la propria fede. Fu un uomo di preghiera, dedito alla meditazione della Parola di Dio e dei Misteri della Fede. L’amore verso Dio e verso il prossimo si mostrò soprattutto nell’accettazione piena della volontà divina in tutte le prove e nella capacità di perdonare i nemici, particolarmente nel periodo del regime e delle persecuzioni.

La sua vita attraversò uno dei periodi più bui del secolo scorso, segnato dalle due guerre mondiali e dal regime totalitario comunista in Unione Sovietica. In ogni momento, il Servo di Dio si prodigò per aiutare le persone in difficoltà, soprattutto i fedeli cattolici, scossi dall’oppressione del regime totalitario comunista, e i bambini ebrei, vittime dell’oppressione tedesca.

San Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio apostolico in Kazakhstan disse: “Io stesso ho avuto la fortuna di conoscerlo e di apprezzarne la fede profonda, la sapiente parola, l’incrollabile fiducia nella potenza di Dio”.

Il Ponente concluse la sua Relazione constare de heroicitate virtutum. Anche gli Em.mi ed Ecc.mi Padri risposero unanimemente al dubbio con sentenza affermativa.

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 11 settembre 2016

 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

La liturgia odierna ci propone il capitolo 15 del Vangelo di Luca, considerato il capitolo della misericordia, che raccoglie tre parabole con le quali Gesù risponde alle mormorazioni degli scribi e dei farisei. Essi criticano il suo comportamento e dicono: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro» (v. 2). Con questi tre racconti, Gesù vuol far capire che Dio Padre è il primo ad avere verso i peccatori un atteggiamento accogliente e misericordioso. Dio ha questo atteggiamento. Nella prima parabola Dio è presentato come un pastore che lascia le novantanove pecore per andare in cerca di quella perduta. Nella seconda è paragonato a una donna che ha perso una moneta e la cerca finché non la trova. Nella terza parabola Dio è immaginato come un padre che accoglie il figlio che si era allontanato; la figura del padre svela il cuore di Dio, di Dio misericordioso, manifestato in Gesù.

Un elemento comune a queste tre parabole è quello espresso dai verbi che significano gioire insieme, fare festa. Non si parla di fare lutto. Si gioisce, si fa festa. Il pastore chiama amici e vicini e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta» (v. 6); la donna chiama le amiche e le vicine dicendo: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto» (v. 9); il padre dice all’altro figlio: «Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (v. 32). Nelle prime due parabole l’accento è posto sulla gioia così incontenibile da doverla condividere con «amici e vicini». Nella terza parabola è posto sulla festa che parte dal cuore del padre misericordioso e si espande a tutta la sua casa. Questa festa di Dio per coloro che ritornano a Lui pentiti è quanto mai intonata all’Anno giubilare che stiamo vivendo, come dice lo stesso termine “giubileo”, cioè giubilo.

Con queste tre parabole, Gesù ci presenta il volto vero di Dio: un Padre dalle braccia aperte, che tratta i peccatori con tenerezza e compassione. La parabola che più commuove – commuove tutti –, perché manifesta l’infinito amore di Dio, è quella del padre che stringe a sé, abbraccia il figlio ritrovato. E ciò che colpisce non è tanto la triste storia di un giovane che precipita nel degrado, ma le sue parole decisive: «Mi alzerò, andrò da mio padre» (v. 18). La via del ritorno verso casa è la via della speranza e della vita nuova. Dio aspetta sempre il nostro rimetterci in viaggio, ci attende con pazienza, ci vede quando ancora siamo lontani, ci corre incontro, ci abbraccia, ci bacia, ci perdona. Così è Dio! Così è il nostro Padre! E il suo perdono cancella il passato e ci rigenera nell’amore. Dimentica il passato: questa è la debolezza di Dio. Quando ci abbraccia e ci perdona, perde la memoria, non ha memoria! Dimentica il passato. Quando noi peccatori ci convertiamo e ci facciamo ritrovare da Dio non ci attendono rimproveri e durezze, perché Dio salva, riaccoglie a casa con gioia e fa festa. Gesù stesso, nel Vangelo di oggi, dice così: «Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7). E vi faccio una domanda: avete mai pensato che ogni volta che ci accostiamo al confessionale, c’è gioia e festa nel cielo? Avete pensato a questo? E’ bello!

Questo ci infonde grande speranza, perché non c’è peccato in cui siamo caduti da cui, con la grazia di Dio, non possiamo risorgere; non c’è una persona irrecuperabile, nessuno è irrecuperabile! Perché Dio non smette mai di volere il nostro bene, anche quando pecchiamo! E la Vergine Maria, Rifugio dei peccatori, faccia scaturire nei nostri cuori la fiducia che si accese nel cuore del figlio prodigo: «Mi alzerò, e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato» (v. 18). Per questa strada, noi possiamo dare gioia a Dio, e la sua gioia può diventare la sua e la nostra festa.

Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

vorrei invitare ad una speciale preghiera per il Gabon, che sta attraversando un momento di grave crisi politica. Affido al Signore le vittime degli scontri e i loro familiari. Mi associo ai Vescovi di quel caro Paese africano per invitare le parti a rifiutare ogni violenza e ad avere sempre come obiettivo il bene comune. Incoraggio tutti, in particolare i cattolici, ad essere costruttori di pace nel rispetto della legalità, nel dialogo e nella fraternità.

Oggi, a Karaganda, in Kazakhstan, viene proclamato Beato Ladislao Bukowinski, sacerdote e parroco, perseguitato per la sua fede. Quanto ha sofferto quest’uomo! Quanto! Nella sua vita ha dimostrato sempre grande amore ai più deboli e bisognosi e la sua testimonianza appare come un condensato delle opere di misericordia spirituali e corporali.

Saluto con affetto tutti voi, romani e pellegrini provenienti da diversi Paesi: le famiglie, i gruppi parrocchiali, le associazioni.

Saluto i fedeli della Romania, quelli della diocesi di Ferrara-Comacchio, il Movimento Fides Vita, i gruppi di Venezia, Cologna Veneta, Caprino Veronese, Serravalle Scrivia e Novara; come pure i ciclisti venuti da Borgo Val di Taro e i ragazzi della cresima di Rocco Sambuceto.

A tutti auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!