Berardo Atonna
(1843 - 1917)
Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori; la sua vita fu ispirata dalla speranza cristiana, che lo rendeva fiducioso nella misericordia divina e sereno nei momenti di difficoltà. Si prodigò con fraterna carità per alleviare le sofferenze dei poveri, degli infermi e dei più deboli, nei quali scorgeva il volto di Cristo. La sua fu soprattutto una carità pastorale mirante alla conversione dei peccatori e alla salvezza delle anime
Il Venerabile Servo di Dio Berardo Atonna nacque nella frazione di Episcopio, comune di Sarno (SA), il 1° luglio 1843. Battezzato col nome di Giuseppe, era il primogenito di 7 figli di Raffaele Atonna e Maria Domenica D’Angelo. Così come tutti i suoi fratelli, nacque nella casa di famiglia in via Pedagnali. I genitori erano commercianti di vitelli e suini.
Da ragazzo Giuseppe era docile, mansueto e di indole buona, anche se talvolta preferiva stare coi i compagni a giocare piuttosto che andare in chiesa, con conseguenti ramanzine da parte dei genitori. Nello stesso cortile di casa vivevano due zii sacerdoti, che lasciarono un segno nella sua formazione, ed un altro sacerdote del luogo, don Raffaele Amato, gli fece da maestro all’inizio della sua istruzione scolastica.
A 15 anni il ragazzo si sentì attirato dalla vita religiosa e, come diversi suoi compaesani, si rivolse ai frati minori alcantarini. Su quali elementi si basasse il suo discernimento vocazionale non è dato ricostruirlo con sicurezza. Entrò nel convento di Santa Lucia al Monte di Napoli nella tarda estate del 1859. Ricevette l’abito, professò i voti semplici nel settembre dell’anno successivo ed emise i voti perpetui l’8 dicembre 1868. In religione prese in nome di Fra Berardo del Cuore di Gesù. Fin da giovane religioso, suscitò l’ammirazione dei compagni di noviziato per il rigore con cui abbracciava e viveva la Regola. Il 18 febbraio 1866 a Napoli fu ordinato sacerdote.
Furono quelli gli anni della legislazione eversiva, che allontanava i religiosi dai conventi e stravolse la loro vita religiosa: all’interno delle province i conventi venivano chiusi, i frati dispersi e i loro beni incamerati. I frati alcantarini originari di Sarno ritornarono nel rione Pedagnali, di cui erano quasi tutti originari, e, ritrovandosi abbastanza vicini, escogitarono modi e forme di vita comunitaria, che non ne avessero la parvenza. Per le celebrazioni si servivano di una cappella privata, messa a loro disposizione, e chiesero di poter utilizzare saltuariamente l’eremo dei Santi Cosma e Damiano, situato sulla cima del Monte Saretto che sovrasta la città, per ritirarsi in preghiera. Nel tempo rimanente, si misero a disposizione del popolo, prestando assistenza spirituale come confessori, direttori spirituali e consiglieri. Fu durante quegli anni che Padre Berardo ottenne dal Ministro provinciale degli alcantarini la licenza di predicazione e così fra il 1866 e il 1873 predicò in diversi luoghi, acquisendo una certa fama. Durante la sua permanenza a Sarno assistette anche alla morte della madre nel febbraio 1867.
A partire dal 1874 visse tra Sarno e Piedimonte d’Alife (oggi Piedimonte Matese), che divenne dopo qualche tempo la sede principale del suo ministero. Da qui continuò ad ampliò la sua attività di predicatore e iniziò a guidare spiritualmente diversi penitenti. Il 2 ottobre 1883 fu eletto guardiano del convento di Santa Maria Occorrevole di Piedimonte d’Alife e nel 1890 compare come definitore provinciale. Nell’ottobre 1895 venne nominato dalla Congregazione provinciale intermedia Maestro dei novizi, poi custode della provincia con deliberazione del 30 luglio 1897. Il periodo tra il 1883 e il 1901 fu il più intenso per la sua attività di direttore spirituale. Curò con particolare attenzione la vita religiosa femminile, all’epoca in cui fiorirono molteplici esperienze di vita religiosa apostolica. Non ebbe ruoli diretti nella fondazione o nella conduzione degli istituti nascenti, tuttavia si fece promotore ed incoraggiò lo sviluppo del carisma, aiutando alcune suore a cogliere in pienezza la ricchezza della vita cui erano state chiamate. Così fu per le Suore francescane alcantarine o le suore degli Angeli. Entrò anche in rapporto col Beato Bartolo Longo, di cui ammirò la realizzazione del santuario di Pompei, le opere di carità e soprattutto la spiritualità mariana che sorreggeva ogni sua iniziativa.
L’applicazione della Felicitate quadam di Leone XIII, oltre all’unificazione delle 4 famiglie francescane, portò una riduzione delle province italiane. Padre Berardo entrò nella provincia di Principato di San Giacomo della Marca, con sede in Santa Maria degli Angeli a Nocera Superiore. Fu visitatore della provincia alcantarina di San Pasquale di Lecce, nella quale molti si palesavano contrari all’unione: la visita durò poco più di un mese e si concluse nel luglio 1897.
All’interno della propria provincia, fece parte del primo definitorio. Il 19 luglio 1902 il definitorio generale lo elesse Ministro provinciale. Abbastanza fermo nelle sue scelte, in un’epoca di grandi cambiamenti e di decisioni importanti da prendere e sostenere, non mancò nel governo di rimproverare, ammonire ed anche sospendere a divinis. Fu suo obiettivo costante evitare ogni forma di contestazione delle disposizioni pontificie, specialmente in relazione all’unificazione avvenuta: ebbe in questo molte difficoltà, che lo costrinsero a prese di posizione.
La complessità della situazione in cui si trovò a governare giustificano il fatto che, dopo la fine del provincialato, sia passato nella provincia di San Giovan Giuseppe della Croce e si stabilì a Napoli. Rinunciò all’incarico di penitenziere a Santa Maria degli Angeli, ma riprese le sue attività consuete anche se, per i segnali dell’incipiente senilità, ridusse le missioni popolari. Tra il 1904 e il 1913 scrisse e pubblicò alcuni volumetti di carattere apologetico.
In quegli anni coltivò molto la relazione con le sue penitenti, soprattutto perché, ormai libero da responsabilità di governo, poteva riceverle agevolmente. Fra esse occupa un posto speciale Antonietta Fiorillo, che aveva fondato a Napoli un’opera di carità, nella quale aveva raccolto un certo numero di donne anziane di cui si prendeva cura. Padre Berardo fu invitato a tenere delle conferenze, dirette in particolare alle giovani che assistevano le ricoverate.
Divenuto direttore spirituale dell’Opera, vi andava ogni mattina per poi fare rientro al convento. Quando il lavoro di assistenza venne affidato alle suore francescane missionarie di Maria, fu incaricato di esserne il confessore e direttore spirituale, vivendo a tempo pieno in una pertinenza annessa alla villa e fungendo da cappellano e assistente spirituale delle persone residenti o frequentanti la casa. Tutto questo, col parere favorevole dei propri superiori religiosi.
Non vi sono fonti coeve di carattere medico che spieghino il suo progressivo decadimento fisico a partire dal gennaio 1914. Era frequente vederlo febbricitante e sofferente. Antonietta Fiorillo e le suore francescane missionarie di Maria lo assistevano con premura e lo vigilavano, cercando di limitare l’afflusso dei penitenti e delle persone che lo cercavano.
Padre Atonna si preparò alla morte con quindici giorni di assoluto silenzio, di grande raccoglimento e continua preghiera. Ad un certo punto, durante l’ultima notte, chiese di indossare la stola e ricevette il Viatico e l’Unzione. All’alba del 4 marzo 1917, domenica, spirò. I funerali furono celebrati il 6 marzo nella chiesa delle stimmatine al Tondo di Capodimonte. La salma venne poi portata all’ipogeo dei frati minori alcantarini nel cimitero di Poggioreale a Napoli, luogo da cui i resti mortali vennero traslati nel 1929 alla chiesa di Santa Lucia al Monte, dove tuttora riposano.
Il Venerabile Servo di Dio visse un’intensa vita spirituale, orientata ad una dimensione fortemente cristocentrica e mariana, alimentata dalla preghiera. Mise sempre la sua esistenza a servizio della fede, dedicandosi alla sua diffusione attraverso la predicazione e la stesura di opuscoli spirituali. Fu particolarmente devoto a San Giuseppe e volle porre sotto la sua protezione la struttura ove egli assisteva spiritualmente le donne anziane e le fanciulle orfane. La sua vita fu ispirata dalla speranza cristiana, che lo rendeva fiducioso nella misericordia divina e sereno nei momenti di difficoltà. Si prodigò con fraterna carità per alleviare le sofferenze dei poveri, degli infermi e dei più deboli, nei quali scorgeva il volto di Cristo. La sua fu soprattutto una carità pastorale mirante alla conversione dei peccatori e alla salvezza delle anime.
Visse sempre in povertà, praticando la beneficenza e invitando le persone benestanti alla generosità verso i più bisognosi. Nell’affrontare dolorose vicende diede prova di fortezza eroica, sapendo confidare sempre nel Signore, senza mai lasciarsi andare alla sfiducia e alla disperazione. Fu obbediente alla volontà di Dio che riconosceva espressa nella Chiesa. Godette già in vita di una certa fama di santità, tanto da essere definito “sacerdote santo” e “uomo di Dio”.