Causa in corso
Gianfranco Maria Chiti
- Venerabile Servo di Dio -

Gianfranco Maria Chiti

(1921 - 2004)

Venerabilità:

- 24 gennaio 2024

- Papa  Francesco

Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini; ricercò costantemente la volontà di Dio, unito all’impegno di coerenza evangelica. Uomo di grande fede, coltivò una profonda devozione mariana ed eucaristica. Ovunque andava come militare faceva collocare una statua o un quadro della Madonna e destinava luoghi appositi per la recita del rosario

  • Biografia
Sui campi di battaglia si adoperò generosamente nel compimento di atti di carità a difesa della vita umana, dimostrò rispetto per il nemico e benevolenza verso i perseguitati politici

 

Il Venerabile Servo di Dio Gianfranco Maria Chiti nacque il 6 maggio 1921 a Gignese, vicino Novara (Italia). Nel 1926, insieme alla famiglia si trasferì a Pesaro perché il padre era stato chiamato ad insegnare violino al Conservatorio. Fin da ragazzo cominciò a frequentare i Cappuccini e, attratto dalla vita e dalla spiritualità francescana, entrò nel Terz’Ordine Francescano Secolare. Si iscrisse anche alla Conferenza di San Vincenzo per poter aiutare i poveri.

A 15 anni, entrò nella Scuola Militare di Milano e completò gli studi superiori come allievo ufficiale nella Scuola Militare di Roma. Il 6 maggio 1938 si arruolò come volontario. Nel 1939 entrò come Allievo nella Regia Accademia di Fanteria e Cavalleria di Modena e ne uscì nel 1941 con il grado di Sottotenente. Destinato al 3° Reggimento Granatieri di Sardegna, nel 1942 fu inviato al fronte sloveno-croato e, successivamente, si offrì volontario per il fronte russo, partecipando alla battaglia del Don, dove fu ferito e subì il congelamento delle gambe, affrontando con i suoi soldati la drammatica ritirata di Russia.

Nel contesto dei tragici eventi bellici e politici seguiti all’8 settembre 1943, pur non condividendo l’ideologia fascista, aderì alla Repubblica Sociale Italiana (RSI) credendo che fosse la scelta migliore per il bene della Patria, ma seppe prodigarsi per mettere in salvo ebrei e partigiani. Il 5 maggio 1945 fu arrestato dagli Alleati a Baldissero Canavese, presso Ivrea, e fu condotto alle carceri “Le Nuove” di Torino. Fu liberato il 20 dicembre 1945.

Deferito alla Commissione Epurazione Personale Militare per la sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana e riconosciuto il suo comportamento leale, fu reintegrato nell’Esercito. Nel 1947 prestò giuramento alla Repubblica Italiana e, l’anno successivo, fu assegnato al primo Reggimento Granatieri di Sardegna a Roma, ricevendo il grado di Capitano. Nel 1950 si offrì volontario per la missione militare italiana in Somalia e vi rimase fino al 1954.

Dopo il rientro in Italia, proseguì la sua carriera, distinguendosi fra i militari per la rettitudine e per il coraggio con cui testimoniava la sua fede. Dopo essere stato promosso Maggiore, nel 1960, Colonnello, nel 1971 e, infine, Generale di Brigata, nel 1978, andò in pensione.

Mostrandosi sempre più chiaro in lui il progetto di entrare tra i Frati Minori Cappuccini, fu accolto come Postulante nel Convento di Rieti e iniziò un percorso formativo personalizzato che teneva conto della sua età e della sua maturità spirituale. Terminato il Noviziato, emise la professione temporanea dei voti il 1° novembre 1979 e quella perpetua il 2 agosto 1982. Fu ordinato presbitero a Rieti 12 settembre 1982. Per la sua profonda spiritualità e le grandi qualità umane venne nominato vicemaestro dei novizi. Fu padre spirituale del noviziato dal 1983 al 1985. Il 23 maggio 1990 divenne padre spirituale dell’Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna.

Nel 1990 i Superiori gli affidarono l’incarico di restaurare il Convento di Orvieto che versava in un grave stato di abbandono. Ricorrendo a generosi benefattori che erano affascinati dalla sua vita esemplare di frate e di sacerdote, mise mano all’opera che gli era stata affidata e, in tempi relativamente brevi, fece del convento di Orvieto un luogo accogliente e un punto di riferimento per chiunque cercasse quiete e raccoglimento. Nel novembre del 1991 ricevette l’ufficio di vicario parrocchiale di Ciconia, vicino Orvieto.

Morì il 20 novembre 2004 nell’Ospedale Militare del Celio a Roma (Italia), in seguito ad un incidente automobilistico.

Nelle varie tappe della vita, il Venerabile Servo di Dio ricercò costantemente la volontà di Dio, unito all’impegno di coerenza evangelica. Uomo di grande fede, coltivò una profonda devozione mariana ed eucaristica. Ovunque andava come militare faceva collocare una statua o un quadro della Madonna e destinava luoghi appositi per la recita del rosario. La fede vissuta con radicalità e coerenza umanizzò la sua vita in ogni ambito e fu una bussola sicura anche nei momenti più difficili. Nel suo servizio militare, pur conscio di aver agito nel compimento del proprio dovere di soldato, avvertì un turbamento di coscienza che lo accompagnò per tutta la vita. Sui campi di battaglia si adoperò generosamente nel compimento di atti di carità a difesa della vita umana, dimostrò rispetto per il nemico e benevolenza verso i perseguitati politici. La sua personalità fu caratterizzata da lealtà e coraggio evangelico.

Con i soldati era amorevole e aperto al perdono. Nei luoghi di guerra piangeva di fronte ai militari morti e pregava il Signore che fosse preso lui al posto dei suoi commilitoni. Poi, da religioso cappuccino, fu benvoluto dalla gente che venne a conoscenza della sua vita austera e sempre disponibile.

La scelta di aderire alla Repubblica di Salò non fu determinata dalla condivisione dell’ideologia fascista, quanto piuttosto dal dovere morale di rispettare il giuramento di fedeltà alla Patria. Anche il quel contesto, si adoperò per salvare vite umane, comprese quelle di ebrei e partigiani. Nei luoghi in cui operò fu un autentico evangelizzatore. Per i meriti conseguiti e le sue capacità ricevette numerose onorificenze civili e militari, tra cui il titolo onorifico di Generale di Divisione quando già era frate e sacerdote.

Sia da militare che da religioso perseguì l’ideale francescano di povertà e umiltà e fu animato da spirito di servizio rivolto soprattutto agli ultimi. Il passaggio dalla vita militare a quella religiosa non fu per lui traumatico poiché entrambe caratterizzate dal porsi al servizio di quanti lo necessitavano. Il sacerdozio fu per lui il culmine di un cammino di fede costante e in continua crescita. Abituato alla disciplina e al rigore militare, fu fedele alla regola dell’Ordine Francescano e obbediente ai Superiori. Il grande zelo per la salvezza delle anime lo portò a non risparmiarsi nel ministero pastorale.

La fama di santità del Chiti già presente in vita, risulta diffusa e persistente, accompagnata da fama signorum.