Causa in corso
Gioacchino della Regina della Pace (Leone Ramognino)
- Venerabile Servo di Dio -

Gioacchino della Regina della Pace (Leone Ramognino)

(1890 - 1985)

Venerabilità:

- 24 ottobre 2025

- Papa  Leone XIV

Religioso professo dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi; Pur dovendo affrontare molte difficoltà nella costruzione e nella gestione del Santuario della Regina della Pace, rimase fiducioso, affidandosi alla Provvidenza. Passava molte ore in preghiera e in raccoglimento davanti al Tabernacolo, e nutriva profonda devozione verso la Madonna, considerando una grazia l’essere custode del santuario a lei dedicato

  • Biografia
“Ninu u santu”

 

Il Venerabile Servo di Dio Gioacchino della Regina della Pace (al secolo: Leone Ramognino) nacque a Sassello, in provincia di Savona, il 12 febbraio 1890 e fu battezzato lo stesso giorno della nascita col nome di Leone in onore dell’allora pontefice Leone XIII. Crebbe in un ambiente familiare molto religioso e fu attivo in parrocchia, aderendo alla Pia Confraternita del Bambino Gesù di Praga, alla Società cattolica di Mutuo Soccorso e alla Confraternita di San Filippo Neri. Esercitò la professione di falegname e partecipò come caporalmaggiore alla Prima guerra mondiale distinguendosi nella costruzione di ponti e canali sull’Isonzo e sul Piave, tanto da meritare l’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto.

Tornato al suo paese natale, collaborò col parroco nella fondazione del Circolo San Luigi per l’educazione dei ragazzi, fu membro attivo della Società di Mutuo Soccorso di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e cooperò alla fondazione di un gruppo di esploratori cattolici nel suo paese. Si adoperò per l’erezione del Santuario in onore della Regina della Pace edificato sul monte Beigua e, nel 1927, divenne custode di quel luogo sacro, vivendoci per circa dieci anni come eremita, tuttavia disponibile all’accoglienza dei pellegrini che vi si recavano in visita. Si impegnò devotamente per arricchire ed abbellire il Santuario.

In questo contesto maturò una vocazione religiosa che, nel 1951, lo condusse ad entrare nel convento del Deserto di Varazze dei Carmelitani Scalzi, emettendo, il 24 ottobre 1957, la professione religiosa di terziario col nome di Gioacchino. Dieci anni dopo, il Preposito generale padre Anastasio Alberto Ballestrero, futuro cardinale, che lo conosceva da tempo e lo stimava, ottenne per lui la dispensa per l’anno canonico di noviziato ammettendolo alla professione solenne nell’ordine dei Carmelitani Scalzi, ai quali era stato affidato nel frattempo il Santuario della Regina della Pace, ove egli rimase come custode terminando la sua vita all’età di 95 anni, il 25 agosto 1985.

Il Venerabile Servo di Dio crebbe in una famiglia di grande fede, praticando una intensa vita di preghiera ed entrando presto a far parte di diverse confraternite della parrocchia. Negli anni di guerra sviluppo una forte devozione a Gesù Bambino, diffondendola anche tra i suoi commilitoni. Egli visse la durezza della Prima guerra mondiale confidando nel Signore e incoraggiando chi incontrava ad affidarsi alla volontà di Dio. Pur dovendo affrontare molte difficoltà nella costruzione e nella gestione del Santuario della Regina della Pace, rimase fiducioso, affidandosi alla Provvidenza. Passava molte ore in preghiera e in raccoglimento davanti al Tabernacolo, e nutriva profonda devozione verso la Madonna, considerando una grazia l’essere custode del santuario a lei dedicato.  Esercitò la carità verso il prossimo fin da giovane quando, durante la guerra, cercò di stare vicino ai soldati, incoraggiandoli, sostenendoli e pregando per loro.

Nel suo paese si mise a disposizione del parroco per insegnare il catechismo ai più piccoli e animare la vita parrocchiale. Anche durante l’esperienza conventuale si distinse per la carità nei confronti dei confratelli e l’obbedienza nei confronti dei Superiori, osservando umilmente la regola comunitaria. Dopo il suo ingresso tra i Carmelitani Scalzi, fu portato ad esempio ai giovani novizi che lo guardavano con ammirazione per la sua intensa vita di preghiera, il suo sorriso accogliente e la gentilezza che alimentarono in vita la sua fama di santità, tanto da essere indicato tra la gente del posto come “Ninu u santu”. Al suo funerale, celebrato dal cardinale Ballestrero, si ebbe una grande partecipazione di popolo, e la sua tomba divenne meta di preghiera, accrescendo la sua fama di santità.